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SCHEMA DI RICERCA
STRUTTURA DI UNA PUBBLICAZIONE DI UNA RICERCA IN UNA RIVISTA
SCIENTIFICA:
a. titolo, autori e istituzioni di appartenenza;
b. l’introduzione teorica, gli scopi e le ipotesi di ricerca;
c. il metodo;
d. i risultati;
e. la discussione e le conclusioni;
f. la bibliografia; 21
g. l’abstract e le parole chiave.
4. METODI DESCRITTIVI DI RICERCA
Tecniche che permettono di identificare e descrivere accuratamente le variabili di un
comportamento o di un fenomeno di eventuali loro relazioni.
Molto usate
Utili per analisi preliminari
I metodi descrittivi hanno un motivo di esistere, perché noi molto spesso abbiamo dei
vincoli e quindi non possiamo fare la ricerca sperimentale, non possiamo manipolare le
variabili ecc., perciò molto spesso i metodi descrittivi sono tecniche che permettono di
avere un minimo di conoscenza di un fenomeno che altrimenti non si potrebbe avere.
Inoltre, i metodi descrittivi, anche se i risultati sono meno certi di quelli sperimentali,
hanno altri 2 vantaggi:
il primo è che spesso sono fatti in contesti reali e quindi preservano alle volte la
validità ecologica;
il secondo è che sono sicuramente degli studi che ci permettono di indagare un
fenomeno in maniera preliminare prima di fare degli studi veramente
sperimentali, cioè io sono interessato ad una materia, grazie ai metodi descrittivi,
posso avere una ricca e varia conoscenza del fenomeno e quindi ho un quadro
molto più profondo nel momento in cui vado a fare la ricerca sperimentale. Quindi in
un certo senso sono preliminari.
Cosa fa la ricerca descrittiva? Non vuole verificare l’ipotesi causale. Vuole
descrivere, come dice la parola stessa, una variabile o più di una variabile o qualche
variazione tra queste variabili, tra eventuali relazioni tra queste variabili, per esempio
se io dico anche in questa classe ci sta il 70% di donne faccio una ricerca che è di tipo
descrittivo perché descrivo una variabile oppure dico il 40% delle persone ha gli occhi
azzurri questo è un altro caso descrittivo. Alle volte, i metodi descrittivi si occupano anche
di descrivere le relazioni tra variabili, cioè io potrei dire: il 30% delle donne ha gli occhi
azzurri, quindi metto in relazione alcune variabili.
Quando io uso il metodo descrittivo se descrivo la relazione tra due variabili si tratta
sempre di una correlazione mai di una relazione causa-effetto, cioè nei metodi
descrittivi non posso mai dire che la frustrazione causa l’aggressività, dico solo che se una
aumenta, aumenta anche l’altra, cioè si correlano. Questa distinzione tra correlazione e
causazione è fondamentale per essere psicologi e per la vita reale.
Quindi con i metodi descrittivi posso descrivere una o più variabili oppure la loro relazione
in modo correlazionale mai in modo causale.
I principali metodi descrittivi sono 8:
1. ricerca d’archivio o analisi secondaria
2. osservazione naturalistica
3. studio di casi singoli
4. ricerche correlazionali
5. studi longitudinali e trasversali
6. inchiesta campionaria o survey
7. inchiesta tramite web o questionario online
8. metanalisi
1. RICERCA D’ARCHIVIO O ANALISI SECONDARIA 22
La ricerca d’archivio si basa sull’analisi dei dati d’archivio, cioè dati costituiti da
osservazioni o misure raccolte da persone diverse dal ricercatore, spesso a fini diversi, e
conservati in appositi archivi (ES: imitazione dei suicidi)
Vantaggi:
Non esiste l’effetto di reattività
Unico mezzo di verifica su fenomeni passati
Richiede spesso poche risorse
Limiti:
I dati sono archiviati in base a criteri diversi (selettività
dell’archivio)
Affidabilità scarsa o sconosciuta nella raccolta delle osservazioni
Sopravvivenza selettiva dei dati (mortalità)
Tempo
La ricerca d’archivio è un tipo di ricerca che è basata sull’analisi di casi, di informazioni, di
dati archiviati precedentemente dal momento in cui io faccio la ricerca, cioè esistono già
da qualche parte e in un qualcosa che io chiamo archivio. Questi sono costituiti da
osservazioni, misure o rilievi di vario genere, raccolti da persone diverse dal ricercatore,
spesso in istituzioni che hanno uno scopo diverso da quello del ricercatore.
Dato che si basa su dati preesistenti, raccolti da altri e conservati in appositi archivi, la
ricerca d’archivio viene detta anche analisi secondaria, in contrasto con la ricerca
primaria in cui il ricercatore raccoglie i dati in maniera diretta.
Le ricerche secondarie possono svolgere un importante compito per la definizione di
ipotesi e di strumenti da utilizzare e l’individuazione del tipo di partecipanti.
La ricerca d’archivio viene utilizzata per due scopi:
Per descrivere un fenomeno, come la frequenza dei divorzi;
Per delineare la relazione tra variabili senza stabilire un rapporto causale.
Le fonti della ricerca d’archivio sono:
Prodotti della ricerca primaria: i dati o i risultati, raccolti o prodotti
originariamente per fini di ricerca da altri ricercatori, presentati in articoli o report.
Possono essere prelevati in 3 diversi archivi:
- fonti governative (ISTAT, Servizio Sanitario Nazionale);
- organizzazioni commerciali o non-profit;
- internet (SSRN, Google, ProQuest).
Archivi in senso stretto: non originata dalla ricerca ma dall’attività umana a
diversi livelli; comprende:
- dati diretti: dati raccolti intenzionalmente dall’uomo ma non per fine di ricerca ->
verbali processo o sedute parlamento, cartelle cliniche, scambi di e-mail, foto,
audio, video, ecc.;
- dati indiretti: raccolta di dati non intenzionale -> usura maggiorata del pavimento
di fronte a opere d’arte più apprezzate all’interno di un museo.
data mining
Metodi non reattivi basati su internet ( ): analizza database,
informazioni e materiali presenti su Internet, come forum, chat, depositi di immagini
o video, social network, ecc. Questi metodi sono detti non-reattivi perché i dati
vengono depositati in Internet dal normale comportamento quotidiano delle
persone in contrapposizione ai i metodi reattivi che invece implicano che il
partecipante risponda a un questionario o participi a una ricerca. Il comportamento
naturale delle persone su internet, come navigare e fare ricerche, può essere
tracciato e immagazzinato nei file log; perciò, lo studio di questi file permette di
analizzare il comportamento umano in ambiente virtuale. 23
Ma che cos’è un archivio?
È tutto ciò che viene conservato (biblioteche, giornali), gli archivi assumono dei dati che si
formano indipendentemente dalla volontà umana quindi nell’attività umana noi siamo in
grado di capire che vengono accumulati dei dati in certi posti indipendentemente dalla
volontà di qualcuno che vuole realizzare un archivio, per esempio: per capire le
preferenze estetiche dei quadri nelle gallerie si usa alle volte vedere quanto è consumato il
pavimento sotto il quadro.
LIMITI E VANTAGGI DELLA RICERCA D’ARCHIVIO
Vantaggi:
- è definita “metodologia povera” in quanto ha bisogno di poche risorse per
essere attuata, perlopiù in merito all’acquisizione dei permessi per accedere agli
archivi;
- trattandosi di dati archiviati, è al riparo dall’effetto di reattività, quasi sempre
presente quando si lavora con esseri umani (i soggetti tendono a cambiare
comportamento nel momento in cui sono osservati); va considerato che l’effetto di
reattività potrebbe essersi comunque verificato al momento della prima raccolta
dei dati;
- unico mezzo di verifica sui fenomeni passati.
Limiti:
- selettività dell’archivio: non è detto che l’archivio preso in considerazione
contenga le informazioni di cui siamo alla ricerca;
- sopravvivenza selettiva: non tutti i dati vengono conservati a lungo, alcuni
vengono distrutti perché non ritenuti più utili;
- affidabilità delle informazioni: non è detto che tutte le informazioni riportate
siano corrette;
- bisogno di contestualizzare i dati: raccolti: il tempo in cui vengono raccolte le
informazioni è un fattore importante da considerare; il periodo storico può
influenzare i risultati ottenuti (l’omosessualità in passato era considerata una
malattia e l’opinione in merito non era la stessa di oggi).
2. OSSERVAZIONE NATURALISTICA
L’osservazione naturalistica è una tecnica che permette di raccogliere dati sul
comportamento delle persone senza interferire sul loro modo di comportarsi
(imprinting).
Un esempio di osservazione naturalistica si ha in etologia (studio degli animali).
I vantaggi sono:
Non intrusività: comporta che l’osservazione non manipoli le variabili e rimane in
disparte (di conseguenza è assente l’effetto di reattività);
Mancanza di artificiosità della situazione: comporta che i soggetti vengano
osservati nel loro ambiente naturale, in quanto quello artificiale avrebbe scarsa
validità esterna;
Individuazione del fluire del comportamento;
Sistematicità: il ricercatore sceglie, da un’ampia qualità di interazioni,
comportamenti legati alla verifica delle ipotesi.
I limiti:
Troppe variabili (non viene individuata la causa);
Tempi lunghi;
24
Impossibilità di dimostrare nessi causali tra variabili.
L’osservazione può essere di due tipi:
Libera (qualitativa);
Sistematica: vengono scelti e osservati solo gli aspetti legati all’ipotesi da
verificare.
Se il ricercatore perde di vista la sequenzialità dell’evento osservato rischia di scambiare
per reale il suo modello di osservazione e di perdere tutte le informazioni che solo la
continuum
percezione del è in grado di offrire.
Il tempo di osservazione indica la quantità di tempo da dedicare a una ricerca. La
durata di questo tempo cambia da ricerca a ricerca, a seconda che si tratti di un
esperimento eseguito in laboratorio o sul campo. L’osservazione può durare sia qualche
giorno fino ad un anno. Nelle ricerche longitudinali, la durata dipende dall’oggetto
indagato.
L’osservazione si basa su una categorizzazione del comportamento osservato (è
importante non ricorrere all’errore categoriale, ovvero l’errore di chi attribuisce a
categorie differenti un effetto reale e un oggetto che è puramente mentale, invece, è lo
stesso oggetto che appartiene contemporaneamente a due diversi gradi di realtà, l’uno
concreto, l’altro astratto) e