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INTERDIZIONE E INABILITAZIONE
L’interdizione è prevista per una condizione di infermità assoluta e comporta la totale limitazione
della capacità di agire. I presupposti per la pronuncia dell’interdizione sono l’infermità di mente,
l’abitualità e l’incapacità di provvedere ai propri interessi. L’infermità mentale consiste nell’assensa
o nella diminuzione della capacità di intendere e di volere.
L’inabilitazione consiste in un’alterazione delle facoltà mentali di grado inferiore rispetto
all’interdizione. L’incapacità di provvedere ai propri interessi può derivare da una condizione di
infermità parziale oppure da altre situazioni: prodigalità, uso di bevande alcoliche, stupefacenti,
imperfezioni o menomazioni fisiche (sordomutismo, cecità).
Il procedimento di interdizione e inabilitazione ha inizio con una domanda, avente la forma del
ricorso. I soggetti attivi legittimati a proporre l’azione sono il P.M., il tutore (solo nell’ultimo anno
di minore età), il curatore (solo se emancipato o già inabilitato), il coniuge, anche separato, i parenti
(entro il quarto grado) e gli affini (entro il secondo). Invece, l’infermo non è legittimato a
promuovere il giudizio per la propria interdizione, nemmeno nei momenti di lucidità.
La domanda viene presentata in Cancelleria e trasmessa al Presidente del Tribunale per verificare la
fondatezza dell’istanza; successivamente viene comunicata al P.M. che può richiederne il rigetto o
la prosecuzione. In quest’ultimo caso, il Presidente nomina il giudice istruttore e fissa l’udienza di
comparizione. La persona dichiarata interdetta con sentenza non può più compiere alcuna attività
giuridica, né atti di ordinaria, né straordinaria amministrazione. Viene riconosciuta una capacità
minima per il compimento delle azioni di vita quotidiana, come l’acquisto di generi alimentati o
l’uso di servizi pubblici. Il tutore sostituisce la persona interdetta nel compimento degli atti civili,
esclusi, esclusi quelli personali (fare testamento, sposarsi, riconoscere il figlio naturale). I poteri –
doveri connessi all’ufficio sono assunti in concreto dal tutore al momento del giuramento dinanzi al
giudice tutelare (entro 10 giorni dalla nomina).
Dopo il giuramento, il tutore deve compiere l’inventario dei beni dell’interdetto con l’ausilio di un
cancelliere o di un notaio, al fine di garantire l’interdetto da sottrazioni di beni e di segnare l’ambito
di responsabilità del tutore in ordine alla restituzione o conservazione dei beni stessi. Il tutore agisce
in nome e per conto dell’interdetto, quale suo rappresentante legale: oltre alla cura dei beni
dell’interdetto, al tutore spettano anche poteri – doveri relativi alla cura della sua persona. Ogni
anno il tutore deve presentare al giudice tutelare il rendiconto relativo all’amministrazione del
patrimonio dell’interdetto. Nel caso in cui il tutore si renda colpevole di negligenza o abusi dei suoi
poteri o si sia dimostrato inidoneo all’ufficio o immeritevole dell’incarico anche per fatti estranei
alla tutela, può essere sospeso. Unico competente ad esonerare, rimuovere o sostituire il tutore è il
Giudice Tutelare, che può convocarlo in qualunque momento allo scopo di chiedergli informazioni,
chiarimenti e notizie nella gestione della tutela.
L’inabilitato mantiene la capacità di compiere gli atti di straordinaria amministrazione, e non si ha
una vera e propria rappresentanza legale, come nel caso del tutore, perché il curatore non si
sostituisce all’inabilitato. Il giudice gli affida il compito di assistere l’inabilitato nel compimento
degli atti che eccedono l’ordinaria amministrazione, i quali devono essere compiuti con il suo
consenso, ed autorizzati dal tribunale. Nessun controllo invece viene esercitato dal curatore sugli
atti di ordinaria amministrazione, con la conseguenza che l’interessato è libero di compierli