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Comunicazione non verbale: manifesta gli stati d’animo delle persone è inconsapevole, non
consente la “bugia”, va interpretata.
Prossemica: indica le distanze fisiche ed emotive, come deve essere letta la distanza,
deve portare a scegliere il tipo di distanza tra assistente sociale e utente.
Aspetto esteriore: tutto ciò che riguarda l’aspetto fisico e il vestiario, anche che
effetto ha l’aspetto esteriore dell’assistente sociale nell’utente. È significativo per
leggere, non per giudicare.
Paralinguaggio: tutto quanto attiene alla modulazione della voce.
Cinesica: tutto quanto appartiene al movimento.
Colloquio:
1. Fase sociale: è di accoglienza.
2. Fase di indagine: si dà un nome al problema.
3. Fase interattiva: quali sono i soggetti coinvolti e coinvolgibili.
4. Fase di raggiungimento degli obiettivi: compiti per avviare il procedimento.
3 tipi di colloquio:
• Informativi: dare informazioni.
• Diagnostici: definire i bisogni.
• Terapeutici: volti alla risoluzione del problema.
Tenere conto della presenza o meno di un inviante:
• Funzionale:
Disinteressato: non vuole essere coinvolto.
Partecipe: dargli informazioni.
• Disfunzionale:
Meta: persona sovraoridnata al servizio sociale.
Invischiato: non si può quasi distinguere dal problema, è collegato al problema.
Antagonista: apertamente in conflitto con il servizio sociale per una storia personale,
si esprime in termini assolutamente negativi.
Colpevolizzante generico: è contro il servizio sociale perché parte già prevenuto.
Prerequisiti:
• Materiali: luogo fisico del colloquio.
• Mentali: riferiti all’operatore.
• Sostanziali: l’assistente sociale deve mettersi in un atteggiamento di accoglienza.
• Teorici: ogni assistente sociale fa riferimento al suo modello teorico.
Genogramma: permette di tradurre graficamente le relazioni tra i componenti della famiglia in tre
generazioni e registra le informazioni basiche (albero genealogico).
Contratto.
• È uno strumento intenzionale tra assistente sociale e utente, può essere necessario più di un
colloquio prima di stabilire il contratto, è necessario fare ricerche e ottenere informazioni.
• Porta l’utente da un ruolo passivo a un partecipante attivo, permettendo di mettere in pratica
strumenti più concreti; può far emergere nodi problematici.
• Partecipano più operatori stabilendo i loro ruoli.
• Serve per mettere in pratica le competenze dell’utente per superare le difficoltà e i problemi.
• Obiettivi dell’interazione all’interno del contratto, scadenze (il progetto ha un tempo),
obiettivi fissati.
• La definizione di questo accordo può avere una forma orale o scritta.
• Caratteristiche:
Mutualità: riguarda la sostanza, si deve tenere conto dei punti di vista dell’utente.
Chiarezza: deve essere esplicitamente dichiarato con un linguaggio comprensibile da
tutti.
Dinamicità: si deve sempre rivedere il contratto per possibili evoluzioni,
incomprensioni, nuovi interventi.
Realisticità: deve essere fattibile e realizzabile.
Focalizzazione: dettagliare il contenuto degli interventi che si andranno a fare.
Documentazione.
Fa parte degli interventi indiretti, è più legata all’azione, l’utente non partecipa attivamente, ma
rimane il destinatario. È un processo dinamico portatore di informazioni e conoscenze e prodotto di
indagini.
Il termine documentazione assume diversi significati in quanto è riferito a un lungo e complesso
processo di rappresentazione delle conoscenze, delle informazioni e presuppone un’attività volta
alla creazione di documenti rivolti all’obiettivo:
Deve accrescere informazioni in noi e negli altri e permette di comunicare.
Permette la continuità del servizio.
Permette di raggiungere scopi del servizio sociale.
Documentazione tecnica interna: si usa nel processo di aiuto e serve per la valutazione e la
condivisione rispetto all’utente.
Documentazione tecnica esterna: serve per tenere le relazioni con l’esterno e l’interno dell’ente a
cui l’assistente sociale appartiene.
Legge 119/01 (segreto professionale): gli assistenti sociali hanno l’obbligo del segreto professionale
su quanto conosciuto per ragioni della loro professione. L’obbligo del segreto professionale è la
tutela che il nostro ordinamento giuridico pone alla riservatezza delle persone che si rivolgono al
servizio. “Chiunque, avendo notizia per ragione del proprio stato o ufficio, della professione o arte,
di un segreto, lo rivela senza giusta causa, ovvero lo impiega a proprio o altrui profitto, è punito se
dal fatto può derivare nocumento” (Art. 622 c.p.).
Legge 241/90 (diritto di accesso agli atti): il diritto, per tutti i cittadini, di prendere visione ed
estrarre copia dei documenti (se sono interessati a conoscerne il contenuto) secondo i principi di
trasparenza e pubblicità.
Decreto legislativo 196/03 (codice della privacy): prevede che laddove ci sia una richiesta di
visionare gli atti, l’assistente sociale è tenuto a garantire l’accesso per la legge 241/90, ma laddove
durante la lettura si venga a conoscenza di informazioni sullo stato di salute o sulla vita sessuale
(dati sensibili), il diritto di accesso può essere garantito solo nel caso in cui l’interesse di chi
presenta l’istanza di accesso sia di pari rango rispetto all’interesse del soggetto a cui le informazioni
si riferiscono (cioè quello di non divulgare le informazioni).
La documentazione ha permesso nel tempo la conoscenza di modelli teorici dell’assistente sociale, è
importante raccogliere dati per costruire servizi per la cittadinanza e per progettare a diversi livelli i
vari piani di zona e il piano regionale.
Serve per rivalutare le osservazioni e le valutazioni fatte durante il colloquio e serve per prendere le
distanze.
Cartella sociale: è lo strumento principale e serve per formulare un progetto di intervento; è diverso
a seconda dell’ente e dell’ambito, ma gli elementi sono uguali:
Dà la possibilità i raccogliere informazioni descrittive dell’utente.
Dà spazio per il piano individualizzato.
Deve contenere:
Dati oggettivi
o Risorse disponibili e da reperire
o Valutazione rispetto alle problematiche
o Contratto
o Diario cronologico
o Registrazione di colloqui e verbali
o Copia dei documenti dell’utente
o
È un documento sempre aperto, che permette di tenere memoria di tutte le modifiche e azioni del
percorso dell’utente.
Diario cronologico: ha la funzione di cronostoria, può contenere delle registrazioni con la data;
contiene solo elementi significativi che rimandano all’approfondimento.
Cosa documentare? Impressioni e sensazioni che l’utente provoca sull’operatore, eventi
significativi, temi trattati, con particolare attenzione alla comunicazione non verbale.
Colloquio nei vari contesti.
Il contesto è ciò che sta intorno all’individuo, che ha sfaccettature non omogenee. Il contesto è
legato al numero di persone che si vedono/incontrano nel processo di aiuto per costruire progetti di
cambiamento. L’assistente sociale che incontra l’utente deve scegliere tra i tipi di colloquio,
tendenzialmente il primo contatto è individuale per cercare di conoscere il contesto di vita della
persona e decidere come impostare quelli dopo.
1. Individuale: attiva la dimensione diadica, è una relazione che non può attivare domande
triadiche perché mancano i feedback delle persone assenti, attiva però una forte empatia tra i
partecipanti. L’opportunità è una relazione forte, si costruisce un rapporto importante.
Problematica: la persona porta la sua verità, mai quella oggettiva, a volte non si riesce a
risolvere un problema solo coinvolgendo una persona.
2. Di coppia: non necessariamente la coppia coniugale, ma due persone. Introduce la
dimensione triadica (complessa, la somma di relazioni è superiore alla somma dei singoli
componenti). Le persone che arrivano al servizio vogliono avere ragione e ricercano
l’alleanza con l’assistente sociale; si fa più fatica a gestire questo tipo di dinamica perché si
rischia di entrare in conflitto. Ma in questo modo si riesce a far emergere il fatto che non
sempre le persone si capiscono.
3. Familiare: la famiglia di riferimento, tutta o in parte. Aumenta ancora la complessità.
Tipo di rapporto con l’utente:
• Segretariato sociale: dà l’avvio alla successiva presa in carico, colloquio breve e neutro,
prima accoglienza.
• Consulenza: per offrire disponibilità agli utenti su problemi specifici (ex. adozione),
corrisponde a chiedere consiglio, è un colloquio più complesso e piacevole.
• Aiuto/sostegno: portare una persona da uno stato A a uno stato B, portare consapevolezza,
approccio mediamente attivo, autorealizzazione.
• Valutazione/verifica: colloquio più difficile emotivamente, la valutazione si fa per
determinare il grado di abilità e capacità delle persone. La verifica si fa all’interno dei
processi di aiuto, è una fase intermedia.
• Controllo: contesti coatti, le persone sono obbligate a sottoporsi a esso.
Colloquio con i minori.
Sono pochi perché spesso demandati agli psicologi o non fatti proprio:
Diversità tra bambini e adolescenti.
Coinvolge molto emotivamente e deve essere più frequentemente interpretato.
Nei bambini e ragazzi ci sono desideri ambivalenti da decodificare per pensare al modo
migliore per aiutarli.
Tendono comunque a proteggere i genitori perché temono di danneggiarli.
È necessario fare domande sui comportamenti del quotidiano a lui/lei noti.
Nell’adolescenza è necessario tenere conto del bisogno di autonomia e la necessità di essere
riconosciuti come soggetti competenti. La percezione di essere ascoltati è il primo appiglio
per un rapporto di aiuto.
Nei casi di maltrattamenti e/o violenza è necessario attivare tutti i percorsi di tutela e nel
colloquio bisogna tenere in considerazione anche gli aspetti giuridici oltre a quelli di
protezione. La famiglia deve sempre essere coinvolta.
È necessario attivare un’equipe multiprofessionale.
La famiglia d’origine deve essere introdotta a percorsi di cura, anche in modo coatto
(Tribunale dei minori – Tribunale ordinario).
Colloquio con anziani.
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