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Le idee come immagini di cose
Iparla più delle idee come immagini di cose):idee innate, che saranno in seguito l’idea di Dio e l’idea delle verità matematiche● idee avventizie (“ad venire” in latino), provocate da cose all’esterno della mente● idee fattizie o fittizie, in quanto “fatte” e create da se stessi, e quindi interne,● combinando delle idee avventizieCartesio deve ancora stabilire l’origine delle sue idee.
Dalla frase “finora ho giudicato che ciò abbia origine da cose al di fuori di me” è evidenteche il problema della verità e della falsità riguarda le idee avventizie.
A proposito, in particolare, delle idee che considero derivare da cose fuori di me, si hannoda considerare, qui, [38] le ragioni che mi inducono a ritenerle somiglianti a tali cose.Esse sono due: mi sembra che ciò me lo insegni la natura, ed inoltre faccio esperienzache tali idee non dipendono dalla mia volontà, e
quindi non da me stesso, dal momento che spesso mi si presentano anche mio malgrado, come, per esempio, ora io sento caldo sia che lo voglia sia che non lo voglia. È per queste ragioni che ritengo che siffatta sensazione, o idea, del caldo, mi provenga da una cosa diversa da me, e cioè dal calore del fuoco presso il quale sto seduto; "mi sembra" si evince che bisogna verificare se queste ragioni siano affidabili.Da Pag. 94
Quando dico, dunque, che è la natura ad insegnarmi che quelle mie idee assomigliano alle cose fuori di me, intendo soltanto che io sono indotto a crederlo per un impulso spontaneo, e non già che sia la luce naturale a mostrarmelo come vero. Ma c'è una bella differenza fra queste due cose, impulsi spontanei e luce naturale; ché tutto quel che mi è mostrato da quest'ultima - come, per esempio, che dal fatto che dubito segue che esisto - non può essere in alcun modo dubbio, [...] quantoagli impulsi naturali, [39] mi è già accaduto di rilevare spesso, allorché si trattava di scegliere il bene, che ne ero spinto sulla strada sbagliata. "luce naturale" intende la ragione.➤Con Le sue idee avventizie sono pronunciate da un impulso spontaneo senza ragionamento. È vero poi che quelle idee non dipendono dalla mia volontà. Ma, intanto, non ne segue affatto che non possano provenire se non da cose fuori di me; ché [...] a produrre tali idee potrebbe anche essere una qualche facoltà, in me, di cui ancora io non abbia conoscenza, non diversamente da come finora mi è sempre sembrato che, quando sogno, le idee si formino in me senza alcun concorso di cose esterne. Comunque, poi, anche se quelle idee provenissero da cose diverse da me, non perciò ne seguirebbe che debbano essere somiglianti ad esse. [...] Così, per esempio, trovo in me due idee diverse del Sole: una, che si presenta come se derivasse
Dai sensi (un buon esempio delle idee che chiamo avventizie), per la quale il Sole mi appare come alquanto piccolo, ed un'altra, derivata dai calcoli astronomici, e cioè da talune conoscenze innate in me, o comunque fatta da me, dalla quale il Sole mi è mostrato come parecchie volte più grande della terra; ma di certo, allora, non possono essere entrambe somiglianti al Sole [...], ed anzi la ragione mi persuade che semmai gli somiglia meno proprio quella che invece sembra derivare direttamente da esso. Vi è un'altra ipotesi assurda.
Qui fa l'esempio del Sole: guardandolo ci appare piccolo come una monetina, ma la nostra ragione sa che in realtà si tratta di un grande corpo celeste.
I "calcoli astronomici" sono razionali.
Non si sa ancora se le conoscenze matematiche siano idee innate o fittizie.
Con l'esempio del Sole afferma che non è veramente come appare, richiamando le teorie eliocentriche, di cui non parla.
esplicitamente per non cadere nella censura.Pag. 95E tutto ciò basta a dimostrare che, se finora ho creduto che esistano cose diverse da me,e che siano esse ad inviarmi le loro idee, o immagini, attraverso gli organi di senso o inqualsivoglia altro modo, non l’ho creduto per un giudizio certo, bensì soltanto per unimpulso cieco.impulso cieco che gli ha fatto credere che sia il Sole a girare intorno alla Terra.➤UnPer uscire dal vicolo cieco, rappresentato dalla naturale tendenza che ci porta a pensareche ciò che vediamo sia assolutamente vero, oltre a dimostrare l’esistenza e la bontà diDio, bisogna tenere in considerazione un principio della logica, ovvero il principio dicausalità.Cartesio, nell’opera precedente “Regole per la guida dell’intelligenza”, in latino “Regulaead directionem ingenii”, aveva detto che esistono dei principi assolutamente semplici,giudicati da noi, attraverso l’intuizione immediata,
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Come completamente veri. Ne cita alcuni:
- “Una stessa cosa non può essere e non essere nello stesso tempo.” Veniva definito da Aristotele come “principio di non contraddizione”.
- “Un nulla non può essere causa di qualcosa. Se c'è un effetto, ci deve essere una causa.” Questo principio vale per la natura, ma non per il Dio creatore che può creare attraverso il nulla.
- “L'effetto non può contenere di più di quanto sia contenuto nella causa.”
Come riassume nel compendio delle sei meditazioni:
Per esempio, come l'idea di un ente sommamente perfetto, che è in noi, abbia tanta realtà «oggettiva» da non poter derivare che da una causa sommamente perfetta, [...]
Mi si presenta però ancora un'altra strada, per ricercare se fuori di me non esista pur qualcosa, di ciò di cui ho in me le idee. La mente è causa solamente delle idee fittizie.
➤La
Ricorda di chiudere tutti i tag aperti con il tag di chiusura corrispondente.in quanto le idee sono soltanto modi di pensare, fra di esse non riconosco differenza alcuna [...]; però è chiaro che sono alquanto diverse l'una dall'altra in quanto una rappresenta una cosa ed un'altra rappresenta un'altra cosa. Senza dubbio, infatti, quelle che mi rappresentano delle 41 sostanze sono qualcosa di più, [...] contengono in sé più realtà "oggettiva", che non quelle che mi rappresentano soltanto dei modi, ossia degli accidenti; e, fra le idee di sostanze, a sua volta quella con cui concepisco un Dio sommo, eterno, infinito, onnisciente, onnipotente, creatore di tutto quanto sia fuori di lui, di certo ha in sé più realtà "oggettiva" che non le idee che mi rappresentano sostanze finite. di res cogitans ha più realtà oggettiva dell'idea di dubitare, che è solo un modo in cui si manifesta la res cogitans. D'altra parte,
è manifesto per luce naturale che in una causa efficiente totale ci deve essere almeno tanta realtà quanta ce ne sia in un suo effetto; ché – chiedo – donde mai’effetto potrebbe derivare la propria realtà, se non la derivasse dalla sua causa [...]? Ne segue che è impossibile che qualcosa sia prodotto dal nulla, e quindi neppure che qualcosa sia maggiormente perfetto, e cioè contenga in sé più realtà, sia prodotto da qualcosa che contenga di meno. [...] Per esempio, non soltanto è impossibile che una pietra prima inesistente cominci ad essere, a meno che non sia prodotta da qualcosa in cui sia già presente [...] tutto quanto si trovi poi nella pietra; e non soltanto è impossibile che in un oggetto ancora non caldo venga immesso del calore, se non da qualcosa che sia d’un livello almeno altrettanto perfetto quanto lo è il calore, e così via; [...] se non a condizione.che mi vengada una causa in cui vi sia almeno altrettanta realtà quanta concepisco essercene nel calore o nella pietra. [...] ché, se si supponesse che nell'idea si trovi alcunché che non si trovi già nella sua [43] causa, allora lo avrebbe dal nulla, [...] tuttavia non è di certo nulla affatto, e quindi non può derivare dal nulla. di perfezione non è né un'idea fittizia, in quanto l'essere umano è un essere imperfetto, né un'idea avventizia, in quanto anche la realtà esterna è imperfetta; bensì, è un'idea innata messa nella nostra mente direttamente da Dio, affinché l'uomo possa averne conoscenza. Cartesio incomincia ad uscire dalla solitudine dell'ego cogito con la dimostrazione dell'esistenza di Dio. L'idea di unire tutti gli enti imperfetti per creare l'idea di perfezione viene subito scartata da Cartesio.poiché la vera perfezione è unica e indivisibile. L'idea di perfezione può essere soltanto Dio stesso, il quale, in quanto perfetto, non può essere malvagio. L'idea innata è un qualcosa che la nostra mente possiede sin da quando nasciamo, in modo potenziale: come un seme che sta per germogliare, col tempo, ragionando, possiamo svilupparla. Per comprendere meglio questo concetto, si fa riferimento alla concezione di innatismo di Platone. In un suo dialogo giovanile, "Il Menone", viene descritta una scena in cui Socrate discute e dialoga con Menone, cercando di convincerlo di una cosa, di cui Menone non era convinto; allora Socrate manda a chiamare uno schiavo della casa di Menone. Nell'antica Grecia si credeva che gli schiavi fossero ignoranti, ossia che non avessero ricevuto nessun tipo di istruzione. Socrate mette in atto la sua famosa dialettica di domanda e risposta, denominata maieutica: "Io non ho in me la verità. IoSono come una levatrice: io aiuto gli altri a partorire la verità che loro hanno inconsapevolmente dentro di sé, ponendo le giuste domande. La maieutica socratica sta alla base di una famosa dottrina pedagogica del '900, quella di Danilo Dolci: "Non bisogna impartire ad altri le nostre idee. Dobbiamo rendere capaci le altre persone di partorire da sole le loro proprie idee: questo vuol dire educazione." Tornando all'opera, Socrate, ponendo le giuste domande allo schiavo, riesce a fargli dimostrare un difficile problema di geometria, sbalordendo Menone. Platone spiega che questo schiavo, pur non avendo studiato, possedeva in sé nella sua anima in modo innato le idee matematiche. Vi è però una differenza abissale tra la concezione di innatismo di Platone e quella di Cartesio. Per Platone le Idee si trovano nell'Iperuranio, dove l'anima, prima di incarnarsi nel corpo, contempla le idee matematiche. Con i gius