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R. CARTESIO
MEDITAZIONI METAFISICHE
Prima meditazione metodologica
La filosofia moderna nasce nella prima metà del’600. Cartesio è coevo con Galilei.
Modello di razionalità mirata all’univocità del metodo (cioè la possibilità di trovare la
sensatezza dell’universo attraverso la conoscenza di leggi; nel caso di Cartesio e Galilei
si parla di leggi matematiche).
Con la rivoluzione scientifica moderna c’è stato il tentativo di ridurre il reale (la natura)
ad una sola legge univoca, cioè quella della matematica; Galilei scrive nel Saggiatore
“L’universo è un grande libro scritto a caratteri matematici). Si voleva usare la
matematica per avere una descrizione esatta della natura. La scienza nasce con
l’obiettivo dell’esattezza.
Nel 1628 Cartesio redige Regulae ad directionemingenii (le regole per un buon uso
dell’intelligenza), che lascia inconcluso: quest’opera è da considerarsi la genesi del
mondo cartesiano. Per la prima volta compare l’elaborazione del metodo, il quale trova
la sua applicazione nelle meditazioni metafisiche. Egli pone problemi propri del
ragionamento in quanto tale, e scrive una serie di regulae per raggiungere LA verità
intorno ad un campo d’indagine. Le meditazioni metafisiche sono il compimento del suo
metodo.
Regola seconda: per raggiungere la verità in qualsiasi ambito vengono seguite
determinate regole; bisogna seguire un determinato metodo.
Per Cartesio vale la pena occuparsi solo di quelle cose a cui la nostra intelligenza
appare sufficiente, cioè delle cose che possiamo conoscere in modo certo, quindi
l’aritmetica e la geometria.
L’essere umano può conoscere tramite:
L’esperienza;
➢ I sensi;
➢ Per deduzione che deriva dall’intelletto. Questa è peculiarità di ogni umano,
➢ e l’intelletto procedendo per deduzione non fallisce mai (al contrario
dell’esperienza che è spesso fallace – cioè porta ad una verità non certa, che può
ingannare). La deduzione condotta da un intelletto che sa ragionare conduce alla
verità, consente di raggiungere il vero, ed è pura perché non contaminata
dall’esperienza. Questo metodo non verrà mai messo in discussione da Cartesio.
Nel metodo della deduzione, la conclusione a cui si giunge è già contenuta nelle
premesse, nel metodo a priori; col metodo si dà voce, si esplicita un qualcosa di
già presente. Per Cartesio questo è il vero metodo per arrivare alla vera
conoscenza perché è vero in ogni tempo (un ragionamento di geometria corretto
sarà uguale in qualsiasi altro momento).
Tutto ciò che possiamo conoscere, lo possiamo conoscere solo tramite il modello
deduttivo (Bergson nega questa affermazione);
Il criterio deduttivo posto dalla matematica è il criterio che permette di scoprire le cose
per come sono.
BERGSON, invece:
Bisogna tenere conto del tempo e quindi la deduzione non è valida;
➢ Problema dell’errore: gli uomini possono cadere in errore quando studiano
➢ qualcosa senza un metodo (che è importante, ma non basta);
Geometria ed aritmetica sono il metodo della razionalità che elimina
➢ completamente l’esperienza. Il ambito della deduzione, l’errore è considerato
non umano, in quanto l’umano è dotato di ragione ed intelletto per applicare il
metodo nel modo corretto ed arrivare alla verità.
Tutto ciò NON SIGNIFICA CHE si debba fare solo aritmetica e geometria, ma
semplicemente chi cerca la verità non deve occuparsi di altro se non della geometria e
dell’aritmetica.
Il metodo deduttivo non è solo una questione gnoseologica (un modo di conoscere) ma
Cartesio sostiene che nel metodo siano note le cose nel metodo in sé (quindi è una
questione ontologica).
Regola quarta: Cartesio precisa il tipo di metodo, e dice che piuttosto che ricercare la
verità senza metodo è meglio restare nell’ignoranza assoluta. L’inizio della filosofia è
faticoso ma è l’inizio della liberazione. Senza l’applicazione di un metodo reale, se si è
abituati all’oscurità dell’opinione, non si riconoscerà la forza del metodo.
Per metodo, Cartesio intende regole certe e facili osservando esattamente, le quali
nessuno mai supporrà il falso per il vero, incrementando gradatamente la conoscenza.
L’oggetto del metodo non è la comune matematica (termine volgare) ma la
mathesisuniversalis (il sapere in quanto tale) che si traduce in scienza universale
(comprende la totalità del reale) e costruzione razionale della realtà da un punto di vista
formale.
La scienza si dà secondo l’ordine (cose che sono infinite e non misurabili) quali il
cogito/coscienza, Dio e il mondo e secondo la misura (il metodo deduttivo si applica
nella realtà misurabile).
Così, poste le basi sul metodo, Cartesio inizia a lavorare sulle Meditazioni sulla filosofia
prima che analizzano le tra questioni di cogito, Dio e mondo (che sono le tre idee
metafisiche). Ovviamente vengono analizzate col metodo deduttivo.
Il metodo cartesiano è quello del dubbio:
Come faccio a dimostrare con assoluta certezza che la mente esiste?
➢ Egli si risponde: nelle regulae ho fondato il metodo; ho poi applicato il metodo
➢ nel discorso dimostrando che tale metodo è adeguato per dimostrare l’esistenza
della mente (e di conseguenza l’atto di conoscenza).
Le quattro regole di tale metodo sono:
Regola dell’evidenza: accetto come vero solo ciò che è chiaro e distinto,
➢ indubitabile. Cartesio pone assoluta equivalenza tra verità e indubitabilità (se c’è
qualcosa che sfugge al dubbio sarà veritiero e certo);
Regola dell’analisi: la risoluzione dei problemi deve avvenire attraverso la
➢ scomposizione dello stesso in parti più semplici;
Regola della sintesi: dopo il secondo passaggio, si ricostituisce la totalità del
➢ problema;
Regola dell’enumerazione: controllo della correttezza procedurale, verifica che
➢ i passaggi della deduzione sono stati compiuti in modo adeguato.
Attraverso questo procedimento si giungerà al vero, che è universale e oggettivo (quindi
se intelletti differenti applicassero il metodo in maniera rigorosa, arriverebbero tutti alla
medesima conclusione).
L’ordine dei ragionamenti di Cartesio è la ratio cognoscendi (il testo ha un ordine
preciso, va capito l’ordine della materia); nella prima meditazione Cartesio, applicando
il metodo del dubbio, scopre la verità. Nella seconda meditazione scopre il cogito, nella
terza, quarta e quinta scopre Dio e nella sesta scopre il mondo.
La prima meditazione
Con la prima meditazione Cartesio ricerca le fondamenta di tutto il sapere; la filosofia
sono le radici di un albero, che è il sapere. Le opinioni prendono il nome di doxa, e il
processo di Cartesio sta nel correggere le opinioni imparate in modo acritico, senza
metodo.
Dato che i contenuti della conoscenza sono infiniti, Cartesio decide di non poter
ragionare su tutti questi contenuti ma di ragionare sulla filosofia perché essa si chiede
quali sono le modalità attraverso cui ci volgiamo al reale senza occuparsi dei singoli
contenuti (cioè ciò che fanno tutte le altre scienze, occupandosi di porzioni del reale).
Cartesio, dunque, comincia ad applicare il metodo del dubbio a tutte le sue conoscenze:
Lo applica innanzitutto ai sensi (che sono soggettivi, quindi non veritieri e, più
precisamente, fallaci). Nasce il dualismo cartesiano: Cartesio mette in dubbio
l’esistenza stessa del suo corpo.
Ma della matematica non si può dubitare, o almeno così Cartesio crede fino alla scoperta
di un genio ingannatore, che può mettere in dubbio anche la matematica; quest’ultimo
(l’ingannatore) nasce dall’erronea applicazione del metodo da parte dei matematici
(violando la quarta regola, l’enumerazione).
Cartesio distingue il dubbio cartesiano (che è un metodo per condurre alla verità) dal
dubbio scettico, che dubita di ogni cosa: l’assunzione dello scettico è che non esista
alcuna verità. Si parla quindi di dubbio iperbolico, l’incapacità di credere a qualsiasi
cosa.
Ma questo momento di crisi è necessario per uscire dal dubbio e per scoprire la prima
certezza, il cogito. La prima certezza è l’atto stesso di pensare, cioè l’atto di
conoscenza; l’atto di coscienza è certo perché il dubbio è un atto del pensiero, quindi è
certo.
RIASSUMENDO:
La locuzione cogito ergo sum (lett. "Penso dunque sono") è l'espressione con cui Cartesio
esprime la certezza indubitabile che l'uomo ha di sé stesso in quanto soggetto pensante.
La filosofia di Cartesio è incentrata sulla ricerca di un metodo che dia la possibilità all'uomo di
distinguere il vero dal falso, non soltanto per un fine strettamente speculativo, ma anche in vista
di un'applicazione pratica nella vita. Per scoprire tale metodo, il filosofo francese adotta un
procedimento di critica totale della conoscenza, il cosiddetto dubbio metodico, consistente nel
mettere in dubbio ogni affermazione, ritenendola almeno inizialmente falsa, nel tentativo di
scoprire dei principi ultimi o delle massime che risultino invece indubitabili e su cui basare poi
tutta la conoscenza.
Cartesio sostiene che nemmeno le scienze matematiche, apparentemente certe, possono
sottrarsi a tale scetticismo metodologico: non avendo una conoscenza precisa e sicura della
nostra origine e del mondo che ci circonda, si può ipotizzare l'esistenza di un "genio maligno"
che continuamente ci inganni su tutto, anche su di esse. Si giunge così al dubbio iperbolico,
estremizzazione limite del dubbio metodico.
A prima vista, quindi, per l'uomo non c'è alcuna certezza. Eppure, quand'anche il "genio maligno"
ingannasse l'uomo su tutto, non può impedire che, per essere ingannato, l'uomo deve esistere
in qualche modo. Non è certo detto che l'uomo esista come corpo materiale, perché egli non sa
ancora nulla della materia. Ma l'uomo è sicuro di esistere in quanto è un soggetto che dubita,
cioè che pensa. H. BERGSON
L’EVOLUZIONE CREATRICE
Bergson scrive “L’evoluzione creatrice” che riscuote gran successo. Questo volume ha
una domanda fondamentale: il problema dell’essere vivente in relazione con
l’intelligenza. Ciò che caratterizza il vivente è il divenire, il movimento perpetuo,
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