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Perché questa pluralità di implicazioni non dipende dalle singole parole o dai singoli media; è una

caratteristica che attraverso tutto il vocabolario dei mezzi di comunicazione in quanto tali. Ogni

medium, fin dalla parola con cui lo chiamiamo, è una complessa stratificazione di tante realtà.

La volontà o almeno la tentazione di scindere (a livello interpretativo come sul piano del

vocabolario) il fatto sociologico da quello tecnico, gli aspetti economici da quelli culturali, si sono

ripresentate di continuo nel corso del Novecento: in omaggio alle divisioni disciplinari tra le diverse

scienze umane che dei media si occupano, ma a volte anche per una (malintesa) esigenza di

chiarezza concettuale. Come se ci dimenticassimo, ogni volta, che la materialità dei media è

promotrice delle abitudini sociali e insieme ne rappresenta la concretizzazione fisica.

La tecnologia è un fatto culturale, e non solo materiale, e la cultura vive negli eventi e negli oggetti,

non in un isolato mondo delle idee. Sono oggetti tecnici e insieme veicoli di informazioni; strumenti

che registrano, che mostrano, che elaborano. Sono cose che parlano.

8.2.3.Onnipresenti e sfocati

Mentre penetra nel senso comune delle società occidentali l'idea per cui i media, con le loro

trasformazioni, sono un agente di cambiamento in sé, quasi un “soggetto rivoluzionario” vero e

proprio, l'identità dei media stessi si fa sempre più sfocata per effetto del ritmo stesso del loro

cambiamento, e della sovrapposizione tra tecnologie.

Questo processo contraddittorio è mosso da due fenomeni evidenti, caratteristici di questa fase: da

un lato, la moltiplicazione, fino alla ridondanza, dei mezzi a disposizione, dall'altro la versatilità,

delle macchine resa possibile, e progressivamente accentuata, dall'informatizzazione generalizzata,

cioè dall'applicazione a tutti gli strumenti di quella separazione tra struttura fisica delle macchine

(hardware) e programma di funzionamento (software) che è una delle principali novità della nostra

èra. Con la digitalizzazione, tutti gli strumenti di comunicazione si sono conformati o si stanno

conformando a un unico modello: quello appunto del computer. I media sono macchine traduttrici,

sono macchine che parlano un linguaggio comune a tutte, linguaggio che pone un solo e serio

problema: solo le macchine lo parlano.

Insomma non si è mai parlato di media quanto lo si fa adesso, e al tempo stesso non è mai stato così

poco chiaro che cosa questo termine realmente significhi.

8.2.4.I media come istituzioni informali e come “luoghi comuni”

L'affermazione “tutti sappiamo che cosa intendiamo quando parliamo di radio”, contiene un

importante elemento di verità. Perché un medium, al di là delle tecnologie, incarna un linguaggio e

un insieme di abitudini, che possono rimanere relativamente intatti anche nel mutare degli strumenti

e dei materiali. La radio è anche un insieme di linguaggio e di abitudini, che possono durare molto

più a lungo delle singole tecnologie.

Il mutare delle tecnologie porterà sicuramente a nuove pratiche, ma su tempi non altrettanto brevi e

neppure prevedibili con sicurezza; per ora sono le pratiche e le abitudini proprie della radio a

impossessarsi delle tecnologie e a piegarle alle proprie esigenze più di quanto no avvenga il

contrario. Per tutto il secolo passato i media sono stati, e ancor oggi lo sono un terreno di incontro e

mediazione fra innovazione tecnica e quadri culturali, fra la meraviglia delle innovazioni e

l'insediarsi delle abitudini; e hanno così acquisito una sorta di status intermedio forte e necessario.

La storiografia ha cominciato, fin dagli anni settanta, a riconoscere al cinema e alla televisione, al

giornalismo scandalistico e a Internet, un ruolo di vero e proprio attore nelle vicende del Novecento,

accanto agli individui e alle organizzazioni, alle aziende e agli Stati.

Possiamo parlare, per la televisione come per Internet, per la rete telefonica come per la stampa

d'informazione, di “istituzioni informali”, che si presentano come meno vincolanti delle istituzioni

classiche largamente in via di delegittimazione, ma non meno regolatrici se non altro per le

prescrizioni implicite nelle loro stesse tecnologie.

Nelle società attuali, nelle quali istituzioni come la scuole e l'apparato assistenziale del welfare

state, le forze armate e le grandi denominazioni religiose hanno perso molta della loro credibilità, i

media sono venuti assumendo una funzione suppletiva e vicaria. Tutti i media, di massa e

interpersonali, sono insieme, proiezione della società individualistica e rimedio, vero o

immaginario, ad alcune forme di disorientamento e di anomia che essa porta con sé.

Non deve stupire quindi che i media siano seguiti dal potere politico con un'attenzione occhiuta e

spesso ossessiva, un'attenzione che però p attenta a dissimularsi dietro la promessi di “dare al

pubblico quel che il pubblico vuole”.

Dapprima è stato sconfitto, almeno a ovest della cortina di ferro, quello che Williams chiamava il

modello “autoritario” della comunicazione nella guerra guerreggiata degli anni quaranta e poi nella

guerra fredda della seconda metà del secolo, modello che vedeva i media totalmente sottoporsi

all'istruzione per eccellenza, lo Stato. Successivamente è stato prima esaltato, poi man mano

accantonato, il modello paternalistico di libertà sorvegliata che era stato adottato almeno in Europa

nella fase del welfare state: un sistema dei media soggetto per una parte al diretto controllo dello

Stato. Infine, negli anni settanta, si è imposto come solo modello accettabile di organizzazione del

comunicare quello che presenta i media nella forma del self – service.

Alla fine del secolo si è pressoché universalizzato il modello americano. Si è imposto così un

regime fluido e scarsamente regolato, dove la tecnica e lo scambio economico sono i principi di

base. L'organizzazione oggi prevalente del sistema dei media è centrata sul mercato. Usiamo il

termine “luoghi comuni” proprio nel suo significato classico: sono luoghi comuni delle espressioni

socialmente riconosciute, sul cui senso esiste un'unanimità spesso più apparente che reale, ma che

costituiscono, nella fluidità delle relazioni, e nella stessa crescente fluidità delle informazioni, un

ancoraggio rassicurante.

Proprio come per i luoghi comuni della conversazione quello che importa non è il contenuto ma la

condivisione; più che le idee che circolano, a pesare è la conferma del legame sociale.

8.2.5.Un'idea di media

I media sono realtà storicamente determinate. È lo sguardo storico che ci permette di vedere come si

sovrappongono tra loro le diverse stratificazioni di senso e di esperienza che i media portano con sé,

e di distinguerle senza pretendere di separare rigidamente ciò che nella complessità del reale è

intrecciato; è lo sguardo storico che ci permette di individuare le interazioni e le interdipendenze dei

fattori di cambiamento che sul piano delle specifiche discipline siamo abituato a definire

“economici”, “sociali”, “tecnologici” o “culturali”. La storia non è (o non necessariamente) la

scienza di ciò che è stato, ma è la scienza dei processi, e dei fenomeni nel loro svolgersi lungo il

tempo; che il presente è suo oggetto legittimo tanto quanto il passato.

8.3.Oltre i media. Un campo di tensioni

Quello che ci interessa, non è la stratificazione dei significati e dei processi che si incontrano in

ogni medium, sono le contraddizioni che lo attraversano, connotando in profondità l'esperienza che

ne facciamo.

8.3.1.Connettere e separare

Secondo Hannah Arendt il concetto di comunicazione contiene di per sé un paradosso: la

comunicazione tra gli esseri umani presuppone la loro diversità, altrimenti non ci sarebbe nulla da

comunicare, ma anche l'eguaglianza, altrimenti non ci sarebbero né un universo condiviso né un

linguaggio comune, e lo scambio non sarebbe possibile. Diversità e affinità: la comunicazione, in

sostanza, vive della tensione tra questi due principi, apparentemente incompatibili.

I media connettono soggetti e gruppi sulla base di quanto li accomuna e insieme evidenziano e

confermano ciò che li tiene separati. Così il telefono è strumento di connessione addirittura a volte

più intimo del colloquio faccia a faccia ma al tempo stesso conferma con la sua presenza l'assenza,

e la distanza reciproca, degli interlocutori. Ogni medium è portatore di messaggi e insieme segnale

di separazione; è veicolo di comunanza e marcatore di estraneità; è comunicatore di esperienza e

negatore della possibilità di esperire “davvero”. Così le regole della conversazione telefonica

mirano a scavalcare l'assenza dell'interlocutore o almeno a non sottolinearla in modo eccessivo, ma

tengono conto anche del fatto che si è in contatto con persone lontane e potenzialmente del tutto

estranee, e quindi stabiliscono un complesso galateo di avvicinamento verbale all'interlocutore.

8.3.2.Vicino e lontano

L'avvicinamento progressivo del medium all'utente viene da lontano: si è partiti dal cinema, che

richiedeva e richiede uno spostamento fisico, una spesa, e aveva il fascino insieme interiore e

trascendente della liturgia; per passare alla radio e poi alla televisione, che sono diretto

prolungamento dell'ambiente domestico o addirittura del corpo del singolo, e che possono essere

regolate tenendo conto delle esigenze dell'uno e dell'altro; fino ad arrivare ai mezzi interattivi, che si

avvicinano ulteriormente per essere a portata non solo di occhio e di orecchio ma di mano. Il secolo

dei media è stato accompagnato da un progressivo avvicinamento spaziale (lo schermo filmico deve

essere distante qualche metro ad esempio); e da un avvicinamento temporale; il cinema detta i suoi

tempi, la paleo – tv anche ma in quanto forma arcaica di flusso ha un orario adattabile alla vita

quotidiana dei fruitori, la neo – tv, la cassetta e il dvd hanno i tempi di chi li usa, l'interattività

riconosce all'utente un ruolo da conduttore.

Il gioco dell'avvicinarsi dell'utente ai media per controllarli meglio trova il suo risvolto, da un lato,

in una geografia delle reti globali in cui i centri – sistema si dislocano in realtà a distanze crescenti

da chi ne fa uso, dall'altro, nel complicarsi degli apparati.

8.3.3.Media che trasmettono, media che sono. Non si può non comunicare

“Non esistono parole pure e semplici”. Il dialogo, o megl

Dettagli
A.A. 2013-2014
55 pagine
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SSD Scienze antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche L-ART/06 Cinema, fotografia e televisione

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher alessandro.lora-1993 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Media: storia e teoria e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Catania o del prof Ortoleva Peppino.