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Estratto del documento

J J

ma siccome θ̇ = , allora dθ = dt otteniamo:

2 2

mρ mρ J

Z 2

ρ

θ = q 2

J

− −

2m(E V (ρ)) 2

ρ

Se prendiamo nel piano xy la variazione di angolo descritta dal raggio vettore nel punto

massimo dell’orbita (ovvero l’angolo in una oscillazione), può essere commensurabile con π:

m

ovvero ∆θ = 2π . Se è commensurabile, allora il moto è periodico, altrimenti il moto è detto

n

quasi-periodico.

4.2 Leggi di Keplero.

Partendo dal potenziale gravitazionale α

− , α = GM m

V (ρ) = ρ

vogliamo ricavare le tre leggi di Keplero:

1. Le orbite sono ellittiche;

2. La velocità areolare è costante;

2

T

3. = cost.

3

a

Il potenziale efficace ha la forma 2

J

α

− +

V (ρ) =

ef f 2

ρ 2mρ 2

J

e non dipende dalla forma di ρ. Inoltre V ha minimo in ρ = .

ef f αm

Prima Legge di Keplero.

Sappiamo che J

ρ dρ

Z 2

ρ

θ = q 2

αρ J

2m(E + )

ρ

− 2

ρ

J mα J

− −

prendo u = e quindi du = dρ. Inoltre posso riscrivere il denominatore:

2

ρ J ρ

2 2 2 2

2mα J 2mα J J 2mα mα m α mα

2

− − − − −

2me + = 2mE + = 2mE + u + u 2u =

2 2 2

ρ ρ J ρ ρ J J J J

2 2

m α 2

= 2mE + u

2

J

Riscriviamo quindi l’integrale: J mα

u

Z du ρ J

θ = = arccos

q q

2 2 2 2

m α m α

2

u 2mE + u 2mE +

− 2 2

J J

19

Riscriviamo meglio: r 2 2 mα

m α J −

2mE + cos θ =

2

J ρ J

ma la radice può essere riscritta come

r r

2 2 2

m α mα 2EJ

1 mα

2 2 2

2mE + 2mEJ + m α = e

= + 1 =

2 2

J J J mα J

definendo r 2

2EJ +1

e = 2

Dunque ottengo mα J mα

e cos θ =

J ρ J

2

J − 1

e cos θ = mαρ

2

J

e definendo p = , posso scrivere

mα p = 1 + e cos θ

ρ

che è proprio l’equazione di una ellisse.

Seconda Legge di Keplero.

In un tempo dt abbiamo che il vettore ρ(t) spazza un angolo dθ. Siccome l’angolo dθ è infini-

tesimo, possiamo approssimare l’arco con il segmento ρdθ, trascurando cosı̀ l’area tra la punta

di ρ(t + dt) e quella di ρ(t) e avente come lato proprio l’arco. Dunque l’area spazzata sarà

1

1 2 2

ρ dθ =⇒ Ȧ = ρ θ̇

dA = 2 2

Non è stato derivato ρ perché stiamo considerando ρ(t) = ρ(t + dt).

2

Ma avevamo ottenuto J = mρ θ̇, quindi J

Ȧ = 2m 2

e siccome J è una costante del moto, allora anche Ȧ è costante .

Terza Legge di Keplero.

Integriamo Z Z 2mA

2mȦdt = Jdt =⇒ 2mA = JT =⇒ T = J

con A = πab, ovvero l’area dell’ellisse. Dimostriamo che a e b hanno la seguente forma:

p p

a = b = p

2

1 e 2

1 ρ

Iniziamo da a: il valore di a è dato da ρ(θ) quando θ = 0, π. Dunque

ρ(0) + ρ(π) = 2a

2 Osserva che questo risultato non dipende dal tipo di potenziale: è vero per tutti i moti centrali.

20

Ricordando l’equazione dell’ellisse ottenuta

p = 1 + e cos θ

ρ

e sostituendo p p

= 1 e, =1+ e

ρ(π) ρ(0)

esplicito entrambe in ρ e le sommo

1 1 p

p + = 2a =⇒ a = 2

− −

1+ e 1 e 1 e

Riguardo b: mettiamo l’origine degli assi in uno dei due fuochi (ad esempio in quello più a

destra). In questa maniera, la distanza tra i due fuochi sarà data da ρ(π) ρ(0). Quindi la

distanza tra il centro dell’ellisse e uno dei due fuochi è data da

− pe

ρ(π) ρ(0) = 2

2 1 e

Applicando il teorema di Pitagora si ottiene:

2 2 2

p pe p p

2 2

− −

b = p

= (1 e ) =

2 2 2 2

− − − −

1 e 1 e (1 e ) 1 e

quindi √ √

√ J

b = a p = a mα

Siccome avevamo trovato che 2mπab

T = J

sostituiamo i valori di a e b ottenuti: √ √ r

aJ m

2mπ √ 3

= 2π

T = a a

J α

m

ma non dipende dal corpo, poiché α = GM m. Quindi

α √ r 2

T 2π

1

3

T = 2π a =⇒ = = cost

3

MG a MG

dato che M è, nel caso dei pianeti, la massa del Sole.

21

Capitolo 5

Vincoli.

Consideriamo un sistema di N punti materiali: x = x , . . . , x . Con il vincolo stiamo chiedendo

1 N

che le x soddisfino un’equazione del tipo f (x, ẋ, t) = 0

Supponiamo di avere forze attive F (x, ẋ) e m ẍ = F (x, ẋ). Supponiamo di aver trovato anche

i i

x(t): questa funzione, in generale, non soddisfa la condizione del vincolo. Il vincolo aggiunge

la

forze: ẍ = F (x, ẋ, t) + R(x, ẋ, t)

m i

i

dove R rappresenta la reazione vincolare. La ricerca del vincolo può avere soluzione non unica

(in generale è un problema mal posto).

Esistono vari tipi di vincoli. ẋ.

Differenziali: sono vincoli dipendenti da

t).

Finiti: sono vincoli del tipo f (x,

P

Differenziali lineari: del tipo l ẋ + f (x, t) = 0.

i i

i

Ogni vincolo finito può diventare differenziale: se f (x, t) = 0, allora sarà nulla anche la sua

d f (x, t) = 0. Ma questo equivale a scrivere

derivata: dt ∂f ∂f

X =0

ẋ +

i

∂x ∂t

i

i

Integrabile: se ho un vincolo differenziale e lo riesco a scrivere come g(x, t) = c.

Olonomo: è un vincolo finito (o differenziale) integrabile.

Scleronomo: è un vincolo olonomo che non dipende dal tempo.

Reonomo: è un vincolo olonomo che dipende anche dal tempo.

Osserva che se ho un vincolo del tipo f (x) = 0, significa che tale condizione è vera in ogni

intervallo di tempo (perché non ne dipende) e quindi ho che il punto è vincolato sulla superficie.

Un particolare tipo di vincolo è il manubrio: esso consiste in due punti materiali di massa

m e m tenuti a distanza fissa l. Questo vincolo è della forma

1 2 2 2

|x − | −

x l = 0

1 2

Questo tipo di vincolo può essere reonomo (se la distanza varia nel tempo) o scleronomo.

22

Capitolo 6

Piccole oscillazioni.

Studieremo le piccole oscillazioni attorno ad una posizione di equilibrio stabile per un sistema

a n gradi di libertà. Consideriamo la lagrangiana di un sistema a vincoli olonomi bilaterali e

soggetti a una forza conservativa: n 1

X −

L(q, a (q)

q̇) = q

˙ q

˙ V (q)

ij i j

2

i,j

∂x

∂x

P .

m

con a = ν

ν

ν

ij ν ∂q ∂q

i j ∞

Supponiamo che V sia una funzione C e che abbia minimo in q = 0. Inoltre imponiamo

V (0) = 0. Ovviamente questo non fa perdere di generalità. Sviluppiamo in serie di Taylor la

lagrangiana e prendiamo fino al secondo termine. Abbiamo che

n

1 X a (q)

q

˙ q

˙

T = ij i j

2 i,j

e quindi sviluppando gli a intorno allo zero abbiamo

ij ∂a

X ij · · ·

q + = T + o(q)

a = a (0) + k ij

ij ij ∂q k q=0

k

Se q è piccolo, allora il termine con q è più piccolo di a q

˙ q

˙ . Dunque

k ij i j

n

1 X 2

T = T (q) q

˙ q

˙ + o((q, q̇) )

i j

ij

2 i,j

Sviluppiamo ora V (q): 2 2

∂V 1 ∂ V 1 ∂ V

X X X

2 2

V (q) = V (0) + q + q q + o((q, q̇) ) = q q + o((q, q̇) )

i i j i j

∂q 2 ∂q q 2 ∂q q

i i j i j

q=0

i ij ij

∂V |

siccome q = 0 è di minimo, allora = 0. Ho dunque due forme quadratiche definite

q=0

∂q

i

positive. La lagrangiana delle piccole oscillazioni sarà:

1 X −

(T q

˙ q

˙ V q q )

L = ij i j ij i j

2 ij

Notare che T e V sono simmetriche e che la lagrangiana non è definita positiva.

23

Scriviamo le equazioni di Lagrange: ∂L X

= T q

˙

kj j

∂ q

˙

k j

d ∂L X

= T q

¨

kj j

dt ∂ q

˙

k j

∂L X

= V q

kj j

∂q k j

Quindi otteniamo: X (T q

¨ + V q ) = 0 k = 1, . . . , n

kj j kj j

j

che è un sistema di n equazioni differenziali lineari del secondo ordine. Le soluzioni che cer-

chiamo sono nella forma generale q = u sin(ωt + ϕ). Notare in particolare che le q hanno la

j j

stessa fase (ovvero stessa pulsazione e fase iniziale) ma ampiezze differenti.

2 2

−u −q

Da q ricaviamo q

¨ = ω sin(ωt + ϕ) = ω . Dunque le equazioni di Lagrange

j j j j

diventano X X

2 2

− −

(V q T q ω ) = (V T ω )q = 0

kj j kj j kj kj j

j j

2

chiamando λ = ω e sostituendo q = u sin(ωt + ϕ):

j j

X −

(V λT )u = 0

kj kj j

j

e per avere soluzioni bisogna che −

det(V λT ) = 0

che è un’equazione algebrica di grado n. Le λ che cerco servono positive. Dimostrazione a pag.

177 dell’Olivieri. 24

Parte III

Meccanica Hamiltoniana

25

Capitolo 7

Equazioni del moto

7.1 Derivazione dalla meccanica lagrangiana.

Con la meccanica lagrangiana si descriveva lo stato meccanico mediante l’assegnazione di coor-

dinate e velocità generalizzate. Questo non è però l’unico modo possibile: una scelta vantag-

giosa è data dalla descrizione mediante le coordinate e gli impulsi generalizzati. Mediante le

trasformazioni di Legendre si può passare da un sistema di variabili indipendenti ad un altro.

Definiamo il momento cinetico coniugato come

∂L

p =

i ∂ q̇ i

Sappiamo che la lagrangiana è una funzione L(q, q̇). Consideriamola invece come funzione di

due variabili tra loro indipendenti. Le variabili della lagrangiana dipendono da un parametro:

q = q(α) e q̇ = q̇(α). Calcoliamo la derivata totale della lagrangiana:

∂L ∂L

dq dq̇

d X i i

L(q, q̇) = +

dα ∂q dα ∂ q̇ dα

i i

i

Considerando che

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SSD Scienze matematiche e informatiche MAT/07 Fisica matematica

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Totpic di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Meccanica analitica e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Roma Tor Vergata o del prof Scoppola Benedetto.