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Tu oh fede, dagli stanchi resti di napoleone allontana i pensieri cattivi, dio ha il potere di farli
rialzare. Ma che è anche il grado di consolare gli uomini si sedette sul letto di morte di napoleone.”
L’aspetto di napoleone esaltato è quello di convertito, è un oppressore che però sconfitto e costretto
a essere in esilio e una volta oppresso può avvicinarsi a dio e trovare la salvezza. Tutti i suoi sogni
terreni sono vani, l’unica serenità arriva dalla fede, tutti quelli che prima lo sostenevano adesso lo
hanno abbandonato, e sul letto di morte c’è solo Dio.”
“La morte di ermengarda” coro dell’atto 4° è molto triste perché c’è la morte di ermengarda,
manzoni vuole far risaltare la figura del personaggio, è vicina alla fede da una parte ma dall’altra
riaffiorano le passioni vissute. Ermengarda da principessa una volta ripudiata diventa da oppressore
a oppresso, però l’avvicinarsi a dio l’ha aiutata a salvarsi. Nelle prime 2 strofe dove c’è la morte di
ermengarda parla una voce narrante oggettiva, dalla 3° strofa c’è un io soggettivo, indeterminato, un
io lirico del poeta, il coro si suddivide in 2 parti, nella prima c’è il ricordo dei momenti felici
dell’amore, nella seconda parte dal verso 61 c’è il motivo religioso, la provida sventura. È
strutturato in strofe di settenari, ci sono similitudini, anafore. Il valore del testo è soprattutto lirico.
“Con le trecce morbide sparse sul petto affannato,con le mani verso l’alto, con il volto imperlato di
sudore così giace ermengarda cercando il cielo con lo sguardo vacillante.
Si interrompe il pianto delle suore e si innalza una preghiera collettiva mentre si abbassa sulla sua
fronte gelida una mano delicata che le chiude le pupille azzurre.
O nobile ermengarda libera il tuo animo tormentato dalle passioni terrene e innalza a dio tutta te
stessa, cosi muori, la meta del tuo lungo martirio è fuori dalla vita.
Questo era il destino dell’infelice, un destino immodificabile, una richiesta sempre negata e
finalmente ascendere al dio dei santi e santificata dal suo dolore.
Oh i giorni felici che elle sapesso di impediva di ricordare, ma ecco nelle notti insonni o tra i
chiostri solitari o tra i canti delle suore sempre tornavano alla sua memoria.
Il giorni in cui ancora amata ingnara del destino infelice che l’aspettava respirò l’aria piena di
vitalità della terra di Francia e apparve subito invidiata tra le spose dei figlia dei franchi e dei saliti.
Quando i giorni in cui da un poggio levato con i capelli biondi adorni di gioielli ella assisteva la
caccia, e poteva osservare il sovrano con i suoi lunghi capelli chinato sulle redini.
E dietro di lui poteva vedere la furia dei cavalli, fumanti di sudore, il loro disorientarsi, procedere
allo sbando e il tornare dei cani da caccia stanchi e uscire dai cespuglio ormai stanato l’irsuto
cinghiale.
E di colpo si vede rigato di sangue il terreno più volte colpito, il cinghiale è stato colpito dalla
freccia del re, e ermengarda si volta verso le altre donzelle terrorizzata.
O fiume mosa, o tiepidi bagni di aquasgrana dove il re deponeva la sua orribile armatura e si
immergeva per eliminare il suo nobile sudore.
Come la fresca rugiada su un cespuglio di erba inaridita fa di nuovo filuir la vita di steli rinsecchiti
che di nuovo verdi si rialzano, cosi allo stesso modo lo stesso conforto delle parole amiche scende
sul pensiero che la vita affanna, e il cuore si volge verso una gioia rasserenate.
Come il sole risale la volta celeste, infuocata e incendia l’aria senza vento con la sua vampa
insistente ecco subito i deboli steli d’erba appena sollevati ricadono al suolo, con la stessa rapidità
l’amore acquietato torna incontrollabile, dopo quel breve periodo che era riuscita a dimenticarlo e
assale l’anima impaurita di ermengarda e le riporta immagini che lei aveva tentato di dimenticare.
Libera o animo nobile il tuo animo tormentato dalla passioni terrene ed innalza a dio cosi puoi
morire, nel terreno che potrà ricoprire le tue spoglie riposano altre donne infelici. Donne che si sono
viste private dei propri sposi durante i combattimenti, uccisi dalla guerra, vergini inutilmente
fidanzate e madri che hanno visto impallidire i propri figli morti.
Tu che discendi da una stirpe di oppressori la cui unica prodezza fu di essere piu nomerosi di alri, la
cui unica legittimazione fu violenza e l’unica gloria fu non avere pientà di nessuno.
A te colloco la provvida sventura, cosi muori compianta dalle suore scendi tra gli oppressi che
nessuno venerà.
Cosi muore e il tuo volto esamine si ricomponga come quando parlavi da vergine
Come la luce rossa che dalle nuvole spunta e illumina tutto è buon presagio per il contadino ad un
giorno più sereno.”
I PROMESSI SPOSI
Il romanzo è il grande capolavoro di Manzoni, voleva realizzare un opera in cui rappresentare una
realtà storica analizzando le condizioni sociali senza trascurare gli umili e cercando di realizzare
ogni evento ricostruendone le cause e valutandone gli effetti. Si rende conto che c’è un solo genere
che può servire per il suo romanzo. Lo struttura in 38 capitoli. È un romanzo storico perché
ricostruisce la dominazione storica tra il 1628-1630. è un romanzo realistico perché anche le parti
di descrizioni sono realistiche. È anche un portatore di idee perché si fa espressione di particolari
valori e sentimenti. È anche un romanzo di formazione perché durante l’opera alcuni personaggi si
trasformano. Egli ama la storia civile e il romanzo storico è molto comune al tempo. Legge alcune
opere di Walter Scot.(la ivanoe) Scot fa che la storia funge da sfondo alle vicende mentre manzoni
fa si che la storia entra nelle vicende dei protagonisti e le determina. È ispirato dalla lettura di una
grida(legge) in cui c’è l’impedimento violento di matrimoni era considerato reato. Nel romanzo cita
piu grida sull’argomento. I bravi erano chiamati cosi erroneamente, si macchiavano di reati e
trovavano servizio per i nobili signori per scappare dalla condanna e i nobili si facevano proteggere
da loro e per fare prepotenze ai poveri. Riporta delle leggi che puniscono la braveria, imponeva di
tagliare il ciuffo che impediva di essere riconosciuti. Si promulgavano tante leggi ma poche
venivano applicate. Manzoni ricostruisce il biennio, descrive la dominazione spagnola,
l’organizzazione politica degli spagnoli e cita alcuni governatori. Si riferisce ad avvenimenti storici
come la successione al ducato di Mantova tra spagnoli e francesi. Parla della discesa dei
lanzichenecchi passando dal lecchese, descrive i problemi determinati dalla carestia portata dai
lanzichenecchi. All’interno della storia introduce dei personaggi, alcuni realmente esistiti altri
inventati, c’è la monaca di Monza, l’innominato, il cardinale Borromeo. O anche figure verosimili,
tipo don Abbondio, prete debole e pusillamine che si fa prete per scappare dai pericoli per entrare a
far parte di una casta importante. È anche verosimile la storia dei protagonisti, due del popolo. Gli
umili assumono un ruolo importante. Manzoni è un uomo che è ricco e vede ai poveri con un
atteggiamento distaccato, ma ha un atteggiamento paternalistico, sono modelli di bontà, generosi
pronti all’aiuto reciproco. Vuole rappresentare la condizione del popolo. Manzoni non è un
sostenitore delle rivolte, o che il loro destino possa cambiare. È un Manzoni democratico. Predilige
i personaggi nobili che sono a tutto tondo: padre Cristoforo, la monaca, l’innominato, e don Rodrigo
che non è presentato come un cattivo ma come uno
È capace di dominare gli eventi, è un mondo dove non c’è posto per ogni genere di azione che
voglia correggere il male, nel romanzo la giustizia non è alla portata del mondo, non è di questo
mondo C’è un lieto fine. La conclusione positiva è grazie all’intervento della divina provvidenza,
altro non è che l’intervento di dio nella vita degli uomini. Grazie a questo intervento Renzo e Lucia
si sposano. Secondo alcuni critici il vero protagonista è il periodo storico, o la divina provvidenza.
Il romanzo può avere più chiavi di lettura, ci possono essere più prospettive. Una democratica,
evangelica, paternalistica, moderatrice e anche una prospettiva religiosa che però pone il lettore di
fronte a domande, quesiti esistenziali che vanno al di là della storia. Presenta una struttura compatta
nei primi 8 capitoli. Dopo la notte degli imbrogli Renzo e Lucia si dividono: Renzo va a Milano e
Lucia va A Monza, fino al congiungimento nel lazzaretto. Le loro storie di intrecciano con altri.
Dopo il capitolo 30-31 c’è la descrizione della peste. Manzoni rifiuta il romanzesco, il narratore
interviene per segnalare le divisioni e guida il lettore negli spostamenti di tempo e spazio e da anche
rapidi sommari di vicende che non vengono rappresentati direttamente. Manzoni non usa il colpo di
scena e usa poco la suspance, nei momenti più concitanti dell’opera. Manzoni interviene per
staccare un po’ e alleggerire l’opera. Rifiuta il romanzesco perché si divide dal vero storico. Per
dimostrare che la sua opera è vera finge che il suo romanzo si la trascrizione di un racconto preso da
un manoscritto del 1600. utilizza un narratore esterno, onnisciente cioè uno che sa tutto della storia,
gli antefatti (con flashback) ma anche come la storia andrà a finire, dando delle anticipazioni.
Nonostante sappia tutto a volte da l’impressione di non riuscire a dare una visione completa della
realtà che lo circonda perché il mondo sfugge ad una previsione di un conto assoluto. Da una parte
c’è l’intervento dell’autore ma anche dell’anonimo. È caratterizzato da reticenze, lascia dei punti in
sospeso e questo perché Manzoni vuole far comprendere che nessuna realtà può essere conosciuta
appieno. Presenta una storia d’amore, sentimenti, passioni che racconta ma non vuole che il lettore
si immedesimi e faccia sue queste passioni ma che sia distaccato e faccia una riflessione morale.
Manzoni sceglie di parlare della dominazione spagnola del 1600 per criticare una dominazione
straniera cosi che il lettore pensi alla dominazione austriaca del 1800 in Lombardia e diventa una
metafora della condizione umana in determinati contesti storici. Lo stile è vario, modulato,
organizzato sui personaggi, sulle azioni e imita l’andamento un po’ sconnesso e diventa elevato
quando si parla di ecclesiastici e ci si perde nel linguaggio politico, anche il linguaggio del narratore
appare vario anche se conserva