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Monsieur Chaveuet. Manzoni si basa su altri modelli, ispirandosi a Shakespeare perché utilizza più
personaggi e anche a tutto tondo, l’azione si svolge in più giorni e in più luoghi.
“Il conte di Carmagnola” composta tra il 1816 e il 1820. Nell’opera ricostruisce varie guerre tra
stati italiani e in particolare tra Milano e Venezia. Il conte di Carmagnola è un capitano di ventura,
comandante delle truppe mercenarie che durante la guerra passò dai milanesi ai veneziani perché
pagato meglio. Sconfisse i milanesi, anziché condannare i prigionieri milanesi li liberò. Venne
accusato dallo stato veneziano di tradimento, arrestato, processato e condannato a morte.
La seconda tragedia che compone è “Adelchi” del 1820-1822, è la storia di Adelchi, figlio di
Desiderio, re dei Longobardi. Nella storia c’è la sconfitta di Desiderio per mano di Carlo Magno. La
tragedia colpisce anche la sfera sentimentale perché Carlo era sposato con Ermengarda, figlia di
Desiderio e inseguito ripudiata. La tragedia si apre con il ritorno a casa di Ermengarda dopo essere
stata ripudiata. Alla fine della tragedia la giovane donna morirà di dolore assistita da alcune suore in
un convento a Brescia. Desiderio per attaccare Carlo si oppone al papa il cui protettore era Carlo
stesso. I franchi discendono ma vengono fermati alle Chiuse di Susa. Grazie ad una soffiata Carlo
riesce a sconfiggere Desiderio. Adelchi decide di combattere per volere paterno, è molto colpito e
triste per la situazione della sorella e alla fine morirà davanti a Carlo vincente e al padre sconfitto.
Nelle due opere c’è il conflitto della morale e infatti ci sono vittime innocenti dell’intrigo. Il
conflitto viene più sviluppato nell’ “Adelchi” che nel “Conte di Carmagnola”. Nelle due tragedie
viene presentato un mondo corrotto, tradito, lontano da dio, dove non c’è giustizia. Le tragedie
manzoniane sviluppano 2 temi principali: il tema dell'eroe sconfitto e quello della concezione
pessimistica della realtà. Per quanto riguarda quest'ultimo, non c'è possibilità per i giusti e i buoni di
vedere avverate e diffuse le loro idee di libertà e sono quindi destinati a soccombere. Le tragedie
durano a lungo e vengono ambientate in chiostri, centri e Manzoni non si basa su pochi personaggi
ma ce ne sono tanti, per ogni personaggio vuole presentarne l’animo. Non sono facili da
rappresentare. Usa un linguaggio aulico, sono scritte in endecasillabi sciolti.
Nelle opere inserisce dei cori. Il coro è un personaggio collettivo che dialoga con i protagonisti con
spazi proprio dove determinare la morale dei fatti. Nelle tragedie i cori cono dei brani lirici. Offre
uno spazio dove può esprimere le sue idee e riflessioni. Egli cerca di creare nel lettore un distacco
critico rispetto a ciò che viene narrato ed è proprio questo distacco l'obbiettivo delle tragedie
manzoniane.
I cori hanno una grande importanza lirica, inserisce tre cori nelle tragedie. Uno nel “Conte di
Carmagnola” e 2 nell’ “Adelchi”. Nel conte di Carmagnola Commenta gli esiti della battaglia di
Maclodio, condanna le lotte fratricide e critica lo spirito particolaristico degli italiani che non
trovano un accordo. Nella scelta dei versi insiste nell’uso delle endecasillabi. Nell’ “Adelchi”
inserisce per commentare la disfatta in val di Susa, i latini esultano per la sconfitta dei longobardi,
ma c’è poco da esultare perché i latini si spostano dal dominio dei longobardi a quella dei franchi. È
forte la dominazione in Italia, allude agli scontri tra napoleone e l’Austria. Struttura il coro in strofe
di senari doppi, per dargli un tono epico. È significativo il secondo coro dell’Adelchi, commenta la
morte della principessa longobarda, Ermengarda, ripudiata da Carlo Magno. Distrutta cerca di
dimenticare il suo amore, l’abbandono, l’essere stata respinta è un’angoscia, cerca di avvicinarsi a
Dio ma attraverso la fede alcune volte viene assalita dai ricordi, felici, dei bei momenti passati.
Esalta le figura degli oppressi. Lei nata da famiglia di oppressori si ritrova oppressa e riesce a
salvare la sua anima. Dal punto di vista metrico lo struttura in strofe di settenari, è l’espressione più
riuscita, sviluppa temi comuni: i popoli oppressi, le lotte fratricide. Ma è importante il tema
dell’opera, cioè le masse popolari.
“Sentir …e meditare” . Tratto dal carme per Carlo Imbonati, immagina di discutere con
questi in sogno e che gli indichi la strada da seguire durante la vita. E i precetti da seguire. Pone
sulle labbra di Imbonati i suoi pensieri iniziali.
Vi è uno slancio giovanile, un impeto, e vuole aiutare la madre dopo la morte del compagno.
“Mi auguro che tu voglia indicarmi il modo con cui io possa operare scelte consapevoli o fare in
modo che, se io cadrò durante il cammino, almeno si dica di me: è caduto sui propri passi senza
seguire orme altrui.”
Riprese Imbonati: “Percepire con il sentimento e con la riflessione: accontentarsi dell’essenziale:
mai distogliere lo sguardo dalla meta: conservare purezza di intenti nel pensiero e nell’azione: fare
esperienza delle cose umane quanto basti per sapertene allontanare: sii nemico di ogni servitù:
non scendere a patti coi vili: non allontanarti mai dalla verità che è sacra: né pronunciare mai
parole che esaltino il vizio, o denigrino la virtù”.
“oh maestro!” gridai. “Scorta amica, non abbandonarmi; non smettere di darmi consigli; continua a
vegliare su di me, in cui gli impeti della natura e inesperienza della giovinezza sviano l'indole e
rendono la ragione schiava delle passioni”.
“L’utile per iscopo, il vero soggetto”
lettera fatta nel 1823, parla delle idee del romanticismo per delineare gli elementi delle poesie
in quest’opera parla del vero soggetto.
Rivolgendosi a Cesare D’Azelio lui dice che ogni opera letteraria abbia i 3 elementi: l’utile per
scopo, il vero per soggetto e l’interessante per mezzo.
È importante che per i lettori che l’argomento sia reale. Non ci devono essere argomenti bisognosi
di un pubblico altolocato e invece argomenti per gli strati popolari. È importante esprimer il vero
storico per affermare la verità morale. Questi rendono bella da leggere un’opera morale. Deve avere
un fascino che la finzione non ha, al contrario del vero che suscita interesse al livello assoluto.
“La pentecoste”
Significa 50esimo, gli inni sacri celebrano le festività.
In questa lui vuole parlare del giorno in cui lo spirito santo scende sugli apostoli.
Ne avvia la stesura nel 1827, nello stesso periodo scrive le tragedie e inizia anche la stesura della
sua massima opera. La pentecoste risulta l’opera più riuscita, è in strofe di 8 settenari, diviso in 3
parti: da 1 a 48 descrive la discesa dello spirito santo sugli apostoli e quindi la capacità di farsi capir
qualsiasi sia la lingua dell’ascoltatore; dal 49 Manzoni analizza le prospettive di rinnovamento che
questo avvenimento ha aperto all’umanità. Da 71 a 144 è una preghiera allo spirito santo, così che
scenda sugli uomini e li rinnovi. È una poesia corale ed è molto evidente l’immagine della chiesa
come universalità di uomini collegati dalla stessa fede.
“Chiesa, madre dei santi; figura terrena
della città di Dio;
conservatrice in eterno del sangue di Cristo;
tu che da secoli
soffri, combatti, preghi
ed estendi il tuo operato
da un mare all'altro;
campo di battaglia di tutti coloro che sperano;
dov'eri? In quale angolo
ti nascondevi chiesa nascente
mentre Cristo venne condotto dai malvagi a morire sul Golgota,
e bagnò di sangue la terra dove fu immolato il suo sacrificio?
E nel momento in cui il suo corpo,
uscito dalle tenebre,
emise un potente respiro, tu dov'eri?
E dov'eri quando egli,
offrendosi quale prezzo del sacrificio,
lasciò questa terra
e salì al Padre?
Compagna del suo dolore,
consapevole dei suoi misteri,
tuo chiesa, frutto eterno
della sua vittoria sul peccato, dov'eri?
Attenta soltanto nelle tue paure,
sicura solo se dimenticata,
te ne stavi rinchiusa nelle segrete mura del cenacolo,
fino al santo giorno della Pentecoste,
quando su di te
discese lo Spirito Santo
e l'eterna fiamma della fede
venne rinnovata nella tua destra;
Quando ti pose in evidenza
come guida di tutti i popoli,
fece scaturire dalle tue labbra
la sorgente inesauribile della parola di Dio.
Come la luce quando colpisce
un oggetto lo rende vivo,
così molteplice risuonò la voce dello Spirito Santo
sugli apostoli e tutti lo udirono nella propria lingua:
l'Arabo, il parto, il siriano
Oh pagano,
sparso per tutta la terra,
rivolgi il tuo sguardo verso la città santa,
ascolta l'esortazione dello Spirito santo:
stanca del meschino rito pagano,
ritorni ad adorare Dio:
e voi madri
che date la vita i vostri figli
destinati a giorni più felici
e voi spose che vi svegliate al sobbalzare del bimbo in grembo,
già pronte a schiudere il grembo al dolore (già pronte al parto),
non rivolgete la preghiera alla falsa dea delle nozze Giunone:
ciò che vi cresce nel ventre è consacrato a Dio (la vita).
Perché la donna schiava,
baciando i suoi piccoli, sospira
e osserva il seno a cui si nutrono i piccoli liberi
non sottoposti alla stessa condizione?
Non sa che Dio eleva al cielo i più umili?
Non sa che con la sua morte
rivolse il suo pensiero a tutti gli uomini?
I cieli annunciano una nuova libertà
e un nuovo genere umano,
nuove conquiste e gloria per prove più valorose?
Viene annunciata una nuova pace
insensibile alle nuove minacce
e promesse che il mondo deride
ma che non può sottrarre.
O spirito santo noi ti imploriamo inginocchiati
davanti ai tuoi altari o procedendo per i tuoi boschi inospitali,
vagando per i deserti, dalle Ande ghiacciate al Libano,
dall'Irlanda alla montuoso Haiti,
dispersi in tutta la terra ma uniti nei sentimenti per opera tua.
O spirito disposto al perdono,
discendi ancora sugli uomini, benevolo
verso chi ti è fedele ma anche verso chi ti ignora;
scendi e rinnova i cuori uccisi dal dubbio
e a chi si è convertito, Fede, concediti
come premio.
Spirito d'amore discendi e attenua la rabbia
negli animi dei superbi. Dona pensieri che
nel giorno della morte non dobbiamo rinnegare
bensì ricordare;
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