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Rimini che separa con chiarezza i dialetti toscani da quelli settentrionali. Più complessa è però
l’individuazione di aree dialettali più ristrette analizzando le varie isoglosse, ossia le linee ideali che
uniscono i punti in cui si verifica il medesimo fenomeno fonetico; si può però affermare che vi sono
tre aree dialettali principali:
• Settentrionale (influenze venete, galliche e celtiche);
• Toscana;
• Centro-meridionale.
Ognuna di queste aree può essere ulteriormente suddivisa:
• I dialetti settentrionali possono essere divisi in GALLO-ITALICI (piemontesi, lombardi,
liguri, emiliano-romagnoli), VENETI, ISTRIANI;
• I dialetti toscani possono essere divisi in CENTRALI (fiorentino, senese), OCCIDENTALI
(pisano,lucchese, pistoiese, livornese), ORIENTALI (aretino-chianaiolo), MERIDIONALI
(amiatino);
• I dialetti centro-meridionali possono essere divisi in DELL’ITALIA MEDIANA
(marchigiani, umbri, laziali-romanesco-), MERIDIONALI INTERMEDI (abruzzesi,
pugliesi settentrionali, molisani, campani, lucani) MERIDIONALI ESTREMI (calabresi,
pugliesi meridionali, siciliani);
• Per quanto riguarda, invece, il sardo ha tratti così particolari che viene considerata come un
dialetto a sé, in quanto vi sono al suo interno strutture e usi piuttosto arcaici.
I dialetti settentrionali
I dialetti settentrionali si possono suddividere essenzialmente in due sottogruppi:
• I dialetti gallo-italici nella zona nord-occidentale come il piemontese, il lombardo, il ligure,
quelli emiliano-romagnoli;
• I dialetti veneti nella zona nord-orientale.
Vi è poi un terzo ceppo che è quello che riguarda l’istriano ma che è parlato solo in poche zone
intorno a Trieste.
I dialetti settentrionali hanno alcune caratteristiche comuni generali che riguardano soprattutto i
fenomeni consonantici:
• Scempiamento delle consonanti geminate ( ll > l, pp > p, tt > t) –PELLE (M)> veneto
[‘ple]-;
• Sonorizzazione delle sorde intervocaliche (t > d, k > g, p > v) fino anche al completo
dileguo- MEDICU (M)> lombardo [‘mdeg]-; ʃ ʤ
• Passaggio dai nessi –cl, -gl ad africa prepalatali sorda e sonora (-cl > [t ], -gl > [ ]) –
ʃ
CLAMARE > piemontese [t a’me]-;
• Passaggio delle affricate prepalatali ad affricate dentali davanti a vocali anteriori /e i/ -
CIVITATE (M) > veneto [tsi’ta] città-;
• In ligure e in piemontese il nesso –ct si è sviluppato in –it come in francese – LACTE (M) >
[‘lait] latte-;
• In Lombardia e in Emilia Romagna, invece, il nesso –ct si è sviluppato in un’affricata
ʃ ʃ
prepalatale sorda (-ct > [t ]) – LACTE (M) > [lat ]-.
Inoltre i dialetti gallo-italici hanno un vocalismo molto diverso da quello dei dialetti veneti:
• Evoluzione della pronuncia a > e attraverso pronunce intermedie ( a>> e);
• Utilizzo delle vocali turbate [ y ø] nei dialetti piemontese, ligure e lombardo;
• Caduta delle vocali finali (tranne la a);
• Caduta delle vocali atone;
• Metafonesi (ossia chiusura della vocale tonica per effetto della vocale presente nella sillaba
finale).
Per quanto riguarda,invece, i dialetti veneti, soprattutto i fenomeni vocalici sono molto simili al
toscano:
• Mancanza di vocali turbate;
• Fermezza nelle vocali finali;
• Mantenimento dei dittonghi –ie –uo;
• Assenza di metafonesi;
• Conservazione delle vocali in sillaba debolmente accentata.
Il dialetto toscano
Nell’area toscana sono molte e differente le varietà del dialetto, da quello tipico di Firenze a quello
di Arezzo. Anche in Corsica si trovano ancora nei dialetti elementi arcaici toscani. Caratteristica
principale di questo dialetto è l’aver mantenuto alcuni tratti tipici del latino che sono posso
direttamente passati nell’italiano; nel toscano, infatti, non vi sono vocali turbate, né la caduta delle
vocali atone finali, non vi è lo scempiamento delle geminate, la metafonesi, le vocali indistinte
tipiche dei dialetti meridionali e l’assimilazione dei nessi nd, mb > nn, mm.
Al contrario vi sono dei tratti innovativi come ad esempio l’anafonesi, fenomeno tipico del dialetto
fiorentino per cui le vocali toniche e chiusa e o chiusa del latino volgare (fameglia, lengua, fongo) si
chiudono ulteriormenti in i e u davanti a l palatale, gn e davanti a determinati gruppi consonantici
per cui si hanno forme come famiglia, lingua, fungo; vi è il passaggio da ri > i (come nel suffisso
arius > aio) e la desinenza dell’indicativo presente I persona plurale uniformata in –iamo.
Il fenomeno toscano più caratteristico è la gorgia, cioè il passaggio delle occlusive (p, t, k) e delle
ʃ ʤ
affricate (t , ) in spiranti – la casa > la hasa- .
La gorgia è un fenomeno sconosciuto in tutto il mondo romanzo: molti attribuiscono la gorgia al
sostrato etrusco, perché è ricco di suoni aspirati, ma nel 1963, il glottologo Gerhard Rohlfs ha
escluso che la gorgia dipenda dal sostrato etrusco, anche perché l’alto Lazio non ce l’ha. La gorgia
infatti non è un fenomeno antico, risale al XV-XVI secolo ed è un fenomeno tipico di Firenze, dove
interessa tutte e tre le consonanti: la c, la t, la p.
Infine possiamo dividere l’area toscana in quattro sub-aree:
• Centrale, corrispondente al fiorentino e al senese;
• Occidentale, che mostra qualche legame coi dialetti liguri e con l’emiliano
(pisano,lucchese,pistoiese e livornese);
• Orientale, di Arezzo e della Val di Chiana, che ha subito delle influenze umbre;
• Meridionale, che ha subito influenze laziali (amiatino).
Il dialetto ligure
Il dialetto ligure si può suddividere in varie sottopartizioni:
• Intermedio (Ventimiglia-Sanremo);
• Ligure occidentale (Taggia >Noli);
• Genovese (Albenga > Monte rosso);
• Cinqueterre (Monterosso > Torrente Vara).
Inoltre varie sono le caratteristiche:
• Non vi è la caduta delle vocali finali;
• Vi è la presenza di vocali turbate (u > ü; o > ö);
• Paletizzazione di CL, GL, BL (Chiaro > ceu);
Germ. Blank > giancu (bianco)
ǧ
Latino volgare speclum > spe u (specchio)
• Indebolimento e caduta della lettera “r” (madre > muè; padre > puè).
I dialetti centro-meridionali
Quest’area comprende i dialetti usati dagli abitanti dell’area a sud degli Appennini (con l’esclusione
della Toscana) e la Sicilia. Sono dialetti molto diversi tra loro sia a causa della distanza geografica
sia alle differenze socioculturali; vi sono però alcune caratteristiche comuni:
• Assimilazione dei nessi –nd, -mb > -nn, -mm (QUANDO > [‘qwanno]);
• Passaggio –pl > k (PLUS > [kju]);
• Passaggio –bl > dd (NEBULA > [‘nedda] nebbia);
• Passaggio –ll > bb (BELLU (M) > [‘bddo]);
• Evoluzione a > > e (SALE (M) > [‘sl]).
Dialetti dell’Italia mediana
Quest’area che comprende il marchigiano, l’umbro e il laziale è caratterizzata da:
• Mancanza di vocali indistinte [];
• Isoglossa a> e;
ʎʎ
• Passaggio - - > jj oppure –li > j (ad esempio figlia > [‘fijja];
• Passaggio l > r ( ad esempio la colpa > la corpa/ il pane er pane).
Il dialetto romano
Oggi l’antico romanesco non viene parlato se non nelle campagne a causa della forte penetrazione
del toscano, soprattutto nelle città; tuttavia rimane il dialetto più rilevante dell’italiano e varie sono
le caratteristiche di cui è composto:
ʤ
• Raddoppiamento b e g [b ] intervocali;
• Alcune differenze rispetto allo standard nell’apertura e nella chiusura delle vocali /e o/;
ʃ ʃ ʃ
• L’affricata [t ] diventa [ ] dice [‘di e];
̣ ̣ ̣ ̣
• /p t k/ si pronunciano [b d g] papà [pa’ba];
ʎ ɲ ɲ ʎ
• I suoni [ lj nj] diventano [ ] [ di’ nte i’ta a];
• / r l n/ diventano [ts] insieme [in’tsime]; ̣
• Negli accenti più marcati rr > r terra/arrivato [‘tra/ari’vado];
• Assimilazione nd > nn, mb > mm mando (manno), piombo (piommo);
• Passaggio l> r davanti consonante al mare (ar mare)/ del mondo (der monno);
• Troncamento dei verbi all’infinito magnà/vedè/ finì;
• Conservazione delle tre uscite per la prima plurale annamo/vedemo/finimo
Dialetti meridionali intermedi
Quest’area che comprende Abruzzo, Puglia settentrionale, Molise, Campania e Lucania, presenta
dei dialetti caratterizzati dalla riduzione a vocale indistinta [] e da una grande varietà di dittonghi
metafonetici.
Dialetti meridionali estremi
Quest’area che comprende Calabria, Sicilia e la penisola salentina è caratterizzata da:
• Mancanza di vocali indistinte;
• Diversa metafonesi;
• Mancanza della riduzione dei nessi –nd > nn e mb > mm;
• Riduzione e > i (candela > [kan’dila]; sole [‘suli]);
Dialetto siciliano
Il dialetto siciliano è caratterizzato da:
• Nell’accento più marcato la vocale intermedia è preceduta da una semivocale è vero
[jЕ’vvjЕro]; ɼɼ
• La /r/ all’inizio della parola è molto forte la roba [la’ bba];
• /r/ seguita da consonante si assimila;
ʎʎ
• [ ] diventa [jj] famiglia [fa’mIjja];
• /ddz/ diventa [tts] azzurro [a’ttsurro];
• /s/ preceduta da /r l n/ diventa [ts] penso [pentso];
Gli italiani regionali
Le varietà regionali di italiano costituiscono la realtà linguistica più evidente e più radicata nella
coscienza dei parlanti e se i dialetti sono in netto regresso, gli italiani regionali stanno, anzi,
avanzando anche nei settori in cui solitamente veniva utilizzato un registro linguistico più formale,
come ad esempio la radio e la televisione.
Ciò che caratterizza la varietà regionale è senza dubbio la pronuncia e l’intonazione: per ognuna
delle varietà regionali presenti nel territorio italiano, circa l’80% dei parlanti presenta un accento
tipico della pronuncia della propria regione e il restante 20% presenta un accento composito (ossia
composto da più e vari accenti) oppure semiregionale (ossia con presenza di elementi regionali e
non). La pronuncia standard dell’italiano è usata oggi solo dai profess