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USA.

Sinclar e colleghi introdussero il concetto, molto utile, di “regioni geolinguistiche” per semplificare la crescente

complessità dei flussi televisivi internazionali. Le regioni geolinguistiche sono gruppi di paesi definiti da comuni legami

culturali, linguistici e storici. Possono essere aree geografiche reali, in cui i paesi con questo tipo di legami sono

realmente vicini, ma in molti casi queste relazioni si basano su una prossimità culturale, piuttosto che fisica.

In questo libro si preferisce l’espressione Il termine “geoculturale” è migliore di “geolinguistico”,

mercati geoculturali.

perché la lingua è solo uno dei numerosi legami culturali potenziali tra luoghi e popolazioni. Il termine “mercati” è

migliore di “regioni” perché questi legami culturali trascendono la prossimità geografica e possono operare in zone

molto lontane tra loro.

Questi differenti mercati geoculturali hanno altri centri di produzione oltre Hollywood. Sinclar e colleghi rivolgono la

loro attenzione ad alcuni di questi tra cui Messico e Brasile per l’America Latina, Hong Kong e Taiwan per le

popolazioni asiatiche di lingua cinese, Egitto per il mondo arabo e India per le popolazioni indiane dell’Africa e

dell’Asia. Queste regioni non sono spazi chiusi e distinti ma, nella nuova era della cultura della televisione “i circuiti di

scambio globali, nazionali, regionali e persino locali dei programmi si sovrappongono e interagiscono sotto varie

sfaccettature. Esempi dei recenti sviluppi e dei problemi da essi causati.

- La diffusione di programmi non americani in Europa, negli USA e in altri mercati geoculturali: caso dell’esportazione

delle telenovelas prodotte in America Latina

- Il collasso del sistema in cui i programmi erano trasmessi a livello nazionale e i palinsesti comprendevano un mix di

programmi nazionali e importati dall’estero, e il contemporaneo avvento dei sistemi di trasmissione satellitare che

consentono di ricevere i canali oltre i confini nazionali.

Inversione dei flussi culturali? Il caso delle televisione latinoamericana

La televisione latinoamericana è stata spesso citata come esempio per smentire il semplicistico concetto che fuori

dagli USA e dall’Europa il panorama televisivo sia comunque dominato da Hollywood e dalle conglomerate

americane. La presenza a livello internazionale delle industrie televisive messicane e brasiliane è fondata sulla forza a

livello nazionale di due potenti corporation: Televisa e Globo. A metà degli anni 90 in Messico Televisa deteneva circa

l’80% della quota di mercato interna del settore; in Brasile Globo si aggiudicava una share del 76% in un enorme

mercato di circa 160 milioni di persone dove la televisione dominava negli investimenti pubblicitari.

Le sono state al centro del dibattito sulla televisione latinoamericana. Il termine telenovela è tradotto a

telenovelas

volte come “soap latina”, ma il termine soap, già abbastanza complesso nei contesti anglofoni, è fuorviante, benché

le prime telenovelas fossero effettivamente sponsorizzate da produttori di detersivi americani e inglesi. Mentre le

soap avevano un formati di circa 20 puntate, le telenovelas, invece, non erano ideate per serie ma come un serial

continuo costituito anche da un centinaio di puntate. Condividevano con le soap inglesi e statunitensi un interesse

per le ralazioni familiari e cercavano di suscitare una risposta emotiva. Alcune delle telenovelas più importanti sono

adattamenti letterari mentre nel mondo anglofono le soap sono tradizionalmente pensate come un intrattenimento

svalutato e banale. Anche se sono state portate in televisione nei primi anni 70 attingono dalla storia molto più lunga

dei serial melodrammatici latinoamericani, dalla fiction popolare, dai film e dalla radio.

Possiamo considerare il successo della televisione latinoamericana al di fuori dell’America Latina negli anni 80 e 90

come una nuova presenza internazionale della cultura latinoamericana.

Come si può spiegare questo successo così diffuso delle telenovelas? Il costo non poteva essere l’unico motivo poiché

molti altri programmi avrebbero potuto essere altrettanto economici. Mattelart e Mattelart sostengono che questi

programmi non occidentali divennero enormemente popolari in Occidente perché erano esotici e tale interesse

rappresentava la nostra evidente “risposta agli stereotipi della modernità occidentale che ormai avevano stancato”.

L’attenzione verso le telenovelas potrebbe dunque aiutare a correggere la rappresentazione di un mercato mondiale

omogeneo dominato dagli Stati Uniti, e indica la possibilità di maggiori esportazioni dei prodotti culturali dalla

periferia verso il centro, o verso altre periferie, in futuro. La maggior parte dei programmi non nazionali trasmessi,

tuttavia, è ancora prodotta negli Stati Uniti e rappresenta almeno il 75% di tutte le esportazioni di programmi

televisivi. Potrebbe dunque essere prematuro parlare di una nuova era transnazionale della televisione sulla base del

successo sporadico di poche telenovelas.

Descritte in Occidente come esempio del vigore commerciale dell’America Latina, in realtà, Televisa e Globo erano

entrambe fondate su stretti legami con i rispettivi Stati repressivi e autoritari. Sia in Messico che in Brasile c’erano

regole statali molto labili che consentivano di detenere ingenti proprietà incrociate nel mercato dei media e di

ottenere così una massiccia presenza commerciale. Mentre l’esame ravvicinato delle televisioni dell’America Latina

aiuta ad apprezzare le complessità del panorama televisivo in trasformazione e i suoi prodotti potrebbero essere di

grande interesse culturale, sarebbe sbagliato considerare la televisione latinoamericana come un’opposizione

significativa alle forme di disuguaglianza culturale verso cui la tesi dell’imperialismo culturale tentava

semplicisticamente di attirare l’attenzione. Le corporation che dominano la televisione latinoamericana non

forniscono alcuna rilevante alternativa organizzativa ai modelli di televisione dominanti altrove. Questo suggerisce

che, sebbene la teoria della globalizzazione sia migliore della tesi dell’imperialismo culturale nel registrare la

complessità dei flussi culturali internazionali, le questioni che riguardano le interrelazioni tra il potere politico,

economico e culturale restano pressanti.

Emittenti transnazionali: neoimperialismo o nuova diversità?

Un secondo aspetto importante nell’internazionalizzazione della televisione che vogliamo esaminare, in modo da

valutare le trasformazioni del periodo successivo al 1980, è la crescente diffusione dei canali televisivi oltre i confini

nazionali. Dopo il 1980 abbiamo assistito in ambito televisivo a flussi culturali incrociati sempre più complessi, che

non possono essere ridotti al concetto di imperialismo culturale.

In molti paesi industrializzati questa “televisione degli emigranti” ha vissuto un boom in anni recenti. Non si deve dare

per scontato che queste emittenti televisive siano necessariamente indirizzate e rivolte a soddisfare i bisogni culturali

delle comunità cui si rivolgono. Una serie di studi ha fatto luce su queste nuove forme di trasmissione transazionale

incrociata e alcuni autori hanno sostenuto che ci sono delle conseguenze culturali potenzialmente positive. Tutto ciò

suggerisce che i produttori esterni al “centro” della produzione culturale sono sempre più in grado di raggiungere un

pubblico che fa parte di quel “centro”. Questo rappresenta una nuova diversità, un’apertura del sistema televisivo a

una dieta più variata di gusti televisivi o, come molti politici dell’UE hanno sperato, un contributo all’ideali di identità

pan-europea?

Ci sono anche trasmissioni transnazionali significative in altre regioni, comprese quelle aree che condividono la stessa

lingua. La televisione satellitare transazionale, non c’è bisogno di dirlo, è stata interpretata come una forma di

imperialismo culturale.

STAR TV servizio satellitare asiatico acquistato dalla News Corporation di Rupert Murdoch che riuscì ad affermarsi

in un certo numero di paesi tra cui Cina, India, Taiwan. STAR TV è un network di distribuzione basato

sull’intrattenimento. Invece di essere un veicolo di comunicazione del pensiero del suo presidente Murdoch

trasmette programmi che offrono un insieme di contenuti simili a quelli occidentali. Ancora una volta si ritorna alle

questioni discusse nei capitoli precedenti. L’impatto negativo della crescita internazionale delle corporation

dell’industria culturale, come STAR TV, si riflette in generale sul settore della produzione culturale. Questa crescita

offre loro un potere ancora maggiore di influenzare le strategie dei governi. Rende più difficile la creazione e

l’affermazione di forme di produzione e di programmazione culturale alternative. E continua a convogliare enormi

somme di denaro nelle mani di coloro che sono già ricchi.

L’industria cinematografica internazionale: il potere di Hollywood

L’industria cinematografica offre una prospettiva parallela ma differente su questa questione. Qui la supremazia degli

Stati Uniti sulla produzione e sulla distribuzione internazionale è stata maggiore che nel settore televisivo.

Quest’ulteriore spinta all’internazionalizzazione da parte di Hollywood può essere legata alla crescita vertiginosa della

produzione e dei costi di marketing. L’Europa è rimasta sempre più indietro rispetto a Hollywood. I film europei non

riescono a fare grossi incassi al di fuori dei paesi d’origine. Questi fallimenti sono spesso attribuiti alla diversità delle

lingue, ma più significativa è la mancanza dell’influenza del marketing e della distribuzione.

Percentuali degli incassi al box office registrate dai film locali bisogna sottolineare due punti: il primo è che gli

incassi al box office sono sempre meno importanti come fonte di guadagno, man mano che altre forme di redditività

dei film (dvd, diritti) diventano più significative. Il secondo è che quello a cui questi dati si riferiscono è stato un anno

buono per i film locali rispetto a quelli più recenti.

Molti film sono realizzati al di fuori degli Stati Uniti: ci sono state aziende cinematografiche importanti in molti paesi

non occidentali già alla fine del 1920. La grande maggioranza dei film girati nel mondo non è americana.

L’industria cinematografica indiana e quella di Hong Kong sono spesso citate come esempio di una sfida

all’imperialismo culturale. Ma rappresentano davvero un’alternativa a Hollywood?

Altri paesi, altri testi: India e Hong Kong

Dalla conquista dell’indipendenza, l’India ha sempre prodotto più film degli Stati Uniti, anche se a dif

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A.A. 2013-2014
60 pagine
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SSD Scienze economiche e statistiche SECS-P/08 Economia e gestione delle imprese

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Eli.C di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Management delle imprese culturali e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Firenze o del prof Becagli Claudio.