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Dato il loro interesse nel mettere in questione le relazioni di potere vigenti, era prevedibile una reazione
virulenta da parte dei conservatori, ma anche dai potenziali alleati liberali. Forse, a causa di tali battibecchi
fra compagni di strada radicali con diverse concezioni su come affrontare e combattere la disuguaglianza
sociale, è sorta l'idea che il campo di studi sui media e la cultura popolare sia equamente suddiviso in due
opposti schieramenti – l'economia politica e gli studi culturali. Ma il conflitto è un modo impreciso e poco
fruttuoso di rappresentare gli approcci di studio ai mezzi di comunicazione e alla cultura popolare. Il vero
obiettivo consiste piuttosto nel trovare una maniera di comprendere le tensioni esistenti fra il numero
complessivo degli approcci alla cultura. Il problema cruciale è quello di sintetizzare gli aspetti migliori degli
approcci fin qui riassunti.
Produzione vs consumo → L'espressione economia politica viene spesso usata come abbreviazione per
“studio della produzione”, ignorando le differenze di atteggiamento nei confronti della produzione assunte, e
riducendo l'importanza attribuita al consumo. Gli studi culturali vengono spesso descritti in maniera
caricaturale, quasi consistessero unicamente in ricerche empiriche sulle audience. Il fatto che qui ci si
concentri sulle industrie culturali suggerisce che ci si baserà sugli approcci indirizzati alla comprensione delle
dinamiche della produzione e della politica culturale.
Tesi, informazione e intrattenimento → Gli studi culturali si sono preoccupati poco di argomenti come
l'interpretazione testuale e la valutazione. Contributi allo sviluppo dell'analisi testuale sono disponibili sotto
forma di un certo numero di approcci prioritariamente orientati allo studio dei testi. Il centro d'attenzione in
tali studi risiede nella complessità non-intenzionale dei testi culturali. Tali approcci hanno posto un accento
fortissimo sul contenuto informativo a scapito della forma e hanno mostrato la tendenza a valutare i contenuti
cognitivi e i modi di pensiero razionali più di quelli estetici, emotivi e affettivi.
Problemi epistemologici → La leggenda del conflitto fra economia politica e studi culturali esagera il dissidio
tra i due approcci e permangono gravi tensioni teoretiche ed epistemologiche. Gli autori della prima
tradizione sono orientati verso il realismo epistemologico. Gli studiosi vicini all'ambito degli studi culturali
assumono invece una molteplicità di orientamenti epistemologici di tipo costruttivista e soggettivista.
Politica e pratiche politiche → Gli studi culturali derivano molta della loro ispirazione dalla tendenza a
mettere a fuoco i temi dell'identità sociale anziché i temi dell'economia e della ridistribuzione delle risorse.
Alcuni studiosi che condividono l'approccio dell'economia politica ritengono che gli studi culturali siano
implicitamente conservatori. Secondo loro, gli studi culturali fraintendono il potere. Le industrie culturali
hanno un doppio ruolo: sono sistemi economici di produzione e produttori culturali di testi. La produzione è
culturale e i testi sono determinati da fattori economici. Per criticare dobbiamo tenere in considerazione sia la
politica della ridistribuzione, centrata su temi di economia politica, sia la politica del riconoscimento, centrata
su problemi di identità culturale.
Problemi di determinazione e riduzionismo → Una delle critiche mosse contro certi tipi di analisi politico-
economiche verte sul loro ipotetico riduzionismo. Esse attribuiscono a una sola causa politico-economica
eventi e processi culturali complessi. Le cause di questi processi possono essere riscontrate negli interessi
della classe sociale che controlla i mezzi di produzione. Concetto indispensabile è quello di determinazione,
nel senso di porre limiti ed esercitare pressioni. Una buona analisi interpolerà i processi di determinazione
economica con altri processi e pressioni culturali, e rifletterà sulle reciproche interazioni. Altri fattori imp. da
sottolineare nell'esame di un processo culturale sono: il ruolo delle istituzioni nell'ambito legale e politico; le
forme di discorso e rappresentazione accessibili di un dato periodo; le credenze, l'immaginario, i valori e i
desideri specifici di gruppi diversi di soggetti. È necessario impegnarsi a pensare la complessa interazione di
molteplici determinazioni in ogni situazione, per capire quanto possa essere difficile ottenere il cambiamento
sociale e dove esso potrebbe aver luogo. Una metodologia eclettica potrebbe fornire l'opportunità di una
maggiore convergenza tra l'economia politica e altri approcci.
2. Valutare le industrie culturali.
Il ruolo della produzione culturale nelle economie e nelle società.
Si può iniziare la trattazione con il problema del posto mutevole occupato dalla produzione commerciale di
cultura nelle economie e nelle società. Un buon punto di partenza per la riflessione sul cambiamento storico
di lungo periodo nella produzione culturale è offerto da Williams. Adattando la sua esposizione è possibile
individuare tre epoche nello sviluppo della produzione culturale europea, ciascuna delle quali deve il suo
nome alle principali forme di relazioni sociali storicamente prevalenti fra creatori di testi e la società: 1)
epoca del mecenatismo e artigianale. In Occidente, dal medioevo all'800; poeti, pittori, musicisti, .. potevano
essere “assunti” dall'aristocrazia o dalla Chiesa, ovvero protetti e sponsorizzati da esse. L'artigiano è un
lavoratore qualificato/specializzato che vende i beni direttamente al consumatore. 2) epoca professionale di
mercato. Dall'800 le opere d'arte furono in misura crescente poste in vendita e acquistate; la creatività
simbolica venne organizzata come mercato e in tale sistema le opere venivano vendute da intermediari. Ciò
comportò una divisione del lavoro molto più complessa nella produzione culturale. Agli inizi del '900 la
capitalizzazione degli intermediari crebbe in misura estremamente ampia, in concomitanza con l'aumento del
tempo libero e del reddito disponibile nei paesi industrializzati. I creatori di testi di successo raggiunsero “una
forma di indipendenza professionale” e cominciarono ad essere pagati sotto forma di diritti d'autore. 3) epoca
professionale aziendalistica. Con un balzo enorme intorno al 1950 si entrò in una nuova fase, professionale
aziendalistica / di corporation. Un numero crescente di individui entrò alle dirette dipendenze delle società
culturali. Accanto ad attività più tradizionali apparvero nuove tecnologie di comunicazione (radio, cinema,
tv). La pubblicità affiancò la vendita diretta e divenne fonte di entrate.
[Non bisogna pensare che le caratteristiche di una nuova epoca soppiantino completamente quelle delle
epoche precedenti, che invece sopravvivono insieme alle peculiarità della nuova forma dominante.]
Williams usa il termine “azienda” in un'accezione meno recente, intendendo con esso “un certo numero di
persone che operano in un gruppo unificato”. Per quest'epoca si può usare anche il termine “professionale
complessa”, in quanto allude alla complessità crescente della divisione del lavoro implicata nella produzione
di testi. La produzione culturale, con progressione e accelerazione crescenti, ha ottenuto un'inedita rilevanza
economica e sociale.
Il problema della mercificazione.
Per capire l'importanza assunta dalle industrie culturali bisogna chiedersi quali cambiamenti salienti abbiano
avuto luogo nella produzione culturale degli ultimi 4-5 secoli. Molti autori sono d'accordo nel sottolineare
industrializzazione e mercificazione. L'industrializzazione comporta significativi investimenti di capitale, una
produzione meccanizzata e la divisione del lavoro; la mercificazione comporta la trasformazione di beni e
servizi in merci, ed è più vasto del precedente. Trasformare qualcosa in una merce implica la produzione di
oggetti non solo per l'uso, ma anche per lo scambio. Il capitalismo ha comportato che lo scambio avvenisse
su mercati sempre più estesi nello spazio e nel tempo, e che la moneta fosse il mezzo che rendeva possibile
tale scambio. Quest'ultimo era inoltre connesso ai sistemi di consumo e produzione: la produzione per lo
scambio allargato implicava investimenti in capitale e salari per la forza-lavoro. Quando una merce veniva
comprata, essa diventava una proprietà privata ed esclusiva. Il capitalismo si intende come un sistema che
implica una continua, benché irregolare, espansione della mercificazione. La m. è stata interpretata come
ambivalente: espansiva e produttiva, ma anche limitativa e distruttiva. L'industrializzazione ha intensificato
ed esteso la mercificazione culturale. Il processo altamente complesso di mercificazione della cultura di
verifica in fasi differenziate e assume forme molteplici. Per Frow è possibile distinguere tre forme e stadi in
cui i testi a stampa sono stati mercificati: 1) la mercificazione dell'oggetto materiale (il libro) – '400; 2) la
mercificazione dell'informazione contenuta nell'oggetto materiale (l'opera, mediante il copyright) – '700; 3) la
mercificazione dell'accesso all'informazione contenuta nei testi a stampa grazie a database elettronici – '900.
nasce un forte conflitto fra le istituzioni commerciali che tentano di appropriarsi delle opere culturali e la
proprietà collettiva, o l'accesso ai beni culturali. È una versione culturale del problema, sul versante della
produzione: il lavoro culturale, necessario per la produzione del vasto numero di merci culturali disponibili
per i consumatori abbienti, viene misconosciuto. La mercificazione può essere concepita come un processo
ambivalente e di lungo periodo.
Proprietà e struttura d'impresa.
Una delle più vistose e significative caratteristiche dell'epoca professionale complessa è costituita dalla
crescente presenza di grandi corporation nell'economia della produzione culturale. Le più grandi di tali
compagnie statunitensi erano enormi organizzazioni conglomerate. Importanti oligopoli erano sorti prima
della metà del secolo nell'industria cinematografica, discografica, nella radio e nella tv. Il caso più famoso è
quello delle 8 case di produzione di Hollywood integrate verticalmente. [Tra 1925-50 le Majors possedevano
e controllavano gran parte della catena del valore; detenevano impianti, realizzavano i film, avevano sotto
contratto personale creativo e tecnico, possedevano reti distributive e locali dove proiettare i film. Ciascuna
th
delle Big 5 (Paramount, 20 Century Fox, Warner Brothers, Loew's/Metro-Goldwin-Mayer, Radio-Keith-
Orpheum) distribuiv