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EQUILIBRIO CONFLITTO
società politica.
Come tale
non è ancora la libertà individuale dei moderni, che è autonomia degli individui, in quanto si
misura sulla libertà complessiva della comunità
non è più la libertà degli antichi, in quanto gli antichi vedevano invece nel conflitto un elemento
di disordine e di instabilità.
È una realtà in cui la libertà è il risultato di un equilibrio sempre precario fra questi interessi particolari. È un
equilibrio che deriva dal conflitto e che permette di mantenerlo aperto così nessuna parte può soffocare o
sovrastare l’altra. Tale libertà non è quella dei moderni come autonomia degli individui ma è giocata sul
conflitto di parti collettive differenti, di gruppi che all’interno della Repubblica confliggono poiché portatori
di interessi particolari e si inimicano tra loro in questo conflitto. La rivalutazione della tematica del conflitto
è essenziale per comprendere che non si tratta più della libertà degli antichi ovvero del cittadino nella polis.
Infatti questo non è più generato da un’erronea comprensione del giusto.
Macchiavelli ritiene che il conflitto sia un’esigenza di vitalità, è vita. Quando non c’è più conflitto si perde la
libertà. Una parte si impone sulle altre, le repubbliche muoiono e diventano principati.
Da questo giuoco di equilibrio/conflitto deriva una concezione articolata della libertà repubblicana,
che non è sempre uguale a se stessa, ma varia a seconda delle circostanze, fra
una condizione minima del vivere liberi e
una condizione ottimale di libertà
La libertà repubblicana, nella sua forma più propria, è la libertà che deriva dal non essere sottoposti al
dominio di nessuno
È un equilibrio dinamico della libertà ed è anche un’idea che varia, non c’è per Macchiavelli una formula di
libertà da applicare ad ogni realtà politica, in ogni circostanza si deve cercare di essere più liberi possibili
date le circostanze. La libertà repubblicana è realizzata quando il gioco conflittuale delle parti si mantiene in
equilibrio.
La libertà repubblicana deriva dal non essere sottoposti dal dominio di nessuno. Ma è una condizione di
equilibrio che come tale resta sempre precaria. Macchiavelli descrive così il “Vivere libero”.
Discorsi sulla prima deca, I, 16, p. 85
Il vivere libero prepone onori e premii, mediante alcune oneste e determinate cagioni, e fuora di quelle non
premia né onora alcuno, e quando uno ha quegli onori e quegli utili che gli pare meritare, non confessa
avere obligo con coloro che lo rimunerano. Oltre a di questo, quella comune utilità che del vivere libero si
trae, non è da alcuno, mentre che ella si possiede conosciuta: la quale è di potere godere liberamente le cose
sue sanza alcuno sospetto, non dubitare dell'onore delle donne, di quel de' figliuoli, non temere di sé; perché
nessuno confesserà mai avere obligo con uno che non l'offenda.
Non c’è pomposità, c’è un orgogliosa affermazione della propria non dipendenza da qualcuno. Questa non
dipendenza si rende palese quando si perde questa condizione di “non dominio”. Macchiavelli nella stessa
opera osserva che tale idea di libertà è un idea che non costituisce un ideale ma piuttosto una condizione
occasionale di massima espansione della libertà che si può ridurre ad un’istanza di libertà come esser libero
di badare alla propria limitatezza.
Tale condizione di libertà limitata, questa visione meno esigente si trova ad essere un elemento di
valutazione con cui deve misurarsi il principe quando una volta instaurato il suo potere deve individuare i
limiti che deve rispettare per non compromettere le sue possibilità di dominio.
Discorsi sulla prima deca, I, 16, p. 87-88
Ma quanto all'altro popolare desiderio, di riavere la sua libertà, non potendo il principe sodisfargli, debbe
esaminare quali cagioni sono quelle che gli fanno desiderare d'essere liberi; e troverrà che una piccola
parte di loro desidera di essere libera per comandare; ma tutti gli altri, che sono infiniti, desiderano la
libertà per vivere sicuri. Perché in tutte le republiche, in qualunque modo ordinate, ai gradi del comandare
non aggiungono mai quaranta o cinquanta cittadini: e perché questo è piccolo numero, è facil cosa
assicurarsene, o con levargli via, o con fare loro parte di tanti onori, che, secondo le condizioni loro, e' si
abbino in buona parte a contentare.
Tale condizione è quella del viver sicuri. Qui si trova il Macchiavelli saccheggiato dal populisti. Egli è
soggetto di saccheggi da parte di molti. Il saccheggio da sinistra di Macchiavelli è quello giocato sui conflitti
tra nobili a poveri; quello a destra è giocato sul grado di libertà, del vivere sicuri.
Egli cerca di far vedere i modi di tenere il potere, uno dei metodi è il sentimento di libertà. Quest’ultima deve
essere confacente ai bisogni di chi comanda.
Ciò sembra rispecchiare appunto il nuovo spirito dei tempi,
in cui particolarità e contingenza sembrano legati da un nesso di implicanza logica:
ciò che costituisce la ragione della contingenza nella politica (la sempre presente possibilità che lo Stato
"muti" e si abbia un Principato o una Repubblica "nuovi")
risiede proprio nella particolarità con la quale sempre è considerato il "fatto" politico.
In contrasto con l’idea universalistica medievale dell’impero,
l'attività di produzione di nuovo ordine politico da parte del Principe (o del Legislatore nelle Repubbliche)
è un’attività che si giustifica in riferimento alla dimensione particolare della pratica politica.
Si è lontani dall’idea universalistica dell’impero. Con l’assedio di Carlo V alle mura di Firenze si visualizza
il conflitto tra due visioni della politica. Quella vecchia di Carlo V portatore dell’ideale medievale di potere
assoluto; la visione fiorentina è quella di coloro i quali vogliono vivere liberi, di quelli che vogliono
mantenere la propria libertà repubblicana particolare e contingente come lo è anche la pratica Politica.
Ciò non significa che in Machiavelli le repubbliche affermando la libertà propria affermino anche la
libertà degli altri stati.
In questa dimensione della politica produttore di significati e quindi solo soggetto in senso proprio è
propriamente solo
il principe ovvero
la repubblica virtuosa, in opposizione agli altri popoli sui quali instaura il suo dominio, che è
allora «servitù durissima»
Discorsi, II, 2, p. 227
E di tutte le servitù dure, quella è durissima che ti sottomette a una republica: l'una, perché la è più
durabile, e manco si può sperare d'uscirne; l'altra, perché il fine della republica è enervare ed indebolire,
per accrescere il corpo suo, tutti gli altri corpi.
La repubblica ha il dovere di imporre un dominio durissimo poiché è quella più duratura.
In Machiavelli la politica è attività di produzione di ordine in un contesto conflittuale e di incertezza,
come tale questa “produzione” di ordine politico
non è il risultato di una cooperazione pacifica né di una relazione discorsiva aperta, ma
è piuttosto il frutto dell’azione di più soggetti portatori di interessi e voleri particolari, che sono
tuttavia consapevoli della fruttuosa opportunità del loro convergere nell’ordine repubblicano,
ovvero il prodotto unilaterale di un solo soggetto produttore che si impegna contro le difficoltà e sfrutta le
occasioni propizie
Gli attori particolari nel contesto repubblicano vedono la massima possibilità di realizzare i propri fini
particolari. Il principato, invece, è la produzione di un solo soggetto politico. Gli altri sono oggetti della sua
azione politica e stabiliscono i limiti per consolidare e accrescere il proprio potere.
Nelle repubbliche i soggetti:
Sono molti
Agiscono per i propri interessi utilizzando la dinamica dei molti per i propri fini
Nei principati:
Il principe è uno solo
Gli interessi particolare perseguiti sono solo quelli del principe.
Principe, VI, p.26
Dico adunque, che ne' principati tutti nuovi, dove sia uno nuovo principe, si trova a mantenerli più o meno
difficultà, secondo che più o meno è virtuoso colui che li acquista. E perché questo evento di diventare di
privato principe, presuppone o virtù o fortuna, pare che l'una o l'altra di queste dua cose mitighi in parte di
molte difficultà: non di manco, colui che è stato meno sulla fortuna, si è mantenuto più.
La Fortuna prende il posto della provvidenza. La fortuna è il caso, può essere sia negativa come positiva.
In Macchiavelli si ha una inferenza prudenziale giocata mantenendo la convinzione che non è possibile
instaurare un dominio conoscitivo stabile. La politica è più arte che scienza.
La razionalità del principe si costruisce a partire dalla consapevolezza che il suo potere dipende dal
consenso dei sudditi,
tale per cui il potere del principe si fonda sul desiderio stesso del popolo di ottenere quanta più libertà è
possibile nelle condizioni date.
Se il riferimento alla libertà, nella sua complessa e duplice accezione, costituisce il fine dall’azione politica
per le repubbliche e la condizione che rende accettabile il potere del principe,
il modo con cui questo fine e questa condizione possono essere realizzati è sintetizzato nell’idea di virtù.
Il principe può disporre di tutti i mezzi possibili per ottenere l’interesse sperato sapendo che comunque vi
erano dei fattori di imprevedibilità.
La stessa razionalità del Principe in Macchiavelli si costituisce a partire dal fatto che il suo potere è precario
essendo dipendente dall’opinione dei sudditi. Tale dipendenza fa soggiacere un conflitto tra il desiderio del
principe di governare e quello dei sudditi di avere quanta libertà possibile.
Il principe virtuoso non è per nulla il principe buono che si può rappresentare negli specula principis.
17/04/2018
Il concetto Macchiavelliano di virtù
Virtù
- non è conformità ad un ordine dato né è una qualità che si esplichi in una relazione comunicativa di
soggetti agenti partecipi