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Guicciardini non crede, come Machiavelli, che l’uomo possa dominarla: è
più pessimista e disilluso.
Il comportamento politico più saggio, per lui, è l’arte del
compromesso, della prudenza, dell’adattamento alle circostanze.
“Non si può dare nelle cose umane verità o certezza alcuna.”
→ In Guicciardini vince il disincanto, lo scetticismo: l’uomo può solo cercare di
navigare dentro il disordine, non governarlo.
2. L’eredità dei classici: Sallustio, Tacito, Cicerone
Guicciardini, come ogni umanista, legge i classici. Ma non li legge in modo
celebrativo, come era avvenuto nel Quattrocento: li legge per capirne il
realismo, le contraddizioni, il senso tragico.
◉ Sallustio
Guicciardini assorbe da Sallustio l’idea che la storia sia il teatro del
declino morale e politico.
Come Sallustio, crede che la corruzione morale (avidità, ambizione
personale) sia la causa della rovina delle repubbliche.
La lotta per il potere e la degenerazione delle élite sono temi condivisi.
Esempio: il fallimento delle città italiane che Guicciardini narra nella “Storia
d’Italia” ricorda la Roma repubblicana che cade per ambizione e faziosità.
◉ Tacito
È la fonte più importante per Guicciardini.
Tacito mostra il potere in tutta la sua crudeltà, ambiguità,
dissimulazione, senza illusioni.
Il suo stile secco, denso, il gusto per l’analisi psicologica dei
personaggi, la riflessione fredda e razionale sul potere, si ritrovano
in Guicciardini.
Tacito è il maestro del realismo politico: i grandi eventi storici nascono
spesso da motivi privati e miseri.
Tacito è lo storico della corte imperiale: mostra l’ipocrisia e la violenza del
potere dietro le apparenze ufficiali.
Guicciardini lo imita nel mostrare la distanza tra retorica e verità politica.
◉ Cicerone
A differenza di Machiavelli (che lo disprezza), Guicciardini rispetta
Cicerone.
Lo legge soprattutto per il senso della prudenza, della retorica, del
compromesso, non per il suo idealismo.
Tuttavia Guicciardini non ne condivide la fiducia nell’ordine della
res publica: lo considera un esempio tragico di come anche l’uomo
più colto e giusto possa fallire davanti al disordine politico.
Cicerone muore per la sua fedeltà alla Repubblica: per Guicciardini, ciò
dimostra quanto poco conti la rettitudine morale senza il potere.
In sintesi:
Concetto Machiavelli Guicciardini
Energia attiva che affronta la Prudenza, adattamento, ma
Virtù fortuna impotente
Si può dominare con decisione È dominante, imprevedibile,
Fortuna e forza disorientante
Stile Azione eroica (Livio, Plutarco) Realismo cupo (Tacito, Sallustio)
classico Si può rifondare un ordine (Il Si può solo analizzare e registrare
Politica Principe) il caos
Impeto
Sintesi introduttiva
Il termine impeto in Francesco Guicciardini svolge un ruolo strutturale
La Storia d’Italia,
all’interno de fungendo da filo rosso che scandisce i momenti
di svolta politica e militare nell’Italia del primo Cinquecento. Riprendendo la
impetus
nozione medievale di come forza interna che sostiene il moto fino
all’esaurimento, Guicciardini lo adopera in chiave metaforica per descrivere sia
la veemenza delle campagne militari sia gli slanci irruenti dei protagonisti
politici. Questa ricorrenza lessicale non è mai meramente stilistica, ma
sottolinea la tensione tra audacia e prudenza, tra spinte contingenti e calcoli
razionali, e contribuisce a restituire il suo approccio realista e disincantato alla
storia nazionale. impeto
1. Origine e campo semantico di
1.1 Dalle radici latine alla fisica medievale
impeto
Il termine italiano proviene dal latino impetus, utilizzato in età tardo-
antica per indicare la forza impressa a un corpo che ne mantiene il moto in
assenza di ostacoli. Nel XIV secolo la teoria dell’impetus si afferma nella fisica
scolastica: filosofi come Giovanni Buridano sostengono che il moto non è
trasmesso dall’aria ma preserva una “forza interna” che si esaurisce
gradualmente a causa della resistenza del mezzo.
1.2 Evoluzione semantica nel Cinquecento
Negli scritti umanistici la parola conserva il nesso con la violenza del
movimento e il carattere improvviso dell’azione. Guicciardini, con la sua
impeto
sensibilità realista, amplia il campo semantico: non si limita alla fisicità
del gesto bellico, ma diventa metafora delle spinte psicologiche, delle
emozioni e degli interessi individuali che guidano decisioni e alleanze nelle
corti italiane.
2. Funzione narrativa dell’“impeto” in Guicciardini
2.1 Ripetizione e ritmo drammatico
impeto
Guicciardini inserisce con regolarità lungo la narrazione per segnalare
passaggi dirompenti: la descrizione delle scorrerie francesi, gli slanci dei
condottieri o le ribellioni popolari. Questa reiterazione crea una sorta di ritmica
interna, un metrò politico che avverte il lettore dell’inarrestabile avanzare
degli eventi e amplifica la tensione narrativa.
2.2 Contrapposizione con la prudenza
Ricordi Storia d’Italia,
Nei e nella Guicciardini oppone costantemente impeto e
prudenza: l’impeto rappresenta la spinta verso l’azione rapida e rischiosa, la
prudenza è invece l’arte di contenere tali slanci per preservare l’equilibrio