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LETTERA A FRANCESCO VETTORI
Machiavelli inviò questa lettera all’amico Francesco
Vettori, ambasciatore fiorentino presso la Santa
Sede, il 10 dicembre 1513, mentre si trovava nella
propria Villa di San Casciano, dove si era rifugiato
dopo essere stato privato dei suoi incarichi. Essa ha
assunto grande rilievo nella storia della letteratura
poiché qui Machiavelli annuncia di avere scritto
un’opera intitolata “Il Principe”. Ma ciò che più
conta, essa descrive le circostanze e lo stato
d’animo in cui Machiavelli redasse quest’opera, e ci
consegna un vivido ritratto della sua complessa
personalità.
Inizialmente Machiavelli si rallegra di avere
finalmente ricevuto una lettera da Francesco Vettori,
dopo un lungo silenzio. Successivamente egli
descrive, con molta autoironia, le sue giornate “in
villa”, forzatamente dedicate ad occupazioni banali
come il taglio della legna. Il racconto ironico poi si
interrompe e lascia spazio alla descrizione in tono
elevato e solenne della propria attività serale
dedicata alla lettura degli storici dell‘antichità. Da
queste letture egli trae le nozioni utili per scrivere il
Principe. Poi esprime i suoi dubbi riguardante
all’opportunità di rientrare a Firenze, dove teme la
situazione non gli sia ancora del tutto favorevole.
Infine spiega cosa lo spinge a desiderare di rendere
pubblico il Principe: in parte la necessità economica,
ma soprattutto l’ardente desiderio di rientrare nella
vita politica, fosse anche solo mettere a disposizione
del mondo le conoscenze acquisite attraverso
l’esperienza e gli studi.
IL PRINCIPE
Il principe è l’opera più significativa di Niccolò
Machiavelli che espone in modo chiaro e rapido,
secondo le idee dell’autore, in che modo il principe
dovrebbe agire per rendere sempre più forte il suo
principato.
La data di composizione è incerta e ad oggi si tende
a collocare la composizione tra luglio e dicembre
1513. Quello che è certo è che essa fu composta
nella Villa di San Casciano dell’autore e il 10
dicembre 1513, come rivela a Vettori, l’opera fu
conclusa. L’opera inoltre fu dedicata a Lorenzo de
Medici, poiché Machiavelli in questo modo stava
cercando di dimostrare appoggio ai medici in modo
da ottenere degli incarichi.
Il principe è un opera molto breve che si articola in
26 capitoli, di lunghezza variabile.
•Dal Capitolo 1 al 11: Machiavelli distingue i
principati tra ereditari, cioè quelli che si formano
attraverso varie successioni dinastiche da padre in
figlio, e nuovi, cioè ottenuti con le armi o con le virtù
personali del nuovo principe. Fra i principati nuovi
abbiamo poi: principati misti, formati a partire da
uno stato preesistente di tipo repubblicano,
principati civili, formati perché il popolo elegge un
principe, e principati ecclesiastici, come lo Stato
della Chiesa.
•Dal Capitolo 12 al 14: sono dedicati ai problemi
delle milizie. Machiavelli giudica negativamente l’uso
degli eserciti mercenari, poiché essi combattono solo
per denaro, ed è invece a favore degli eserciti
permanenti, poiché essi combattono per la fedeltà
nei confronti dei principe, per loro e per la stessa
patria.
•Dal Capitolo 15 al 23: si parla dei modi di
comportarsi del principe con i sudditi e con gli amici.
Sono capitoli che hanno immediatamente suscitato
più scalpore perché anziché trattare delle virtù
morali che avrebbe dovuto possedere un principe,
l’autore sostiene la verità effettuale delle cose e
ritiene che il fine giustifica i mezzi, cioè ogni mezzo è
lecito per giungere al giusto fine che ci prefissiamo.
Per cui il principe Non deve essere giudicato in base
alla morale , ma in base al suo operato che deve
essere finalizzato al bene comune.
•Nel capitolo 24: esamina le cause per cui i
principi italiani, nella crisi successiva al 1494, hanno
perso i loro stati. La causa secondo lo scrittore è
l’incapacità dei principi, che non hanno saputo
prevedere la crisi e prepararsi a superarla.
•Nel capitolo 25: dal capitolo precedente
scaturisce il rapporto tra virtù e fortuna. La Virtù e la
fortuna per Machiavelli sono le due forze antagoniste
e che concorrono insieme nel campo dell’azione
politica. La virtù nel principe coincide con la capacità
dinamica e operativa di sostenere il contrasto con la
“fortuna”
Quindi riuscire ad affrontare i capricci della fortuna
l’uomo deve essere dotato di una virtù incrollabile.
•Nel capitolo 26: si esorta un principe nuovo ed
energico, che sappia porsi a capo del popolo italiano
per liberare l’Italia dai barbari.
I DISCORSI SOPRA LA PRIMA DECA DI TITO
LIVIO
I discorsi sono una serie di riflessioni condotte da
Machiavelli dopo la lettura dei primi dieci libri della
Storia di Livio, in cui si tratta principalmente degli
inizi della Roma repubblicana. Essi sono dedicati ai
due amici Zenobi Buonrelmonti e Cosimo Rucellai,
che appartenevano a un cenacolo di intellettuali.
L’opera fu divisa in 3 libri:
•Nel 1 Libro: si parla delle iniziative di politica
interna di Roma
•Nel 2 Libro: si parla delle iniziative di politica
esterno e all’espansione dell’Impero
•Nel 3 Libro: si parla delle azioni dei singoli, che
contribuiscono alla grandezza di Roma.
Secondo Machiavelli dalla storia del passato si
potevano ricavare esempi validi per ogni tempo.
RAPPORTO TRA IL PRINCIPE E I DISCORSI
Se nel principe a Machiavelli affronta la forma di
governo monarchica ed assoluta e celebra la virtù
del principe, nei discorsi lascia invece trasparire forti
simpatie repubblicane ed indica la repubblica come
la forma più alta è preferibile di organizzazione dello
Stato. Queste contraddizioni hanno suscitato infinite
dispute tra gli studiosi. Machiavelli è repubblicano,
ma ritiene che in momenti di crisi come quella in
Italia dal 1494 si necessitasse di un principato.
Machiavelli riteneva che nel momento della
creazione di uno stato nuovo fosse indispensabile la
virtù politica straordinaria di un singolo, mente
restava convinto che la repubblica fosse la forma di
governo che garantiva maggiore stabilità e durata.
Pertanto se il principe in Italia era necessario nella
fase iniziale, per il futuro dello Stato italiano era
necessaria la forma repubblicana ispirata a quella
antica Romana. Quindi il Principe ha carattere
militare ed è destinata a incidere direttamente nello
scenario politico, mente i discorsi hanno più
carattere di riflessione teorica generale e meno
rispondente ad esigenze da risolvere nell’immediato.
PENSIERO POLITICO
Machiavelli non è un puro teorico, ma è impegnato
in prima persona alla politica grazie agli incarichi
che ricopre nella Repubblica fiorentina. La crisi in
Italia è una crisi politica, in quanto l’Italia appare
frammentata in una serie di Stati regionali e cittadini
deboli e instabili, crisi militare, in quanto possiede
un esercito mercenario anziché un esercito
permanente fatto di cittadini che difendono in primo
piano loro e la patria, e crisi morale, in quanto sono
scomparsi tutti quei valori che danno fondamento
saldo ad un vivere civile e che per Machiavelli sono
rappresentati esemplarmente nell'antica Roma quali
l'amore di patria , il senso civico, l’orgoglio e il senso
di onore. Perciò tutte le guerre che si sono verificate
dopo la calata dei francesi nel 1494 sono la causa
per il quale gli Stati italiani sono prossimi a perdere
la loro indipendenza politica. L'unica via d'uscita per
Machiavelli è un principe dalla straordinaria virtù,
che sia capace di organizzare un esercito
abbastanza forte da contrastare gli stati europei che
vogliono impadronirsi della penisola.
Machiavelli è convinto che l'uomo sia un fenomeno
della natura come il corso del sole e delle stelle e
che quindi i suoi comportamenti non variano nel
tempo. Pertanto se i comportamenti dell'uomo sono