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La presa del potere di Mussolini

I 28.000 soldati della guarnigione della capitale aspettavano che, il re Vittorio Emanuele III, firmasse il decreto di "Stato d'assedio" preparato da Facta stesso. Invece il re non fece nulla, anzi nominò Mussolini capo del governo. Venne formato un governo di larga coalizione, comprendente tutti i gruppi liberali e anche popolari, che ottenne alla Camera dei Deputati la fiducia di una larga maggioranza. Mussolini, giunto al potere grazie a una manifestazione armata, disse che non aveva voluto fare di quell'aula un bivacco per i 300.000 giovani pronti ad ogni suo comando, ma che avrebbe potuto comportarsi in maniera differente se i suoi avversari non si fossero mostrati remissivi. Egli introdusse nel suo lessico il concetto di partito dominante. Nel 1922 il PNF contava più di 300.000 iscritti, che lo rendevano la prima forza politica italiana, ampiamente superiore al PSI. Vennero formati: - una milizia volontaria per la sicurezza nazionale (le camicie nere),che era un corpo di gendarmeria a ordinamento militare, guidato dal generale Italo Balbo - il "Gran Consiglio del Fascismo", che fu il massimo organo del partito e successivamente, il massimo organo costituzionale del Regno d'Italia. Le sue sedute si tenevano, a porte chiuse, solitamente a palazzo Venezia, a Roma. I prefetti furono incaricati di favorire la diffusione dell'ideologia fascista, nelle aree del paese dove era debole o inesistente. Un'onda di arresti colpì i comunisti. Quanto ai proprietari fondiari e agli imprenditori agricoli toscani o emiliani, questi, dopo aver finanziato e sostenuto la vittoria offensiva squadrista, avrebbero voluto liberarsi da ogni tipo di sindacalismo, non solo da quello rosso. Ma i nuovi sindacati non vennero sciolti, rimanendo però sotto il controllo fascista. Dopo la marcia su Roma non venne abbandonato il metodo dell'intimidazione violenta, contro gli oppositori, dissidenti fascisti compresi.

finanziamenti si ottenevano attraverso tecniche, che, talvolta, somigliavano a quelle di un racket criminale. Il ruolo principale era naturalmente ricoperto da Mussolini, il fondatore e carismatico Duce del partito. Ma era divenuto anche il capo di un governo legale e di coalizione e l'uomo di fiducia della monarchia. Per questi motivi tra i conservatori e anche all'interno del PNF, erano molti coloro, che, da lui, si aspettavano un freno alle illegalità perpetrate dagli squadristi. Insomma era chiamato a fungere da garante di due esigenze contrapposte: la rivoluzione e la restaurazione dell'ordine.

Fascismo e anti fascismo Nel 1921, Mussolini confidava che, la camera eletta, non l'avrebbe ostacolato e i conservatori giudicavano il fascismo una risorsa per normalizzare la situazione politica. Aveva ottenuto il sostegno del re e anche dell'esercito e aveva nominato al ministero della guerra Armando Diaz. Alla guida del partito popolare salì Alcide De Gasperi,

un uomo politico destinato a giocare un ruolo di primissimo piano nella ricostruzione della democrazia italiana post fascista, ma che, per il momento, seguiva la linea collaborazionista. I popolari erano condizionati dalla benevolenza con cui il pontefice Pio XI guardava all'esperimento mussoliniano, di cui apprezzava le idee, sia verso il liberalismo, sia verso il socialismo. I socialisti riformisti, compreso Filippo Turati, erano intimiditi e spiazzati dalle logiche violente della nuova politica. I socialisti rivoluzionari e i comunisti erano convinti che fosse impossibile rovesciare il capitalismo. I fascisti sapevano che l'incanto si sarebbe prima o poi sciolto. Fu per questa ragione che, nel corso del 1923, vararono "La legge Acerbo". La legge prevedeva un premio di maggioranza, pari ai 2/3 dei seggi alla camera, per la lista, che avesse conquistato una maggioranza relativa dei voti popolari, pari almeno al 25%. La quota era fissata a un livello molto basso, per far

Capire ai liberali che, i fascisti potevano vincere anche senza il loro sostegno. Queste liste ottennero uno schiacciante successo, superando il 60% dei voti. Ma nell'Italia settentrionale non giunsero alla maggioranza assoluta. Fu significativo l'emergere di due leader molto combattivi, rispettivamente nel campo socialista e liberale: Giacomo Matteotti e Giovanni Amendola.

Sin dalla marcia su Roma, Matteotti era stato il più determinato, tra i socialisti, a denunciare le violenze fasciste. Il 30 maggio chiese la parola alla camera per contestare i risultati, i brogli, le minacce, le aggressioni e il controllo dei fascisti sin dentro le cabine elettorali. Finito di parlare, si sedette e rivolgendosi ai compagni, che gli erano accanto, disse: "Io, il mio discorso l'ho fatto. Ora voi preparate il discorso funebre per me."

Infatti, 10 giorni dopo, subito prima di un altro discorso, in cui aveva probabilmente intenzione di denunciare, documenti alla mano, un giro di corruzione.

che legava il fascismo al mondo degli affari, fu rapito nel centro di Roma, il 10 giugno del 1924. Si seppe solo più tardi che Matteotti era stato immediatamente assassinato. Si appurò invece subito, grazie a circostanze fortuite, che gli artefici del rapimento erano i membri di un gruppo di picchiatori, al comando del segretario personale di Mussolini. Sotto la guida di Amendola, la maggioranza dei deputati dell'opposizione abbandonò la seduta della camera per la protesta, che fu detta dell'"Aventino". In breve si capì che, senza il sostegno del re, l'Aventino avrebbe avuto ben poche possibilità di portare alla caduta del governo. Da lì a poco, i comandanti della milizia e gli squadristi nelle provincie cominciarono a incoraggiare Mussolini a reagire, anche minacciandolo. Il 3 gennaio del 1925, in Parlamento, Mussolini assunse su di sé tutta la responsabilità politica, morale, storica dell'accaduto.cioè dell'assassinio di uno dei leader dell'opposizione. La polizia fascista si mosse, chiudendo circoli e giornali di opposizione. Il leader della fazione fascista più estremista, Roberto Farinacci, fu nominato segretario del PNF. Non bisogna però pensare che solo gli uomini d'azione sostenessero la svolta che portò al regime fascista. Anche molti intellettuali svolsero un ruolo importante. Un esempio fu Giovanni Gentile (filosofo, pedagogista e accademico) con il suo scritto "Il manifesto degli intellettuali fascisti". A porsi come intellettuali pronti a varcare il limite tra cultura e politica e a vivere la politica come una fede, troviamo anche Piero Gobetti (uomo politico, scrittore liberale e antifascista) e Antonio Gramsci. Quest'ultimo veniva da una famiglia sarda di condizione, che possiamo definire piccolo borghese, ma che aveva attraversato molte vicissitudini economiche. Negli studi mostrava grandi doti, ma, allo scoppiodella guerra, si lasciò tentare dalla politica, entrando nel movimento socialista torinese, corrente di sinistra. Nel 1917, fu folgorato dalla rivoluzione bolscevica. Contribuì alla nascita della rivista "L'ordine nuovo"; sostenne le agitazioni proletarie del 1919/1920; partecipò, nel 1921, alla fondazione del Partito Comunista e, più tardi, ne divenne leader. Arrestato nel 1926, Gramsci dovette per forza di cose abbandonare la politica attiva e iniziò la scrittura dei 33 "Quaderni del carcere", una raccolta di appunti, testi e note. Posto in libertà condizionale, per motivi di salute, nel 1934, trascorse i suoi ultimi anni in ospedale. Sintetizzando il concetto di base possiamo dire che, la politica, nelle sue diverse accezioni, ha bisogno della mediazione degli intellettuali, per raggiungere le masse e conquistarle. Trionfa in politica, non chi controlla le cose, ma chi controlla le coscienze, conseguendo in tal

modol'egemonia.Sulla natura del fascismoDopo Matteotti, morirono anche Amendola e Gobetti. A migliaia dovettero lasciare il paese per sottrarsialla persecuzione. Vennero cancellate le libertà di stampa e di associazione. Per contrastare, chi volevacontinuare a fare opposizione nella clandestinità, fu creato un massiccio apparato repressivo, del quale lapolizia politica, chiamata OVRA, era solo la punta di lancia.I semplici dissidenti, venivano segregati in isolette come Ponza e Lampedusa. Per quelli più attivi fu creatauna magistratura apposita: “Il tribunale speciale per la difesa dello Stato”, che, emetteva sentenze più omeno dure e in alcuni casi anche la pena di morte.Possiamo parlare di una diarchia con la monarchia. Vittorio Emanuele III interveniva poco nelle questionipolitiche, ma conservava un ruolo simbolico e giuridico notevole. Altre questioni venivano risolte dalle forzearmate e dalla burocrazia.La stessa OVRA era formata da

funzionari di polizia di formazione tradizionale, non da squadristi o dauomini di partito. C'era poi la chiesa cattolica, con cui l'Italia di Mussolini realizzò, nel 1929, una storica conciliazione con la firma dei "Patti Lateranensi". La Città del Vaticano fu riconosciuta come stato indipendente, il cattolicesimo divenne religione di Stato e venne confermato l'insegnamento della religione nelle scuole. Gli squadristi avevano colpito parrocchie e organizzazioni cattoliche, giungendo persino ad assassinare alcuni sacerdoti, tra cui, nel ferrarese, don Giovanni Minzoni. Cappellano militare nella prima guerra e decorato con medaglia d'argento, era promotore di numerose opere caritatevoli e si opponeva con determinazione alle violenze delle squadre fasciste. Più volte minacciato, rifiutò ogni collaborazione col fascismo dilagante. La sera del 23 agosto del '23, venne aggredito e ucciso da alcuni squadristi, facenti capo a Italo Balbo,

che, travolto da una grande ondata di indignazione generale, dovette dimettersi da console della Milizia. Fu per questa strada che si giunse all'accordo del 1929, con cui lo stato italiano venne definitivamente riconosciuto dal Vaticano. La questione romana si chiuse qui per sempre. I sindacati fascisti, unica organizzazione dei lavoratori rimasta legale, erano, in realtà, poco rappresentativi, visto che erano sempre controllati dall'alto. Anche il Partito Unico, fu sottoposto ad una pesante disciplina autoritaria. Mussolini, nell'intento di rinforzare il principio di autorità dello Stato, nel marzo del 1926, aveva licenziato Farinacci e nominato nuovo segretario del PNF Augusto Turati, che rappresentava l'ala più radicale del fascismo di provincia. La volontà politica doveva procedere dall'alto verso il basso, non solo all'interno del partito, ma anche al di fuori di esso. La Camera dei deputati non fu abolita, però, peressere eletti deputati, bisognava essere iscritti nel listone del gran consiglio del fascismo, i cui membri venivano nominati dal Duce. Tutte l
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A.A. 2020-2021
8 pagine
SSD Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche M-STO/04 Storia contemporanea

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher bellabro01 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Storia contemporanea e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Pisa o del prof Sangiovanni Andrea.