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Verbi monovalenti: vivit, dormis, volt, deambulat… intransitivi
• Verbi bivalenti: sollicitant, continet, colunt… transitivi
• Verbi trivalenti: debeo, mandatum… transitivi
• (Verbi avalenti: vivit, ningit…) intransitivi
•
Il modello di Tesnière ci offre il vantaggio di poter dare definizioni sintattico‐funzionali (e non nozionali) delle
parti dell’enunciato: quindi il soggetto sarà il complemento 1 del verbo, il complemento oggetto sarà il
complemento 2 del verbo e il complemento indiretto il complemento 3.
Nel modello di Tesnière, insomma, i complementi (soggetti compresi) sono posti allo stesso livello del verbo.
Martinet invece tende a restituire quella posizione di preminenza per tanto riconosciuta al soggetto, il quale
costituirebbe con il verbo l’”enunciato minimo o nucleo”. Il soggetto rimane così il “complemento obbligatorio”,
mentre ogni altro termine non del nucleo è definito “espansione”.
Una debolezza del modello di Tesnière è data dal numero limitato di complementi che rientrano nella valenza
del verbo. Esempio: nella frase “Romae Quinctius commoratur”, escluderebbe “Romae”, pur se in stretta
dipendenza con commoratur. Allora, Happ ampliò il modello di Tesnière:
Complementi vincolanti alla valenza del verbo: soggetto, oggetto genitivo, oggetto dativo, oggetto
• accusativo, oggetto ablativo, oggetto preposizionale (la preposizione è prevista dalla valenza stessa
del verbo), oggetto locale (vincolato a verbi di stato o moto).
Complementi circostanti o liberi: temporali, locali, modali, causali, finali.
•
I complementi di Happ (C e Cr) si possono considerare infine come “posizioni” da riempire o “saturare”
sull’asse sintagmatico della sequenza di un enunciato; e gli elementi linguistici sono chiamati ad occupare le
varie posizioni (gli “impletivi”).
3) Grammatica generativo‐trasformazionale. Il modello distribuzionalista e funzionalista si rivelano
praticabili nell’analisi di enunciati già prodotti, ma nello studio delle lingue parlate sono meno potenti, non
possono andare oltre il momento analitico: ossia non riescono a formalizzare in poche regole il meccanismo
che regola la produzione di tutti gli enunciati possibili di una lingua.
A tale esigenza hanno cercato di rispondere i modelli grammaticali sintattici‐generativi di Chomsky. Sintattici in
quanto la base del modello di Chomsky è sintattico‐formale (si attiene alla segmentazione in C.I. del
distribuzionalismo ma assegna ai segmenti etichette categoriali SN sintagma nominale); generativi in
quanto descrive le strutture profonde possibili di una lingua.
La grammatica di Chomsky consiste di tre insiemi di regole:
il componente sintattico: contiene una base che genera le strutture profonde, e un insieme di regole
• che le trasformano in strutture superficiali. Esempio: F (Frase) -> SN (Sintagma nominale) + Spred
(Sintagma predicativo; SN -> N (Nome); Spred -> Aus + SV; SV -> V + SN. L’insieme di regole è
rappresentato dall’”albero” o “indicatore sintagmatico”.
Se ai simboli terminali (N, Aus, V) sostituiamo elementi grammaticali e lessicali, otterremmo la
seguente frase profonda: “Miles – Exstruere – Agger”. A questo punto intervengono le regole di
trasformazione (ai lesseni vengono aggiunti i formativi del caso, del numero, del tempo e delle
persone), che convertono le strutture profonde in strutture superficiali attestate.
il componente semantico: per evitare la produzione di frasi anomale (secondo lo schema N, Aus, V potremmo
avere “arma exstruxerunt aggerem”), Chomsky sostituisce i simboli terminali semplici con “simboli complessi”
o con “caselle lessicali”, che possiedono un insieme di tratti sintattico semantici (Umano‐Astratto per
esempio). Si stabiliscono così “restrizioni di selezione”, che mentre limitano le scelte delle possibili entità
lessicali, assicurano che le frasi in uscita non siano anomale.
il componente fonologico: agisce sulle strutture superficiali, assegnando ad esse una interpretazione
• fonetica, ossia trasformandole in una sequenza di suoni.
La base sintattica, insomma per Chomsky, contiene tutto ciò che è indispensabile alla interpretazione
semantica, o in altri termini, il significato è interamente e definitivamente determinato dalla struttura profonda.
In una recente evoluzione del suo pensiero, però, egli ammette che nella determinazione di alcuni significati
possano concorrere anche le strutture superficiali.
Esempio della “teoria standard”: amor dei -> genitivo soggettivo o oggettivo? -> Struttura profonda: Deus
aliquis amare -> Due possibili strutture superficiali: 1) Deus aliquem amat; 2) Aliquis deum amat.
Appare chiaro come le due strutture superficiali corrispondano ad un’unica struttura profonda, e come
possano spiegarci il genitivo del sintagma nominale amor dei o come genitivo soggettivo o oggettivo. L’ultima