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SINTASSI DELLA PROPOSIZIONE

Qui parleremo delle già citate (cap.2) frasi semplici: sono quelle frasi autonome

indipendenti che in un periodo costituiscono la principale o reggente o sovraordinata.

A seconda del tipo di messaggio che viene espresso, distinguiamo le enunciative,

interrogative, esclamative, volitive (o ottative).

Enunciative (dichiarative), consistono in un’affermazione positiva o negativa, in una

costatazione, in una descrizione e costruiscono generalmente con l’indicativo: a differenza

delle interrogative o delle volitive, non comportano necessariamente una reazione da parte

dell’interlocutore: il cane è un mammifero. Nella vita reale, tuttavia è rarissimo, esporre

frasi sterili senza un interlocutore.

Molto spesso un’enunciativa può avere una funzione conativa, ovvero può contenere in sé

una preghiera o un invito. Utilizzato l’indicativo (es. imperfetto di modestia), oppure il

congiuntivo, o il condizionale. Quest’ultimo può essere usato come apodosi

(conseguenza) di un’ipotetica:

Gradirei … se lei non dispiace …

Molto usato il condizionale nel linguaggio giornalistico.

Frasi interrogative

Contengono una domanda e graficamente terminano con un punto interrogativo.

Si dividono in interrogative dirette e indirette.

A seconda del rapporto che si stabilisce tra le varie componenti della frase, distinguiamo:

Totali (o connessionali), quando la domanda verte sul legame tra soggetto e

- predicato: Hai visto Anna? (= l’hai vista o non l’hai vista?)

Talvolta l’avverbio olofrastico (si, no) può essere sottinteso: Vieni stasera? – Ho già

un impegno! (sottinteso “no”). Se la risposta è grazie si può restare incerti in merito

alle intenzioni dell’interlocutore (Si, grazie; no, grazie).

Parziali (o nucleari), quando il legame soggetto predicato non è messo in

- discussione, ma si sollecita un’informazione particolare su un altro elemento della

frase (soggetto, oggetto, complemento indiretto): Chi parla? ( = qualcuno parla, ma

chi?).

Mentre le totali variano solo in base all’intonazione, le parziali hanno dei contrassegni

particolari (pronomi e aggettivi chi, quale, che cosa) o avverbi (come, dove, perché ecc.),

eventualmente preceduti da preposizioni o locuzioni preposizionali: da dove vieni? Fin

quando dovremmo stare?

A parte l’interrogativa disgiuntiva (o alternativa), con la quale si prospettano due possibilità

di scelta. Si tratta sempre di parziali: Sei di Lucca o di Pisa?

Oltre alle totali e alle parziali, abbiamo poi:

Le reali quando domandiamo qualcosa che non sappiamo e vorremmo conoscere:

- Come ti chiami? Aspetti da molto?

Le retoriche: domande che non presuppongono una reale mancanza di

- informazione, ma che richiedono enfaticamente all’interlocutore un assenso o un

diniego già implicito. Quale che sia la risposta attesa, le interrogative retoriche

possono essere possono essere marcate da particolari segnali. Ricordiamo: (non)

è vero, nevvero, vero, forse, forse che (non):

“Mi vuoi bene, non è vero?”

Nell’uso parlato alcuni di questi segnali sono usati come semplice intercalare (“bello

qui, no?”).

Affini alle retoriche, le interrogative didascaliche, con le quali chi sta trattando un

certo argomento davanti a un uditorio reale o immaginario, rivolge a sé stesso una

domanda per vivacizzare l’esposizione, quasi fingendo che l’interrogazione proceda

dal pubblico.

Più in generale possiamo parlare di interrogative narrative per tutte quelle

interrogazioni che, in un racconto, non hanno altro scopo che sollecitare

l’attenzione del lettore.

Interrogative diffratte: fa le veci di altre domande (es. Sai l’ora? ( = che ora è?)

- Interrogative fàtiche (o di cortesia). I cosiddetti convenevoli (come va? Come stai?

- Che mi dici?).

Tra i segnali discorsivi che possono comparire nelle interrogative (tutte): che; o (tipico del

fiorentino: O che tu dici?).

Dopo un avverbio (quando, che cosa ecc.) il soggetto di un’interrogativa si pospone

obbligatoriamente al verbo: che cosa mangia il tuo cane?

Si può anche mettere il soggetto all’inizio della frase per dargli rilevanza: Il tuo cane cosa

mangia?

In assenza di tali contrassegni particolari, l’ordine de soggetto e del predicato è piuttosto

libero: Verrà in vacanza con te tuo fratello? Verrà con te in vacanza tuo fratello? Ecc.

In alcuni casi, tuttavia, mettere il soggetto all’inizio o alla fine può comportare diverse

sfumature di significato: Pietro canta? ( metto in dubbio il fatto che Pietro canti); canta

Pietro? (con tono ascendente sulla seconda parola chiedo se sarà Pietro a cantare o

qualcun altro).

Se il soggetto è un pronome personale, esso viene normalmente omesso: Che cosa fai?

Modi verbali delle interrogative.

Accanto all’indicativo:

Il condizionale che coincide con l’apodosi di un periodo ipotetico; altre volte ha

- valore dubitativo.

Congiuntivo che si usa nelle dubitative, in particolare col verbo essere ( anche se si

- costruiscono più comunemente col futuro sarà) o in forma assoluta, oppure

introdotto dalla congiunzione che (sarebbe vero, è possibile).

Infinito in un frase dubitativa, esprimendo stati d’animo di perplessità, anche per

- molti più o meno contenuti di meraviglia, di risentimento, di indignazione, di

rimprovero ecc.

Che dire?

Spesso le interrogative possono essere prive di predicato verbale (frase nominale) e sono

usate per sollecitare l’interlocutore a concludere un discorso o a chiarire un suo pensiero:

Dunque? Allora? Beh? Ecc.

Frasi esclamative, esprimono sorpresa, ammirazione, disappunto, sdegno ecc. e sono

contrassegnate dal punto esclamative. Esistono degli elementi introduttori (che, come, se

[in senso se lo conosco! Avoglia!]).

Il confine tra le esclamative e le enunciative è molto labile: la punteggiatura le distingue.

Prendiamo la frase nominale Buon giorno, dottore! (esclamativa); Buon giorno, dottore.

(enunciativa).

Oltre che con l’indicativo, altri modi verbali:

Imperativo usato non con funzione conativa, ma per esprimere un augurio o

- un’imprecazione: Divertitevi! Muori!

Incluse tra questi imperativi esclamative anche le formule guarda (un po’), senti,

vedi, dai, diventate poi normali connettivi o interiezioni per i verbi fraseologici.

Infinito che esprime una vasta gamma di sfumature semantiche, dalla riflessione

- nostalgica all’ira violenta.

Congiuntivo. Il congiuntivo imperfetto, adoperato assolutamente o preceduto da se

- figura in alcune frasi con valore elativo: sapesse come dorme! [ = dorme

profondamente]. Altre volte può avere un’intonazione deprecativa: se ci vedessero

così conciati!

Frasi volitive e ottative

Qui il parlante mira a modificare una condizione esistente attraverso un ordine, consiglio,

preghiera, invito, invocazione (volitive dette anche esortative o iussive), oppure

esprimendo un desiderio (ottative o desiderative).

I modi propri di queste frasi sono:

Imperativo (il più frequente);

- Congiuntivo (detto congiuntivo esortativo). Il congiuntivo volitivo può essere

- introdotto da che, in particolare per esprimere il “comando diretto”: che i leoni siano

slegati!

L’idea di volizione è fortemente attenuata, quasi impercepibile, in alcune formule

stereotipate quali si aggiunga che… ; basti pensare a … ; ecc

Affine al congiuntivo esortativo, abbiamo quello permissivo: è anch’esso un

congiuntivo presente che si alterna con l’imperativo alla 2° e 5° persona; è

accompagnato dall’avverbio pure e può connotarsi ora come forma di cortesia:

venga, venga pure avanti!.

Il congiuntivo presente e imperfetto si adopera inoltre per esprimere un desiderio: o

assolutamente (Fosse vero!) oppure preceduto da un’interiezione (Oh, fosse vero!);

da che, almeno, magari, se.

Due annotazioni: congiuntivo presente (desiderio realizzabile), imperfetto (desiderio

irrealizzabile); un elemento introduttore, generalmente facoltativo, diventa

obbligatorio nel caso il verbo sia utilizzato alla 1° persona con soggetto espresso:

“A te confido che io non sia confuso.”

Condizionale che ricorre con valore ottativo in frasi che potrebbero essere

- considerate apodosi (conseguenza) di un periodo ipotetico. Si usa il condizionale al

passato per esprimere desideri irrealizzati: Peccato, avrei voluto vederlo!

Indicativo: Mi dà due etti di grana per favore! ; Prendi due pasticche al giorno!

- Infinito (infinito iussivo), si rivolge ad un pubblico in generale: esempio le indicazioni

- stradali tenere la destra; non bere al volante ecc. oppure nei titoli giornalistici fare

chiarezza sulla questione x. CAP. 14

SINTASSI DEL PERIODO

La sintassi del periodo (o della frase complessa) studia i rapporti che si istaurano fra le

varie proposizioni e possiamo distinguere tre diversi tipi di relazione:

Coordinazione (paratassi) in cui le proposizioni sono indipendenti sia

- semanticamente che sintatticamente: Mario legge un libro e guarda la televisione.

Subordinazione (ipotassi) quando le proposizioni solo collegate mediante

- congiunzione subordinativa, sono in rapporto gerarchico: un’indipendente e una

subordinata (o retta o secondaria).

Si noti che la reggente può anche seguire una principale; che una subordinata, a

sua volta, può reggerne un’altra e che la successione fra principale e secondaria

non è sempre lineare (subito dopo una congiunzione coordinativa o subordinativa

può incunearsi un’altra proposizione dipendente [ultimo esempio fra i seguenti]).

Ecco qualche esempio:

1. Mario legge il giornale [principale e reggente] per tenersi aggiornato

[secondaria];

2. Quando avrò finito [secondaria] ti telefonerò [principale e reggente];

3. Il sole non era ancora apparso [principale e reggente] quando il frate uscì dal

convento [subordinata di primo grado e reggente] per salire la scaletta [subordinata

di secondo grado e reggente] dove i confratelli lo aspettavano [secondaria di terzo

grado];

4. Il frate si fermò sulla soglia [principale e reggente] e, [appena ebbe data

un’occhiata (subordinata di primo grado)], dovette accorgersi che si stava

sbagliando [subordinata sempre di primo grado].

Quattro precisazioni importanti: il termine principale è riservato alla frase

indipendente, mentre il termine reggente (sinonimo sovraordinata) qualifica una

proposizione principale o secondaria, che ne regga un’altra; Quando due

subordinate dipendono da una stessa proposizione (esempio 4), le due dipendenti

devono considerarsi dello stesso rango; la nozione “autonomia” o &ld

Dettagli
Publisher
A.A. 2013-2014
80 pagine
7 download
SSD Scienze antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche L-FIL-LET/12 Linguistica italiana

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher aleri90 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Linguistica italiana e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Roma Tor Vergata o del prof Marroni Sergio.