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Nelle scienze del linguaggio ritroviamo la Scuola di Praga che, basandosi sul ‘dinamismo comunicativo,’ ha
sostenuto: “Purché comunichi un significato, ogni elemento linguistico contribuisce
allo sviluppo, vale a dire alla dinamica, della comunicazione.”
Nella loro terminologia ciò di cui si parla è il ‘tema – argomento (topic)’ e ciò che si dice del tema è il ‘rema –
commento (comment)’. La parte tematica coincide con il dato noto e vi appartengono informazioni dette di
‘setting’ come le determinazioni di tempo e luogo; alla parte rematica, invece, corrisponde il nuovo e tende
ad occupare la fine degli enunciati o dei loro stessi segmenti.
Negli enunciati IT costituiti dalla proposizione ‘soggetto – verbo – oggetto’: il soggetto grammaticale tenderà
a funzionare come topic, mentre la parte successiva ‘verbo – oggetto’ si configurerà come comment.
Riferita all’ordine delle parole, la marcatezza può riguardare l’intonazione, la sintassi, le dimensioni testuali e
la pragmatica degli enunciati. E’ non marcata e quindi neutrale, la disposizione delle parole che si riveli
appropriata al maggior numero di contesti. Per questo motivo, è importante far convergere il focus
dell’informazione su uno dei componenti della frase o per mezzo dell’interpunzione o anche dell’intonazione.
Pause e demarcazioni.
Riferendola alla scrittura, la pausa orale perde la sua fisicità. A differenza di come accade nella partitura, le
interpunzioni linguistiche sono ‘pause ideali’ come lo è la loro durata, perché valgono anche se nella lettura
non si fanno soste corrispondenti alla segmentazione.
Il valore demarcativo, cioè la capacità di indicare un confine linguistico, sussiste indipendentemente
dall’effettiva esecuzione della pausa. Spostare i confini tra parti di frasi, vuol dire cambiare con la scrittura
anche il senso.questo spostamento è detto ‘anfibologia’.
Il punto nello specifico.
E’ un segno antico e basilare, fra tutti i segni interpuntivi e ostenta una flessibilità particolare sia negli usi che
nel suo valore: di chiusura. Il punto rappresenta il limite tra parola e silenzio.
Secondo i criteri della normalità sintattica il punto sancisce la conclusione di una frase, di un periodo e di un
intero testo. in prospettiva si configura come ‘elemento di divisione’ e di forte connessione quando
interrompe una sequenza segnando una pausa significativa.
Nella pratica giornalistica vi è la tendenza a sovra estendere fino all’esasperazione l’uso del punto, perché si
crede che frasi e periodi brevi risultino al lettore più incisivi. In una qualsiasi frase, se ci sono più punti di
quelli che si aspetta trovare, nell’intera sequenza si istituisce una ‘doppia focalizzazione’.
Si parla di ‘valore testuale’ quando è chiamato in causa l’implicito che il punto separa e allo stesso tempo
unisce: una funzione di un’entità linguistica di qualsiasi dimensione comporta legami semantici o pragmatici
con qualcosa che non è stato esplicitato e si può, da quanto è stato o sarà detto, stabilire connessioni la cui
portata eccede l’ambito delle relazioni sintattiche perché investe la sfera di quei legami.
Il valore intrinseco del punto consiste nel richiedere di totalizzare i risultati dell’operazione interpretativa
eseguita sino a quel momento. Il punto che frantuma l’enunciato riducendolo in frammenti troppo minuti,
costringe chi legge a concludere e ricominciare ad interpretare dopo ogni minima informazione.
Punto e virgola nello specifico.
Alle volte entra in gioco una sorta di estremismo interpunto rio: si vede nel punto e virgola solo una ‘pausa
intermedia’ tra segni e si pensa che elimina dolo, si azzerino le mezze misure.
Si ritiene che il punto e virgola sia preferibile quando i membri della serie hanno una certa lunghezza e
complessità, ma sembra anche intercambiabile con la virgola.
Il punto e virgola ‘seriale’ tra unità segmentate al loro interno da una o più virgole, diventa necessario su
base di sintassi testuale. E’ possibile sostituire la virgola con il punto e virgola perché segno di precisazione
(es. quelli di A; di tutte le A) e si opposizione (es. prima A:x; ora invece…).
Altra possibilità nell’uso del punto e virgola, sono identificate in costruzioni che la retorica classica ha definito
‘anadiplosi’ o riprese di un’espressione contenuta in un enunciato precedente o contiguo, mediante una
ripetizione o sinonimo. L’esattezza di punteggiare si addice alla scrittura come strumento di elegante
precisione e con effetti di senso moltiplicati quando ‘l’esprit de géométrie’ e ‘l’esprit de finesse’ si
compongono su mirabile unità.
La virgola nello specifico.
Una virgola nella scrittura è come il prezzemolo in cucina. La funzione che ha come ‘marca di confine
sintagmatico’ è forte, perché può cambiare radicalmente il senso degli enunciati. Può essere utile l’esempio:
“Non seguo i programmi TV che mi sembrano scadenti. / Non seguo i programmi TV, che mi sembrano
scadenti”.
Se non è preceduta da una virgola la relativa è restrittiva (è lo stesso anche se è determinativa o
specificativa). In questo caso l’enunciato significa: <<Non seguo (fra i programmi televisivi) solo quelli che…
>> (e non: <<tutti i programmi>>). Anteponendole una virgola, la relativa acquista valore non restrittivo –
oppositivo e fa intendere che tutti i programmi TV appaiono scadenti.
Dunque, una virgola può impedire ambiguità di riferimenti e collegamenti tra parti ed enunciati. Come può
accadere con le ‘anafore’ che, come riferimento testuale, rinvia a qualcosa che è già stato menzionato. La
‘ripresa anaforica’ a sua volta, mediante un qualsiasi sintagma, si fa rispetto ad un antecedente qualsiasi
espressione capace di istituire un riferimento. Dal punto di vista strutturale, esistono due tipi di virgole: la
virgola che apre e che chiude e la virgola seriale. Quest’ultima è particolare nel caso della sua assenza in
posizione in cui virtualmente si dovrebbe trovare.
Tra le interpunzioni esiste una ‘gerarchia di forze’, dove i segni più forti sostituiscono neutralizzandoli, quelli
più deboli. Nel principio, il punto è più forte del punto e virgola che lo è della virgola. Non c’è niente più forte
del punto.
Quando il confine segnato da una virgola cade tra soggetto e verbo o tra il verbo e uno dei suoi argomenti, le
spiegazioni potrebbero essere:
- La volontà di rimediare alla distanza del soggetto con il predicato,
frapponendo una pausa che avrebbe l’effetto pratico di <<dare respiro>>
al periodo e a chi lo legge.
- La sovra estensione dei valori intonativi attribuiti ai segni e in particolare alle
virgole:
quando mettiamo nero su bianco le nostre idee, il discorso organizzato si forma
attraverso la lettura e le sue coloriture. Pause, cambi di intonazione, etc. dunque,
può accadere benissimo che scrivendo, si ometta di segnare una virgola, ad es. che
per ragioni sintattiche, racchiude nel testo il dato segmento. Può trattarsi di
dimenticanza, oppure che la virgola mancante non corrisponde ad una pausa
effettiva di lettura.
- La struttura tematica degli enunciati, in cui la virgola ha la funzione di isolare il
tema e
di metterlo in evidenza, serve ad assegnare al soggetto il ruolo di tema dato.
Marche di intonazione.
Generalmente i punti esclamativi ed interrogativi.
Quando si qualifica un segno di punteggiatura come ‘marca di intonazione’, ci si riferisce a schemi ideali.
Basti pensare ai molti modi in cui una domanda può essere realmente pronunciata: Constatazione (.),
domanda (?), ordine (!), domanda incredula o espressione di sorpresa (?!) non sono indicatori univoci, dal
momento che una domanda può valere come un invito, un consiglio, un comando, etc.
Nello specifico il punto interrogativo di domanda si deve intendere nella forma grammaticale dell’atto
linguistico relativo. L’unica difficoltà di questa interpunzione risponde al quesito: nell’enunciato che segue un
punto interrogativo la lettera iniziale della prima parola che segue sarà minuscola o maiuscola?
Ebbene, se l’espressione interrogativa è o può essere integrata nella frase, l’iniziale sarà minuscola (es.
Cosa le è rimasto? di una vita); se, invece, l’interrogazione chiude una frase o un periodo, al punto
interrogativo si attribuiscono le stesse forze del punto fermo che impone l’iniziale successiva maiuscola (es.
Com’è andata? Cosa ne pensi?).
Altrimenti, inserito tra parentesi come da commento del testo, il punto interrogativo può segnalare dubbi,
distanze, ironia etc. (es. E’ indubbio che… per quanto essa (?)… fosse cambiata).
Il punto esclamativo o ammirativo oggi, soprattutto nella scrittura web, si adopera come un’icona di
sensazioni. Potrebbe essere definito ‘punto di commento’ anch’esso, dopo una qualsiasi espressione di cui
si voglia sottolineare errore, assurdità, ingenuità, etc., è possibile trovarlo tra parentesi tonde o qudre (es. Ha
promesso che manterrà tutte (!) le promesse).
Entrambi i punti possono essere ritrovati assieme fra parentesi, cumulano proprie connotazioni. Oppure si
può trovare un esclamativo ove un qualche elemento grammaticale farebbe attenderne uno interrogativo (es.
Parli di questo? – Ma cosa dici!).
I due punti.
La funzione primaria è ‘presentativa’ in base alla prerogativa di introdurre un elenco (es. la spiegazione di A
è Ax su elementi x) oppure con valore ‘esplicativo’ (es. Come di quel che accade ad A: una proposizione si
basa su A e su quel che accade ad A).
I due punti hanno un ruolo meta testuale, perché si lasciano interpretare come annunci riguardanti il discorso
in atto. E’ come se dicessero: <<Attenti che adesso segue qualcosa>>, preparano l’attenzione per quel che
segue.
Marche dell’enunciazione.
Le cosiddette ‘inserzioni parentetiche’ producono effetti polifonici: intrecci di voci e suoni. Attuano passaggi
dal ‘mondo narrato’ al commento da parte del narratore che si intromette facendo percepire la sua voce con
diversioni, valutazioni, etc. come ben faceva il Manzoni che interveniva nel mondo narrato pur restandone al
di fuori.
A modificare, nel senso del rafforzamento o dell’attenuazione, la forza ill