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MANUALE DI LINGUISTICA ITALIANA
Luca Serianni, Giuseppe Antonelli[1]
ALLE RADICI DELL'ITALIANO
La lingua parlata oggi in Italia è il risultato di un mutamento durato secoli. L'italiano è una lingua indoeuropea, la quale era forse diffusa tra IV e III millennio in Eurasia. L'indoeuropeo, tuttavia, è una lingua virtuale, ossia non è storicamente accertata, ma è frutto della comparazione tra diverse lingue (le lingue più diffuse al mondo hanno origine indoeuropea: inglese, hindi e spagnolo). Verso la fine del II millennio, la popolazione parlante quel dialetto indoeuropeo che sarebbe poi diventato il latino, si stanzia in Italia. Alla fondazione di Roma, il latino è parlato solo in questa città, scontrandosi con la lingua etrusca del nord (non indoeuropea) e l'osco-umbro del sud (insieme di dialetti indoeuropei). Dopo la guerra dell'88 a.C. le popolazioni italiche sono sconfitte e le loro lingue iniziano
gradualmente a non essere più usate, anche se la loro influenza si nota ancora in parole come populus o catena (etrusco), e nomi di animali come lupus e scrofa (osco-umbro). Più importante è l'influsso del greco: l'alfabeto latino è modellato su quello greco, che arriva in Italia grazie alle colonie greche in Meridione. Dal greco antico derivano oliva, amphora, parole marinaresche come ballaena e delphinus) e, soprattutto, parole e concetti astratti: si assegnano nuovi significati a parole già esistenti, ad es. ratio da calcolo diventa ragione; nuove formazioni, come qualitas, coniata da Cicerone per rendere il termine greco poiètes. Il greco è stato inoltre la prima lingua delle comunità cristiane fuori dalla Palestina, e ha influenzato anche il vocabolario religioso: nozioni estranee alla cultura pagana (angelus, monachus, baptismum); sostituzione di termini latini troppo connessi con il paganesimo (propheta invece di...vates,- ecclesia invece di templum). Il latino volgareL'italiano fa dunque parte delle lingue romanze o neolatine, che si parlano in tutto il Mediterraneo (area chiamata Romània, dal Mar Nero al Portogallo). All'epoca della sua massima diffusione, il latino raggiunse l'Africa, l'Asia e il centro-nord Europa. Esistono due tipi di parole latine: quelle giunte a noi senza soluzione di continuità (per trafila popolare); oppure attraverso libri e scritti (trafila dotta), questi ultimi detti anche latinismi. Il latino che si studia a scuola NON è quello da cui derivano le lingue romanze, ma il 'latino classico', codificato all'epoca di Cesare e Augusto (I sec a.C. - I sec d.C.), considerato per secoli un modello letterario insuperabile. Fu definito 'classico' da Aulo Gellio (II sec d.C.) per rimando ai più grandi scrittori latini, come Virgilio, Ovidio ecc. Nel parlato, però, era molto diverso, soprattutto
Nel lessico e nella pronuncia, è proprio questo 'latino volgare' alla base della formazione delle lingue romanze, in particolare quello formato durante l'età della decadenza (V sec. d.C.). Le fonti del latino volgare sono:
- iscrizioni private, in cui si trovano anche volgarismi;
- testimonianze di maestri, ad es. il documento Appendix Probi, una lista delle parole sbagliate più spesso dagli studenti, con a fianco la forma corretta;
- scritti di semianalfabeti, diari, lettere;
- la riproduzione della parlata popolare in alcune opere, ad es. nelle commedie di Plauto;
- (+ importante) il confronto tra le lingue romanze, dove si possono notare parole simili che attestano la presenza di una lingua d'origine (it: passare, fr: passer, sp: pasar)
VARIAZIONE LINGUISTICA (!!!)
Una lingua viva è in continuo movimento e la sua trasformazione può avvenire in:
- diacronia, ossia la sua evoluzione nel tempo;
- diatopia, la sua variazione in diverse
aree geografiche: - diastratia, in base allo strato sociale e di istruzione; - diafasia, in base alle situazioni sociali (formale, informale); - diamesia, a seconda del mezzo di comunicazione usato (scritto, orale).
CLASSIFICAZIONE DEI SUONI (vedi pag. 7-8)
Dal latino all'italiano: i suoni (fenomeni linguistici!!!)
In latino ognuna delle 5 vocali poteva essere articolata come breve o lunga, per un totale di 10 vocali (valore distintivo: s lum > suolo / sōlum > solo). Successivamente si impose un sistema di sette vocali, distinte in chiuse o aperte. Vocali latine > vocali italiane: Ī > i Ĭ + Ē > é (chiusa) Ĕ > è Ā + Ă > a Ŏ > ò Ō + Ŭ > ó (chiusa) Ū > u
Dittongamento: le vocali aperte È Ò in sillaba aperta (che termina per vocale) dittongano in IÈ UÒ, ma NON se si trovano in sillaba implicata (che termina per consonante). Es. f cus > f uoco / c rpus> corpo
Anafonesi: fenomeno toscano
Che consiste nella chiusura delle vocali toniche É Ó rispettivamente in I U. La é deve essere seguita dal suono GLI o GNU (figlia, bagno), derivati dai nessi latini -LJ e -NJ: Familia > faméglia > famiglia Graminea > gramégna > gramigna Oppure dai nessi latini -NG e -NK: Lingua > léngua > lingua Vinco > vénco > vinco La ó deve essere seguita da -NG: Fungus > fóngo > fungo
Per quanto riguarda i dittonghi latini, AE confluisce in E aperta (maestus > mesto), OE in E chiusa (poena > pena), AU in O aperta (paucus > poco).
Epentesi: aggiunta di una vocale o consonante all’interno della parola (prostesi se all’inizio della parola, epitesi se alla fine). Baptismum > battesimo Vidua > vedova
Sincope: caduta di una vocale, specialmente quelle intertoniche (poste tra accento secondario e accento tonico). Vanitare > vantare. Succede anche con vocali postoniche, ma solo nel suffisso -ULUS.
Speculum > speclum > specchio Sonorizzazione parziale delle consonanti sorde intervocaliche: P diventa B (e poi V secondo il fenomeno della spirantizzazione); T diventa D; K diventa G. Lacus > lago Scutum > scudo Episcopus > vescovo Alterazione dei nessi consonantici: Assimilazione regressiva: in una sequenza di due consonanti, la seconda rende simile a sé la prima (lactem > latte, septem > sette). Dissimilazione: all'opposto della preced., si evita la ripetizione dello stesso suono (venenum > veleno). [consonante + L] diventa [consonante + iod]. Plus > più Nebula > nebla > nebbia [consonante + iod] ha vari esiti: - Consonanti ≠ da R S raddoppiano. Simia > scimmia - Con un'affricata palatale, lo iod viene assorbito e la I assume valore diacritico. Regiao > reggia - Laterale e nasale-dentale raddoppiano e danno luogo a suoni palatali. Filius > fillius - O > figlio - Dentali diventano affricate alveolari. Medius > mezzoo - R + iod,la consonante cade. Notarius > notaio.
Allotropi: spesso dalla stessa base latina derivano due o più parole italiane, di solito una per via popolare e una per via dotta; si differenziano per ragioni sia fonetiche che semantiche ad es. Area > aia (cortile) / area (superficie).
Produttività linguistica: capacità di una classe morfologica di generare nuove parole, ad es. in italiano sono produttive le classi nominali dei maschili in -O e i femminili in -A: nei verbi lo è la prima coniugazione (-are).
Dal latino all’italiano: le forme (!!!)
Perdita delle declinazioni. La quarta e la quinta (più deboli) scompaiono quasi del tutto; i vocaboli della V e i femminili della IV confluiscono nella prima (rabies > rabbia). Manus mantiene il genere femminile e la desinenza in -O. I maschili della V sono assorbiti dalla II.
Con la perdita della -M finale cadono anche le desinenze e l’ordine delle parole diventa rigido: il soggetto e l’oggetto della
frase si riconoscono solo in base alla posizione rispetto al verbo. L'accusativo si impone sugli altri casi. Perdita del neutro. I generi sono ridotti a due: maschile e femminile. Tracce dell'antico plurale neutro in -a si trovano in ossa, braccia; ma sono affiancati dai corrispondenti plurali in -i (ossi, bracci). Oppure nomi che in originale erano plurali neutri diventano femminili singolari (Vela, plurale di Velum). Ristrutturazione del sistema verbale. Delle 4 coniugazioni, restano produttive sono la I e in parte la IV; alcune forme sintetiche scompaiono in favore di forme analitiche ('sono amato' amor > amatus sum); nasce il condizionale. Dal latino all'italiano: le parole Preferite parole espressive, immediate e morfologicamente più regolari: edere (mangiare) è sostituito da manducare (dimenare le mascelle); Eliminate parole corte (di scarso corpo fonico): res è sostituita da causa > cosa. Spesso è evidente la vena umoristica.come in crus, che diventa gamba, in origine zampa di animale. O ficatum (invece di iecur), che indicava il fegato dell'oca ingrassato con fichi. Molte parole semplici sono sostituite dai rispettivi diminutivi: agnus > agnellus. Comuni anche i cambi di significato, causati da: Influsso della semantica cristiana (orare non è più chiedere, ma pregare); Collisione omofonica: fenomeno in cui due parole in origine diverse diventano foneticamente uguali e, di solito, l'elemento più debole viene eliminato (bellus ha la megliosu bellum); Metafore espressive: papilio passa da farfalla a padiglione (le ali della farfalla richiamano i tendoni degli accampamenti); Metonimie: focus da focolare a fuoco, camera da soffitto a volta a stanza. I Latinismi Alcuni dei latinismi più frequenti sono: pensare, proprio, modo, numero, storia. Nel caso di allotropi, di solito il più utilizzato nel quotidiano è (paradossalmente) quello di trafila dotta.Poiché avendo un significato più astratto, era anche più adattabile come nel caso di vizio e vezzo (davitium). Sono latinismi anche gli aggettivi derivanti da nomi, es. fiore e floreale (latino florem). Ci sono vari indizi formali che identificano i latinismi:
- Mancato sviluppo di Ĭ Ŭ in È Ò aperte (discus non diventa desco ma disco);
- Conservazione di AU (che di solito diventa Ò aperta): augustus > augusto;
- Conservazione di B intervocalica (che di solito diventa V): habitare > abitare;
- Conservazione di NS intervocalico (di solito ridotto a S): pensare non diventa pesare;
- Conservazione di consonante + L: acclamare, al contrario di: clamare > chiamare;
- Conservazione di 'iod' in ZIA ZIO ZIONE (risalenti alla base latina T+iod): vizio.
Latinismi morfologici: parole italiane che hanno meccanismi di formazione tipici latini (superlativi con -issimo).
Fenomeni di rilatinizzazione: la forma volgare cede di nuovo il posto a qu