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Variazione linguistica in relazione alla variazione culturale. Riconosciamo il

soggetto in relazione alla struttura della lingua italiana. Anche un parlante

ingenuo riconosce che due soggetti di due frasi hanno qualcosa in comune, ma

parlanti di altre lingue darebbero risposte diverse. Prendendo 2 tipo di frasi, con

un soggetto e un verbo intransitivo,e un’altra con soggetto, verbo transitivo e

complemento oggetto. Nelle lingue con flessione di nome o pronome, i casi

sono diversi.

Nelle lingue con sistema di caso (dove è ricca la declinazione è meglio),

troviamo essenzialmente 2 strategie per marcare:

- Soggetto di verbo intransitivo (s)

- Soggetto di verbo transitivo (A, agente)

- Oggetto ( P, paziente)

Alcune lingue usano lo stesso caso per indicare il S dell’intransitivo, e A del

verbo transitivo + P. sia in tedesco (l’articolo), che in latino avremmo in

entrambi i casi la forma nominativa, mentre P sarà espresso in un caso diverso,

l’accusativo. Sistema nominativo-accusativo  S = A ≠ P

Il sistema ergativo assolutivo invece vede l’espressione morfologica per

esprimere il soggetto S (dell’intransitivo) e il paziente è lo stesso, ma è diverso

da quello dell’agente (del vb transitivo). S = P ≠ A.

Dietro questi sistemi c’è un sistema concettuale diverso e una diversa

categorizzazione dei processi della realtà.

Nel primo caso soggetto e agente vengono visti come compatibili rispetto

all’azione che compiono, mentre per il parlante di una lingua con sistema

ergativo assoluto vede qualcosa in comune tra soggetto e paziente, e non

rispetto all’agente. Lui vede in questi la somiglianza nel non compiere una vera

e propria azione, li vede come omogenei dal punto di vista semantico, perché

concepisce che l’unico ad agire è l’A che si separa dagli altri.

Questo tipo di variazione ha una ricaduta sulla nostra capacità ingenua di

interpretare i fatti della realtà. La prima lettura che diamo della realtà è

correlata al filtro della lingua.

Esempio: latino S = A ≠ P:

cattus mortuus est = il gatto morì (S + intransitivo)

cattus occidit talpum = il gatto uccide il topo (A + transitivo)

(lat class: feles murem occidit)

cattus presenta lo stesso caso in entrambe le frasi, mentre –um definisce il c.

ogg.

Basco ( S = P ≠ A )

Katua hal da = il gatto morì

Katuak sagua hil du = il gatto uccise il topo

Katua (S) ≠ katuak (A) (la cui K denota azione del vb transitivo), invece sagua

(P) presenta lo stesso caso di katua (S) soggetto di intransitivo.

Esempi di diversità linguistica che ha relazione con la categorizzazione delle

realtà del mondo.

La ricerca di BERLIN & KAY, antropologi e linguisti americani, che analizzano

nomi di colore, cercano di tipologizzare, nel tentativo di trovare corrispondenze

o universale. Partono dal concetto che le lingue hanno diversi nomi di colori, e

colgono differenze diverse, cambiano confini nella denominazione. Primo

tentativo fallisce: prendendo lingue da ogni parte del mondo chiedono ai loro

informatori – parlanti, mostrano loro una tavola cromatica, con uno spettro dal

bianco al nero, e gli chiedono di identificare nomi e confini. Ottengono risultati

così poco omogenei da non avere nulla da tipologizzare, perché anche i parlanti

della stessa lingua definiscono in maniera diversa i colori. È comune che il

confine sia leggermente diverso che per i parlanti di una sola lingua. Poi

chiedono quali sono i PUNTO FOCALE di un colore, ovvero il miglior esempio per

ciascun colore, quindi sulla tavola si indicava il miglior rappresentanti di quel

colore, il rosso più rosso, il giallo più giallo. I migliori rappresentanti si dicono

PROTOTIPI. In questo caso, i prototipo corrispondono tra parlanti diversi

ampiamente. I due studiosi avevano scoperto che ragionando sui prototipi si

trovano dati comparabili tra lingue, si ragiona meglio sui punti vocali, che sui

confini tra colori diversi.

La scala (implicazionale) dei nomi e dei colori: la ricerca interlinguistica porta

che se una lingua ha 2 nomi di colori, il prototipo sarà sempre indicato dai

parlanti indicando bianco e nero. (es di un tipo di lingua con 2 nomi di colore è

il Jalè, di nuova Guinea. Quindi bianco comprende vasta gamma di colori

chiari). In lingue con 3 nomi di colore, il III trova proprio prototipo nel rosso. (es

Tiv, Nigeria e Romanì, che ne ha acquisiti recentemente altri tramite prestiti).

In una lingua con 4 nomi di colore, i colori sono bianco, nero, rosso, giallo o

verde. Con 5 sia giallo che verde. Con 6 nomi si aggiunge il blu. Una lingua con

5 colori è Hanunòo, finlandia. Con 6 colori è Tamil, in India. Se ce ne sono di più

sono porpora, rosa, arancio, grigio.

Questo ci mostra che ci sia un ordine di acquisizioni all’interno delle lingue di

nomi e di colori. Non ci sono contro esempi alla scala implicazionale riportata.

Osservazioni e spiegazioni: con 11 colori, si hanno fino a 2000 sistema di

colore, ma ne sono attestati solo 22. Quindi la scala implicazionale dei colori è

UNIVERSALE PERCETTIVO. (perché l’occhio umano è fatto in un certo modo,

prima chiaro e ombra, poi rosso perché è più saliente all’occhio umano). Le

lingue variano, ma entro certi limiti universali, entro 22 sistemi di colori

differenti e quindi abbiamo 22 modi diversi di classificare cromaticamente il

mondo, ma non vuol dire che vediamo colori diversi: ma diamo significati

diversi ai nomi di colore. È l’appropriazione linguistica a cambiare nelle varie

lingue. In tutte quelle attività linguistiche, tra quelle anche l’elaborazione e

trasmissione della cultura, il nostro sistema linguistico, ci orienta a vedere un

certo tipo di cose, piuttosto che altre, che comunque i nostri sensi colgono.

L’italiano ha turchese, celeste, azzurro, blu, in tedesco tutto blau, al massimo

aggiungendo altre parole.

kuna: lingua parlata a Panama, hanno 35 nomi di verde, ma con confluire di

altre realtà, sono stati spesso dimenticati nella tradizione orale, ciò che serve

alla comunità favorisce lo strutturarsi di sistemi di colori, ma quando i sistemi

sono semplici, basati su 3,4,5,6, nomi di colore, le configurazioni possibili sono

quelli della scala implicazionale.

Biologia, cultura e lingua hanno un rapporto complesso. Gli individuo colgono

con gli occhi allo stesso modo, ma nella verbalizzazione li si classifica

diversamente a seconda dei sistemi linguistici che possiedo. La produttività, la

creatività del linguaggio umano nasce in seguito all’esigenza, che porta alla

creazione di altri nomi di colore, che comunque non violano la scala

implicazione. Individuo culturale, linguistico e biologico.

Altri esempi di diversità linguistica e diversa percezione della realtà, in base

alle relazioni linguistiche: quando S. Girolamo traduce Bibbia vulgata, trova

negli scritti in ebraico verbi senza tempi verbale, mentre lui traduce in una

lingua con molti tempi verbali, quindi si relazione al contesto. Ebraico biblico e

arabo classico non hanno tempi verbali, ma ha 2 aspetti del verbo: certe lingue

comunicano un’azione in sé, aspetto puntuale, o di esprimere la durata nel

tempo, aspetto durativo, l’inglese ha anche l’aspetto risultativo, il past perfect,

l’azione dev’essere conclusa e dare risultati nel presente. L’aspetto è diverso

dal contenuto temporale, anche il latino ha l’aspetto, ma è una lingua

fortemente temporale. Quindi un parlante ingenuo vede prima l’opposizione

tra finito/non finito, che tra passato/presente.

Questi tipi di diversità linguistica portano un più facile o difficile accesso a

determinati fatti del mondo.

Due uomini che parlano Swahili (Kenya e Tanzania) si salutano per 7 minuti,

senza dire niente di rilevante, il contenuto è irrilevante alla conversazione,

sono 7 minuti di sola funzione FATICA, è un rituale fonico semanticamente

vuoto, o con cui la si chiude, o con cui si verifica l’apertura del canale

comunicativo. (Con risposte più o meno finte)

Per stesse funzioni illocutive, cambia molto da cultura e cultura: etnolinguistica

della comunicazione, o pragmatica interculturale. (etnolinguistica molto

studiata a Napoli presso centro orientale, Roma e Venezia).

Shuar: popolazione amerindiana dell’Equadòr, abitano nella porzione

amazzonica, attuale decadenza della cultura tradizionale, cacciatori,

raccoglitori, ‘cacciatori di teste’, spesso viaggiatori, ospitalità tra le comunità

per lunghi viaggi. Ospitalità ha una dimensione fatica e di cerimoniale anche

presso le nostre culture, sempre introduzione senza dir molto per mettere a

proprio agio. Presso gli shuar, c’è una cultura residuale: l’ospite arriva dopo le

3, così è presente anche l’uomo dopo il lavoro, c’è rituale verbale fatico per

fargli capire che è ospite, che è dialogo serrato, molto lungo anche 20 minuti,

tra chi dà l’ospitalità e chi lo riceve, senza dire niente di concreto, dicono

parole nella propria lingua, ma non in unità sintattiche comprensibili, devono

riempire una struttura ritmica in parte cantata. La semantica delle parole non

importa, è come poesia orale e ritmata. Ma senza saper fare questo rituale,

nella cultura tradizionale, non si dà ne riceve ospitalità. Nonostante il poco

significato, è importante iniziare e finire al punto giusto, con il ritmo giusto.

Ipotesi di Sapir-Whorf

“I sistemi grammaticali delle lingue proietta gli utenti di quella lingua in mondi

diversi”

Questa ipotesi non è altro che una estrapolazione di altri dagli studi di Sapir e

Whorf.

Si ipotizza quindi che la lingua faccia da mediatore cognitivo dell'esperienza del

mondo.

Sistema linguistico → causa

Sistema cognitivo → effetto

Ma questa ipotesi distorce il legame causa-effetto fra lingua e cultura, perché

esistono molti popoli che parlano lingue diversissime, ma hanno culture

abbastanza simili (come Cina e Giappone) oppure popoli che hanno lingue

simili ma culture molto diverse (come un indiano anglofono e un neozelandese,

che parlano una lingua molto simile dal punto di vista grammaticale, ma in

contesti in cui bisogna lavorare insieme la percentuale di fallimento in atti

comunicativi è elevatissima, data la diversità culturale).

È vero però che la lingua che imparo mi aiuta a sottolineare certi aspetti e ne

preclude degli altri.

es. per un italiano è semplice capire che cosa sia un morfema legato, ma

per un cinese è molto difficile, perché il cinese non ha morfemi legati.

La ling

Dettagli
Publisher
A.A. 2010-2011
11 pagine
SSD Scienze antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche L-FIL-LET/12 Linguistica italiana

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher valsfm di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Linguistica generale e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Milano o del prof Scala Andrea.