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LIBRO DI FOSCOLO
Foscolo attraversa la stagione giacobina, la stagione delle grandi speranze,
combattendo in prima persona per la libertà nel triennio 1796-99. Con la fine della
Rivoluzione Napoletana, che dura dal gennaio al giugno del 1799, Foscolo sente di
dover intervenire riguardo questa sconfitta e di dover indagare sulle ragioni che hanno
portato al fallimento della Rivoluzione e lo fa con i Commentari della storia di Napoli e
L’Account, frammenti di opere che non furono completate. Foscolo non è mai sceso più
a sud di Roma, per cui non è mai stato a Napoli, ma si occupa della Rivoluzione
napoletana, la quale finì nel sangue, nel senso che le armate controrivoluzionarie di
Ruffo si abbandonarono ad ogni sorta di soprusi e massacri, poiché il fallimento di
quest’ultima è per Foscolo emblematica del fallimento di altre rivoluzioni, ivi compresa
della caduta di Venezia e del tradimento di Napoleone, da cui nasce il romanzo Ultime
lettere di Jacopo Ortis, con il quale esprime una delusione storica, che interessa tutti
gli intellettuali che avevano creduto in quella rivoluzione. Foscolo, non conoscendo la
realtà napoletana, si documenta sul Saggio storico sulla Rivoluzione Napoletana di
Cuoco e su coloro che avevano scritto e narrato sul fallimento di questa rivoluzione
come nel Rapporto del Lomonaco e nella Memoria di Ricciardi. L’interesse di Foscolo
per la rivoluzione di Napoli è un interesse ripetuto, tant’è vero che vi torna due volte:
la prima volta a caldo con i Commentari, che scrive subito dopo il giugno del 1799.
Questi Commentari sono stati lasciati inediti per molti anni e sono stati pubblicati solo
nel secolo successivo e poi ristampati varie volte. Dopo venti anni di distanza, quando
Foscolo è in esilio in Inghilterra, scrive l’Account, pubblicato nel 1821. Si tratta di due
brevi saggi che affrontano lo stesso tema, cioè il fallimento della rivoluzione, ma che
sono profondamente diversi per intenti, per stile e anche per modalità descrittiva.
I Commentari di Foscolo si riferiscono alla rivoluzione napoletana del 1799. La prima
differenza è che i Commentari si ispirano, anche nello stile, a Tacito, uno storico la cui
narrazione era secca, incisiva e sintetica, per cui Foscolo, nel momento in cui adotta lo
stile di Tacito, è come se si facesse storico della rivoluzione, riproducendone lo
sviluppo ed esprimendo anche una denuncia morale. Infatti, nei Commentari vi sono
solo una serie di appunti telegrafici in cui si registra il clima che si registrava a Napoli
a partire dall’ingresso dei Francesi fino alla Costituzione della Repubblica, la cui fine si
registra a giugno. Questo primo scritto di interrompe alla vigilia della caduta della
Repubblica. L’Account, invece, viene scritto nel 1821, nei primi anni dell’esilio inglese,
e certamente da una prospettiva completamente diversa, in quanto Foscolo ebbe la
possibilità di riflettere a lungo sulle cause della sconfitta e di attuare una valutazione
più obbiettiva e aggiornata di un dato storico preciso: la grave ingerenza inglese e
francese nella politica degli Stati che ebbero gravi ripercussioni sugli equilibri
internazionali. Inoltre, nella stesura dell’Account Foscolo si servì anche di frammenti di
altri scritti.
La vicenda dei Commentari è stata ricostruita negli anni 70 del Novecento da un
critico e letterato di nome Gambarin, il quale sostenne che Foscolo aveva sicuramente
concepito due libri nei Commentari, dei quali però rimase solo un frammento del
secondo libro. Inoltre, il titolo Commentari è un titolo assente nel manoscritto:
l’ordinatore dei manoscritti della Nazionale di Firenze che trovò questo manoscritto
scelse questo titolo, prima di tutto per rispondere ad un’indicazione di Foscolo, il quale
si era richiamato spesso nel corso della sua trattazione, alla sua opera Commentari
cisalpini e, in secondo luogo, perché Foscolo aveva da tempo il sogno di farsi storico e
giudice degli avvenimenti che in parte egli stesso aveva vissuto. Foscolo, deluso dalla
politica di Napoleone Bonaparte auspicava che arrivasse un Tacito che avrebbe
affidato ai posteri la possibilità di commentare questo tiranno. La prima immagine che
da Foscolo in questi Commentari riguarda ciò che succede a Napoli con l’arrivo dei
Francesi, i quali portano la calma in città. In quell’occasione vi fu un’eruzione non
disastrosa del Vesuvio, la quale fu vista dai patrioti quasi come un segno del favore
divino nei confronti di quel nuovo che sta arrivando con l’ingresso dei francesi. Foscolo
racconta quei momenti che preparano alla catastrofe. I Francesi erano ostacolati da
coloro che non appoggiavano la rivoluzione, cioè i lazzaroni, i quali amavano il re
perché lo sentivano napoletano. Foscolo narra delle violenze perpetrate dal re, la
violazione delle leggi, la spoliazione delle case e degli altari, l’incendio di navi e
magazzini, cioè tutto ciò che accade prima che il re decide di scappare e di lasciare
libera la città. Dunque, Foscolo sintetizza in poche battute lo stato di disagio e di
miseria che colpiva il popolo. Successivamente ricostruisce la carriera del cardinale
Ruffo, ossia il protagonista di questa catastrofe e che raccolse un esercito fatti di
masnarieiri per combattere contro i Francesi. Il cardinale Ruffo, eletto tesoriere
apostolico, innamorato di una donna imperiosa, allontanato dal papa che lo nomina
cardinale. Il cardinale Ruffo a Napoli corteggia la regina e riceve l’ordine di San
Gennaro; si ritira in Sicilia con il re, acquista l’amicizia di Nelson e viene mandato in
Calabria. Comincia poi la sua lotta personale per assicurare al Re il Regno di Napoli,
finché egli ottiene la compensa da parte del Re che lo nomina vicario del regno.
Foscolo si ferma a lungo sulle iniziative intraprese da Ruffo per agevolare
l’arruolamento del suo esercito di volontari fatto di sbandati, di galeotti e carcerati.
Championnet, “amico” dei Napoletani, dopo essere stato deposto, fu sostituito dal
prepotente Macdonald, il quale volgarizza il Vangelo adattandolo alla democrazia.
Furono aboliti i diritti feudali e sorsero dissidi interni tra i democratici al potere. Intanto
la flotta inglese fa la sua apparizione tra Procida e Capo Miseno e ci si prepara per la
battaglia di terra. Tra le righe di questi Commentari vi è però una sorta di riflessione, in
quanto cerca di individuare le cause del fallimento anche se poi vengono completate a
distanza di venti anni quando scriverà l’Account in Inghilterra. Egli individua la causa
del fallimento, più che negli errori dei patrioti meridionali che non hanno trovato un
collegamento con le masse (Nel saggio storico di Cuoco, egli cerca di individuare le
cause del fallimento e dice che si trattava di una rivoluzione passiva perché posta
dall’alto e non effettivamente sentita), dalla politica italiana del direttorio francese e
dei suoi commissari, dunque da una politica di sopruso e sopraffazione.
Ma l’indagine diventa molto più completa ed obbiettiva nel secondo scritto, perché
l’Account presenta, nell’articolarsi del discorso, toni e interessi completamente diversi
rispetto ai Commentari. Innanzitutto, è stato scritto durante i moti del 20-21 in Italia:
di fronte al fallimento di altre rivoluzioni si riapre una piaga nel 21 e Foscolo sente la
necessità di dire la sua sul fallimento della Rivoluzione del 99. L’Account, scritto in
inglese, con uno stile piano e ragionativo si apre con una descrizione del Regno di
Napoli dopo il matrimonio di Ferdinando con Maria Carolina, una regina che disprezza i
sudditi, i quali a loro volta mai l’amarono, e con la rappresentazione del disastro
economico in cui versavano Napoli e il Regno Borbonico, dove la crisi economica era
aggravata dalla speculazione degli inglesi, i quali tenevano sotto scacco Napoli.
Foscolo vuole dimostrare che il fallimento della Rivoluzione napoletana dipende dalla
politica di dominio degli stati più forti rispetto agli stati più deboli, un tema che ritorna
dei nei Profughi di Parga, un altro intervento di Foscolo in cui egli cerca di capire le
cause ed il fallimento di questa rivoluzione. In tal senso, Napoli era stata travolta da
una politica di dominio da parte dell’Inghilterra. È interessante ricordare la pagina
narrativa drammatizzata dalla partenza del re da Napoli e dell’uccisione, ad opera dei
lazzari, di Alessandro Ferri, corriere di gabinetto del re. A proposito della valutazione
dello stato più forte sul più debole, Foscolo fa una digressione sullo stati di Malta,
oppressa prima dalla Sicilia, poi dal possesso dei cavalieri di Malta, poi a Napoleone e
infine all’Inghilterra nel 1814. Foscolo ricorda l’ingresso dei Francesi trentatré giorni
dopo la fuga del re: una Napoli vuota di potere, attraversata da conflitti e tumulti,
mentre i Francesi avanzavano sicuri della vittoria. Foscolo fa un suggestivo ritratto di
Cuoco, affermando che egli sia dotato di un coraggio per niente pari all’intelligenza
finché, prevedendo le sciagure d’Italia, impazzì. Poi il racconto si fa più serrato sullo
scontro tra uguaglianza e ineguaglianza, il Ruffo, l’anti-rivoluzione, il patto per
mandare in salvo i patrioti dopo la resa di Ruffo, il quale fu tradito dai sovrani borbonici
e da Nelson. Dei lazzaroni, Foscolo afferma che questi non sapessero cosa fossero i
diritti e che erano felici di vivere sotto un governo che anziché punire i delitti punisce
le virtù dei sudditi eminenti. Il racconto si chiude con il triste episodio dell’ammiraglio
Caracciolo, il quale tentò di scacciare gli inglesi dall’isola di Procida e per questo fu
condannato alla confisca e al bando, ma Nelson lo condannò prima al carcere a vita e
poi alla pena di morte. Alla sua esecuzione era presente lady Hamilton, una donna
senza scrupoli che era stata venduta all’ambasciatore di Napoli William Hamilton, la
quale tornò di sera sulla nave quando vide l’ammiraglio essere gettato in mare; tredici
giorni dopo il re, passeggiando sul ponte con Nelson, lanciò un grido alla vista del
cadavere emerso. Il racconto di questo episodio si conclude con un commento che
Foscolo fa di Nelson, ritenuto quasi una vittima di un sistema generalizzato di
oppressione e abusi. Foscolo descrive lo sterminio di intere famiglie che si ebbe con la
fine della repubblica: il tema della forza cieca e del martirio di uomini comuni è
ricorrente nelle opere di Foscolo ed è presente anche nelle Grazie in cui sotto il velo
delle “favole” conferma la sua tensione verso la ricerca di valori inseriti in un armonia
nuova, non più storica. Foscolo, ripercorrendo un episodio così lontano, riuscì a
prefigurare anche nuovi ori