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LATINA.
Appare nel secondo volume del Parnasso democratico, stampato a Bologna probabilmente nel
secondo semestre del 1800, in due volumi, che si proponevano di fornire al pubblico una raccolta di
componimenti ispirati a temi patriottici e civili, anziché d'occasione. È probabile che il sonetto fosse
già uscito nel 1798 (anno VI), dunque immediatamente dopo il decreto di abolizione della lingua
latina cui s'ispira. In verità le decisioni, assunte dal Gran Consiglio Cisalpino nella riunione del 19
Termidoro dell'anno VI (6 agosto 1788), non erano così drastiche, riguardo l'abolizione del latino,
quanto il sonetto potrebbe far credere. Prevalse una mozione intermedia tra le estreme: il latino si
sarebbe insegnato nei comuni con più di cinquemila abitanti. Sulla traccia del sonetto alfieriano
contro la soppressione dell'Accademia della Crusca (Rime, CLXIII), e come più tardi nei Sepolcri,
l'attacco alle istituzioni culturali viene addebitato a una strategia politica intesa a demolire una
pericolosa crescita e un consolidamento della coscienza nazionale. Il componimento si regge su un
prolungato effort argomentativo, sostenuto con dovizia di artifici retorici, studiate collocazioni delle
parole e volute simmetrie (vedi in particolare i due vocativi ai vv. 1 e 9, a scandire i blocchi
quartine-terzine e i due imperativi ai vv. 9-12, che marcano l'attacco delle terzine): vi domina un
gusto declamatorio, una vis polemica (i due imperativi appena ricordati toccano le punte del
sarcasmo) che ci rinvia senz'altro alle due odi politiche (Ai novelli repubblicani e Bonaparte
liberatore). Il sonetto si distacca insomma nettamente dalla dominante temperie lirica delle Poesie:
e tuttavia testimonia eloquentemente di un impegno politico e di una poesia d'intenzione civile che
sono espressioni capitali della «stagion prima» del Foscolo (vedi il son. XI). L'isolamento del
sonetto è in parte ovviato dalla prossimità al secondo, che provvede a collocarlo in giusta
prospettiva sullo sfondo dei tempi dominati da «empia licenza e Marte».
Metro: sonetto (ABAB, ABAB, CDC, DCD).
Questo sonetto era in terza posizione anche nell’edizione pisana. È un sonetto tutto diverso ed è un
unicum all’interno del piccolo canzoniere. Non è di argomento privato, ma pubblico. È l’unico
sonetto, in un certo senso, politico. Cosa era successo? Gli occupanti francesi avevano deciso di
restringere l’insegnamento del latino nelle scuole, una misura molto blanda. Era una politica di
progressiva democratizzazione dell’insegnamento pubblico. I patrioti italiani (tra cui Foscolo), però,
prendono questa legge come un tentativo di distruggere l’identità nazionale, un attentato contro la
grande tradizione letteraria che Foscolo omaggiava continuamente nella sua poesia.
Qui abbiamo un dato esterno: la legge è del 1798. Nel 1798 Foscolo, oltre all’Ortis, aveva
pubblicato una serie di sette sonetti mai ritrovati. Uno di questi, a detta di Carrer, era questo. Quindi
non è improbabile che questa poesia sia la più vecchia di quelle raccolte nel canzoniere. Poi fu
ristampata all’inizio dell’800 in un’antologia di poesie civili e politiche. Redatta con ogni
probabilità a ridosso della legge, ripresa due anni dopo e antologizzata già nella stampa pisana del
1800. Una delle lettere più famose di Jacopo Ortis è quella del 4 dicembre in cui Foscolo fa
dialogare il protagonista con Giuseppe Parini. Jacopo denuncia la situazione di Milano: era andato
in una libreria e non aveva trovato i grandi classici italiani, ma le ultime novità francesi. Un
tentativo che intuisce la volontà di fare della Repubblica Cisalpina un’appendice del dominio
francese. Bisognava combattere in ogni modo quello tentativo di sopraffazione.
Rispetto al Foscolo maturo c’è una differenza: la suddivisione netta delle quartine. C’è solo un
collegamento tra le due terzine. Chi è il destinatario del sonetto? L’Italia, prima con il pronome
personale “te” e poi con il nome proprio all’inizio delle terzine.
Può essere sorprendente che fosse data tanta importanza alla lingua. Alfieri passò l’ultima parte
della sua vita in Toscana per essere vicino alla lingua. Studiò il latino e tentò di imparare il greco
nell’ultima parte della sua vita per ragioni culturali e politiche, man mano che si allontanava dagli
ideali francesi (una delle sue opere è infatti il Misogallo). La salvaguardia della lingua italiana era
uno strumento di identità nazionale. Nel Settecento il francese era diventato una lingua antagonista
di quella italiana, o comunque complementare. Molti capolavori della letteratura italiana del
Settecento sono scritti in francese (Histoire de ma vie di Giacomo Casanova e Memoires di Carlo
Goldoni). Gli illuministi sentivano il francese come una lingua complementare, che potesse aiutare
a rinnovare quella italiana attraverso la grande cultura della lingua illuminista. Ci furono altri, però,
soprattutto dopo che l’Italia fu invasa da Napoleone, che sentirono il francese come un’inversione, e
rivendicarono attraverso la lingua la tradizione. Ci fu persino un movimento, il purismo, che
perseguiva la purità della lingua italiana. Era il sentimento di un’Italia che veniva invasa e
sopraffatta e la cui coscienza nazionale veniva attentata. Non dobbiamo sorprenderci, quindi, che
Foscolo non ripubblichi l’Ode a Bonaparte liberatore, ma ripubblichi questa difesa della lingua
latina. È la cosiddetta questione della lingua. Questo è il retroscena di questo sonetto, al quale non si
capisce perché Foscolo dia tanta importanza. È un sonetto di propaganda culturale che presenta tutti
gli strumenti retorici di azione propagandista. Foscolo sapeva essere un grande oratore.
Te nudrice alle Muse, ospite e Dea
le barbariche genti che ti han doma
nomavan tutte; e questo a noi pur fea
lieve la varia, antiqua, infame soma.
Ché se i tuoi vizi, e gli anni, e sorte rea
ti han morto il senno ed il valor di Roma,
in te viveva il gran dir che avvolgea
regali allori alla servil tua chioma.
Or ardi, Italia, al tuo Genio ancor queste
reliquie estreme di cotanto impero;
anzi il Toscano tuo parlar celeste
ognor più stempra nel sermon straniero,
onde, più che di tua divisa veste,
sia il vincitor di tua barbarie altero.
Barbariche genti: chi sono? Prima i barbari che fanno cadere l’Impero Romano, poi gli stati
stranieri che invasero e divisero l’Italia. C’è una contrapposizione tra le barbariche genti e l’Italia.
Foscolo sapeva benissimo che francesi, inglesi e austriaci non erano barbariche genti.
Ti han doma = Ti hanno sottomessa.
Nomavan = dicevano/parlavano/ti chiamavano con grande riverenza.
Te […] tutte: i popoli barbari, che ti hanno conquistata con la forza, erano quasi obbligati a
riconoscerti l'onore di essere «nudrice alle muse, ospite e Dea»: «perché l'Italia, prima, accolse
(ospite) l'arte greca; poi, coltivandola e imitandola (nudrice), la condusse all'eccellenza e divenne
così signora, regina dell'arte (Dea delle Muse). Per Muse, parmi, qui sieno metaforicamente indicate
le arti belle in genere».
Triplice denominazione = Ospite perché accolse la cultura greca. Forse c’è un riferimento al 1453,
quando ci fu la caduta di Costantinopoli e la conquista ottomana: i dotti di Bisanzio trasmigrano in
Italia, soprattutto a Firenze, costituendo la prima base filologica dell’umanesimo. e Nutrice perché
trasfuse le proprie caratteristiche e le proprie peculiarità nella cultura che aveva accolto. Dea perché
conseguì il primato non solo della letteratura, ma delle arti.
Pur = utilizzato nel suo significato antico di “solamente”.
Varia = la sottomissione avvenne a causa di genti diverse e di stati diversi.
Antiqua = perché si prolunga da secoli.
Infame = perché vergognosa
e […] soma: e questo solo ci rendeva sopportabile il peso (soma) della dominazione di popoli
diversi (varia), protratta a lungo nel tempo (antiqua), di spaventevole ignominia (infame).
Parafrasi: Tutte le barbariche genti che ti hanno sottomessa ti chiamavano con grande riverenza
Nutrice, Ospite e Dea alle Muse. E solamente questo rendeva lieve il peso della dominazione
straniera.
Vizi = quali sono stati i vizi dell’Italia? Quello di non essersi unita in uno stato unitario e quello di
non aver difeso i confini nazionali.
Gli anni = il prolungarsi di questa sottomissione.
Ti han morto = ti hanno ucciso, verbo usato in modo transitivo
Senno + saggezza = accoppiata petrarchesca
Il rapporto di Foscolo con Roma, non con la città che non visitò mai, ma con quella antica, è molto
complesso. Jacopo Ortis e Foscolo stesso dissero che Roma era un “popolo di ladroni, di
conquistatori, la cui forza militare sottomise con la violenza altri popoli e li accettò solo in quanto
sottomessi. Al tempo stesso c’è ammirazione per la Roma repubblicana, non per quella imperiale, e
adesione alla poesia e alla prosa della libertà, disprezzo per i poeti cortigiani (Orazio).
Gran dir = La perdita di valore e di saggezza era riscattata dalla grande lingua, la grande tradizione
linguistica che si prolunga dal latino nell’italiano.
La chioma dell’Italia è una chioma servile, di servo, poiché sottomessa allo straniero. Ma la grande
tradizione linguistica avvolgeva una corona d’alloro attorno a quella servile. Serva e regina al
tempo stesso. Serva politicamente e regina linguisticamente. La lingua è il solo elemento puro che
conferisce dignità all’Italia.
Ché [...] chioma: poiché se le tue colpe, e il lungo lasso di tempo trascorso nell'avvilimento, e il
destino avverso hanno ucciso in te la saggezza e il valore di Roma, grazie a te ancora sopravviveva
il prestigio della lingua latina, quasi una corona regale posta sulla tua umile chioma di schiava.
Parafrasi: Perché se i tuoi vizi e gli anni lunghi e la sorte avversa hanno ucciso in te la saggezza e il
valore militare che era stato di Roma, in te vive.
il Toscano tuo parlar celeste: il toscano della grande tradizione letteraria.
Or [...] impero: apostrofe sarcastica: orsù dunque, Italia, sacrifica al tuo Genio anche questi ultimi
avanzi del tuo così grande impero; «L'ardere le reliquie ricorda il modo pagano di ardere le cose
sacre in onore degli dèi» (Ferrari); Genio nel senso di «nume tutelare», ma «forse il F. ha voluto
satiricamente accennare al genio demagogico gallicizzante ("genio" era gallicismo allora abusato)».
onde: per cui
anzi [...] altero: anzi mischia sempre più la tua ce