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L’art. 14 della Carta stabiliva che in situazioni di emergenza e di pericolo il sovrano potesse
sospendere l’istituzione delle leggi, un articolo controverso perché lasciava intendere anche la
possibilità che il sovrano potesse revocare la stessa costituzione da lui concessa.
In Francia non ci fu una sola restaurazione, ma ben due: l’esilio di Napoleone all’Elba fu breve e vide
l’imperatore tornare in Francia e riprendere il potere. Il piano riesce ma altrettanto chiara è nella mente
dell’imperatore l’impossibilità di cancellare il congresso di Vienna; di cancellare la disfatta militare subita;
Napoleone ha l’esigenza di rifondare su nuove basi il proprio potere personale: necessità assoluta era
quella di ricreare intorno alla propria immagine dei nuovi presupposti e un nuovo “patto sociale” con i
francesi.
L’applicazione della costituzione concessa viene sospesa nel periodo dei 100 giorni, ma quanto tornerà sul
trono Luigi XVIII verrà riproposta e applicata nella sua interezza.
Napoleone decide di chiamare come collaboratore uno dei suoi più acerrimi nemici, che lo aveva
paragonato ad Attila e Gengis Khan, ovvero Benjamin Constant a cui affiderà il compito di redigere una
nuova costituzione. La costituzione che vuole far redigere ad un liberale sarebbe stata nettamente diversa
le 3 costituzioni precedente: non avrebbe chiamato il teorico del costituzionalismo-liberale. Infatti il risultato
della collaborazione sarà completamente diverso dalle precedenti napoleoniche ma sarà affine alla Carta
Concessa del 1814: rispetto a quest’ultima la Costituzione elaborata da Constant concedeva alla Camera
dei deputati poteri più ampi da quelli previsti dalla Charte Octroyée, a cominciare dal potere di iniziativa
legislativa che è condiviso insieme all’imperatore; è la camera dei deputati a decidere dello Stato di
Assedio; la camera dei deputati è autonoma nella scelta del proprio presidente. Per il resto la costituzione
di Costant è del tutto simile alla Charte, una monarchia costituzionale modellata sul modello inglese e
fondata soprattutto su un sistema di freni e contrappesi che erano indispensabili per garantire la stabilità
del sistema politico e per prevenire gli abusi dell’esecutivo. Il liberalismo di Costant è fortemente incentrato
su questo principio: oltre la classica divisione dei poteri ipotizzata da Montesquie, i poteri debbono
controllarsi reciprocamente. Questa ferma convinzione costituirà uno dei motivi di scontro con Napoleone
durante la redazione della Costituzione scritta: i motivi di contrasti tra i due riguardano vari aspetti, ma uno
in particolare riguarda l’idea così cara a Constant sull’esigenza che i poteri si controllino reciprocamente:
Per Costant era indispensabile il principio della paria ereditaria, lo status di pari, per garantire
l’indipendenza politica dei pari rispetto all’imperatore e alla camera bassa, riproducendo il modello inglese
sotto vari aspetti. L’insieme dell’architettura inglese che a suo avviso era vincente. Constant era un
sostenitore del suffragio censitario, coerente con l’ideologia liberale del primo ‘800: l’esperienza giacobina
aveva lasciato una traccia indelebile e inoltre c’era l’idea pienamente operante in Inghilterra e negli USA
che soltanto chi aveva degli interessi in gioco da tutelare avesse le capacità politiche per poter esprimere
con competenza gli eletti che avevano la funzione di scrivere le leggi.
Napoleone era contrario alla paria ereditaria, in primo luogo per la bassa opinione di Napoleone nei
confronti dell’aristocrazia francese, arrivando a comparare il ruolo storico della nobiltà inglese rispetto a
quella francese (la prima difese i principi di libertà risalendo alla Magna Charta; i nobili francesi soprattutto
nei periodi recenti si erano macchiati di colpe, come il tradimento con l’emigrazione all’estero a seguito
della rivoluzione); inoltre introdurre la paria ereditaria avrebbe sconfessato i principi politici in cui egli aveva
creduto. Egli temeva di alienarsi i ceti popolari, a cominciare dall’esercito riguardo i soldati che negli anni
precedenti furono la vera roccaforte del suo consenso. I più accesi bonapartisti avrebbero potuto non
riconoscersi più in un regime che rintroduceva i privilegi nobiliari cancellati dalla rivoluzione.
Su alcuni punti di contrasto ebbe la meglio Napoleone e su altri Constant: sulla paria il filosofo riuscì a
imporre la sua volontà. Napoleone riuscì a imporre il suo punto di vista riguardo il diritto di confisca delle
proprietà dei nobili emigrati all’estero. Il nome ufficia da dare alla Costituzione è un altro motivo di scontro e
lite tra i due: Napoleone la volle chiamare “Atto Addizionale alle Costituzioni dell’impero”, che sembrerebbe
sminuire l’innovatività del testo, che serve a dimostrare la continuità del suo regime, ma in realtà fu un testo
che non ebbe punti di contatto con l’esperienza napoleonica precedente. L’imperatore avrebbe voluto,
inoltre, riutilizzare la formula della concessione dall’alto, in quanto temeva le reazioni: Constant volle che il
testo fosse suggellato dall’approvazione popolare tramite plebiscito. Il plebiscito si realizzò e il risultato fu
sorprendente e non positivo per Napoleone: i Si prevalsero sui voti contrari, ma la sconfitta fu
rappresentata dall’altissimo astensionismo. L’astensionismo si spiegò con la delusione dei bonapartisti di
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ferro riguardo il connubio dell’imperatore con Constant e dei liberali e democratici che non riconoscevano
più la legittimità del potere di Napoleone.
Dopo il definitivo allontanamento di Napoleone nell’isola di Sant’Elena vide l’applicazione della Charte
octroyée e si aprì la campagna elettorale per l’elezione della camera dei deputati: i risultati elettorali furono
sorprendenti, perché la stragrande maggioranza dei deputati eletti è rappresentata da ULTRA’, ultrarealisti,
personalità non solo anarchiche ma nostalgiche dell’ancien regime, anche rispetto a Luigi XVIII che si
riteneva a suo agio nell’essere un sovrano costituzionale. Il sovrano commenterà il risultato elettorale
affermando che “è una camera che sembrava introvabile”, nessun sovrano avrebbe sognato di trovare una
maggioranza così filo realista (Chambre Introuvable).
Il voto non fu rappresentativo di milioni di francesi, ma solo di una parte di essi, e allora perché i francesi
più politicamente moderati si astennero dalla partecipazione al voto? Le ragioni sono svariate:
• Violenta campagna da parte degli Ultra attraverso varie organizzazioni politiche come quella
ultrareazionaria dei cavalieri della fede, il cosiddetto terrore bianco nel mezzogiorno francese ebbe
influenza nel condizionare gli elettori moderati verso l’astensione;
• La presenza degli eserciti stranieri, che avrebbero per ulteriore tempo occupato ampie porzioni di
territorio francese: tale presenza rappresentò un monito che scoraggiò gli elettori liberali e
costituzionali dall’esprime liberamente il proprio pensiero.
Gli Ultra erano, in teoria, contrari al costituzionalismo e al parlamentarismo, ma paradossalmente vista la
loro maggioranza schiacciante alla camera bassa, gli ultra divennero gli strenui difensori del
parlamentarismo sia nelle leggi discusse sia nei confronti del governo, ove erano presenti non solo ex
bonapartisti come Fouché ma anche esponenti vicini al sovrano, cioè esponenti del partito costituzionale
contro il quale si esercitò la lotta politica degli Ultra nella Chambre Introuvable.
Alla morte del sovrano Luigi XVIII nel 1824 a succedergli sarà il fratello minore Carlo, personaggio diverso
dal fratello in quanto era il punto di riferimento degli Ultrà. Durante il suo regno Carlo X non tarderà a
palesare la sua ostilità nei confronti della limitazione del potere monarchico che la Charte aveva introdotto
e previsto; utilizzerà in modo estensivo gli ampi poteri che comunque la Charte demandava al sovrano: il
potere di veto assoluto e il potere di scioglimento della Camera bassa; anche il potere di nomina di nuovi
pari fu utilizzato per nominare personalità a lui vicine e affini, esponenti degli Ultrà neorealisti che
avrebbero potuto far pesare la loro presenza controbilanciando la Camera bassa, espressione del
consenso di una parte rilevante della popolazione francese. Dopo i primi anni di regno lo scontro politico
assunse dimensioni gravi e ciò culminò nel 1830 quando il sovrano dispose con 4 ordinanze (liberticide)
alcune misure restrittive anzitutto della libertà di stampa, che culminarono con lo scioglimento della Camera
bassa. Ciò fece traboccare il vaso: il malcontento sfocerà in una rivoluzione che prese corpo a Parigi, le
cosiddette 3 giornate gloriose (27-29 luglio 1830) e si concluderanno con la destituzione del sovrano, la
fine della dinastia borbonica. La corona passerà al cugino Luigi Filippo d’Orleans, inizia così la monarchia
di luglio (o borghese), sia per le modalità dell’ascesa al trono, sia per la valenza politica in particolare
riferimento ai primi anni del regno: la sua ascesa si accompagna ad alcuni gesti formali ma di grandi
rilevanza, come il ripristino del tricolore rivoluzionario come bandiera. Una nuova ennesima costituzione
scritta, non concessa ma redatta e votata da un’assemblea e sottoposta al sovrano: in realtà più che una
nuova costituzione quella del 1830 è una Charte riveduta e corretta. Contenne delle norme finalizzate
all’ampliamento del corpo elettorale e per l’elettorato passivo; tra le novità troviamo l’abolizione della paria
ereditaria e delle nomine dei pari fatte da Carlo X. Sotto Luigi Filippo avviene l’evoluzione in un sistema
parlamentare realmente compiuto: il voto contrario delle camere determinerà la caduta dei governi. Venne
introdotta l’interpellanza parlamentare; la formazione di primi partiti politici strutturati; la costituzione di un
vero e proprio consiglio dei ministri: il governo diviene responsabile nei confronti delle Camere. Questo
parlamentarismo è passato alla storia come orleanista, per sottolineare il ruolo del monarca comunque
rilevante, in quanto Luigi Filippo userà poteri di controllo quanto delle camere quanto nei confronti del
governo. Sia dalla Charte che dalla Costituzione del 1830 possiamo ritrovare un modello della monarchia
costituzionale, differente dal modello della Costituzione di Cadice del 1812, nata sotto l’occupazione
napoleonica della Spagna.
La costituzione di Cadice
Vista come modello alternativo alla Charte octreyèe, trae ispirazione dalla costituzione francese del 1791