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Naturalmente c’è l’ambizione di costruire un sistema, ben simboleggiata dalla tavola soprastante: è
un’incisione in legno che non forma il frontespizio, dato che il libro a stampa a partire dalla metà
del XV sec., che in genere riproduce il modo in cui si confeziona il libro degli studenti, ha in genere
delle belle illustrazioni (chi poteva permetterselo aveva dei libri miniati, ossia dipinti con
preziosissime illustrazioni). I libri a stampa cercano di riprodurre un po’ il manoscritto, il quale
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perché fosse possibile reperire le informazioni era scritto in due colori: rosso, per i titoli, per le
glosse singolarmente appuntate alle parole, le leges, e nero per il testo. I testi, dunque, si dicevano
“rubricati” da rosso e nero (ruber e nigrum). !
Questa tavola è simbolica perché mostra la creazione del sistema. A sinistra troviamo la figura più
importante, in abiti ecclesiastici, che sta nel suo scrittoio: ha sulle sue ginocchia un libro aperto e lo
sta scrivendo. E’ naturalmente Graziano che scrive il Decretum. Simbolico. Si attribuisce ad una
sola persona, una sorta di eroe iniziatore, la redazione di un grande monumento normativo e
dottrinale. Graziano ha in mano il “calamus”, ovverosia la penna allora in senso proprio. C’è un
leggio posto di fronte a Graziano, ma questi guarda da un’altra parte e da questa c’è uno stuolo di
personaggi. Tutti hanno un libro aperto. Sono i padri della chiesa e verso questi Graziano guarda e
verso i libri che i padri gli rivolgono: Graziano non scrive nulla di proprio, ma scrive quanto
affermato dai Padri. L’immagine parla del fatto che Graziano non fa altro che escerpire da altri.
Non sono cose passate o cose morte, ma lo circondano, gli stanno accanto, così come quella folla
che sta laggiù alle spalle dei primi padri, simboleggiante la trad. ecclesiastica. E’ una vignetta
ancora molto gotica, ma dà una descrizione anche della biblioteca del giurista con i vari tomi e gli
scrittoi. !
Osserviamo ciò che si vede intorno a questa immagine simbolica: a sinistra tutta la serie dei
profeti, ergo l’autorità Biblica; a destra, invece, gli Evangelisti, ovverosia il nuovo Testamento. Ecco
le fonti del Decretum. Graziano non sta scrivendo per suo conto, ma sta scrivendo pressoché sotto
dettatura. Un po’ come l’Evangelista Matteo nella pittura del Caravaggio in cui egli scrive il suo
Vangelo, ma a dettarglielo in questo modo, mostrandogli i punti, è un angelo che lo sovrasta: lo
scriba non è altro che un interprete di una trad. precedente, ma il giurista è altresì l’interprete di
una realtà ideale del diritto che è già nella trad.. Il Decretum è un ius novum, ma che contiene in sé
la trad. normativa della chiesa facendola diventare sistema. Tutto quanto contorna Graziano si
sintetizza nel tomo che Graziano
ha sulle ginocchia.!
!
Quella qui affinando è la prima
pagina del Decretum che abbiamo
visto in precedenza: il testo del
decretum è quello al centro, tutto
quanto lo circonda è composto da
Glosse. Queste formano un
apparato che rendono vivo e
parlante il testo giuridico che,
altrimenti, sarebbe muto. !
Nelle scuole giuridiche non si
legge solo il Decretum, ma lo si
correda sempre con la Glossa. Le
lezioni constano nella lettura
continua del testo e della Glossa,
sottoponendo poi a critica Pagina 31 di 80
l’interpretazione precedente, sollevando casi tentando di dare una risposta servendosi sia del testo
sia della sua interpr. disposta attorno al testo. Vediamo che l’apparato interpretativo sono un po’
come le mura di una città medioevale rispetto al testo, chiudendolo, avendo l’ambizione a divenire
sistema. Nella manualistica peggiore si continua a leggere che Graziano ha distinto il d. canonico
dalla teologia, tutte cose che lasciano il tempo che trovano, in quanto in realtà il d. canonico nasce
certamente dalla teologia, ma non per distinguersi da essa: il d. canonico pensa di essere il cuore
della teologia, perché è disciplina del mondo delle relazioni spirituali, è diritto spirituale.
Espressione che Berman ci insegnerà ad intendere. E’ il diritto della prassi spirituale e della sua
giurisdizione. E’ diritto religioso. !
Accanto ad ogni parola, ad iniziare da “humanum genus”, ci sono delle letterine che corrispondo
alle glosse. Le glosse, ricordiamo, non sono commenti: la distinzione tra queste due cose, infatti, è
molto netta. Un commento riguarda un intero corpo normativo: una legge, un titolo, un canone.
Non si commenta una parola, ma un testo nella sua interezza, avendo le sue tecniche di
esposizione di un intero testo. La glossa, invece, riguarda le singole parole: essa è tale perché dà
voce e significato alle singole parole del diritto, dunque ogni glossa interpreta una singola
espressione. Non nel senso che si limiti a definire il suo significato letterale, dato che spesso la
glossa inizia una discussione sul significato di quel termine, ma nasce sempre dalla necessità di
dare il significato esatto ad una parola del diritto. Non certo per caso, ma perché tra i titoli più
importanti del Digesto, come sarà poi anche nella trad. canonistica, si ha il “de verborum
significatione”: ogni studente sa che avere scienza del diritto significa conoscere l’esatto significato
dei concetti e delle parole del diritto. Lo studio del diritto è studio di dottrina, dato che significa
l’impadronirsi di parole e concetti giuridici. !
La glossa è veramente lo strumento scientifico elementare fondamentale di questa attività
interpretativa: si studia e si fa scienza apponendo glosse raccogliendole poi in un grande apparato.
Nel mondo dei civilisti giustinianei, negli anni della formazione del Decretum, questo apparato di
glosse si forma piano piano e solo dopo un secolo e mezzo, ossia intorno agli anni 30-40 del XIII
sec., arriva a formare un apparato completo: Magna Glossa, o Glossa ordinaria di Accursio,
giurista fiorentino attivo a Bologna. Tale Glossa è ordinaria in quanto ordinariamente si legge nelle
scuole, così come è ordinaria la glossa sovraesposta del Decretum. “Ordinaria” non significa la
medesima cosa di oggi, posta in antitesi con “straordinaria”, ma la glossa è ordinaria perché
appartiene all’ordine degli studi che ogni università scrive nel proprio statuto: il corpo autonomo
universitario si manifesta nella facoltà di statuire autonomamente. Oggi abbiamo il ministro che ci
dice anche quante ore deve durare un corso, ce lo dice il potere statuale, ce lo dice un potere che
è nato qualche secolo dopo l’università, o magari ce lo dice l’ìAssessore provinciale che forse in
un’aula universitaria non c’è mai entrato e se c’è entrato guarda l’università come a qualcosa di
esterno. Ma le università al tempo statuivano l’ordine degli studi. Sono universitas come corpi
spontanei, ma molto organizzate: il Rettore al tempo era uno studente, dato che questi
governavano l’università. L’ordine era molto rigoroso e per gli studenti giuristi constava nello studio
di un corpo intero: civilis e canonici. Il prof. non poteva esimersi dal seguire l’ordine. Per questo il
prof. chiamato ad insegnare era chiamato “ordinarie legens” perché c’erano anche altri che
facevano lezioni stra-ordinarie, magari richieste dagli studenti stessi, o dai prof. loro sponte, che
non attenevano al corso di studi ordinario. !
In quel mondo di studi si avevano letture obbligate: questo è il mondo che va in frantumi nel XVI e
nel XVII sec., ma che ha costruito in illo tempore la trad. giuridica. !
!
!
! Per capire meglio come funziona l’idea della costruzione di un sistema per via di dottrina è
bene passare ora al versante civilistico. Quello a cui spesso non si pone bene mente è che il
sistema giuridico costruitosi nell’età che stiamo studiando tra civilisti e canonisti che spesso
litigano nonostante aspirino all’unione delle dottrine; questo sistema non sta nei corpi normativi,
ma in quell’apparato di glosse e in quelle discussioni che si svolgono oltre quelle glosse stesse:
nella grande letteratura giuridica che nasce in quel momento e che si sviluppa enormemente in
quegli anni. La vera trad. giuridica occidentale sta nell’elemento unificatore della dottrina: è un
diritto dottrinale soprattutto. Certo è anche giurisprudenza e norma, ma solo quando c’è una
dottrina forte a tal punto di impadronirsi della stessa legislazione. Il legislatore può creare nuovo
diritto solo usufruendo della dottrina; idem la giurisprudenza, in quanto non solo la dottrina influisce
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sulle menti di giudici e avvocati, ma entra nel processo per mezzo del consilium sapientis iudiciali,
ossia i pareri dati dai giurati dotti che risultano essere vincolanti per il giudice o la corte che lo
riceva. Il parere legale rilasciato dal giurista su richiesta del giudice è per questi vincolante. Nel
processo in questa età, sia nel processo civile che in quello penale, la dottrina entra nelle aule dei
tribunali imponendo soluzioni di dottrina a giudici che non si presume sappiano il diritto. Da questo
pdv anche la modernità, il sec. XVI e le Riv. introdurrà novità molto significative, a cominciare dal
principio che è la corte a conoscere il diritto. “Iura novità curia” il giudice conosce il diritto, ergo non
necessita del professore, che è escluso dal processo, ed anzi si suppone che il giudice sia
sottoposto alla sola legge. Nel ‘700 nel Regno di Sardegna si darà poi inizio al divieto di allegare
alle sentenze dei giudici la dottrina risultata prevalente o migliore, limitandosi ad interpretare.
L’ideale sei-settecentesco di giudice “bouche de la loi” —> il giurista viene espulso dalla prassi
giudiziale al contrario di questa età. Anche le dispute scolastiche sono dispute formantesi attorno
alla prassi: è diritto che insegna ad applicare il diritto. !
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!
Questo è il titolo II, libro I, del Digesto glossato. !
La legge prima è un frammento di Gaio: “Poiché comincio
l’insegnamento le antiche leggi romane spiego perché devo iniziare
dall’inizio non perché io voglia fare dei prolissi commentarrii, ma
perché io ritengo che in tutte le cose è cosa ben fatta, cosa
compiuta, quando una cosa consta di tutte le sue parti. E
sicuramente la parte principalissima di ogni cosa è il suo principio”. !
Qui c’è il diritto romano giustinianeo e la glos