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Mussolini partecipa all’operazione Barbarossa inviando soldati italiani dell’Armir in aiuto agli alleati
e si fermeranno sul fiume Don. Siamo una potenza occupante per tutta la prima parte della guerra.
Crimini di guerra: torture, saccheggi, incendi, bombardamenti di vilaggi, deportazioni di civili in
campi di concentramento.
Dopo la guerra, come la Germania e il Giappone, anche l’Italia fu chiamata a pagare per i crimini
commessi: i paesi che erano stati occupati volevano dei processi a carico dei generali italiani che si
erano macchiati di questi crimini di guerra. In particolare la Jugoslavia, che chiedeva una
“Norimberga”, che non riguardasse i tedeschi ma gli italiani, che con loro avevano commesso crimini
di guerra. Ma l’Italia, a differenza di Germania e Giappone, riuscì a garantire l’impunità dei suoi
ufficiali, sia impedendo l’estradizione (che venissero processati negli altri paesi, sia evitando che ci
fossero processi in Italia.
Non c’è stata una “Norimberga” per gli italiani: gli italiani l’hanno scampata per vari motivi:
- Aver cambiato fronte alla fine della guerra, quando il 13 ottobre del 1943 viene dichiarata guerra alla
Germania (situazione ibrida);
- L ‘opinione pubblica mondiale si concentra sulla Germania, sulle responsabilità tedesche. 41
C’era la necessità per l’Italia di accreditarsi a livello internazionale e democratico: gli italiani insistono molto
sulla resistenza, a dimostrazione di non essere stati un paese che ha favorito il fascismo, ma combattente
con i partigiani per la democrazia (per accreditarsi insiste molto sulla resistenza antifascista e antinazista).
Si crea quindi il mito del bravo italiano: tutto sommato gli italiani sono brava gente, anche quando sono
potenza occupante, a differenza dei feroci tedeschi. Il mito copre il ruolo che gli italiani, invece, hanno avuto:
come aggressori, come occupanti, come oppressori. È un mito comodo, come tutti i miti autoassolutori.
La mancanza di una “Norimberga” italiana, ovvero il fatto che gli italiani non siano stati processati, ha avuto
degli effetti profondi sulla memoria nazionale della guerra: ci siamo dimenticati di quanto fatto fino al 1943.
I processi come quello di Norimberga, infatti, non hanno solo funzione di processare i singoli individui:
rappresentano degli spartiacque nella memoria collettiva. Celebrare un processo contro i grandi gerarchi
nazisti, nella memoria collettiva, rappresenta uno spartiacque: da quel momento in poi non si potrà più dire
che erano bravi ragazzi, se ancora qualcuno lo avesse voluto sostenere. Il fatto che questo non sia avvenuto
per gli italiani ha sicuramente avuto un effetto nella memoria nazionale e non solo, migliaia di vittime non
hanno avuto giustizia: i paesi che sono stati occupati dall’Italia non hanno potuto avere dei processi nei
confronti dei responsabili.
Personaggio interessante, per il passato coloniale, è Rodolfo Graziani: personaggio di spicco del fascismo,
ebbe un ruolo di comando nelle guerre coloniali italiane, sia in Etiopia che in Libia. L’Onu lo inserisce tra i
criminali di guerra, per l’uso dei gas tossici (lanciati dagli aerei sui villaggi etiopi) e per i bombardamenti della
croce rossa: il generale Graziani non fu mai processato.
La Libia viene occupata nel 1911: è un’occupazione difficile e precaria, per la forte resistenza dei libici, con
continue rivolte. In particolar mondo la Cirenaica, la quale per venti anni si oppone all’occupazione italiana:
la lotta è guidata da colui che per i libici è un eroe nazionale, Omar al-Mukhtar. A reprime la rivolta libica è
inviato Rodolfo Graziani, durante il fascismo, il quale riteneva che i partigiani libici venissero supportati dalle
popolazioni del deserto: organizza quindi vere e proprie deportazioni di massa nella costa, dove erano stati
costruiti campi di concentramento, non di sterminio, ma comunque con elevata mortalità per le condizioni
in cui i detenuti erano costretti a vivere. Nel caso dei crimini di guerra libici, si parla di politica genocidaria
da parte degli italiani nei confronti della popolazione libica.
Rodolfo Graziani usò oltretutto i gas in Abissinia e in Etiopia, dove divenne anche viceré e, nel 1937, in
occasione di una manifestazione ufficiale per la nascita del figlio di Umberto di Savoia (celebrata dal fascismo
anche nelle colonie), fu vittima di un attentato: rimane ferito, ma sopravvive. Organizza quindi una
rappresaglia durissima contro la popolazione etiope, con migliaia e migliaia di morti. Ancora oggi, ad Addis-
Abeba, molti monumenti ricordano questo eccidio: venne distrutto un intero monastero copto, perché si
riteneva che gli autori dell’attentato si fossero rifugiati lì, protetti dai monaci che vi abitavano.
Anziché essere processato, Rodolfo Graziani ha ricevuto un monumento in suo onore, ad Affile, in provincia
di Roma (dove ha vissuto ed è sepolto): erano stati chiesti contributi per la costruzione di un monumento ad
“un soldato” generico, ma in realtà la giunta del Comune lo ha intitolato al loro criminale di guerra.
La rimozione delle colpe nell’Italia del dopoguerra serviva a pacificare, a mettere gli animi in pace, a creare
una memoria condivisa, basata sull’oblio: si ricordano alcune cose piuttosto che altre, si visitano i campi di
concentramenti creati dai tedeschi piuttosto che dagli italiani.
Questo tipo di auto-raffigurazione è durata nel tempo: ne è esempio il film Mediterraneo, di Salvatores, che
rappresenta un gruppo di soldati alpini italiani, mandati in Grecia. L’occupazione sembra cordiale e allegra,
tanti che gli occupanti si sposano con donne greche: pur essendo carino, il film non rende l’idea della realtà,
è costruito sul mito della “Italia brava gente”, mito che rischia di alimentari nazionalismi e populismi: ci
autoassolviamo, siamo sempre stati vittime della cattiveria altrui.
Ne è esempio anche la celebrazione della figura di Giorgio Perlasca, commerciante italiano che si è trovato
durante la guerra a Budapest, dove ha salvato centinaia se non migliaia di ebrei: è sicuramente una figura
positiva, enfatizzata da film e fiction, ma dobbiamo ricordare le responsabilità italiane nella deportazione
degli ebrei. Si deve lavorare su entrambi i fronti, ciò che gli israeliani chiamano “i giusti tra le nazioni”: gli
israeliani hanno eretto a Israele un grande memoria, con fuori un grande giardino, il Giardino dei Giusti,
dedicato ai gentili (i non ebrei) che aiutarono gli ebrei nelle persecuzioni: per ognuno di loro viene piantato
un albero. Anche Giorgio Perlasca fu premiato e gratificato, considerato uno dei giusti tra le nazioni. 42
Lezione 12
Art Spiegelman è l’autore americano di un fumetto per adulti, Maus. Il padre era un ebreo polacco, scappato
alla deportazione. Racconta la storia della Shoah in cui gli ebrei sono topi, i tedeschi gatti, i polacchi maiali,
gli americani cani, gli svedesi renne…. Si presentano sotto forma di animali diversi. Troviamo quindi da una
parte la storia del padre dell’autore, Vladek, che vive negli Stati Uniti ed è scampato alla Shoah: ricorda cosa
è successo nella Polonia degli anni ’30-’40. Dall’altra il rapporto tra l’autore e il padre: c’è quindi il tema di
come una memoria traumatica si trasmetta tra le generazioni di una stessa famiglia, quando i figli e i nipoti
di persone che hanno subito traumi si trovano a rielaborare una storia familiare pesante, sentendosi spesso
caricati di un dovere di memoria. Il problema è anagrafico: gli ultimi testimoni diretti dei campi di
concentramento sono destinati a morire nel giro di pochi anni. Cosa succederà quando l’ultimo testimone
diretto sarà morto, e non potremo più ascoltare la voce dei diretti testimoni? Uno dei percorsi è denominato
dagli storici post memoria, ovvero la memoria che prosegue grazie a coloro che vengono dopo, di chi non ha
vissuto direttamente quegli eventi ma che ne ha vissuto i traumi, per la memoria familiare.
Uscita dalla Seconda guerra mondiale, tra il 1945-48, tutti i paesi europei si creano una memoria basata su
due capisaldi:
1. Attribuzione alla Germania di tutte le responsabilità;
2. Esaltazione dei movimenti di resistenza antinazisti nazionali: dove la Germania arrivò ad occupare,
ci si trovò a fronteggiare sempre anche movimenti di resistenza, movimenti antitedeschi (in Olanda,
Belgio ma anche in Francia). La Francia venne divisa in due parti: la Francia settentrionale occupata
militarmente direttamente dai tedeschi, in Francia meridionale, a Vichy, nasce un governo sotto al
controllo del generale Petain. Petain era stato un generale nella I Guerra Mondiale, eroe per essersi
distinto in una battaglia. Nel Sud della Francia, con il Governo di Vichy, collabora con i tedeschi nazisti.
In Francia nasce anche un movimento di resistenza, così come in Unione Sovietica, quando Hitler
decide di rompere il patto Molotov-Ribbentrop (patto di non aggressione: Hitler voleva
salvaguardare il fronte orientale, per concentrare l’impegno bellico sul fronte occidentale) ed è
lanciata l’operazione Barbarossa. L’esercito tedesco avanza, ma alle spalle del fronte nasce un
movimento di resistenza di partigiani sovietici, che infastidiscono continuamente i tedeschi, i quali
non riescono a tenere sotto controllo il territorio sovietico: forte è il movimento di resistenza
popolare in Unione sovietica, indipendente dal fronte. I movimenti di resistenza nascono anche in
Grecia e in Jugoslavia (guidato dal maresciallo Tito, che diventerà Presidente della Jugoslavia dopo
l’indipendenza). L’Italia conoscerà il suo movimento di indipendenza dopo il 1943.
Questi movimenti di indipendenza non sono stati decisivi da un punto di vista militare: decisivi sono
stati gli eserciti. Leggendo però le carte dei comandi militari tedeschi, nella seconda parte della
guerra, si possono trovare sentimenti di paura nei confronti dei disturbi dei partigiani, che con le loro
bande cercavano di ossessionare i militari. In particolare il movimento del maresciallo Tito, con i suoi
partigiani jugoslavi, gli unici che si sono liberati completamente da soli, senza nessuno sbarco (Italia).
I movimenti sono stati sicuramente importanti da un punto di vista etico e morale, dando segno di
voler ribellarsi all’occupazione tedesca, quindi di saper lottare per la propria indipendenza, libertà e
democrazia. Oltretutto, questi movimenti sono importanti da un punto di vista politico: da lì nascono
le democrazie alle fine della Guerra (la Repubblica Italiana è detta Repubblica nata dalla resistenza:
i partigiani che hanno fatto parte della resistenza fondano poi quei partiti che, finita la guerra,
scriveranno la Costituzione e daranno vita alla democrazia, alla Repubblica. Attraverso l&rsq