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LEZIONE OTTO:
La sinestesia luziana deriva molto da quella campaniana.
“Tango”: percepire si può intendere nel senso latino di Capio, cioè trattenere, come se carpisse la musica?
Sì, perché con la danza i passi misurano la musica, a tempo. Ma il tempo è una convenzione umana, e non
esisterebbe, direbbe Campana, se non ci fosse una convenzione che lo scandisce, la quale è condivisa dalle
persone. Il sorgere e il tramontare del sole non determina solo il ritmo della nostra vita, ma anche quello
della natura, nella coltivazione e nell’allevamento. La scansione in ore, giorni ecc, quella è meramente
artificiale, e si ripropone in qualsiasi nostro gesto. La danza di per sé è un insieme di qualcosa che concerne
il passo. Il capio latino significa anche “percepire-capire” e quindi adeguarsi a
la musica e il movimento,
quel ritmo, che è quello del tempo e di una danza che coincide col modo di essere della danzatrice stessa.
“Musiche viola” la valenza del colore come va intesa? Facciamo riferimento ancora ai canti orfici a “Viaggio
a Montevideo”: la poesia si apre nella messa in evidenza di una scena che si va sfumando nei confini della
propria proposizione per effetto di un successivo allontanamento di chi parla e osserva appunto dalla scena
osservata e rappresentata. Non a caso il componimento si intitola viaggio…e descrive subito il momento del
distacco dalla terra, e della partenza in mare. La Spagna è la terra che si lascia per l’occidente, e i colli
spagnoli svaniscono, mentre il poeta li vede svanire dal ponte della nave. Questa particolarità della
rappresentazione viene realizzata attraverso un utilizzo sia degli elementi cromatici (verde, oro, bruno…) che
di quelli fonici, che si evidenziano nell’uso della parola “melodia”che viene reiterata nel giro di tre versi,
all’interno di una comparazione “come una melodia”, che viene attribuita una volta alla terra, e dopo alla
fanciulla e quindi alla viola. Questa di per sé richiama sia il sostantivo-colore che deriva dal fiore, che allo
strumento musicale e al suo tremulo suono. Si vede la terra verde e la mescolanza farsi sempre più lontana, la
fanciulla è una presenza melodiosa, è sui colli e con loro svanisce, tremolando come la viola. La matericità
della concretezza del reale, sfuma nella cromaticità molteplice del loro diverso apparire per dileguarsi quasi
completamente nella resistenza di un colore che diviene suono, melodia, segno di una presenza ormai
invisibile. Si passa da qualcosa di concreto a qualcosa di rarefatto al massimo, ma in questa rarefazione sta a
significare la persistenza di ciò che non è più percepibile alla vista. E’ lo stesso procedimento che metterà in
atto Luzi nella conclusione. L’impronta del passo si fa sempre meno distinta, sempre meno acuta, sempre più
a quella del poeta. Nella successione degli elementi cromatici si passa dal verde dei colli all’oro del
simile
crepuscolo, al bruno della terra, al blu della melodia, al viola finale, in una successiva e intensiva
colorazione, che da una parte riporta a una forma di concretezza materica, alla sua stessa rarefazione fonica
del suono di quella melodia. Intertestualità consapevole in Luzi, che rimanda a livello lessicale/sperimentale
a Campana.
“Danzatrice verde”, cfr “Fantasia su un quadro di Soffici” di Campana:
“Faccia, zig zag anatomico che oscura
La passione torva di una vecchia luna
Che guarda sospesa al soffitto
In una taverna café chantant
D’America: la rossa velocità
Di luci funambola che tanga
Spagnola cinerina
Isterica in tango di luci si disfà: (in corsivo in originale)
Che guarda nel café chantant
D’America:
Sul piano martellato tre
Fiammelle rosse si sono accese da sé.”
chantant è dell’America latina, dell’Argentina, dove Campana era stato: la figura di danzatrice appare,
Il cafè
in una successione di movimenti de suo corpo al ritmo di una musica scandita dai passi martellanti del
pianoforte. La Luna pende dal soffitto del cafè, una luna che è come una lampada, come anche la luce della
stessa che dall’alto del soffitto si proietta in basso. L’ispirazione al componimento poetico deriva dalla
rappresentazione pittorica della realtà, quasi in una gara che viene tentata autonomamente tra la perizia e la
valenza dell’atto pittorico e di quello poetico. Il problema che sempre si propone all’interno del discorso
artistico e che viene ripresa in un saggio di Virginia Woolf, quando si chiede la differenza fra un pittore e
uno scrittore, quando un pittore non ha altro da fare che ritrarre la realtà, mentre lo scrittore deve scegliere
parole e aggettivi adeguati , da poter per approssimazione, mostrare le caratteristiche precipue della realtà
che sta analizzando. Woolf mette in evidenza l’importanza dell’oggetto in sé: questo viene estrapolato dal
suo divenire per congelarlo nella tela, al di fuori dello spazio e del tempo. Nel futurismo invece si introduce
l’elemento dinamico e la scomposizione delle linee. Succede che, nel momento in cui Campana fantastica su
un quadro di Soffici, la fantasia parte proprio dalla scomposizione lineare pittorica (zig-zag). Il viso è il
primo piano, oscura la luce della Luna, che oscura il cafè, e viene descritta come “passione torba”, che
non si riferisce alla Luna, ma all’atmosfera appassionata del Sud America.
sinesteticamente Ecco che una
vota che la situazione è stata introdotta, tutto sembra disfarsi in una successione di luci e di colori che
di un’immagine che si dissolve nei vari,
riproducono il funambolico, dinamico, continuo, metamorfismo
diversi, successivi, movimenti del tango (voce del verbo tangare, che tanga, tocchi). E’ l’azione stessa che è
determinante. I versi in corsivo sono anticipati da “la rossa velocità di luci…”. L’aggettivo funambola può
riferirsi alle luci, che cambiano colore e intensità nel cafè via via che si balla, ma il funambola, si riferisce
anche a “Spagnola, cinerina, isterica…” di nuovo riferito alla ballerina, e a come appare durante il tango, una
quando finisce si disfa, come se quell’insieme di luci si dissolvesse nel
danza così passionale che
disfacimento delle loro stesse linee di movimento. Si disfa segna una pausa nella poesia, un arresto in quella
successione dinamica di luci, suoni, colori, che aveva rappresentato la danza della ballerina spagnola, e che
improvvisamente si interrompe. I : segnano il passaggio e la connessione, siamo al momento finale della
danza. Quasi a segnarne la conclusione rintoccano tre note che sono come l’accendersi o il riaccendersi di
luci che erano sembrate dissolversi nell’aggettivo cinerino, che aveva segnato l’esaurirsi della danza
quelle
della ballerina. Nel piano martellato le fiammelle sembrano accendersi da sé:le fiammelle sono le note
musicali. Il fuoco che prima sembrava spento (cinerino) con le tre note sembra riaccendersi.
“Danzatrice verde”: la poesia non è altro che la descrizione nella sua particolarità di una danza così come
viene percepita dallo sguardo di chi la osserva, e da lui viene riproposta nella narrazione di quello che
nell’uso del tempo al passato non può prospettarsi altro che come l’immagine di un ricordo: la sfida, così
come nel testo campaniano, sta nel rappresentare attraverso le parole e la successione-evoluzione del
sé è irrappresentabile anche attraverso l’ausilio di qualsiasi
componimento poetico qualche cosa che di per
delle arti visive che non sia la decima, cioè il cinema. E’ nel dinamismo cinematografico che l’evoluzione
dei movimenti possono essere rappresentati. Il linguaggio poetico in specie fluisce nel dinamismo di cui
fruisce anche l’immagine cinematografica, laddove la resultante visiva-concreta della funzione
cinematografica non pertiene all’esercizio linguistico e poetico, ad esso pertiene tuttavia la figurazione
che contribuisce alla determinazione di un’immagine mentale che evolve
retorica come metonimia o ipallage
nelle sue successive determinazioni.
“Destini…velari”I velari sono i sipari, inquieti perché nascondono qualcosa, ma il sipario quando si apre
continua ad ondeggiare, e l’ondeggiare sta ad indicare l’attesa di quello che sta a venire. I destini che si
propagano sono quelli che vengono dall’oscurità del palcoscenico, dalla sua oscurità e attesa. Il sipario si
manifesta dall’oscurità dell’aprirsi del palcoscenico. Rivoluzione pirandelliana: nei sei personaggi, loro
arrivano dalla parte del pubblico. La donna, una danzatrice vestita di verde, che sembra emergere
dall’oscurità del palcoscenico, avanzando verso il pubblico e ritraendo la sua mano dalla notte da cui deriva.
E’ il movimento inverso a “già colgono i fiori neri dell’Ade”, qua è lei che entra in scena ritraendo la mano
dall’oscurità da cui deriva, mostrandosi nella sua fenomenicità ed eventualità. Ritrae la mano come un
pianeta, il braccio ruota intono alla figura, venendo fuori dalla notte e ruotando intorno alla figura come un
pianeta. La rapidità della successione dei movimenti viene inizialmente tentata nella sperimentazione poetica
nel rapporto fra lo sguardo e l’oggetto che viene guardato da quello sguardo, che evade la sua forma, la forza
della vista riesce a evadere ed eludere la definizione di una forma che muta nel passaggio da un movimento
all’altro. Non vedo un movimento, ma una successione, questa viene sorpassata dal mio sguardo che
Il sostantivo “vertigine” ha lo stesso senso del
percepisce la complessità dei movimenti e non la singolarità.
“funambolica” di Campana: la vertigine è la rapidità della successione dei movimenti che si concentrano nel
movimento delle braccia, che muta e passa e si mantiene nella sua evoluzione come il suono della voce nella
riproposizione dell’eco. Il viso sembra rimanere immobile, mentre tutto il resto cambia vertiginosamente. La
vertigine esente di sorriso è collegata col viso per sinestesia, il viso non partecipa al mutamento del corpo
della donna nei mutamenti della danza.
LEZIONE DODICI: 18/05/2015
Oggi iniziamo il discorso su Parronchi, ma prima chiariamo gli ultimi punti fondamentali di Luzi e
“danzatrice verde”
Bigongiari. Entrambi, secondo un collega, fanno riferimento al senso della vertigine: in
“solo uno sguardo evade la tua forma”, è riferito al senso letterale del discorso, sia a quello metaforico,
incentrato sui movimenti della ball