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IX
MEZZOGIORNO
L'osteria della Pergola è in faccende:
piena è di grida, di brusio, di sordi
tonfi; il camin fumante a tratti splende.
Sulla soglia, tra il nembo degli odori
pingui, un mendico brontola: Altri tordi
c'era una volta, e altri cacciatori.
Dice, e il cor s'è beato. Mezzogiorno
dal villaggio a rintocchi lenti squilla;
e dai remoti campanili intorno
un'ondata di riso empie la villa.
X
GIA' DALLA MATTINA
Acqua, rimbomba; dondola, cassetta;
gira, coperchio, intorno la bronzina;
versa, tramoggia, il gran dalla bocchetta;
spolvero, svola. Nero da una fratta
l'asino attende già dalla mattina
presso la risonante cateratta.
Le orecchie scrolla e volgesi a guardare
ché tardi, tra finire, andar bel bello,
intridere, spianare ed infornare,
sul desco fumerai, pan di cruschello.
XI
CARRETTIERE
O carrettiere che dai neri monti
vieni tranquillo, e fosti nella notte
sotto ardue rupi, sopra aerei ponti;
che mai diceva il querulo aquilone
che muggia nelle forre e fra le grotte?
Ma tu dormivi sopra il tuo carbone.
A mano a mano lungo lo stradale
venìa fischiando un soffio di procella:
ma tu sognavi ch'era di natale;
udivi i suoni d'una cennamella.
XII
IN CAPANNELLO
Cigola il lungo e tremulo cancello
la via sbarra: ritte allo steccato
cianciano le comari in capannello:
parlan d'uno ch'è un altro scrivo scrivo;
del vin che costa un occhio, e ce n'è stato;
del governo; di questo mal cattivo;
del piccino; del grande ch'è sui venti;
del maiale, che mangia e non ingrassa -
Nero avanti a quelli occhi indifferenti
il traino con fragore di tuon passa.
XIII
IL CANE
Noi mentre il mondo va per la sua strada,
noi ci rodiamo, e in cuor doppio è l'affanno,
e perchè vada, e perchè lento vada.
Tal, quando passa il grave carro avanti
del casolare, che il rozzon normanno
stampa il suolo con zoccoli sonanti,
sbuca il can dalla fratta, come il vento;
lo precorre, rincorre; uggiola, abbaia.
Il carro è dilungato lento lento.
Il cane torna sternutando all'aia.
XIV
O REGINELLA
Non trasandata ti creò per vero
la cara madre: tal, lungo la via,
tela albeggia, onde godi in tuo pensiero:
presso è la festa, e ognuno a te domanda
candidi i lini, poi che in tua balìa
è il cassone odorato di lavanda.
Felici i vecchi tuoi; felici ancora
i tuoi fratelli; e più, quando a te piaccia,
chi sua ti porti nella sua dimora,
o reginella dalle bianche braccia.
XV
TI CHIAMA
Quella sera i tuoi vecchi (odi? ti chiama
la cara madre: al fumo della bruna
pentola, con irrequieta brama,
rissano i bimbi: frena tu, severa,
quinci una mano trepida, quindi una
stridula bocca, e al piccol volgo impera;
sì che in pace, tra un grande acciottolìo,
bruchi la sussurrante famigliola),
quella notte i tuoi vecchi un dolor pio
soffocheranno contro le lenzuola.
XVI
O VANO SOGNO
Al camino, ove scoppia la mortella
tra la stipa, o ch'io sogno, o veglio teco:
mangio teco radicchio e pimpinella.
Al soffiar delle raffiche sonanti,
l'aulente fieno sul forcon m'arreco,
e visito i miei dolci ruminanti:
poi salgo, e teco - O vano sogno! Quando
nella macchia fiorisce il pan porcino,
lo scolaro i suoi divi ozi lasciando
spolvera il badïale calepino:
chioccola il merlo, fischia il beccaccino;
anch'io torno a cantare in mio latino.
Lettura crepuscolo Pascoli
Maria che era intelligente da conta a quella stagione a massa e ricorda come lei stessa avvertisse maturare in se una
vocazione letteraria forte che aveva timore andasse a contrastare con il desiderio di ricostruzione il nido famigliare di
Pascoli.
Ella stessa quindi si censura.Tutti tagliano in se stessi qualcosa per il nido.
A questa realtà fa riferimento Maria in versi suoi scrive di questa sensazione.
LA famigli viene traversata a Livorno. Il trasferimento a Liverno muta la scena e vi è una situazione pesante di angustie
pratiche che affliggono L'animo di chi le subisce e anche di un rinnovato distacco dall distante vicinanza di Severino a
LaSpezia.
Per Pascoli conta tutto ció che e dentro al nido e il sacrificio comporta alla creazione di un perimetro ed è un luogo sacro
in quanto delimitato e non può essere alterato che porterà ad un lutto.
Il recupero dell'infanzia anche nel fanciullino farà riferimento alla fase corpuscolare della vita.
Il trasferimento a Livorno connota quei tratti che a Massa erano meno visibili.
Lettura
La situazione economica era pesante.
Lettura di una lettera del 19 giungo '95
Qui pascoli racconta il proprio sentimento e afferma che dell'anno terribile questo è mese peggiore.
Tutte le parole sono molto pesanti. Da 13 anni virtualmente ho ricostruito nei fatti la famiglia che cercavo.
La situazione psicologicamente è complessa la colpa di Ida è di prendere una decisione fredda e di infrangere la cosa.
Non compare il desiderio della sorella ed è tutto ció di lui che viene gettato nello sconforto.
Per due volte ció che è naturale per Pascoli non lo ê tutto si regge sulla censura del desiderio.Qui la pagina si carica
ancora di più di tinte torbide.
Ci sono diversi elementi che connotano al gravita psicologica di Pascoli.
Ció che Pascoli definisce orribile e che Ida abbia scelto di innamorarsi e cioè di amare qualcun altro che non sia lui
(sostiene che Ida abbia pianificato tutto).
Il giorno del matrimonio di Ida,pascoli non va e pubblica un opuscolo "le nozze di Ida" e attende a casa.
Maria afferma che non ricorda bene a che ora si sposo la sorella Ida.
Pascoli è rimasto nel suo pensatoio di Castel Vecchio e aspetta e non ê un caso in quanto ê il luogo sacro sconsacrato
da Ida.
La realtà del nido è sofferente e mai niella poesia italiana si era avuta una così sofferta consacrazione di dimensioni
private. Uno dei simboli più rilevanti per Pascoli è la nebbia che ritorna in modo ricorrente.
Lettura poesia in morte di Alessandro Morri
Due anni prima della poesia di Castel Vecchio Pascoli scrive la poesia La nebbia che è uno dei suoi punti più alti. Qui
tutto ê simbolico e il naturale ê assorbito in una dimensione naturale.
Lettura nella nebbia
E guardai nella valle: era sparito
tutto! sommerso! Era un gran mare piano,
grigio, senz'onde, senza lidi, unito.
E c'era appena, qua e là, lo strano
vocìo di gridi piccoli e selvaggi:
uccelli spersi per quel mondo vano.
E alto, in cielo, scheletri di faggi, qui forse Pascoli aveva in mente Coledrige
come sospesi, e sogni di rovine
e di silenzïosi eremitaggi. Se il poeta non vede immagina ció che è celato dalla nebbia.
Ed un cane uggiolava senza fine,
né seppi donde, forse a certe péste è attraverso la percezione sonora che si svela il non visto questa è una
paronomasia per suscitare effetti dal suono fine.
che sentii, né lontane né vicine;
eco di péste né tarde né preste,
alterne, eterne. E io laggiù guardai:
nulla ancora e nessuno, occhi, vedeste.
Chiesero i sogni di rovine: - Mai
non giungerà? - Gli scheletri di piante ancora gli scheletri di Coledrige
chiesero: - E tu chi sei, che sempre vai? -
Io, forse, un'ombra vidi, un'ombra errante
con sopra il capo un largo fascio. Vidi,
e più non vidi, nello stesso istante.
Sentii soltanto gl'inquïeti gridi
d'uccelli spersi, l'uggiolar del cane,
e, per il mar senz'onde e senza lidi,
le péste né vicine né lontane.
E qui siamo molto in alto nella poesia di pascoli e non sono di Pascoli
La poesia inizia con una congiunzione e significa che qualcosa viene già allusa e dobbiamo tenere in conto qualcosa.
La nebbia nei canti di Castel Vecchio. Nella nebbia dei poemetti ci ha fatto capire quanto è identificativo.
Lettura Nebbia
Nascondi le cose lontane,
tu nebbia impalpabile e scialba,
tu fumo che ancora rampolli,
su l'alba,
da' lampi notturni e da' crolli
d'aeree frane!
Nascondi le cose lontane,
nascondimi quello ch'è morto!
Ch'io veda soltanto la siepe
dell'orto,
la mura ch'ha piene le crepe
di valeriane.
Nascondi le cose lontane:
le cose son ebbre di pianto!
Ch'io veda i due peschi, i due meli, il conforto nella sicurezza della numerazione degli oggetti
soltanto,
che dànno i soavi lor mieli
pel nero mio pane.
Nascondi le cose lontane
che vogliono ch'ami e che vada!
Ch'io veda là solo quel bianco
di strada,
che un giorno ho da fare tra stanco
don don di campane...
Nascondi le cose lontane,
nascondile, involale al volo
del cuore! Ch'io veda il cipresso
là, solo,
qui, solo quest'orto, cui presso
sonnecchia il mio cane.
E con la Nebbia 27 Marzo
Un appello tra fine maggio e inizi giugno
2 a giugno
E uno a luglio
Circa tre appelli in tutto
Quando Pascoli arriva a Livorno ci arriva in una condizione diversa rispetto alla già del primo incarico a Massa.
Dopo Massa incomincia ad incrinarsi qualsiasi e tra 88-89 ce l'episodio di un innamoramento tra Pascoli e Lia Bianchi.
Maria afferma di aver trovato un madrigale sistemando le carte
Lettura
Negli occhi fieri e fissi seguono in modo molesto miei passi giovinetta donna.
Lei si sente quasi spogliata dagli occhi di Pascoli.
Pascoli si sente stregato da Lia. Una breve testimonianza ma sufficiente per farci capire che questo episodio non deve
trattarsi di qualcosa di lieve e infatti viene alterata e siamo tra 88-89 nelle dinamiche dei rapporti tra i fratelli.
Mentre pascoli ha questo rapporto per Lia subito Ida comincia ad avviare un ammiccamento con un amico di
pascoli(fortunato vitali) e quindi comincia a stare nel ruolo.
Questa seconda esperienza insieme dei fratelli comincia a configurare tratti che sono tristi soprattuto tra Pasacoli e Ida.
Questo comincia a spiegare il perche noi dalle prime avvisaglie di ció che conosciamo come Myrice inizia a profilarsi con
caratteri a lutto.
La prima comparsa di quelle che poi diventano le Myricae si ha nel l'uscita della rivista del 10 agosto 1890 sulla rivista la
vita nuova di angelo orvieto dove escono le prime nove poesie che portano il titolo Muricae.
Nel 1891 per l'editore Giusti di Livorno le poesie sono 22 e cominciano nel momento in cui entrano in volume il numero
passa a 22.
Nel 1892 si ha una seconda edizione e le poesie passano a 72
Nel