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CICLO 1. CICLO DELLA DIFFERENZA
Sono immagini pacifiche ma che mettono in scena differenze religiose e politiche, differenze che in
generale sono in pace tra di loro. Sono rappresentazioni di differenze in una specie di dimensione
utopica.
Nel 1986: le allegre immagini pacifiche del primo momento del ciclo diventano in fretta delle
messinscene di coppiette che interpretano la differenza politica e razziale.
C'è una certa coloritura del prodotto che richiama il marchio, ma il tono delle immagini è polemico. Gli
scatti ci mostrano opposizione e ci mostrano la possibile coesistenza delle differenze contro le uniche
somiglianze.
Sono immagini di differenze unite nella miseria, è un legame coatto.
Nel 1991 esce la foto, firmata da Toscani, del prete e della suora che si baciano. Ci troviamo davanti a
una rappresentazione di una preferenza. Lo spettatore viene coinvolto in senso trasgressivo e
oppositivo. Toscani sa bene la portata della sua immagini, deve vendere al pubblico un'immagine che
resti nella memoria e che consenta alla Benetton di vendere a sua volta. E' una pubblicità che promuove
il marchio ma il credente che vede l'immagine resta offeso profondamente e il non credente che vede
l'immagine non pensa ad altro a come ci sia rimasto male il credente.
L'amore tra uomo e donna vince in quanto è simbolo di un'ideologia vuota che si può riempire di
qualsiasi contenuto. Il giurì si pronunciò contro la pubblicità in quanto la pubblicità non può offendere
le convinzioni delle persone: non deve prendere a calci il pensiero ed evitare discriminazioni. Il giurì ha
ritenuto che questa pubblicità offendesse le persone, in quanto critica una regola di comportamento dei
religiosi e perché avvicinano la pubblicità a un gioco ironico in quanto lo stesso viene esposto senza
problemi.
E' una pubblicità in cui le differenze diventano provocazioni nei confronti di chi guarda al fine di
suscitare imbarazzo. Il giurì censurò l'immagine per violazione dell'art.10.
CICLO 2. CICLO DELLA VITA
I messaggi non presentano più alcun minimo riferimento al prodotto della Benetton. Lo spot della
neonata Giusy del 91 ci mostra un vero parto al momento della nascita della bambina. La pubblicità
viene considerata una violazione all'art. 1, in quanto l'immagine avrebbe come unico scopo il creare
scalpore in piena violazione dell'articolo sopra citato.
La difesa della Benetton disse che l'unica cosa che era stata fatta in quella campagana era fotografare
l'evento della nascita, in una specie di inno alla naturalità della vita. Ma questa, secondo il giurì è mera
ideologia, non pubblicità. Poi il momento della nascita è alquanto repellente, shockante. Se la foto
avesse ritratto un bel bimbo, nessuno se lo sarebbe ricordato, mentre la foto di una bambina appena nata
sconvolge certamente di più e rimane più nella memoria. E' evidente dove sta l'illecito. E' una foto che
crea turbamento gratuito e scalpore.
CICLO 3. CICLO DELLA REALTA'
In questa fase la campagna Benetton architettata da Toscani si concentra su immagini drammatiche
della realtà che irrompono nella finzione pubblicitaria. Sono foto reali che turbano. Sono presentate con
modalità molto forti poi, per produrre l'indifferenza del consumatore davanti al marchio Benetton.
Un'altra campagna irritante fu quella del cimitero di guerra del 91: scoppia la guerra del golfo poi si
decide l'uscita dalla guerra. La foto del cimitero viene pubblicata a gennaio del 91 solo nei giornali di
Repubblica e Sole 24 ore. Fu un evento che sconvolse il mondo e la Benetton la usò come pubblicità
dopo che Toscani acquistò l'immagine. E' una campagna che va contro l'art.10.
Il giurì sostiene che questa immagine sia peggio delle altre foto della Benetton in quanto usava il tema
della morte nella pubblicità. Toscani si difese dicendo che questa foto non era offensiva in quanto era
un inno contro la guerra e contro la morte, anche se il giurì la considerò estremamente offensiva per chi
aveva subito un lutto e la condannò in quanto violava l'art. 10; evocare il lutto per vendere un prodotto
non è affatto giusto.
Fu molto scandalosa anche la foto fatta a David Kirby nel 1992, foto che passò alla storia come "Malato
di AIDS". Kirby era un malato terminale di AIDS che chiese espressamente di essere fotografato, ma di
certo non si aspettava una foto del genere, a sfondo pubblicitario. Il giurì, con la pronuncia n°25 del
1992 censura la campagna per violazione dell'art. 1. Anche in questa campagna il marchio non
compare.
Per il giurì era pubblicità istituzionale e ideologica: Benetton fa discorsi ideologici.
Il contrasto con l'art. 1 è perché non è idoneo. Il fine culturale informativo non viene riconosciuto e il
fine ideologico non è tale da creare caos.
L'immagine crea turbamento e angoscia attirando sul marchio Benetton.Sono tutte tattiche che puntano
a creare scandalo per andare a far parlare del marchio.
Il tema dell'HIV viene ripreso da Toscani quando inizia a mostrare una serie di parti del corpo umano
con sù scritto la parola HIVpositive. Non si può dire che l'intento era creare dialogo, si voleva ottenere
il massimo pensiero con il minimo investimento. L'essere umano viene marchiato come un animale da
macello.
Nel 94 Toscani acquista dalla croce rossa degli abiti realmente insanguinati appartenenti a un soldato
morto nella guerra in Bosnia e vi appone sopra il marchio united colors. Anche in questo caso abbiamo
la rappresentazione della morte. Secondo il giurì questa pubblicità non danneggia nessuno in quanto
pubblicità meno violenta di quanto si vede in tv.
CICLO 4. IL CICLO DEL DIRITTO DI PAROLA
In seguito alle critiche fatte alle precedenti campagne, l'azienda inizia a collaborare con aziende onlus a
sfondo umanitario, come la croce rossa, superando in questo modo le accuse di cinismo che l'opinione
pubblica aveva mosso nei confronti dell'azienda.
Contro tali accuse l'azienda usa la campagna black white yellow.
Nel 96 Benetton collabora con la FAO e nel 98 con l'ONU in campagne che ricordano i diritti che
spettano a tutti. nel 2000 Toscani viene licenziato e nel 2001 fa causa al giurì.
20/10/2014
Simulazione dell'accusa tra di noi in classe. Spot incriminati Opium "fumeria" e Belle d'Opium. Il
primo spot, più vecchio fu effettivamente condannato nel 1987 per violazione agli artt. 1 e 10 c.a. Lo
spot suggeriva un'identificazione nel concetto di droga/profumo. Anche il secondo viene criticato per
gli stessi motivi, violazione degli artt. 1 e 10 a causa del gesto del braccio che richiama una sniffata.
22/10/2014
Simulazione dell'accusa tra noi in classe. Spot citato in giudizio Levi's Washroom. E' uno spot che
richiama una fiction e una telenovela, un genere di pubblicità iniziato dall'Amaro Montenegro nell'88.
L'amaro usò la figura del veterinario come leit motiv dei suoi spot che ebbero una durata estrema.
L'ordine dei veterinari si arrabbiò moltissimo in quanto quest'uso continuo di veterinario e liquore
fortissimo, per tutto questo tempo, poteva indurre a pensare che i veterinari si alcolizzassero di brutto e
dunque citano lo spot per violazione degli artt. 1,2,13,14,22.
Il giurì nota che è pubblicità suggestiva e anche che l'accostamento tra le due parti è durato a lungo e
questo rende le cose difficili alla vendita di prodotti del settore. Lo spot viola dunque l'art. 1 in quanto
non è corretto.
27/10/2014
Appunti da recuperare
29/10/2014
Seminario sul tema Advertising e Sport, con Xavier Jacobelli e Antonio Caliendo.
3/11/2014
Sponsorizzazione dei club. Nel caso del calcio, ciò comporta che il club mantenga il suo nome. Il
contratto di sponsorizzazione specifica che il club si impegna con lo sponsor. Il club autorizza lo
sponsor ad appropriarsi delle cose della società.
In base allo statuto dell’AIC, si distinguono i diritti in due tipologie:
Diritti d’immagine in divisa
a. Diritti d’immagine in borghese
b.
Il club si occupa dell’immagine in divisa che spettano per la produzione di figurine o altri prodotti. Non
rientrano in questi diritti le immagini in diretta della partita in quanto dice il decreto del 2008 i diritti di
ripresa della diretta spettano all’emittente che si aggiudica i diritti di ripresa.
Per quanto riguarda invece i diritti d’immagine legati al borghese la scelta spetta al giocatore che
deciderà cosa fare.
Il modello di contratto deve essere approvato dalla lega in quanto in sede di approvazione non spetta il
monopolio alla lega che approva il contratto in quanto ne verifica l’aderenza con i canoni della lega
UEFA.
Il contratto prevede di illustrare quali siano tutti i limiti delle norme UEFA.
Il regolamento di lega fissa le misure standard che gli sponsor possono avere. Sono tutte decisioni prese
dalla lega in modo da vincolare lo sponsor a cose che di solito non lo vincolerebbero. La federazione
del calcio è un’associazione riconosciuta, dunque con propria personalità giuridica.
Le associazioni prendono come associati sia le persone fisiche che società e associazioni
dilettantistiche.
La lezione poi si è concentrata sullo studio di articoli dal fac simile di contratto, artt. 1;16.
Anche il club può essere condizionato dallo sponsor. Delle volte il club prende il nome dello sponsor o
viene direttamente inserito in molti mezzi come ad esempio nei pullman.
Di solito, magari in un cartellone pubblicitario la sistemazione degli sponsor è sintomatica della loro
importanza. In alto ci va il main sponsor, al centro lo sponsor platinum e infine il fine sponsor.
Ovviamente a seconda del livello di sponsorizzazione cambiano anche i vantaggi.
La sponsorizzazione può essere anche per i singoli atleti. In questo caso lo sponsor fornisce
abbigliamento al giocatore, magari scarpe o la divisa sportiva, che l’atleta deve indossare durante la
partita. Il ritorno di immagine per lo sponsor sarà dovuto anche alle prestazioni dell’atleta. Lo sponsor
unico è estremamente, ma ci sono una serie di sponsor molto diversi tra loro e con livelli di sponsor
diversi: Unico
1. Principale
2. Ufficiale
3. Pool di sponsor
4. Sponsor tecnico sportivo
5. Fornitore ufficiale.
6.
In sport diversi dal calcio lo sponsor può diventare l’abbigliamento e questo avviene quando c’è una
fusione totale tra sponsor e squadra. Se l’effetto di ritorno allo sponsor può essere più alto, c’è anche un
risch