COMMERCIALE
Nel nostro sistema di diritto privato è possibile individuare un articolato ed organico
complesso di norme riferito agli imprenditori. Ai soggetti cioè che esercitano
professionalmente attività economica organizzata finalizzata alla produzione o allo scambio di
beni o servizi.
Il diritto commerciale moderno è quella parte del diritto privato che ha per oggetto e
regola l’attività e gli atti di impresa. È il diritto privato delle imprese. L’attuale diritto
commerciale, infatti, non è solo il diritto del commercio e dei commercianti come potrebbe far
pensare il significato etimologico dell’aggettivo. Non lo è perché imprese giuridicamente
commerciali non sono solo quelle dedite al commercio. Tali sono tutte le imprese (industriali,
bancarie, assicurative, di trasporto ecc.) ad eccezione di quelle agricole.
Nel nostro sistema giuridico la disciplina delle attività economiche ruota intorno alla
figura dell’imprenditore, la cui definizione generale si trova all’art. 2082 c.c.: <<È
imprenditore chi esercita professionalmente una attività economica organizzata al fine della
produzione o dello scambio di beni o di servizi.>>
La disciplina, però, non è identica per tutti gli imprenditori: il codice civile distingue
diversi tipi di imprese e di imprenditori in base a tre criteri di selezione:
a) l’oggetto dell’impresa, che determina la distinzione tra imprenditore agricolo e
imprenditore commerciale;
b) la dimensione dell’impresa, che determina la distinzione tra piccolo imprenditore e
imprenditore medio-grande;
c) la natura del soggetto che esercita l’impresa, che determina la distinzione tra impresa
individuale, impresa societaria ed impresa pubblica.
Sulla base di queste premesse, possiamo individuare una disciplina generale,
applicabile a tutti gli imprenditori, ed una disciplina specifica applicabile solo ad alcuni
imprenditori.
// Disciplina
a) generale: applicabile a tutti gli imprenditori (statuto generale dell’imprenditore)
b) speci ca: applicabile solo ad alcuni imprenditori (statuto dell’imprenditore agricolo
e statuto dell’imprenditore commerciale).
La disciplina generale è quella che comprende parte della disciplina dell’azienda e dei
segni distintivi, la disciplina della concorrenza e dei consorzi.
Lo statuto dell’imprenditore agricolo è l’insieme delle norme che comprendono la sua
definizione (art. 2135), l’esonero dalle procedure concorsuali, e l’iscrizione nella sezione
speciale del registro delle imprese.
fi La qualifica di imprenditore agricolo ha rilievo essenzialmente negativo in quanto serve
a delimitare l’ambito di applicazione dello statuto dell’imprenditore commerciale.
Lo statuto dell’imprenditore commerciale è l’insieme delle norme che aiutano a
tracciarne i confini e ne prevedono l’iscrizione nel registro delle imprese (sezione generale), li
obbliga alla tenuta delle scritture contabili e li assoggetta al fallimento e alle altre procedure
concorsuali .
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Tuttavia, alcuni degli istituti che compongono lo statuto dell’imprenditore commerciale
trovano applicazione anche nei confronti di imprenditori non commerciali (società) ed altri non
trovano applicazione nei confronti di determinati imprenditori commerciali (piccoli e pubblici).
Infatti, il piccolo imprenditore anche commerciale - così come l’imprenditore agricolo - è
esonerato dalla tenuta delle scritture contabili e dall’assoggettamento alle procedure
concorsuali, mentre l’iscrizione nel registro delle imprese, originariamente esclusa, è stata oggi
estesa anche a tali imprenditori, sia pure con rilievo diverso per l’imprenditore agricolo e per il
piccolo imprenditore.
La nozione generale di imprenditore
Nello studio della economia politica e del diritto commerciale assume un ruolo centrale
la figura dell’imprenditore, ma le nozioni di impresa e di imprenditore elaborate dall’economia
e dal diritto sono, almeno in parte, diverse.
Dal punto di vista economico infatti l’impresa individua un organismo produttivo, cioè
un insieme di elementi reali e personali (la natura, il capitale, il lavoro ecc.), e l’imprenditore è la
persona che organizza e dirige i fattori della produzione, assumendo su di sé il rischio relativo.
Dal punto di vista giuridico invece l’impresa è un’attività, cioè una serie di atti collegati
in vista di un determinato scopo, e l’imprenditore è il soggetto titolare dell’impresa.
È da notare che il codice civile non definisce l’impresa ma l’imprenditore (art. 2082),
vale a dire la persona che ne è titolare.
<< È imprenditore chi esercita professionalmente una attività economica organizzata al
fine della produzione o dello scambio di beni o di servizi>> (art. 2082).
Dalla definizione normativa risulta che gli elementi che concorrono a qualificare giuridicamente
un imprenditore sono:
• la professionalità (<< chi esercita professionalmente>>);
• l’economicità (<<una attività economica>>);
• l’organizzazione (<<organizzata>>);
Le procedure concorsuali sono degli strumenti giuridici pensati per affrontare le situazioni in cui
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un’impresa, o in alcuni casi anche una persona, non riesce più a far fronte ai propri debiti. Quando si
parla di crisi o insolvenza, lo Stato interviene con regole precise per evitare che il caos prenda il
sopravvento: si cerca cioè di proteggere i creditori, garantendo una ripartizione il più possibile equa del
patrimonio del debitore, e, dove possibile, di salvare l’impresa in difficoltà.
• l a produzione o lo scambio di beni o di servizi (<<al fine della produzione o dello scambio di
beni o servizi>>);
In primo luogo l’attività di un imprenditore deve essere professionale, nel senso che
deve essere esercitata in modo abituale e sistematico, cioè non occasionale o saltuario, ma non
necessariamente in modo continuativo o senza interruzioni.
Sono attività imprenditoriali anche le attività a carattere stagionale (come la gestione di impianti
sciistici oppure di stabilimenti balneari o termali, la vendita al pubblico di caldarroste o di cocomeri ecc.)
e, più in generale, tutte le attività che per la loro stessa natura si svolgono soltanto in alcuni periodi
dell’anno o a intervalli di tempo (si pensi alla preparazione di luminarie in occasione di festività o di
cerimonie, alla gestione di un posto di ristoro in uno stadio aperto alla domenica ecc.)
In base al requisito della professionalità:
• non dà luogo all’esercizio di un’impresa il compimento di un singolo atto produttivo o anche
di più atti produttivi, ma tra loro isolati e non collegati.
• l’attività di produzione o di scambio di beni o di servizi non deve essere necessariamente
esclusiva, perché l’imprenditore può svolgere anche un’altra attività, o principale, perché
l’imprenditore può anche ricavare in prevalenza il suo reddito da altra attività.
Non è perciò imprenditore chi compia un’isolata operazione di acquisto e successiva rivendita di
merci, dato che in tal caso non si può neppure parlare di <<attività>> in senso proprio. Ma imprenditore
non è neppure chi compie una pluralità di atti economici coordinati (attività) quando circostanze
oggettive palesano in modo inequivoco il carattere non abituale ed occasionale dell’attività. Ad
esempio, non è imprenditore chi organizza un singolo servizio di trasporto o un singolo spettacolo
sportivo.
Tuttavia, non vi è incompatibilità assoluta tra unicità dell’affare ed attività professionale; ed
anche il compimento di un <<unico affare>> può costituire impresa quando - per la sua rilevanza
economica - implichi il compimento di operazioni molteplici e complesse e l’utilizzo di un apparato
produttivo idoneo ad escludere il carattere occasionale e non coordinato dei singoli atti economici.
Così, è imprenditore il costruttore di un singolo edificio e anche chi acquista allo stato grezzo un
immobile per completarlo e rivendere i singoli appartamenti.
In secondo luogo l’attività di un imprenditore deve essere economica, in quanto
deve essere idonea a coprire i costi di produzione con i ricavi delle vendite e a ricostituire in
questo modo, al termine del processo produttivo, il capitale che è stato investito nell’impressa.
Secondo la giurisprudenza, però, è sufficiente che l’impresa abbia in astratto una obiettiva
economicità, cioè che non sia destinata già in partenza a operare in perdita, anche se in
concreto (a causa di scioperi, di inconvenienti tecnici, di difficoltà finanziarie ecc.) può subire
delle perdite; dal punto di vista giuridico quindi non rientrano nella nozione di impresa le
attività svolte da soggetti o da enti che, per la loro stessa natura, offrono beni o servizi
gratuitamente o comunque a un prezzo inferiore al loro costo di produzione.
Di regola un imprenditore esercita un’attività di produzione o di scambio con uno scopo
di lucro, ma la nozione normativa dell’imprenditore, che riguarda qualsiasi tipo di impresa, non
richiede necessariamente che un imprenditore intenda realizzare un lucro o un profitto (cioè dei
ricavi superiori ai costi), in quanto è sufficiente che miri a coprire i costi con i ricavi.
In particolare, anche quando svolgono un’attività d’impresa, per definizione hanno
scopo non lucrativo:
• le associazioni, che perseguono scopi di natura ideale o morale;
• le imprese pubbliche, che sono dirette a soddisfare bisogni pubblici, come lo sviluppo di
aree depresse o il sostegno dell’occupazione;
• le imprese di tipo mutualistico, come le società cooperative, che hanno lo scopo di fornire ai
soci beni o servizi oppure occasioni di lavoro a condizioni più vantaggiose rispetto a quelle
di mercato.
Lo scopo di lucro è invece essenziale, come vedremo, nelle società lucrative (come la società in
nome collettivo o la società per azioni), nelle quali i soci esercitano un’attività economica in
comune <<allo scopo di dividerne gli utili>>.
In terzo luogo l’attività di un imprenditore deve essere organizzata, cioè deve
tradursi in una organizzazione di elementi personali (i dipendenti) e reali (il capitale); secondo
l’opinione prevalente tuttavia l’organizzazione perso
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