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Paesi: affidò questo compito al suo collaboratore Ernesto “Che” Guevara, che si prese cura dei po-
veri e poi divenne un eroe rivoluzionario; egli morì come martire. La Chiesa si pose dalla parte
dell’anticolonialismo, ma considera sia i ricchi sia i poveri figli di Dio, nessuno escluso: nacque per
questo una divisione interna all’istituzione. Le cose non potevano essere cambiate solo per mezzo
della violenza rivoluzionaria. Il Concilio Vaticano II durò dal 1962 al 1965, ma Giovanni XXIII morì nel
giugno 1963. Il suo impegno fu portato avanti da Paolo VI, che terminò l’evento con un appello
appassionato ai laici riguardante i diversi atteggiamenti verso la Chiesa durante il Concilio. Questo
discorso fu caratterizzato da un grande umanesimo in cui i cattolici e i laici convergono: un umane-
simo che non pone ostacoli alla difesa dell’uomo, a un progetto comune (che però non si realizzò
pienamente). Il Concilio Vaticano II fu dunque l’evento più importante della Chiesa nel Novecento:
esso indirizzò le vicende dei pontificati con la sua natura d’apertura.
7. PAOLO VI
Il vero nome di Paolo VI era Giovanni Battista Montini. Bresciano, veniva da un contesto di grande
influenza: il padre era un deputato del Partito popolare italiano e la sua famiglia era importante,
attiva su molti piani. All’università faceva parte del Fuci e scrisse per il giornale della sua università.
Viveva in un ambiente cattolico, di famiglie importanti, molto vivace e attivo. Da giovane era mala-
ticcio con corporatura esile, per cui studiò a casa. Iniziò sin da una giovane età il suo ruolo diploma-
tico: ebbe una breve esperienza in Polonia, ma poi divenne vice-Segretario di Stato. Dal 1924 al 1933
restò sempre a Roma, dove eseguì i lavori d’ufficio nella diplomazia vaticana e quello di assistente
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nazionale del Fuci fino al 1933, quando fu allontanato perché non era fascista: egli era infatti con-
trario alla Conciliazione. Con la carica di vice-Segretario di Stato, ottenuta nel 1937, iniziò ad avere
contatti a livello mondiale, seguendo in prima persona Roncalli e le vicende della Chiesa in Francia.
Nel 1954 fu allontanato da Roma, in quanto era il punto di riferimento di un mondo cattolico alla
ricerca di nuove prospettive, e diventò arcivescovo di Milano. Molte persone vedevano in lui un
pericoloso riformatore, fuori dalle logiche del potere, in quanto fornì il proprio appoggio alla Demo-
crazia cristiana: le sue ide potevano essere percepite da un contesto più aperto e dinamico. A Milano
era un momento di grande dinamismo industriale, con la nascita di molte fabbriche in periferia, e
sociale, con una borghesia dinamica sia in economia, sia in cultura: Milano era il simbolo della mo-
dernizzazione. Montini era un uomo pronto all’ascolto, per cui cercò di interagire con la modernità
milanese. In quegli anni era in corso una crisi del cattolicesimo tradizionale, per mezzo di dibattiti e
discussioni, ma soprattutto nei comportamenti silenziosi di tanti che vivono il forte coinvolgimento
della città che si modernizza e che quindi avvertono il distacco nei confronti della Chiesa (“vicini che
stanno diventando lontani”). In quegli stessi anni iniziò l’esperimento di Don Giussani, prima con
Gioventù studentesca, un grosso fenomeno che provocò rigetto da parte delle associazioni tradizio-
nali, poi con Comunione e liberazione: Milano era anche quindi un laboratorio religioso, anticipa-
zione di quanto si sarebbe fatto nel resto d’Italia. Alla sua elezione Montini fu definito il Papa della
modernità, proprio per questo suo impegno nell’ascolto. Egli divenne arcivescovo, ma non cardi-
nale, proprio perché si temeva che diventasse Papa: per questo motivo fu eletto Roncalli, il quale
portò a Roma il sapore del mondo. Montini non era d'accordo alla chiamata del Concilio Vaticano II.
Nel 1963 Roncalli morì e Montini divenne papa con il nome di Paolo Vi e con un bagaglio di espe-
rienze culturali e umane molto ricco. Non era una persona diretta e semplice, un contadino come
Roncalli, ma faceva discorsi complessi e articolati, ponendo dubbi e non solo certezze. Giovanni XXIII
e Paolo VI venivano da classi sociali diverse, ma i loro pontificati erano in continuità. Non lo rende
subito popolare ma la ricchezza della sua esperienza in seguito sì. Nel 1964 si recò a Gerusalemme,
nonostante non ci fosse un evidente motivo di viaggio, dove incontrò il patriarca di Costantinopoli:
era il primo incontro di sempre tra un pontefice cattolico e un capo della chiesa ortodossa greca.
Montini, una volta diventato Paolo VI, sa che la Chiesa è sparsa su tutto il globo: i suoi viaggi furono
appena sei, ma molto importanti; dopo l’unità d'Italia i papi non sono mai usciti dal territorio nazio-
nale, mentre con lui vi è una consapevolezza del ruolo globale della chiesa. Il suo primo viaggio fu
quello di Gerusalemme, alle radici del cristianesimo; nel 1965 si recò a New York, alla sede dell’ONU,
dove fece un discorso davanti a rappresentanti di tutto il mondo in cui parlò di una Chiesa esperta
di umanità. Nel 1968 si recò in Colombia: l’America Latina era al tempo un continente in ebollizione,
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poiché si era diffuso il mito di Fidel Castro. In seguito si recò in India, Paese afflitto dal problema
della fame. Il suo quinto e sesto viaggio furono a Manila (Filippine) e in Uganda. Paolo VI toccò
dunque i problemi di molti Paesi, non ha viaggiato per dare un insegnamento o una dottrina ma per
incontrare e portare la vicinanza della chiesa che è sempre più internazionale.. Egli promulgò una
riforma della Curia romana, la quale venne internazionalizzata per essere più adeguata alla globalità
e alla modernità, con cardinali internazionali e l’utilizzo della lingua corrente in liturgia. In questo
modo, i problemi delle periferie potevano arrivare fino a Roma: i suoi successori ebbero dubbi su
questo, giudicando la Chiesa troppo grande per avere un sistema centralizzato. Papa Francesco ha
uno stile diverso rispetto a Paolo VI, perché non pretende di governare e chiede a ognuno di pren-
dersi le proprie responsabilità. Paolo Vi era convinto che la Chiesa potesse sopravvivere con un go-
verno centrale, con credenti e non che lavorano insieme per un mondo più umano. Questo progetto
fiducioso e ottimista si urtò con una realtà che Paolo VI non si aspettava. La crisi del pontefice riflette
la sua angosciosa partecipazione ai problemi della Chiesa e del mondo: nel 1968 e negli anni circo-
stanti vi fu l’anno della contestazione di ogni forma di autorità, quindi anche della Chiesa. Erano
anni difficili dentro l’istituzione, come se il Concilio, invece che rivitalizzare, avesse introdotto dubbi
e lacerazioni forti. Il Concilio Vaticano II fu un’iniziativa che venne quando già erano stati posti molti
problemi e ha aperto una stagione in cui la Chiesa è tuttora immersa. Si iniziò a superare questa crisi
di valori nel 1972/73 con una miglior comprensione delle radici antiche dei problemi e l’apertura di
prospettive nuove, segnate da un diverso rapporto tra Nord e Sud del mondo. Gli anni Settanta sono
quelli in cui si dimostrò che quella aperta dal Concilio era la strada giusta e quella in cui il mondo
coloniale, che ha subito l’influenza di un Europa che ha vissuto il passaggio dell’indipendenza, fu
definito Terzo Mondo e iniziò a farsi sentire con la propria voce. Nella guerra del Vietnam, la super-
potenza statunitense perse contro un piccolo popolo del Terzo Mondo. Nel 1973 ci fu uno shock
petrolifero, conseguenza della guerra del Kippur tra gli Stati arabi e Israele, vinta da quest’ultimo, il
quale era aiutato dagli europei. Fu rilanciata una conflittualità economica, che passò attraverso l’au-
mento del prezzo del petrolio in tutti i Paesi con economie avanzate, ma dipendenti dagli Stati arabi
sconfitti, che così si vendicarono, mettendo in ginocchio economie avanzate e ricavando enormi
profitti. L’equilibrio economico cambiò: Europa e USA non erano più padroni del mondo, bisognava
tenere in conto anche il mondo musulmano islamico. Nel 1975 a Helsinki si tenne una conferenza
per parlare di pace e collaborazione internazionale dove convergono paesi occidentali, orientali co-
munisti e anticomunisti: il fatto che questi paesi partecipino alla conferenza è sconvolgente, poiché
tutti quanti sentono il bisogno di cercare una strada nuova. Helsinki si collocò in un contesto di
ricerca di vie nuove tra i due blocchi e Paolo VI ne comprende l’importanza. La crisi petrolifera era
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legata a scelte sbagliate, la guerra del Kippur non bastò a vincere militarmente. ma anche a pren-
dersi cura degli altri per sedare eventuali ritorsioni. Gli anni di Montini sono anni di riflessione: egli
non voleva una nuova guerra del Vietnam, era necessario affrontare problemi in un altro modo.
L’occidente sbagliò in questa circostanza, mentre la Chiesa, nella sua posizione di osservatorio sul
quotidiano della vita, ha colto prima degli altri i problemi. Montini è consapevole di una Chiesa
esperta di umanità, che ha compreso la direzione del mondo; Paolo VI capisce l’importanza del pro-
getto, è consapevole della crisi europea iniziata con la decolonizzazione. Il pontefice ritiene che co-
munque l’Europa abbia un ruolo importante nel mondo, nonostante sia cambiata nel tempo, poiché
è una straordinaria riserva di cultura etica e di senso dei diritti umani. Oggi la realtà europea è una
realtà con peculiarità, con una tendenza a ripiegarsi su se stessa: Paolo VI spinse l’Europa a svolgere
un ruolo di comunicazione nel mondo, non più un dominio, ma una guida. La decadenza europea è
legata alla rinuncia ad assumere il proprio ruolo nel mondo. L’America latina era in una spirale di
rivoluzione e violenza, di scontri armati e repressioni, al cui riguardo la Chiesa era molto incerta e
confusa. Gli anni Settanta e Ottanta furono di violenza in molte parti del mondo: questi problemi,
secondo il Papa, vanno affrontati in un altro modo; il problema stava nell’indicare la prospettiva
giusta. Paolo VI fu dunque Papa in un periodo difficile, caratterizzato dalla crisi dell’egemonia occi-
dentale e sovietica (le premesse per la fine dell’URSS furono poste durante gli anni Settanta). L’URSS
si è sgretolata a causa dei nuovi equilibri economici mondiali, che hanno distrutto i suoi metodi
produttivi. 8. GIOVANNI PAOLO I
L’insieme di eventi avvenuti durante il pontificato di Paolo VI hanno dato risultato con il suo prede-
cessore: Albino Luciani, Patriarca di Venezia, diventato Papa con il nome di Giovanni Paolo I. Egli
mor