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Jianwen,
evitare l’evasione fiscale dei più ricchi. Il terzo imperatore della dinastia Ming, re-
gnò dal 1402 al 1424 e continuò ciò che i suoi predecessori Hongwu e Kang avevano avviato.
Egli condusse una politica estera innovativa per stabilire contatti con nuovi Paesi. Le zone
dell’Impero cinese erano strutturate e considerate in modo gerarchico (vedi schema). La Cina
dei Ming eredita dalle dinastie precedenti il contatto con altri Paesi. I confini dell’Impero sono
molto variati nel corso dei secoli.
Tra il XIV e il XV secolo Zheng He compì ben sette viaggi verso l’Occidente con l’intento di
sviluppare i commerci e di stabilire rapporti diplomatici: egli raggiunse vari luoghi, come
l’Africa, il Giappone, l’Indonesia, l’India, la Persia, la Penisola Arabica, la Tanzania, poiché l’im-
peratore possedeva una flotta senza eguali al tempo, in quanto la Cina aveva una superiorità
tecnica senza eguali nel settore cantieristico-navale. La sua impresa fu accompagnata dalla
pubblicazione di trattati geografici. Egli era un eunuco musulmano, con una grande apertura
mentale verso il mondo esterno; gli eunuchi erano delle figure vicine all’Imperatore, venivano
affidati loro compiti politici. A partire dalla fine del Cinquecento la dinastia dei Ming conosce
una crisi politica derivante dal forte sviluppo economico: l’urbanizzazione e la mobilità sociale
portano a una crisi dell’efficacia del sistema fiscale e di registrazione demografica. C’era inol-
tre una situazione di conflitto a corte, che vedeva contrapposti gruppi di eunuchi a
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Paesi tributari non confinanti (Laos, Birmania, Thailandia)
Paesi confinanti che offrono tributi all'Imperatore (Corea, Vietnam)
aree controllate indirettamente da autorità cinesi, in cui popolazioni sono indipendenti
aree di confine sotto controllo militare
province (suddivise all'interno, 13 nella dinastia Ming)
Pechino o Nanchino (capitale dei Ming)
raggruppamenti di mandarini (facevano parte di “partiti politici” differenti). A causa di attacchi
ai confini dell’Impero, furono spesi molti soldi per rinforzare i limiti. In questo periodo ci fu
anche il contatto diretto con gli europei: nel 1517 arrivarono i portoghesi a Canton, uno dei
grandi porti della Cina del Sud, dove essi avevano il permesso di esercitare commerci, che poi
tuttavia verrà loro revocato; solo dopo anni si creerà una colonia portoghese a Macao. Era in
corso una competizione violenta tra Portogallo, Spagna e Olanda per assicurarsi il controllo
commerciale dell’area cinese; i funzionari erano cattolici, soprattutto gesuiti, che, nonostante
la diffidenza delle popolazioni locali, si conquistarono la fiducia delle autorità. I primi due ge-
suiti ad avere cariche anche in Cina erano due italiani, Michele Ruggieri e Matteo Ricci. I cinesi
non opponevano resistenza dal punto di vista culturale, avevano un punto di vista molto idea-
lizzato di Europa. Il primo insediamento cattolico nacque vicino a Canton nel 1583. Matteo
Ricci fu uno dei primi europei a prendere residenza a Pechino, nei pressi della città proibita;
egli tentò di convertire alcuni alti funzionari imperiali al cattolicesimo, come Xu Guangqu, in
modo da ottenere una conversione di tutto il popolo, tentando di contrastare la crisi con in-
novazioni culturali. Gli europei portarono in Cina molte novità, nonostante la forte opposi-
zione sul piano religioso e culturale. 13
La tratta degli schiavi ebbe luogo tra il XV e il XIX secolo; nell’ambito di questo fenomeno ci
furono 12 milioni di deportati sulla tratta atlantica (di cui 9-10 milioni sopravvissuti al viaggio)
e 3,5 milioni sulla tratta orientale. Il picco dal punto di vista di quantità di gente deportata fu
raggiunto nel XVIII e XIX secolo; l’andamento era differente a seconda degli schiavi. Molti di
essi furono portati verso Brasile e Caraibi, solo il 4% raggiunse le coste statunitensi.
L’Africa è un continente posto al centro di uno spazio interattivo, in quanto sta tra Atlantico e
Oriente. Con le scoperte geografiche di fine Quattrocento si avviò un processo di colonizza-
zione del nuovo mondo e poco dopo si instaurò un ciclo commerciale triangolare:
Nord
Europa
Americ Africa
a
Prima del colonialismo, l’Africa aveva alcuni regni, caratterizzati da confini arrotondati, so-
vrapposti, non ben definiti a differenza di quelli degli stati europei: il potere sovrano era legato
al traffico carovaniero. Era presenta una conflittualità tra questi regni, che portava a continui
cambiamenti di confine. La tratta degli schiavi era un commercio imposto dagli europei, ma ci
fu comunque la partecipazione di intermediari africani, che portavano sulla costa i reclutati
con marce forzate. Anche i prigionieri di guerra diventavano schiavi.
L’isola di Goreè era un porto naturale e uno dei luoghi centrali della tratta degli schiavi; ora su
di essa è presente un museo dedicato alla tratta. Ci furono lotte per il controllo di quest’isola:
prima fu governata dagli olandesi, poi dai francesi. Nel 1848 il traffico di schiavi fu abolito.
L’isola di Goreè perse una fonte di guadagno con l’apertura del canale di Suez.
Gli spostamenti degli schiavi avvenivano via mare, e i deportati erano tenuti nelle stive delle
navi negriere: il 15% di tutti gli uomini prigionieri morì di stenti e di malattia, e ancora di più
ne morirono nelle fasi di cattura. Ci furono frequenti episodi di violenza sulle navi.
Una delle prime manifestazioni di tratta degli schiavi fu causata dai portoghesi. Enrico il Navi-
gatore volle raggiungere il “paese dell’oro”, cioè l’Africa sub-sahariana, il cui oro arrivava in
Europa per mezzo della mediazione degli arabi: per estrarre l’oro direttamente, senza alcun
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intermediario, i portoghesi necessitavano di manodopera. In questo caso gli schiavi venivano
marchiati a fuoco con uno stampo d’appartenenza. Nonostante questo, Enrico il Navigatore
non voleva sottomettere le popolazioni da cui prendeva gli schiavi. Parallelamente al commer-
cio degli schiavi, iniziò quello dell’oro.
Nel 1513 le leggi di Burgos furono applicate in America Latina: esse avevano come obiettivo
la limitazione della schiavitù degli indigeni: per i portoghesi colonizzatori questo significava
una diminuzione della manodopera locale. Il sovrano del Portogallo appaltò all’istituzione
commerciale Asiento il commercio degli schiavi: la tratta venne così legalizzata, ma non
c’erano vere e proprie regole, poiché molti Paesi si inserirono illegalmente. Il numero di per-
sone che viaggiavano sulla tratta aumentava e diminuiva a seconda dei bisogni europei.
Nel 1685 la Francia emanò il Codice Nero, che portava a una mitigazione delle condizioni per
gli schiavi. Lo schiavo più ambito dagli occidentali era il cosiddetto “pezzo d’India”. Ci fu poi
la prima abolizione dello schiavismo con la Rivoluzione Francese, ma esso fu ripristinato da
Napoleone, per poi essere di nuovo abolito nel 1848.
A inizio Settecento prese sempre più forza in Regno Unito un movimento abolizionista; i prin-
cipali sostenitori di questo movimento erano: J. H. Newton, un ex schiavista che si ritirò e
diventò un pastore anglicano; T. Clarkson, il fondatore del comitato. Alla base dell’abolizioni-
smo c’erano anche motivazioni economiche, sostenute da Adam Smith, il quale diceva che la
nascente potenza industriale aveva bisogno di lavoratori salariati. Con lo sviluppo capitalista
la tratta esaurì le sue funzioni; a seguito di una battaglia parlamentare, l’abolizione fu soste-
nuta da Wilberforce. Furono istituite delle crociere britanniche come premio per coloro che
intercettavano e denunciavano le navi schiaviste. Nel 1865, in seguito alla fine della guerra di
secessione, anche gli USA abolirono lo schiavismo.
L’identità consiste in una serie di elementi caratteristici di gruppi umani che hanno in comune
determinate peculiarità. Ci sono numerosi tipi d’identità:
nazionale (italiani, cinesi, …);
religiosa (i membri di una stessa identità religiosa sono spesso sparsi in vari Paesi);
etnica (non necessariamente le persone con la stessa identità abitano tutte nello stesso
Stato o hanno la stessa religione);
linguistica (persone che parlano la stessa lingua, non è un’identità nazionale);
politica (riconoscersi nello stesso partito);
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umana (ci sono molte diversità tra le persone, ma c’è sempre qualcosa in comune; l’iden-
tità umana contraddice le conflittualità tra identità).
Le identità si sovrappongono e possono essere più di una; esistono molte interdipendenze nel
mondo globalizzato. Nei vari attentati degli ultimi mesi (Parigi, 13 novembre 2015, 127 morti;
Beirut, 12 novembre 2015, 41 morti; Sinai, 1 novembre 2015, 224 morti; Ankara, 10 ottobre
2015, 92 morti) ci sono state reazioni diverse dell’opinione pubblica italiana: l’Italia si sente
più vicina agli eventi di Parigi perché c’è un’identità europea comune. La conciliazione di iden-
tità diverse può avvenire anche in eventi semplici come una amichevole di calcio; anche le
identità sportive sono collettive. Le interdipendenze provocate dalla globalizzazione non sem-
pre sono fonte di riappacificazione, in quanto la qualità dei rapporti tra identità è sempre dif-
ferente. Il discorso delle identità dal punto di vista storico ci mostra una non-permanenza delle
identità del tempo. Il libro di S. Huntington “The clash of civilizations” fa riferimento alla plu-
ralità delle civiltà di Spender del 1919: nel libro ci sono cinque/sei grandi civiltà contempora-
nee tra loro e destinate a scontrarsi.
Bush ha scelto di fare la guerra in Iraq in base alla teoria dello scontro di civiltà: Saddam Hus-
sein è stato ammazzato, ma il vuoto di potere creato da questo fatto ha causato una situazione
ancora peggiore. Questa visione non è storica, quindi i fatti accaduti non sono stati necessari:
lo scontro di civiltà è frutto della storia. Il mondo occidentale non ha capito questo processo
e lo ha accelerato: Saddam era un dittatore laico, ora c’è uno stato islamico a base religiosa.
L’ex premier britannico Tony Blair ha ammesso che fare la guerra in Iraq, conflitto da lui so-
stenuto, è stato un errore.
L’Impero Ottomano si estendeva dall’Africa Settentrionale al Medio Oriente; durò fino al
1918, anno in cui si disgregò velocemente: questo fu l’inizio dei problemi per l’identità musul-
mana-mediterranea. Esistono due gruppi principali di musulmani, tra i quali è prese