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LEZIONE 4: LA SITUAZIONE ITALIANA- ARTE OPTICAL, I GRUPPI "T" E "N"
In Italia oltre all'arte pop nasce un gruppo intorno alla galleria "La tartaruga", un altra area risale all'arte programmata, inoltre
nasce il gruppo di Piazza del Popolo, che nel 1974 espone alla biennale di Venezia. A Milano e a Padova si sviluppano i gruppi
rispettivamente T (Tempo) e N, che esporranno nel 1970 in una mostra curata da Umberto Eco nel negozio della Olivetti. Il
gruppo di Milano ha tendenze mentalistiche, e vi appartengono artisti come Fontana e Manzoni; la loro sistemazione ambientale è
“Consideriamo la realtà
quella della galleria Azimuth, guidata dal critico Vincenzo Agneti. Il gruppo T si presenta così nel 1960:
come continuo divenire di fenomeni che noi percepiamo nella variazione…nella diversa relazione di spazio e tempo. …L’opera è
una realtà fatta con gli stessi elementi che costituiscono la realtà che ci circonda, quindi l’opera dev’essere in continua
variazione….proponiamo all’attenzione del pubblico degli esperimenti con colori, forme, superfici in variazione”
Enrico Castellani, Superficie in rilievo, 1959; Superficie blu, 1964, colore vinilico su tela stesa su telaio con chiodi infissi;
Superficie, 1969: sono tele monocrome, uniformi, con distinti numeri progressivi: le opere mostrano ricerche concettuali
realistiche, c'è una tendenza all'azzeramento di qualsiasi espressione, gestualità, la tela non è più caricata in senso espressivo,
come faceva Vedova. Tutta la ridondanza viene azzerata, la raffigurazione è basata sull'intento. Nella tela blu, per esempio, si
oggettiva la sensibilità dell'esperire il colore blu. Le sue tele si presentano movimentate, inserisce dei chiodi e li accosta alle tele e
le strofette, inserisce poi degli affossamenti e studia una scansione ritmica di modo che la successione sia seriale, volendo
sottolineare che questi fenomeni sono dei fenomeni. Questo lavoro è la controparte della concezione di fontana, si gioca sulla
tridimensionalità, e l'autore si preoccupa di rendere la luce fenomeno, qualcosa di cangiante e variabile, ispirandosi al tedesco
gruppo O.
Nel gennaio del 1960 il gruppo T espone alla galleria Pater, nonché alla biennale di Venezia nel 1966, con allestimento di Scarpa:
i giovani del gruppo T sottolineavano la collettività del loro lavoro, eliminando la singola autorialità. Il biennio 66-67 è quello
dove gli artisti lavorano alla definizione degli ambienti.
Lucio Fontana, Ambiente bianco: è una delle opere più suggestive della biennale dei 66, vuole essere uno spazio di riflessione,
soprattutto per la veduta di taglio.
Gianni Colombo, Strutturazione pulsante, 1959: si tratta di un pannello di 90 blocchetti di polistirolo espanso su legno, c'è una
animazione elettro magnetica, innescata dal pubblico, secondo una sequenza non prevedibile. L'opera non è firmata, a testimoniare
la progettazione del collettivo e la rinuncia all'autorialità; l'opera consiste in una serie di blocchetti di polistirolo, che si potevano
accendere e spegnere. L'opera può essere confrontata con Achrome, 1959, fatta da Manzoni.
Gabriele De Vecchi, Superficie in vibrazione, 1959- 1963s opera consiste in una superficie elastica in gomma para su cui sono
infissi spilli, le cui teste sono sollecitate da un congegno elettrico, ritornando sempre nella posizione iniziale, 55 x 5. In gomma e
che ho di è particolarmente felice: c'è un motorino elettrico che fa uscire i chiodi e poi di far rientrare, c'è un grande rigore di
progettazione. Ci sono gli esiti casuali, ovvero la maniera in cui i chiodi vengono fuori Confronto con Castellani, Superficie 1959
Davide Boriani, Superficie magnetica, 1962, alluminio, vetro, calamita e limatura di ferro, motore elettrico, 65 x 60 x 30 defunti
superficie magnetica, la polvere magnetica si sposta con il motorino, grazie anche all'impiego di magneti.
Grazia Varisco, Schema luminoso variabile, 1962- 65: dietro uno schermo quadrato in plexiglas entro il quale è sagomato un
cerchio riempito di nastri adesivi, ruota, grazie a un elettromotore, e illuminato da una circolina al neon, un secondo schermo
rotondo sul quale è realizzato un altro reticolo scuro. In quest'opera non ci sono congegni meccanici, ma una lastra di perspex blu
sul retro, e nastri di scoccia nero sul telaio. Vediamo un reticolo azzurro con funzionamento caleidoscopico, un'arte programmata
e studiata. Ecco scrivere che l'opera d'arte viene dall'osservazione dello spettatore. Quindi è l'occhio di chi guarda che legittimo
l'opera d'arte, come già aveva capito Duchamp.
OPTICAL ART: fortemente sostenuta da Argan, un critico militante delle avanguardie, ritiene che il progetto artistico sia da
riprendere dall'architettura e dal design; apprezza la componente della riflessione, l'arte, dice, deve essere un modello per la
produzione industriale; perora così lo studio dei prototipi di alta qualità,, le opere devono funzionare come multipli, essere
vendute a un prezzo minore, per democratizzare l'arte in un'epoca di forte collezionismo. Questo movimento ha però un successo
breve: espongono con molto successo nel 1965 a New York, al MoMa, nella mostra "The responsive eye". Particolare riflessione
danno le opere del 1966 di Julio Le Park, molte in restauro, che mostrano congegni estremamente delicati.
“ Queste ricerche muovono dalla psicologia della Gestalt (…) il problema che specialmente interessa
Argan 1963: è quello
dell’organizzazione formale, della tendenza della mente a dare forma, a strutturare l’esperienza, a isolare certe entità unitarie
nella congerie dei fenomeni (…) opera per verifica di ipotesi (…) modellandosi non sulla labilità di valori dell’industria ma sul
suo rigore di procedimenti (…) mirando a inserirsi nel vivo delle metodologie produttive, la corrente gestaltica mira a
correggerne il brutale pragmatismo quantitativo con l’esempio di una metodologia critica e sperimentale”
Enzo Mari, Struttura n. 495, (prototipo 1959), Teca in acciaio e perspex con moduli in plastica, che si disgregano in diverse
“ I moduli naturali, p.es., rocce franate precipitano e si riorganizzano
configurazioni a seconda della rotazione della teca.
loro modularità , dalla gravità e dalla necessità di adattamento ad altre strutturazioni ambientali”.
condizionati dalla L'opera
consiste in una testa di acciaio ossidato, voleva riprendere un fenomeno naturale.
GRUPPO N:
Alberto Biasi, Binomio Enne S10, 1961, doppia serigrafia su cartoncino e vetro: opera serigrafica il primo foglio e in plastica
trasparente, c'è un cinereticolo spettrale.
A. Biasi, Cinereticolo spettrale, 1966. Prismi in metacrilato, su piano in legno, fatti ruotare da un motore, scompongono la luce
artificiale proveniente dalla estremità della tavola; la rifrazione induce una gamma sempre diversa di colori su cui l’osservatore
può intervenire variando il movimento.
Edoardo Landi, Cineriflessione sferica variabile, 1966-67: su piano di plexiglass azzurro sono 16 dischetti di cartoncino dipinti
con colori fluorescenti che si riflettono su altrettante semisfere di materiale plastico argentato entro le quali sono appesi. I dischetti
di cartone ruotano con colori di intensità diversa, di questi giochi ottici percettivi restano delle immagini.
Jean Tinguely, Baluba bye bye, 1961, assemblage di ferraglie con elettromotore: congegni elettrici e meccanici che fanno arte.
Julio Le Parc, 5 Movimenti sorpresa, congegno elettromeccanico, 1965, molto visivo.
Davide Boriani, Camera stroboscopica, 1965-67. Cubo con quattro pareti a specchio, con al centro un piano, sempre a specchi,
che divide lo spazio in due triangoli a facce speculari. Il pavimento in resina polivinilica, è a strisce rosse e verdi e illuminato da
una luce pulsante intermittente rosso- verde, emessa con frequenza variabile da proiettori stroboscopici al soffitto.
Ambiente bianco del 1977, realizzato dentro palazzo Trenci a Foligno: vengono ricreati spazi, dove gli osservatori devono entrare,
con teloni e si professi dagli angoli allo scopo di oggetti filtrare la luce, creando dei giochi ottici. C'era una finissima superficie
specchiante e, quando gli spettatori entravano, c'era l'accensione delle luci, e comparivano serigrafie di linee.
Gianni Colombo, Spazio elastico, 1966-67, ambiente a luce nera di Wood, con elastici fluorescenti tirati da motore elettrico: lo
spazio è tutto occupato dal reticolo elastico, il pavimento è di design, l'opera vuole evidenziare il mito del disegno industriale
italiano, che ha inizio proprio in quegli anni.
Francesco Lo Savio, Spazio luce, resina sintetica su tela, 1959, 100x120; Filtro, 1960, resina sintetica e rete metallica, 100 x 124;
morirà suicida. Nell'altra vediamo griglie di metallo e la stesura uniforme dei supporti di resina e dei sintetici a più spessori, che
danno l'idea dell'affiorare.
Un collezionista importante in questo periodo è Romano, che compra molto le opere di Rotchko; c'è un'oggettistica azione della
luce nella sua variabilità, e un grande omaggio al Bauhaus, tende già al minimalismo, con superfici di metallo a Parigi, riduzione e
rarefazione, solidificazione.
Tano Festa, Città di Genova, 1961“A me la pop-art non ha mai interessato. In quegli anni io facevo degli oggetti in legno che
derivavano in qualche modo dalla lezione della pittura metafisica: armadi, specchi, finestre, obelischi. Giorgio Franchetti
insistendo sul carattere mentale della mia pittura aveva proprio ragione. (…) Detesto l’arte basata sul mito dell’abilità
che sono l’estetismo e il
artigianale e manuale: Aver smantellato il feticcio del talento, da cui sono nati questi orrendi equivoci
sensibilismo, è il risultato più ragguardevole del lavoro fatto allora”. Intervista a Franco Angeli: “un quadro monocromo non è
poi di un solo colore, ma al contrario può avere una superficie dinamica, movimentata da variazioni, trasparenze, se la stesura è
data in modi differenti”.
Mario Schifano, Giallo cromo, 1962, coll. Sonnabend, Rovereto, Mart. Calvesi dice che quest'arte si rifà al neodada, in quanto
azzeramento della precedente metafisica, le pennellate, infatti, hanno una grande gestualità.
Viene fatta una mostra a New York, dove gli italiani hanno un contatto con la pop art, e gli italiani recepiscono soprattutto la
pratica di mettere insieme reperti oggettuali per costruire un tessuto.
Schifano, Particolare di esterno, 1962, smalto su carta intelata, 180 x 140; Particolare propaganda 1963-64, smalto e carboncino
su tela: reduce da New York si ispira a Warhol e usa il marchio della coca-cola: lo proietta su uno schermo, egli lo dilata,