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LEZIONE OTTO: L'ANTROPOLOGIA DEL PATRIMONIO CULTURALE
La lezione è iniziata parlando della prossima apertura del MUCEM (Musèe de civilasation pour l'Europe et
le Mediteranèe), museo che ha iniziato un processo di patrimonializzazione verso vari oggetti, dagli
skateboards ai graffiti, alla produzione dell'olio, a oggetti che riguardano la prevenzione dell'AIDS.
L'obbiettivo del museo è illustrare la civiltà europea e del mediterraneo del 21° secolo, patrimonializzando il
presente. Un altro museo antropologico importante in Francia è il museo Quai Branly, a Parigi, che si è
rivelato una delusione per gli antropologi, poiché prevale un gusto collezionistico estetizzante, e
l'appiattimento della diversità culturale. Il museo è stato voluto da Chirac, allora presidente, ed è stato
inaugurato nel 2006. E', come si può intuire, un museo fortemente politicizzato, e non è un caso che
Clemente lo critichi così fortemente, dato che non lo ritiene genuino. L'antropologia del patrimonio culturale
è collocata nell'ambito dell'antropologia post classica Questa prospettiva è quella di Malinowskj e dei suoi
contemporanei, assolutamente non dialogica. Il libro "Writing cultures" di Clifford racconta del suo viaggio
a Santa Fe nel 1980, dove partecipò a un seminario su come scrivere di antropologia. Nel libro di Karp e
Lavine "Culture in mostra" (1994) viene invece confutata l'idea che un museo dica la "verità" e che sia un
luogo neutrale. In ambito anglosassone sono nati i "cultural studies", una corrente sociologica indirizzata
allo studio dei fenomeni sociali contemporanei. Clemente dichiara che l'antropologia del patrimonio è nata
dopo l'antropologia museale, perché il termine "patrimonio" è ripreso attraverso il lavoro dell'UNESCO., e si
concentra sulla pluri-autorialità della conoscenza. Nel saggio "L'autore moltiplicato", Clemente parla di
Malinowskj, il quale, da scienziato, scrisse una monografia parlando di sé in III persona, ma confidava le
è il primo a far entrare l’antropologia del
sue emozioni a un diario scritto in prima persona. Pietro Clemente
patrimonio nel mondo accademico, insegnandola a Firenze e Siena. Negli anni ’20 del Novecento Bronisław
Malinowski andò nelle isole Trobriand, scrivendo una monografia sulla cultura indigena. La prospettiva di
questi antropologi era "dal piedistallo", considerandosi superiori e rifiutando ogni tipo di collaborazione, e
soprattutto assumendosi come diritto la rappresentazione della loro cultura secondo le proprie percezioni.
In questo testo si contesta all’antropologo ed allo studioso l’autorità di
o Writing Cultures-1986.
rappresentare l’altro, evidenziando come ogni cultura possa rappresentare se stessa. L’antropologo
deve assumere un atteggiamento collaborativo con le varie comunità, costruendo assieme ad esse la
loro rappresentazione in una processo. Viene messa sotto accusa anche la retorica scientifica, per
esempio lo scrivere in terza persona per dare l'idea di oggettività e autorità a ciò che si scrive.
l’idea che il museo sia una rappresentazione oggettiva di una cultura,
o Exhibiting Cultures–Confuta
deriva sempre da un punto di vista. Il museo non è luogo neutrale, è uno strumento politico, che
diventa specchio di chi lo produce.
o Cultural Studies– Il movimento propugna l'idea che la cultura non vada considerata semplicemente
come un bacino d’analisi, ma anche come un luogo dove operare criticamente. Viene analizzato poi
il rapporto tra cultura e potere
LEZIONE NOVE: INTERVENTO DI PIETRO CLEMENTE
Clifford dice che l'antropologo "scrive" e Clemente stesso ha sperimentato vari tipi di scritture. Si è formato
con Cirese, un "loriano", iniziando poi a lavorare presso l'università di Siena, dove ha fondato un museo
sulla mezzadria col contributo del suo mentore. Si è interessato al lavoro di Guatelli, il quale incentrò il
museo sulla propria vita. Lo ha colpito molto il fatto che Guatelli raccogliesse la spazzatura, ma anche un
suo collega comprava dagli zingari a Roma oggetti che loro recuperavano nei cassonetti, e ci ha fatto una
mostra. Calvino fece una profonda riflessione sulla spazzatura, dicendo che: "Noi siamo quello che non
buttiamo". Guatelli stesso, con cui Clemente ha lavorato negli anni '90, parlava del "Busòn" una buca che
veniva fatta in terra dove i padroni gettavano gli oggetti da buttar via, che venivano poi recuperati dai
contadini. Clemente è stato referente dei movimenti per l'antropologia museale, quando assediavano il
MIBAC perché aprisse delle scuole di specializzazione, e perché provvedesse a far lavorare le persone
competenti. Intanto negli anni ’90 il Pigorini ed il MNATP iniziano ad aprirsi al dialogo antropologico
americano, ed al loro interno sorse il primo nucleo dell’associazione Antropologia Museale. Clemente e
Guatelli si uniscono ad essa fondando SIMBDEA, associazione extra-accademica di dibattito, di supporto ai
musei, e orientata al dialogo col ministero; proprio con questo si aprì una lotta per introdurre antropologi del
patrimonio all’interno sia del MIBAC, che delle sovrintendenze. Guatelli diceva di essere osteggiato dagli
ex- mezzadri, i quali non volevano che la loro miseria fosse mostrata, non comprendendone il valore di
testimonianza, né che Guatelli non voleva elogiare quello stile di vita, solo descriverlo. Gli anni '90 sono il
teatro anche del dibattito sul patrimonio, soprattutto in Francia (convegno con Catalani e Italiani). Nel 2004
il Codice dei Beni Culturali accoglie l'idea di patrimonio come insieme e di Bene culturale come settore.
Grazie al Codice i musei hanno una direzione, uno staff definito ed un fine ben preciso. Il patrimonio
dovrebbe essere valorizzato dallo Stato, ma il MIBAC non ha la volontà di patrimonializzazione, essa parte
sempre dal basso. La patrimonializzazione, che può essere definita anche come processo di riconoscimento
delle differenze, nasce in Italia negli anni '70. A partire dal 2007 l'Italia ha un ruolo più partecipe
nell'UNESCO, che fa delle convenzioni oggetti di trattative fra Stati. La prima, quella del 1972, era
sul riconoscimento del patrimonio materiale; alla fine degli anni ’80 poi nacque un fermento verso
incentrata
il riconoscimento dell’immateriale, che si consolidò nel 2003. Il PCI italiano diventa ICH (Intangible
Cultural Heritage). Le nazioni potevano ora far richiesta a livello internazionale per la tutela di un proprio
bene immateriale (le nazioni asiatiche hanno spinto molto su questo). Nasce quindi la Lista dei Capolavori
dell’Umanità, divenuta poi Lista Internazionale Rappresentativa, che ogni anno riconosce dei beni
ha attivato una sezione per l’ICH.
immateriali per la tutela internazionale. In conseguenza anche SIMBDEA
è stata riconosciuta come ONG (organismo non governativo) dall’UNESCO, nell’ambito della
SIMBDEA
creazione di una rete di patrimonializzazione dal basso. SIMBDEA lavora per la creazione di inventari
partecipati, così da far rete e favore gli incontri e gli scambi, più che il riconoscimento a livello mondiale,
che porta alla guerra patrimoniale (es. Gigli di Nola vs pupi siciliani). Clemente ritiene che un museo "vero"
debba rifiutare l'idea ottocentesca di chiusura (quelli che Guatelli chiama "musei-prigioni"), ma deve andare
incontro alla gente. Il Quai-Branly si propone invece come un museo acritico, ottocentesco. Clemente fa
riferimento anche a come si "libera" un oggetto, ovvero rendendogli una nuova vita, quella conoscitiva.
Mario Turci, ad esempio, ha fatto una mostra sugli oggetti industriali ora non più usati (walkman,
audiocassette, giochi). Clemente non crede che la patrimonializzazione debba essere al centro di dibattiti,
essa non è altro che un concetto e significa "tutelare e valorizzare". L'oggetto patrimonializzato dovrebbe
suggerire riflessioni sull'alterità: tutte le manifestazioni vorrebbero il riconoscimento patrimoniale, però,
come un premio. L'azione di SIMBDEA non era riconosciuta in ambito accademico, fino a quando
Clemente inaugurò due corsi di laurea a Firenze: antropologia del patrimonio culturale ed antropologia delle
scrisse la relazione “L’Antropologia del Patrimonio
istituzioni culturali. Per valorizzare tali corsi, Clemente
per il Convegno di Matera. Quella di Clemente è un’antropologia di servizio pubblico, in contatto
Culturale”
con le sovrintendenze, finalizzata alla ricerca ed alla catalogazione; tutto per trasmettere saperi e conoscenze
alle generazioni future. Si deve porre un limite alla patrimonializzazione? Non necessariamente, il fatto che
tutto possa essere patrimonio non incide sulla vitalità degli oggetti coinvolti e su coloro che invece non lo
sono; perciò il concetto di patrimonio può anche finire per coincidere con quello di vita stessa.
LEZIONE DIECI: INTERVENTO DI COSTANZA LANZARA-I TESTI
DELL'ANTROPOLOGIA
Lanzara si è formata coniugando lo studio del teatro a quello dell'antropologia, ed ama occuparsi soprattutto
di patrimonio culturale. Inizia la lezione parlando del volume di Tylor (1871) "Primitive cultures", che
indica come la cultura, presa nel suo significato etnografico più ampio, è quell'insieme che comprende arte,
credenze, conoscenze, legge, morale e usanza acquisita dall'uomo come individuo sociale. Ciò è in contrasto
col Positivismo ottocentesco, che interpretava il tempo come lineare, dall'arretrata primitività al moderno
progresso. Altri autori che l'hanno ispirata sono Hannerz "La diversità è il nostro mestiere" (2010) e "Il
mondo dell'antropologia" : lui propone di usare l'antropologia come brand, mentre Lanzara ritiene che lo
scopo dell'antropologia sia la tutela e la salvaguardia del patrimonio. Dice che l'antropologia è una disciplina
molto critica, dove si cerca di comprendere le varie forme di cultura (così anche in Aime "L'antropologia si
occupa degli uomini, in relazione al contesto in cui vive." da "Il primo libro di antropologia", 2008). Si è
interessata anche all'antropologia "classica" di Malinowskji, leggendo "Argonauti" (1922) dove l'autore fa
un'interessante metafora asserendo che "nel momento in cui l'antropologia iniziava a riordinare il
laboratorio, il materiale spariva". Lo scrittore fa quindi notare che nel 1922 c'era già una crisi
dell'antropologia, nata durante il positivismo. Poi L