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EMORRAGICO.
Vedete che già l’essudato, in qualche modo, ci caratterizza il tipo di flogosi, ossia una flogosi di tipo
sierosa, siero-fibrinosa, fibrino-purulenta, francamente purulenta, purulenta-emorragica e così via.
Difficile è descrivere una caratteristica morfologica solo sulla base di un elemento secco, a meno
che non sia solo pus e basta, però in genere c’è pus con screziatura ematica, sierosa con una
screziatura di fibrina, e così via. Quindi, vedete che spesso (ma non in tutti i casi) le caratteristiche
dell’essudato ci danno delle indicazioni di massima sul proprio agente eziologico e sul tipo di
pericardite. Se poi ricordate che le caratteristiche delle sierose sono la lucentezza, la trasparenza e
quant’altro, nella pericardite tali caratteristiche si modificano, naturalmente: il pericardio sarà
ispessito, un po’ opaco, se non addirittura biancastro e queste sono tutte alterazioni della
superficie>>> da lucente diventa opaco, da trasparente diventa opaco o addirittura bianco, da essere
sottile diventa un po’ più spesso (tutte caratteristiche morfologiche importanti). In questo caso, per
esempio, vedete in questa immagine:
Questa è una pericardite fibrinosa: l’area biancastra che vedete sono dei filamenti di fibrina e
quando questi sono particolarmente rilevanti si parlava, un tempo, di cor villosum, cioè quasi dei
capelli, ossia i filamenti di fibrina sembrano quasi dei capelli molto sottili, però friabili, che sono
stratificati sulla superficie. Se andiamo a vedere istologicamente [secondo vetrino]:
osserveremo un panno di fibrina, riconoscendo il miocardio, più o meno organizzata con gli
elementi della flogosi che in generale sono pochi granulociti, ma sono prevalentemente cellule
istiocitarie, cioè macrofagi che cercano di rimuovere i detriti di fibrina, ovvero il materiale di
essudato che si è determinato. Da un punto di vista concettuale quello che vi sto dicendo per la
pericardite potete applicarlo alle pleuriti, alle peritoniti e fino ad un certo punto anche alle
vaginaliti (= infezione delle tonache vaginali). Tra le forme non infettive sicuramente molta
importanza spetta alla PERICARDITE REUMATICA, che è tra le varie forme di pericardite è
relativamente frequente. Quali sono le caratteristiche importanti della pericardite reumatica? Il
fatto che essa può essere di tipo siero-fibrinoso (quindi un danno più o meno relativo), da siero-
fibrinoso ci può essere che la componente liquida diventi progressivamente decrescente e si riduce
sino a dare il quadro di pericardite fibrinosa, che poi viene etichettata come pericardite secca o
sicca, dove non c’è l’essudato pericardico, ma semplicemente c’è solo la stratificazione di fibrina
che a livello auscultatorio si sente come “sfregamento”. Quando le superfici del pericardio o delle
sierose in generale non sono lisce, non sono regolari sfregano tra di loro, in movimento, ed ecco
perché c’è questa correlazione anatomo-clinica avendo quell’aspetto, che vi ho accennato prima,
del cor villosum, cioè di queste stratificazioni biancastre friabili sulla superficie epicardica. Se
fosse soltanto un fatto di rumore, che uno sente solo lo sfregamento poco male! Non è un granché,
tanto più se non c’è l’essudato non c’è un impaccio alla funzionalità cardiaca. Il problema è che la
stratificazione della fibrina, che è importante, può dare origine a dei fenomeni aderenziali, cioè
questa fibrina determina dei fenomeni di adesione, essendo un po’ appiccicosa crea delle aderenze,
che inizialmente sono delle aderenze elastiche, per cui il cuore ha facilità di movimento
>>>immaginate una cosa che si attacca e si stacca, riattaccandosi viene stirata. Ma nel momento in
cui queste aderenze diventano pian piano più tenaci subendo un processo cicatriziale si
evolveranno in sinechie, cioè dei ponti iniziali di fibrina e poi di fibrina-cicatriziale che possono
compromettere la funzionalità del cuore tanto più quanto più esse sono estese. Non sarà in sé il
ponte di fibrina a dare il problema, ma se la zona compromessa è ampia questo rappresenta un
ostacolo al movimento e quindi può avere delle conseguenze cliniche. Spesso sono misconosciuti al
tavolo autoptico, ma non è infrequente trovare delle sinechie, dei ponti di fibrina, ma di cui non
c’era segno clinico pre-mortem. Il problema delle pericarditi è appunto quello, ossia il fatto che se
uno ha un fatto influenzale o virale sistemico può avere una pericardite sierosa, può avere una
sintomatologia associata: un affaticamento, non particolarmente sintomatico, si avrà inseguito una
regressione della sintomatologia generale del quadro clinico e quindi in questo caso la pericardite
sierosa non da esito. Al contrario, tanto maggiore è il danno, quindi tanto maggiore è l’essudazione
di componenti proteici e molecolari, tanto maggiore è il rischio, invece, che si abbiano fenomeni di
organizzazione di aderenza sul pericardio, sinchie e quant’altro. L’organizzazione dell’essudato è
tutta una serie di eventi che evidentemente possono in qualche modo, maggiore o minore
compromettere la funzionalità del cuore. Infatti, se tali eventi, cicatriziali sono locali, cioè sono
molto circoscritti e non si associano in modo aderenziale tra i due foglietti noi troveremo quelle che
vengono dette macchie tendinee, cioè delle piccole chiazze biancastre sulla superficie epicardica.
Soprattutto nei soggetti che hanno una ipertrofia cardiaca che avranno un cuore ipertrofico che
sbatte continuamente sottoponendo le pareti della sierosa ad uno stress meccanico in coincidenza ad
una sollecitazione da stress meccanico si ha una pericardite. Si avrà, quindi, una specie di callo
fibroso, una macchia tendinea (è improprio dire macchia tendinea, perché non c’è nessun tendine,
però siccome la consistenza è simile a quella di un tendine si chiamano macchie tendinee). Quando,
invece tali sinechie sono estese si hanno dei quadri clinici che, devo dire, probabilmente sono
particolarmente rari, però si hanno: per esempio, si ha la concretio cardiaca o la accretio cordis
>>> O i due foglietti aderiscono tra di loro in maniera più o meno tenace o addirittura si creano
delle aderenze fra il pericardio con delle strutture extra pericardiche (abbiamo trovato dei casi di
aderenza del pericardio sulla faccia interna dello sterno). Tutti questi elementi possono in qualche
modo, maggiore o minore a seconda delle entità, compromettere la funzionalità cardiaca.
Naturalmente su tali zone di aderenza possono precipitare sali di calcio determinando delle calciosi.
Si possono avere flogosi a pousses, cioè a riacutizzazione periodica, e questo può determinare un
quadro clinico di una pericardite cronica adesiva proprio perché si formano progressivamente
sempre di più queste zone di adesione tra i due foglietti della sierosa. Anche se la pericardite non è
un argomento di grande rilevanza, però notiamo che può dare delle conseguenze più o meno severe.
Per le pericarditi ci fermiamo qui.
MIOCARDTI
Anche qui siamo nell’ambito prettamente di patologia medica, non è di competenza chirurgica, ma
puramente dell’internista o del cardiologo. La miocardite è una patologia infiammatoria del
miocardio e può essere primitiva del miocardio se colpisce prettamente il miocardio, ma più
frequentemente colpisce o l’endocardio o il pericardio e può essere una miopericardite o una
endopericardite e così via. Vedete che da un punto di vista epidemiologico è piuttosto rara, si trova
nel 2-4 % di tutte le autopsie (quando venivano fatte più frequentemente e non di rado come adesso
a Bari!). Però, il dato epidemiologico ci dice che è “rara clinicamente”, cioè vuol dire che
clinicamente dà segno di sé, raramente, ma in effetti, visto che, in teoria si trova nei 2-4% dei casi
di autopsia, i casi asintomatici o che passano misconosciuti sono un po’ di più. Evidentemente c’è
una discrepanza fra il dato morfologico e quello clinico. Anche qui, quando parliamo di una
malattia infiammatoria (ciò vale per qualunque distretto anatomico) può essere differenziato nelle
forme infettive e non infettive, anche per le miocardite vale un po’ quello che vale per tutte le altre
patologie infiammatorie. Come mai il miocardio può essere sede di un fenomeno infettivo ? Può
essere o perché c’è invasione diretta di agenti infettivi nel miocardio per via ematica o per
contiguità o per un trasporto iatrogeno (intervento chirurgico)>>>ciò sarà un meccanismo ovvio
affinché l’agente infettante si troverà in quella determinata sede. Può essere dovuta alla diffusione
di agenti tossici liberati da microrganismi come la classica antica difterite (comunque viene citato
perché la tossina difterica da un particolare quadro morfologico). Più importante, sicuramente, è il
fatto che gli agenti infettanti possono mediare o essere fattore scatenante o una successiva reazione
immunitaria come nel caso specifico della malattia reumatica. La malattia reumatica come tale non
è così, nella sua patogenesi, direttamente una malattia infettiva, ma essendo scatenante da un altro
agente infettante può essere, di fatto, inserita o tra le miocarditi da eziologia infettiva o tra le forme
di patogenesi immunitarie. Perché poi il meccanismo patologico del danno miocardico non consiste
nella localizzazione dell’agente infettante, ma da un meccanismo di tipo patologico. Le forme non
infettive vedete che sono sostanzialmente analoghe a quelle delle pericarditi: le radiazioni ionizzanti
possono dare miocarditi, l’esposizione, più che l’assunzione, di sostanze tossiche, può determinare
un danno miocardico (anche qui, però, siamo, abbastanza nel vago). Come stati dismetabolici
possono creare stati di insofferenza miocardica come l’ipertiroidismo e l’ipotiroidismo o il diabete:
tutte situazioni in cui il metabolismo cardiaco può essere alterato. Logico è che molti in questi casi
il problema cardiaco è l’ultimo dei problemi, se così vogliamo dire, perché anche per questo passa
misconosciuto. Come appare macroscopicamente un cuore colpito da una miocardite:
classicamente in un soggetto deceduto il cuore è generalmente pallido. Ora, in “vivo” il cuore ha un
colore piuttosto rosso intenso forte, in tal caso il cuore ha una sua tonicità: ad esempio, se io prendo
il cuore e lo poggio su di un pia