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DIRITTO AL NOME
Altro diritto della personalità è il diritto al nome. Il diritto al nome è disciplinato
già dal Codice Civile agli articoli 6, 7, 8, 9. Il diritto al nome è un diritto della
personalità perché il nome ha una funzione identificativa del soggetto, cioè
identifica il soggetto nel contesto sociale e politico, quindi gli garantisce una
forma non solo di riconoscibilità ma in qualche modo garantisce anche la sua
identità sociale dovuta alla discendenza da una certa famiglia, ai legami
parentali con una certa famiglia oppure ai legami con un certo contesto socio-
culturale. Quindi per nome non si intende il nome di battesimo, ma l'intero
nome del soggetto (quello che lo identifica nel sociale) composto dal
prenome e dal cognome. L'art. 6 del Codice Civile dispone che "ogni persona
ha diritto al nome che le è per legge attribuito. Nel nome si comprendono il
prenome e il cognome. Non sono ammessi cambiamenti, aggiunte o rettifiche
al nome, se non nei casi e nei modi previsti dalla legge". Quindi da questa
norma si evince che si può cambiare il nome, e si può cambiare anche il
cognome, ma solo in determinati casi. [Per poter cambiare cognome bisogna
dimostrare che portare quel cognome è lesivo della propria persona, cioè
dev'essere: o un cognome ridicolo, o un cognome pregiudizievole (es. Riina)
cioè un cognome che gli arreca pregiudizio]. All'art. 8 della CEDU e all'art. 7
della Carta di Nizza non troviamo direttamente la tutela del nome, ma
troviamo delle norme di principio che attraverso la tutela di altri diritti
fondamentali, sostanzialmente, comprendono in sé la tutela del nome. Così
ad es. l'art. 7 della Carta di Nizza sancisce il diritto al rispetto della vita privata
e familiare. Tale diritto al rispetto della vita privata e familiare passa
attraverso la tutela del diritto al nome, perché naturalmente la posizione
all'interno della famiglia ce la da il cognome che portiamo, e anche il diritto al
rispetto della vita privata passa attraverso l'uso che abitualmente si fa del
proprio nome. L'art. 8 della CEDU dispone che "ogni persona ha diritto al
rispetto della propria vita privata e familiare, del proprio domicilio e della sua
corrispondenza. Non può esserci l'ingerenza di un'autorità pubblica
nell'esercizio di tale diritto, a meno che tale ingerenza sia prevista dalla
legge". Quindi si assicura il rispetto della propria vita familiare e dell'utilizzo
che del proprio nome di famiglia si faccia anche da parte della pubblica
autorità. Anche l'art. 7 della Carta di Nizza parla del rispetto della vita privata
e della vita familiare (quindi un po’ riproduce quel tipo di tutela previsto all'art.
8 della CEDU). Tale articolo dispone che "ogni individuo ha diritto al rispetto
della propria vita privata e familiare, del proprio domicilio e delle sue
comunicazioni". Anche qui la connessione è indiretta, passa attraverso il
rispetto della vita familiare l'interesse al rispetto dell'uso del proprio nome.
Come si assume il cognome? I figli nati da un matrimonio assumono il
cognome paterno. Tuttavia c'è una legge italiana, non ancora entrata in
vigore, che prevede la possibilità per il figlio di acquisire accanto al cognome
paterno anche quello materno (quindi l’imposizione del doppio cognome al
neonato o al soggetto interessato una volta divenuto maggiorente qualora ne
faccia richiesta). Per quanto riguarda, invece, i figli nati fuori dal matrimonio è
previsto che se il figlio viene riconosciuto da entrambi i genitori
contemporaneamente acquisisce il cognome paterno; se invece viene
riconosciuto da uno solo dei genitori acquisisce il cognome dal genitore che
lo ha riconosciuto per primo, ma se per secondo lo riconosce il padre si può
chiedere la sostituzione del cognome e il giudice può negarla solo se questa
sostituzione arreca un pregiudizio al minore perché per es. il minore è
conosciuto con il cognome materno da tanti anni, ma se si parla di un minore
di pochi mesi o di pochi anni sicuramente nessun giudice la negherebbe. Per
quanto riguarda invece i figli non riconoscibili (esistono dei figli che non
possono essere riconosciuti. Chi sono? Sono quelli che nascono da incesto).
Questi figli non riconoscibili quale cognome acquisiscono? Acquisiscono il
cognome che gli dà l'ufficiale dello stato civile quando compie la
registrazione. Lo stesso vale per i figli di N.N., che oramai non ci sono più.
[N.N. sta per “nescio nomen” cioè i figli di nessuno, non si conosce il nome
del padre perché il padre è sconosciuto]. Per quanto riguarda i figli adottivi:
quale cognome acquisiscono? Noi sappiamo che nel nostro ordinamento ci
sono diversi tipi di adozione: l'adozione di maggiori di età e l'adozione dei
minori di età; e nell'adozione dei minori di età abbiamo: l'adozione
legittimante e l'adozione non legittimante. Ora non si può più parlare di
adozione legittimante perché non esiste più la distinzione tra figlio legittimo e
figlio naturale, ma comunque sia chiamiamola così per ragioni didattiche.
L'adozione legittimante (che sarebbe l'adozione dei minori di età) detta anche
adozione piena, di cui agli artt. 6 e seguenti della legge numero 184 del 1983,
fa acquisire al soggetto minore adottato lo stesso status del figlio nato
all'interno del matrimonio. Quindi naturalmente acquisisce il cognome del
padre (quindi si applica la stessa disciplina prevista per il figlio nato all'interno
del matrimonio). Anche l'adozione internazionale funziona allo stesso modo
perché ha gli stessi effetti pieni o legittimanti. Quindi il figlio adottato
acquisisce lo stesso status, identico, del figlio nato durante il matrimonio. Per
quanto riguarda, invece, l'adozione dei maggiori di età e la c.d. adozione in
casi particolari (ex art. 44 e seguenti della legge numero 184 del 1983)
queste adozioni sono dette adozione non legittimanti. Ciò vuol dire che
questo tipo di adozione non fa acquisire in capo al soggetto maggiore di età o
minore di età adottato in casi particolari, lo stesso status del figlio nato
all'interno del matrimonio; ma gli fa acquisire uno status particolare che è lo
status di figlio adottivo. Questo status non si sostituisce a quello originario,
quindi i rapporti con la famiglia di origine (ammesso che questa famiglia di
origine esista) permangono. E questo nuovo status si aggiunge. Quindi vuol
dire che questo soggetto è un certo punto avrà 2 famiglie: la famiglia di
origine e la famiglia adottiva, e con entrambe avrà un rapporto (quindi il
soggetto mantiene il cognome della famiglia di origine e antepone il cognome
della famiglia adottiva): quindi questo soggetto avrà 2 cognomi che
ovviamente fanno sì che la società lo individui con questo doppio legame
familiare (che esplicita in forma ciò che c'è in sostanza, perché in effetti lui ha
2 famiglie, in effetti questo tipo di adozione non recide i rapporti con la
famiglia di origine, non crea un rapporto parentale pieno con la famiglia
adottiva, tanto è vero che questo tipo di adozione instaura un rapporto solo
tra adottato e adottante e non anche con i parenti dell'adottante). Quindi in
casi particolari l'adottato maggiore di età non ha nonni adottivi o zii adottivi,
cioè i parenti dell'adottante non sono suoi parenti infatti lui il rapporto ce l'ha
solo con l'adottante. Ovviamente questa adozione ha un senso quando vi
sono dei diritti successori. Dunque il figlio adottivo ha SOLO diritti successori
(nel caso dell'adottato maggiore di età); invece l'adottato minore di età, in casi
particolari, oltre ad avere diritti successori anche il diritto di essere mantenuto
(da entrambe le famiglie). Per quanto riguarda la moglie, essa una volta
sposata aggiunge al proprio cognome quello del marito; e quando è separata
può ancora portare e usare legittimamente il cognome del marito (perché il
coniuge separato è un coniuge cioè non è un ex coniuge. Diventa ex dopo la
sentenza di divorzio passata in giudicato), tuttavia se il marito ritiene che
l'utilizzo del suo cognome possa essere pregiudizievole, può inibire l'uso del
cognome. La moglie perde il cognome del marito solo quando ci sia una
sentenza di divorzio che comporta la cessazione degli effetti civili derivanti
dal matrimonio, tuttavia può essere autorizzata a continuare ad utilizzarlo
quando per es. si tratta di un matrimonio durato 25 anni e lei è conosciuta da
tutti, anche nell'ambiente di lavoro e nel contesto sociale con il cognome del
marito. Il mutamento del nome si può ottenere con un decreto del prefetto. È
più facile cambiare il nome in quanto per la collettività è più identificativo il
cognome. Che tipo di tutela garantisce l'ordinamento al soggetto portatore di
questo interesse? Il diritto è un potere di agire, cioè io ho diritto al nome e
quindi posso:
- innanzitutto difendermi contro chi mi contesti il diritto di portare il
mio nome;
- difendermi chiedendo l'inibizione dalla prosecuzione del
comportamento contro chi utilizzi il mio nome come suo (per es.
per accreditarsi nel sociale);
- chiedere l'inibizione e il risarcimento del danno contro chi utilizzi
abusivamente il mio nome per sponsorizzare determinati prodotti,
e posso chiedere dunque al giudice di imporre a quel soggetto
che ha violato il mio diritto al nome di interrompere quel
comportamento, di risarcirmi il danno ed eventualmente ove
ritenuto opportuno e vantaggioso per il soggetto leso la
pubblicazione della sentenza nei mezzi di diffusione delle notizie
quindi nei giornali, telegiornali eccetera.
La stessa tutela è garantita per lo pseudonimo (lo pseudonimo o norme d’arte
è un nome che non è il nome anagrafico del soggetto, ma è un nome che
viene utilizzato comunque per identificarlo nel contesto sociale, es. Jovanotti,
Ligabue). Abbiamo detto che i diritti della personalità sono indisponibili, cioè
non si può disporre di essi. Ci sono però delle eccezioni:
1) prima eccezione del diritto al nome si può disporre (cioè il soggetto può
cedere il diritto di utilizzare il proprio nome anche a titolo oneroso, cioè io
posso acconsentire a che il mio nome venga utilizzato per es. a fini
pubblicitari), ovviamente tutto deve avvenire sempre nel rispetto della dignità,
perché c'è questo diritto fondamentale dell'essere umano veramente
i