vuoi
o PayPal
tutte le volte che vuoi
Al parricida doveva essere impedito di contaminare la città e i suoi abitanti, e quindi gli mettevano ai piedi degli zoccoli di
legno, perchè in questo modo era isolato dal suolo, gli bendavano gli occhi perchè anche guardare avrebbe potuto contamire,
e gli mettevano in testa un cappuccio così lo sguardo era ancora più coperto e non poteva far sentire la voce, di pelle di lupo.
Ci sono i ragazzi luperci che portano la fecondità, e ci sono altri lupi, che non sono quelli autorizzati dal potere, che invece da
questa comunità vanno espulsi.
Dobbiamo ora ricostruire il contesto religioso delle origini di Roma: il primo tema è quello dei sacerdozi di Roma antica.
Tra i sacerdozi abbiamo: i pontefici, gli auguri, i feziali, le vestali.
I pontefici sono in questa rassegna di sacerdozi, il sacerdozio maschile più importante. I pontefici sono prima 3, poi 5.
Si diviene pontefice per cooptazione, ossia significa che si viene scelti dai membri del collegio stesso, cooptati a far parte del
collegio pontificale.
I pontefici fin dall’origine, e poi per molto tempo dopo, patrizi.
E qui dobbiamo aprire una parentesi: a Roma esistono, fin dall’epoca di Romolo, due gruppi sociali, patriziato e plebe.
Aristoi in greco vuol dire “i migliori”, nell’antichità le aristocrazie sono il potere dei migliori, il governo dei migliori.
A Roma il governo è tenuto dal re insieme con i patrizi. Patriziato veniva da “patres”, qui sono gli unici, e quindi i più forti, in
grado di fondare la città, e cioè che cosa succede? I capi delle famiglie che già esistono prima della fondazione, i patres, i capi
delle famiglie, decidono di mettersi insieme per fondare Roma. E’ chiaro che il potere lo conservano ben stretto nelle loro
mani, e lo esercitano insieme al re.
Quindi tutte le istituzioni religiose e politiche per molto tempo sono nelle mani dei patres, che costituiscono il patriziato, in
origine sono solo privati cittadini, capi di famiglie, ma dopo la fondazione di Roma diventano soggetti politici, gli unici che
possono accedere ai sacerdozi, gli unici che possono accedere alle magistrature.
E’ sempre il governo di un gruppo ristretto, ma patrizi e aristocratici non è più la stessa cosa. Il patrizio non è anche un
aristocratico, nell’antichità e a Roma no.
A un certo punto i patrizi per una serie di vicende sono costretti a mettersi d’accordo contro l’altra componente del popolo
romano, ossia la plebe, la plebs.
“Plebs” in latino vuol dire “moltitudine”, dunque il patriziato sono i pochi, la plebs sono la moltitudine, tutti gli altri.
Il problema è che noi non sappiamo come definirli socialmente, giuridicamente e dal punto di vista religioso.
Ci sono stati tanti tentativi, ma chi siano i plebei e come si faccia a diventare plebei non lo sappiamo, l’unica cosa che
sappiamo è quella che scrive un giurista romano, e cioè sono plebei coloro che non hanno gentes, cioè non partecipano
all’organizzazione gentilizia, che è quella costituita dai patrizi. Ma non sappiamo altro.
Quando i patrizi si mettono d’accordo con i plebei e si imparentano con i plebei, nasce un altro gruppo ristretto politico di
governo, e che poi accede anche al sacerdozio, ossia i nobiles.
Sono tutte aristocrazie della politica, cioè piccoli gruppi di migliori che governano Roma. Questa volta sono i nobiles sia i
patrizi che i plebei.
Questo processo che dal patriziato conduce alla nobilitas patrizia e plebea, richiede grossomodo 3 secoli.
Ritornando ai patrizi della Roma antica, ci sono i patrizi che aiutano Romolo a governare la città, e ci sono i plebei. I sacerdozi
sono tutti affidati ai patrizi.
I pontefici: il nome, scrivono gli antichi, potrebbe derivare da queste parole, o “pontem facere”, o “posse facere”.
Pontem facere perchè sono costruttori di ponti, il primo ponte di Tevere era stato fatto costituire in legno proprio dai pontefici,
però, pontefici anche nel senso che costruivano ponti tra gli uomini e gli dei, e tra gli uomini e i morti.
E questa loro seconda caratteristica ben si lega all’altra possibile etimologia, cioè pontefice da posse facere, non vuol dire solo
“può fare”, vuol dire “può fare cose potenti”, ha il potere di farlo.
I romani dicevano che i pontefici erano giudici arbitri di tutte le cose, tutte le cose umane e divine.
I pontefici erano i custodi degli annali, gli annales maximi, cioè i libri in cui erano annotati tutti i fatti importanti della storia di
Roma. Stabilivano il calendario ogni anno, in quali giorni si poteva stare in giudizio, in quali giorni si doveva sacrificare agli dei,
in quali giorni era nefasto fare qualunque cosa. Controllavano tutta la vita politica, religiosa e sociale di Roma.
Al pontefice andavano, racconta Cicerone, i padri di famiglia persino per chiedere se era in grado di far sposare la figlia e a chi.
Erano chiamati l’oracolo di tutta la città, un potere immenso che sopravanzava a quello dello stesso re, e infatti i pontefici sono
i primi giuristi della Roma antica.
Questo loro immenso potere era alimentato non solo dalla potenza divina, ma anche dal controllo totale della interpretatio
iuris.
Interpretatio iuris non significa interpretazione del diritto, nel diritto romano significa il potere di creare diritto, riflettendo sulle
norme, da cui l’interpretazione.
Cosa fa il pontefice nella sua veste di giurista? Consiglia, su quali norme può usare, o nuove norme, il re e, i privati, come
singoli, quindi capi di famiglia, o privati come responsabili di attività di governo, cioè i magistrati.
Per ottenere questo consiglio si va dal pontefice, e il pontefice lo dà ”inpenetraius”, cioè non in pubblico. Il singolo
interrogante va dal pontefice, e in segreto il pontefice gli dà il suo consiglio, il consiglio si chiama “responsum”, il responso.
In più, il consiglio giuridico del pontefice non viene motivato, cioè è un consiglio, si dice “autoritativo”, quando non c’è
motivazione è autoritativo.
Ed è tutto fatto ovviamente per conservare l’interpretatio iuris al pontefice, e per aumentare la sua aura di sacralità. Poche
parole significa maggior aura di sacralità.
E infatti nel diritto romano, i pontefici sono gli unici giuristi, dopo la fondazione, per 4 secoli, fino a quando non diventerà
pontefice massimo un plebeo, e allora comincia a dare responsi in pubblico, dove tutti ascoltano.
Subito dopo i pontefici, in ordine di importanza, vengono gli auguri (augere, augurium). Gli auguri sono sacerdoti preposti
all’interpretazione della volontà divina. Anche loro sono prima 3, poi 5; anche loro sono patrizi, anche loro diventano auguri per
cooptazione, e restano in carica a vita.
La volontà divina viene interpretata attraverso alcuni strumenti, che nel bacino del Mediterraneo continuamente si
ripropongono nel corso delle epoche e delle civiltà: il volo degli uccelli, i fulmini, le interiora degli animali.
Come si faceva ad interpretare la volontà divina sulla base delle interiora degli animali? Esempio, fegato di Piacenza. Il fegato
di Piacenza è uno strumento di interpretazione della volontà divina, in bronzo, materiale per eccellenza delle divinità, portatile,
tascabile.
Ogni parte è separata dalle altre, e su ogni parte ci sono delle lettere che identificano la divinità che vi presiede. Come
funzionava? Se la parte di Giove era particolarmente sana, Giove era benevolo; se la parte di Giove era malata, Giove non era
benevolo, e così via.
Su quell’oggetto interpretavano la volontà degli dei non solo gli auguri romani, ma anche gli aruspici etruschi, molto
dell’aruspicismo etrusco viene poi assorbito dai romani.
Quando i romani sacrificavano agli dei, prima di squartare l’animale e di cibarsi delle sue carni, gli auguri ne osservavano i
visceri, per fare profezie.
Vengono poi i feziali: i feziali hanno come radice Felus. Felus è la forma del trattato, non il contenuto. E identifica diverse
tipologie di trattati, perchè la parola viene dalla famiglia di “fides”. Fides è l’affidamento di qualcuno nei confronti di un altro,
sicuro che l’altro lo rispetterà o lo aiuterà. E’ l’affidamento ad un altro. La fides è il valore sul quale vengono costruiti i rapporti
tra i romani, ad esempio fra cliente e patrono, ma anche fra romani e stranieri, con i trattati.
Anche i feziali esistono in altre civilità della penisola italica.
Innanzitutto i feziali sono veramente tanti, sono una ventina. Anch’essi patrizi, scelti per cooptazione ma non siamo del tutto
sicuri, in carica a vita. Ma la vita poteva essere molto breve, per questo i feziali sono tanti, perchè i feziali sono i sacerdoti della
guerra e della pace, ma soprattutto della guerra. Non c’è momento della storia plurisecolare di Roma in cui Roma non sia in
guerra con qualcuno.
A Roma la guerra doveva essere giusta e pia, iusta e pia. Che cosa significa? Le guerre dovevano essere dichiarate secondo
una procedura rigidamente costruita, in modo tale che fossero giuste, bellum iustum, e pie, cioè gradite agli dei.
I romani non potevano combattere, e non hanno mai combattuto in tutta la loro storia, una guerra che non fosse giusta e pia.
Cioè i romani avevano ragione, e i loro dei erano con loro.
Ma questa ragione che gli dei sono con loro è semplicemente la costruzione di una regolamentazione giuridica puramente
formale. Cioè non è nella sostanza giusta la guerra, ma lo diventa tramite una ragione giuridica e divina.
Perchè i romani vogliono che la guerra sia giusta e pia? Perchè nonostante la guerra imperversava dappertutto, gli uomini ad
uccidere altri uomini hanno remore, cioè occorre che ci sia un motivo che li autorizza, in modo tale da venire
deresponsabilizzati, quando uccidono un uomo, o quando dichiarano una guerra.
Non c’è mai stata una guerra che sia stata considerata come una guerra di aggressione e di rapina.
Nella stragrande maggioranza dei casi sono guerre del tipo “io difendo i miei diritti”, “io difendo qualcuno”, “io difendo tutti gli
altri”.
Quindi i romani hanno bisogno, quando combattono, di una legittimazione, forte, superiore a quella umana, ma divina.
Deus vult: ”Dio lo vuole”, “volontà di Dio”, è uno dei gridi di battaglia dei crociati, Dio lo vuole, noi sappiamo dalla parte della
ragione perchè Dio vuole che noi combattiamo questa guerra.
Gott mit uns: è tedesco, significa “Dio è con noi”, è uno degli slogan del nazismo.
I romani, i crociati, i nazisti, e non sono i soli, è molto potente questo archetipico mentale.
I Romani, a differenza dei crociati e dei nazisti, lo cost