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ILIPPO OMEZ

FILIPPO Gomez, qual cosa sovra ogni altra al mondo in pregio hai tu?

GOMEZ La grazia tua.

FILIPPO Qual mezzo stimi a serbarla?...

GOMEZ Il mezzo, ond'io la ottenni; obbedirti, e tacermi.

FILIPPO Oggi tu dunque far l'uno e l'altro dei.

GOMEZ Novello incarco non m'è: sai, ch'io...

FILIPPO Tu fosti, il so, finora il più fedel tra i fidi miei: ma in questo giorno, in cui volgo un gran pensiero in mente, forse affidarti sì importante e nuova cura dovrò, che il tuo dover mi piacque in brevi detti or rammentarti pria.

GOMEZ Meglio dunque potrammi il gran Filippo conoscer oggi.

FILIPPO A te per or fia lieve ciò ch'io t'impongo; ed a te sol fia lieve, non ad altr'uom giammai. – Vien la regina qui fra momenti; e favellare a lungo mi udrai con essa: ogni più picciol moto nel di lei volto osserva intanto, e nota: affiggi in lei l'indagator tuo sguardo; quello, per cui nel più segreto petto del tuo re spesso anco i...

voler piú ascosilegger sapesti, e tacendo eseguirli. Signor, io vengo ai cenni tuoi. Regina,alta cagion vuol ch'io ti appelli. Oh! quale?... Tosto la udrai. – Da te sperar poss'io?... Ma, qual v'ha dubbio? imparzial consigliochi piú di te potria sincero darmi? Io, consigliarti?... Sí: piú il parer tuo11pregio che ogni altro: e se finor le curenon dividevi del mio imperio meco,né al poco amor del tuo consorte il deiascriver tu; né al diffidar tampocodel re tu il dei: solo ai pensier di stato,gravi al tuo sesso troppo, ognor sottrartiio volli appieno. Ma, per mia sventura,giunto è il giorno, in cui veggo insorger casoove frammista alla ragion di statola ragion del mio sangue anco è pur tanto,che tu il mio primo consiglier sei fatta. –Ma udir da te, pria di parlar, mi giova,se piú tremendo, venerabil, sacrodi

padre il nome, o quel di re, tu stimi.

ISABELLA Del par son sacri; e chi nol sa?...

FILIPPO Tal, forse,tal, che saper piú ch'altri sel dovrebbe. –Ma, dimmi inoltre, anzi che il fatto io narri,e dimmi il ver: Carlo, il mio figlio,... l'ami?...

o l'odj tu?...

ISABELLA ... Signor...

FILIPPO Ben giá t'intendo.Se del tuo cor gli affetti, e non le vocidi tua virtude ascolti, a lui tu sentid'esser... madrigna.

ISABELLA Ah! no; t'inganni: il prence...

FILIPPO Ti è caro dunque: in te virtude adunquecotanta hai tu, che di Filippo sposa,pur di Filippo il figlio ami d'amore...materno.

ISABELLA ... A' miei pensier tu sol sei norma.Tu l'ami,... o il credo almeno; ... e in simil guisaanch'io... l'amo.

FILIPPO Poi ch'entro il tuo ben natogran cor non cape il madrignal talento,né il cieco amor senti di madre, io vogliogiudice te del mio figliuol...

ISABELLA Ch'io?...

FILIPPO M'odi. –Carlo d'ogni mia

speme unico oggetto molti anni fu;

pria che, ritorto il piede

dal sentier di virtude,

ogni alta mia speme ei tradisse.

Oh! quante volte io poscia

paterne scuse ai replicati falli

del mal docile figlio in me cercava!

Ma già il suo ardire temerario insano

giunge oggi al sommo;

e violenti mezzi

usar pur troppo ora degg'io.

Delitto cotal si aggiunge ai suoi delitti tanti;

tale, appo cui tutto altro è nulla; tale,

ch'ogni mio dir vien manco.

Oltraggio ei fammi,

che par non ha;

tal, che da un figlio il padre

mai non l'attende;

tal, che agli occhi miei

già non più figlio il fa...

Ma che? tu stessa

pria di saperlo fremi?...

Odilo, e fremi

ben altramente poi.

Già più d'un lustro,

dell'oceán là sul sepolto lido,

povero stuolo, in paludosa terra,

sai che far fronte al mio poter si attenta.

A Dio non men, che al proprio re, rubelli,

fan dell'una perfidia all'altra schermo.

Sai quant'oro e sudore e sangue

indarnoa questo impero omai tal guerra costi;

quindi, perder dovessi e trono e vita,

non baldanzosa, né impunita ir maiio lascierò

del suo delitto atroce quella vil gente.

Al ciel vittima giuro immolar l'empia schiatta:

e a lor ben forzasarà il morir, poiché obbedir non sanno.

–Or, chi a me il crederia? che a sì feroce

minici felli, il proprio figlio, il solomio figlio, ahi lasso!

aggiunger deggia...

ISABELLA Il prence?...

FILIPPO Il prence, sì: molti intercetti fogli,

e segreti messaggi, e aperte alteresediziose voci sue, pur troppo!

certo men fanno. Ah! per te stessa il pensa;

di re tradito, e d'infelice padre,

qual sia lo stato; e a sì colpevol figlio

qual sorte a giusto dritto omai si aspetti,

per me tu il di'.

ISABELLA ... Misera me!... Vuoi, ch'iodel tuo figlio il destino?...

FILIPPO Arbitra omai tu, sì, ne sei;

né il re temer, né il padre dei lusingar: pronunzia.

ISABELLA Altro non temo,

che di

offendere il giusto. Innanzi al trono spesso indistinti e l'innocente e il reo... FILIPPO Ma, dubitar di quanto il re ti afferma puoi tu? Chi più di me non reo lo brama? Deh, pur mentisser le inaudite accuse! ISABELLA Già convinto l'hai dunque?... FILIPPO Ah! chi l' potrebbe convincer mai? Fero, superbo, ei sdegna, non che ragioni, anco pretesti opporre a chiare prove. A lui parlar non volli di questo suo novello tradimento, se pria temprato alquanto in cor lo sdegno dal bollor primo io non avea: ma fredda ragion di stato, perché taccia l'ira, in me non tace... Oh ciel! ma voce anch'odo di padre in me... ISABELLA Deh! tu l'ascolta: è voce, cui nulla agguaglia. Ei forse è assai men reo; ...anzi impossibil par, che in questo il sia: ma, qual ch'ei sia, lo ascolta oggi tu stesso: intercessor farsi pel figlio al padre, chi più del figlio il può? Se altero egli era talor con gente al ver non sempre amica, teco ei per certoaltier non fia: tu schiudia lui l'orecchio, e il cor disserra ai dolci paterni affetti. A te non mai tu il chiami, e non mai gli favelli. Ei, pieno sempre di mista tema, a te si appressa; e in duro fatal silenzio il diffidar si accresce, e l'amor scema. La virtù sua prima ridesta in lui, se pure è in lui sopita; ch'esser non può, in chi t'è figlio, estinta: né altrui fidar le paterne tue cure. Di padre a lui mostra l'aspetto, e agli altri serba di re la maestà severa. Che non si ottien con generosi modi da generoso core? Ei d'alcun fallo reo ti par? (chi non erra?) allor tu solo l'ira tua giusta a lui solo dimostra. Dolce è l'ira di un padre; eppur, qual figlio può non tremarne? Un sol tuo detto, un detto di vero padre, in suo gran cor più debbe star rimorsi, e men rancor lasciarvi, che cento altrui, malignamente ad arte aspri, oltraggiosi. Oda tua reggia intera, ch'ami ed apprezzi il figlio tuo; che

degnodi biasmo, e in un di scusa, il giovanilesuo ardir tu stimi; e udrai repente allorala reggia intorno risuonar sue laudi.

Dal cor ti svelli il sospettar non tuo:basso terror di tradimento infame,a re, che merti esser tradito, il lascia.

FILIPPO ... Opra tua degna, e di te sola, è questa;il far che ascolti di natura il gridoun cor paterno: ah! nol fan gli altri. Oh tristasorte dei re! del proprio cor gli affetti,non che seguir, né pur spiegar, ne lice.Spiegar? che dico? né accennar: tacerli,dissimularli, le più volte è forza. –Ma, vien poi tempo, che diam loro il varcolibero, intero. – Assai, più che nol pensi,chiara ogni cosa il tuo dir fammi... Ah! quasiinnocente ei mi par, poiché innocentecredi tu il prence. – Ei tosto, o Gomez, venga.

SCENA TERZA14F , I .ILIPPO SABELLAFILIPPO Or vedrai, ch'io so padre anco mostrarmi;più che a lui mi dorria, se un dí dovessiin maestà di offeso re

mostrarmi.

ISABELLA Ben tel credo. Ma ei vien: soffri, che il piede
altrove io porti.

FILIPPO Anzi, rimani.

ISABELLA Esportiosava il pensier mio, perché il volevi:
a che rimango omai? testimon vano
tra il figlio e il padre una madrigna fora...

FILIPPO Vano? ah! t'inganni: testimon mi sei
qui necessario. Hai di madrigna il nome
soltanto; e il nome, anche obbliare il puoi. –
Gli fia grato il tuo aspetto. Eccolo: ei sappia,
che ti fai tu mallevador dell'alta
sua virtú, della fe, dell'amor suo.

SCENA QUARTA
F , I , C , G .

FILIPPO Prence, ti appressa. – Or, di'; quando fia il giorno,
in cui del dolce nome di figliuolo
io ti possa appellare? In me vedresti
(deh tu il volessi!) ognor confusi i nomi
e di padre e di re: ma, perché almeno,
da che il padre non ami, il re non temi?

CARLO Signor; nuova m'è sempre, ancor ch'io l'abbia
udita spesso, la mortal rampogna.
Nuovo così non m'è il tacer; cheioreo pur ti appajo, al certo io reo mi sono. Vero è, che in cor non giá rimorso io sento, ma duol profondo, che tu reo mi estimi. Deh! potess'io così di mie sventure, o, se a te piace più, de' falli miei, saper la cagion vera!

FILIPPO Amor,... che poco hai per la patria tua, nulla pel padre;

e il troppo udir lusingatori astuti;...non cercar de' tuoi falli altra cagione.

CARLO Piacemi almen, che a natural perversa

indole ascritto in me non l'abbi. Io dunque

far posso ancora del passato ammenda;

patria apprender così; come ella s'ami;

e quanto amare io deggia un padre; e il mezzo

con cui sbandir gli adulator, che tanto

te insidian più, quanto hai di me più possa.

FILIPPO – Giovin tu sei: nel cor, negli atti, in volto,

ben ti si legge, che di te presumi

oltre al dover non poco. In te degli anni

colpa il terrei; ma, col venir degli anni,

scemare io 'l senno, anzi che accrescer, veggio.

L'error tuo d'oggi,

Un giovanil trascorsoio 'l nomerò, benché attempata mostrimalizia forse...CARLO Error!... ma quale?...FILIPPO E il chiedi? – Or, nol sai tu, che i tuoi pensier pur anco, non che l'opre tue inc

Dettagli
Publisher
A.A. 2011-2012
41 pagine
SSD Scienze antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche L-FIL-LET/10 Letteratura italiana

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher ninja13 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Letteratura teatrale italiana e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Roma La Sapienza o del prof Alfonzetti Beatrice.