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Enrico IV (subito)

No no, non glielo nomino! So che gli fa tanto dispetto! Voltandosi a Belcredi, come di sfuggita: Che opinione eh? che opinione ne avevate...- Ma tutti, pur non di meno, seguitiamo a tenerci stretti al nostro concetto, così come chi invecchia si ritinge i capelli. Che importa che questa mia tintura non possa essere, per voi, il color vero dei miei capelli?

Voi, Madonna, certo non ve li tingete per ingannare gli altri, ne voi; ma solo un poco - poco poco - la vostra immagine davanti allo specchio. Io lo faccio per ridere. Voi lo fate sul serio. Ma vi assicuro che per quanto sul serio, siete mascherata anche voi, Madonna; e non dico per la venerabile corona che vi cinge la fronte, e a cui m'inchino, o per il vostro manto ducale; dico soltanto per codesto ricordo che volete fissare in voi artificialmente del vostro color biondo, in cui un giorno vi siete piaciuta; o del vostro color bruno se eravate bruna: l'immagine che vien meno della vostra gioventù.

A voi, Pietro Damiani, invece, il ricordo di ciò che siete stato, di ciò che avete fatto, appare ora riconoscimento di realtà passate, che vi restano dentro - è vero? - come un sogno. E anche a me - come un sogno - e tante, a ripensarci, inesplicabili... - Mah! - Nessuna meraviglia, Pietro Damiani; sarà così domani della nostra vita d'oggi! Tutt'a un tratto infuriandosi e afferrandosi il sajo addosso: Questo sajo qua! Con gioia quasi feroce facendo atto di strapparselo, mentre Arialdo, Ordulfo subito accorrono spaventati, come per trattenerlo: Ah per Dio! Si tira indietro e, levandosi il sajo, grida loro: Domani, a Bressanone, ventisette vescovi tedeschi e lombardi firmeranno con me la destituzione di Papa Gregorio VII: non Pontefice, ma monaco falso! Ordulfo (con gli altri due, scongiurandolo di tacere). Maestà, Maestà, in nome di Dio! Arialdo (invitandolo coi gesti a rimettersi il sajo). Badate a quello che dite! LandolfoMonsignore è qua, insieme con la Duchessa, per intercedere in vostro favore! E di nascosto fa pressanti segni al Dottore di dire subito qualche cosa. (smarrito). Ah, ecco... sì... Siamo qua per intercedere... (subito pentito, quasi spaventato, lasciandosi dai tre rimettere sulle spalle il sajo e stringendoselo addosso con le mani convulse). Perdono... sì, sì... perdono, perdono, Monsignore; perdono, Madonna... Sento, vi giuro, sento tutto il peso dell'anatema! Si curva, prendendosi la testa fra le mani, come in attesa di qualche cosa che debba schiacciarlo; e sta un po' così, ma poi con altra voce, pur senza scomporsi, dice piano, in confidenza a Landolfo, ad Arialdo e a Ordulfo: Ma io non so perché, oggi non riesco a essere umile davanti a quello là! E indica, come di nascosto, il Belcredi. (sottovoce). Ma perché voi, Maestà, vi ostinate a credere che sia Pietro Damiani, mentre non è!IV (sogguardandolo con timore). Non è Pietro Damiani? Arialdo Ma no, è un povero monaco, Maestà! Enrico IV (dolente, con sospirosa esasperazione). Eh, nessuno di noi può valutare ciò che fa, quando fa per istinto... Forse voi, Madonna, potete intendermi meglio degli altri, perché siete donna. [Questo è un momento solenne e decisivo. Potrei, guardate, ora stesso, mentre parlo con voi, accettar l'ajuto dei vescovi lombardi e impossessarmi del Pontefice, assediandolo qui nel Castello; correre a Roma a eleggervi un antipapa; porgere la mano all'alleanza con Roberto Guiscardo. - Gregorio VII sarebbe perduto! - Resisto alla tentazione, e credetemi che sono saggio. Sento l'aura dei tempi e la maestà di chi sa essere quale deve essere: un Papa! - Vorreste ora ridere di me, vedendomi così? Sareste tanti stupidi, perché non capireste che sapienza politica mi consiglia ora quest'abito di penitenza. Vi dico che le parti,

domani, potrebbeto essere invertite! E che fareste voiallora? Ridereste per caso del Papa in veste di prigioniero? - No. - Saremmo pari. - Un mascheratoio, oggi, da penitente; lui, domani, da prigioniero. Ma guai a chi non sa portare la sua maschera, siada Re, sia da Papa. - Forse egli è ora un po' troppo crudele: questo sì.] Pensate, Madonna, che Berta,vostra figlia, per cui, vi ripeto, il mio animo è cangiatosi volta improvvisamente a Belcredi e gli grida in faccia, come se avesse detto di no - cangiato,cangiato, per l'affetto e la devozione di cui ha saputo darmi prova in questo terribile momento!S'arresta, convulso, dallo scatto iroso, e fa sforzi per contenersi, con un gemito d'esasperazionenella gola; poi si volge di nuovo con dolce e dolente umiltà alla Marchesa.È venuta con me, Madonna, è giù nel cortile; ha voluto seguirmi come una mendica, ed è gelata,gelata da due notti all'aperto, sotto la neve!

Voi siete sua madre! Dovrebbero muoversi le viscere della vostra misericordia e implorare con lui, indica il Dottore dal Pontefice, il perdono: che ciriceva!

D. Matilde (tremante, con un filo di voce). Ma sì, sì, subito...

Dottore Lo faremo, lo faremo!

Enrico IV E un'altra cosa! Un'altra cosa! Se li chiama intorno e dice piano, in gran segreto: Non basta che mi riceva. Voi sapete che egli può "tutto" - vi dico "tutto" - Evoca perfino i morti! Si picchia il petto. Eccomi qua! Mi vedete! - E non c'è arte di magia che gli sia ignota. Ebbene, Monsignore, Madonna: la mia vera condanna è questa - o quella - guardate indica il suo ritratto alla parete, quasi con paura, di non potermi più distaccare da quest'opera di magia! - Sono ora penitente, e così resto; vi giuro che ci resto finché Egli non m'abbia ricevuto. Ma poi voi due, dopo la revoca della scomunica, dovreste implorarmi questo dal Papa

che lo può: di staccarmi di là indicadi nuovo il ritratto, e farmela vivere tutta, questa mia povera vita, da cui sono escluso...Non si puòaver sempre ventisei anni, Madonna! E io ve lo chiedo anche per vostra figlia: che io la possa amarecome ella si merita, così ben disposto come sono adesso, intenerito come sono adesso dalla suapietà. Ecco. Questo. Sono nelle vostre mani... Si inchina.Madonna! Monsignore! E fa per ritirarsi,così inchinandosi, per l'uscio donde è entrato; se non che, scorto il Belcredi che s'era un po'accostato per sentire, nel vedergli voltar la faccia verso il fondo e supponendo che voglia rubarglila corona imperiale posata sul trono, tra lo stupore e lo sgomento di tutti, corre a prenderla e anascondersela sotto il sajo, e con un sorriso furbissimo negli occhi e sulle labbra torna a inchinarsiripetutamente e scompare. La Marchesa è così profondamente commossa, che casca di schianto asedere.

quasi svenuta. Atto Secondo

Altra sala della villa, contigua a quella del trono, addobbata di mobili antichi e austeri. A destra, a circa due palmi dal suolo, è come un coretto, cinto da una ringhiera di legno a pilastrini, interrotta lateralmente e sul davanti, ove sono i due gradini d'accesso. Su questo coretto sarà una tavola e cinque seggioloni di stile, uno a capo e due per lato. La comune in fondo. A sinistra due finestre che danno sul giardino. A destra un uscio che dà nella sala del trono. Nel pomeriggio avanzato dello stesso giorno.

Sono in scena Donna Matilde, il Dottore e Tito Belcredi. Seguitano una conversazione; ma Donna Matilde si tiene appartata, fosca, evidentemente infastidita da ciò che dicono gli altri due, a cui tuttavia non può fare a meno di prestare orecchio, perché nello stato d'irrequietezza in cui si trova, ogni cosa la interessa suo malgrado, impedendole di concentrarsi a maturare un proposito più forte di lei.

che le balene e la tenta. Le parole che ode degli altri due attraggono la sua attenzione, perché istintivamente sente come il bisogno d'esser trattenuta in quel momento. Belcredi: Sarà, sarà come lei dice, caro dottore, ma questa è la mia impressione. Dottore: Non dico di no; ma creda che è soltanto... così, un' impressione. Belcredi: Scusi, però l'ha perfino detto, e chiaramente! Voltandosi alla Marchesa: Non è vero, Marchesa? D. Matilde (frastornata, voltandosi): Che ha detto? Poi, non consentendo. Ah sì... Ma non per la ragione che voi credete. Dottore: Intendeva dei nostri abiti soprammessi: il suo manto indica la Marchesa le nostre tonache da benedettini. E tutto questo è puerile. D. Matilde (di scatto, voltandosi di nuovo sdegnata): Puerile? Che dice, Dottore? Dottore: Da un canto sì! Prego, mi lasci dire, Marchesa. Ma dall'altro, molto più complicato di quanto possiate immaginare. D. Matilde: Perme è chiarissimo, invece. Dottore (col sorriso di compatimento d'un competente verso gli incompetenti). Eh sì! Bisogna intendere questa speciale psicologia dei pazzi, per cui - guardi - si può essere anche sicuri che un pazzo nota, può notare benissimo un travestimento davanti a lui; e assumerlo come tale; esissignori, tuttavia, crederci; proprio come fanno i bambini, per cui è insieme gioco e realtà. Ho detto perciò puerile. Ma è poi complicatissimo in questo senso, ecco: che egli ha, deve avere perfettamente coscienza di essere per sé, davanti a se stesso, una Immagine: quella sua immagine! Allude al ritratto nella sala del trono, indicando perciò alla sua sinistra. Belcredi L'ha detto! Dottore Ecco, benissimo! - Un'immagine, a cui si sono fatte innanzi altre immagini: le nostre, mi spiego? Ora egli, nel suo delirio - acuto e lucidissimo ha potuto avvertire subito una differenza tra la sua e lenostre: cioè, che c'era in noi, nelle nostre immagini, una finzione. E ne ha diffidato. Tutti ipazzi sono sempre armati d'una continua vigile diffidenza. Ma questo è tutto! A lui naturalmente non è potuto sembrare pietoso questo nostro giuoco, fatto attorno al suo. E il suo a noi s'è mostrato tanto più tragico, quanto più egli, quasi a sfida - mi spiego? - indotto dalla diffidenza, ce l'ha voluto scoprire appunto come un giuoco; anche il suo, sì signori, venendoci avanti con un po' di tintura sulle tempie e sulle guance, e dicendoci che se l'era data apposta, per ridere! D. Matilde (scattando di nuovo). No. Non è questo, dottore! Non è questo! non è questo! Dottore Ma come non è questo? D. Matilde (recisa, vibrante). Io sono sicurissima ch'egli m'ha riconosciuta! Dottore Non è possibile... non è possibile... Belcredi (contemporaneamente). Ma che! D. Matilde (ancora

più recisa, quasi convulsa). M'ha riconosciuta, vi dico. Quand'è venuto aparlarmi da vicino, guardandomi negli occhi, proprio dentro gl

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A.A. 2011-2012
34 pagine
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SSD Scienze antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche L-FIL-LET/10 Letteratura italiana

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher ninja13 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Letteratura teatrale italiana e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Roma La Sapienza o del prof Alfonzetti Beatrice.