Letteratura teatrale italiana - Enrico IV
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Arialdo Eh, bisogna che tu rimedii subito subito!
Ordulfo Va là! T'ajuteremo noi.
Arialdo Ci abbiamo di là tanti libri. Ti basterà in prima una bella ripassatina.
Ordulfo Saprai all'ingrosso qualche cosa...
Arialdo Guarda! (Lo fa voltare e gli mostra nella parete di fondo il ritratto della marchesa
Matilde). - Chi è per esempio quella lì?
Bertoldo (guardando). Quella lì? Eh, mi sembra, scusate, prima di tutto una bella stonatura: due
quadri moderni qua in mezzo a tutta questa rispettabile antichità.
Arialdo Hai ragione. E difatti prima non c'erano. Ci sono due nicchie, là dietro quei due quadri. Ci
si dovevano collocare due statue, scolpite secondo lo stile del tempo. Rimaste vuote, sono state
coperte da quelle due tele là.
Landolfo (interrompendolo e seguitando). Che sarebbero certo una stonatura, se veramente fossero
quadri.
Bertoldo E che sono? non sono quadri?
Landolfo Sì, se vai a toccarli: quadri. Ma per lui (accenna misteriosamente a destra, alludendo a
Enrico IV) - che non li tocca.. .
Bertoldo No? E che sono allora per lui?
Landolfo Oh, interpreto, bada! Ma credo che in fondo sia giusto. Immagini, sono. Immagini,
come... ecco, come le potrebbe ridare uno specchio, mi spiego? Là, quella (indica il ritratto di
Enrico IV) rappresenta lui, vivo com'è, in questa sala del trono, che è anch'essa come dev'essere,
secondo lo stile dell'epoca. Di che ti meravigli, scusa? Se ti mettono davanti uno specchio, non ti ci
vedi forse vivo, d'oggi, vestito così di spoglie antiche? Ebbene, lì, è come se ci fossero due specchi,
che ridanno immagini vive, qua in mezzo a un mondo che - non te ne curare-vedrai, vedrai, vivendo
con noi, come si ravviverà tutto anch'esso.
Bertoldo Oh! Badate che io non voglio impazzire qua!
Arialdo Ma che impazzire! Ti divertirai!
Bertoldo Oh, ma dico, e com'è che voi siete diventati tutti così sapienti?
Landolfo Caro mio, non si ritorna indietro d'ottocent'anni nella storia senza portarsi appresso un
po' di esperienza!
Arialdo Andiamo, andiamo! Vedrai come, in poco tempo, ti assorbiremo in essa.
Ordulfo E diventerai, a questa scuola, sapiente anche tu!
Bertoldo Sì, per carità, ajutatemi subito! Datemi almeno le notizie principali.
Arialdo Lascia fare a noi! Un po' l'uno, un po' l'altro...
Landolfo Ti legheremo i fili e ti metteremo in ordine, come il più adatto e compíto dei fantocci.
Andiamo, andiamo! Lo prende sotto il braccio per condurlo via.
Bertoldo (fermandosi e guardando verso il ritratto alla parete). Aspettate! Non mi avete detto chi
è quella lì. La moglie dell'Imperatore?
Arialdo No. La moglie dell'Imperatore è Berta di Susa, sorella di Amedeo II di Savoia.
Ordulfo E l'Imperatore, che vuol esser giovane con noi, non può soffrirla e pensa di ripudiarla.
Landolfo Quella è la sua più feroce nemica: Matilde, la marchesa di Toscana.
Bertoldo Ah, ho capito, quella che ospitò il Papa.. .
Landolfo A Canossa, appunto!
Ordulfo Papa Gregorio VII.
Arialdo Il nostro spauracchio! Andiamo, andiamo!
Si avviano tutti e quattro per uscire dall'uscio a destra per cui sono entrati, quando dall'uscio a
sinistra sopravviene il vecchio cameriere Giovanni, in marsina.
Giovanni (in fretta, con ansia). Oh! Ps! Franco! Lolo!
Arialdo (arrestandosi e voltandosi). Che vuoi?
Bertoldo (mevavigliato di vederlo entrare in marsina nella sala del trono). Oh! E come? Qua
dentro, lui?
Landolfo Un uomo del mille e novecento! Via! Gli corre incontro minacciosamente per burla con
gli altri due per scacciarlo.
Ordulfo Messo di Gregorio VII, via!
Arialdo Via! Via!
Giovanni (difendendosi, seccato). E finitela!
Ordulfo No! Tu non puoi metter piede qua dentro!
Arialdo Fuori! Fuori!
Landolfo (a Bertoldo). Sortilegio, sai! Demonio evocato dal Mago di Roma! Cava, cava la spada!
(fa per cavare la spada anche lui.)
Giovanni (gridando). Finitela, vi dico! Non fate i matti con me! È arrivato il signor Marchese in
comitiva...
Landolfo (stropicciandosi le mani ). Ah ! Benissimo! Ci sono signore?
Ordulfo (c.s.). Vecchie? Giovani?
Giovanni Ci sono due signori.
Arialdo Ma le signore, le signore, chi sono?
Giovanni La signora Marchesa con la figlia.
Landolfo (meravigliato). Oh! E come?
Ordulfo (c.s.). La Marchesa, hai detto?
Giovanni La marchesa! La marchesa!
Arialdo E i signori?
Giovanni Non lo so.
Arialdo (a Bertoldo). Vengono a darci il contenuto, capisci?
Ordulfo Tutti messi di Gregorio VII! Ci divertiremo!
Giovanni Insomma mi lasciate dire?
Arialdo Dì! Dì!
Giovanni Pare che uno di quei due signori sia un medico.
Landolfo Oh! Abbiamo capito, uno dei soliti medici!
Arialdo Bravo, Bertoldo! Tu porti fortuna!
Landolfo Vedrai come ce lo lavoreremo, questo signor medico!
Bertoldo Io penso che mi troverò, così subito, in un bell'impiccio!
Giovanni Statemi a sentire! Vogliono entrare qua nella sala.
Landolfo (meravigliato e costernato). Come! Lei? La marchesa, qua?
Arialdo Altro che contenuto, allora!
Landolfo Nascerà davvero la tragedia!
Bertoldo (incuriosito). Perché? Perché?
Ordulfo (indicando il ritratto). Ma è quella lì, non capisci?
Landolfo La figliuola è la fidanzata del marchese.
Arialdo Ma che sono venuti a fare? Si può sapere?
Ordulfo Se lui la vede, guai!
Landolfo Ma forse ormai non la riconoscerà più!
Giovanni Bisogna che voi, se si sveglia, lo tratteniate di là
Ordulfo Sì! Scherzi? E come?
Arialdo Sai bene com'è!
Giovanni Perdio, anche con la forza! - Se mi hanno comandato così! Andate, andate!
Arialdo Sì sì, perché forse a quest'ora si sarà già svegliato!
Ordulfo Andiamo, andiamo!
Landolfo (avviandosi con gli altri, a Giovanni). Ma poi ci spiegherai!
Giovanni (gridando loro dietro). Chiudete costà, e nascondete la chiave! Anche di quest'altra
porta! (Indica l'altro uscio a destra.) Landolfo, Arialdo e Ordulfo via per il secondo uscio a destra.
Giovanni (ai due valletti). Via, via anche voialtri! Di là! (indica il primo uscio a destra)
Richiudete la porta, e via la chiave!
I due valletti escono dal primo uscio a destra. Giovanni si reca all'uscio di sinistra e lo apre per
far passare il marchese Di Nolli.
Di Nolli Hai dato bene gli ordini?
Giovanni Sì, signor Marchese. Stia tranquillo.
Il Di Nolli riesce per un momento a invitar gli altri a entrare. Entrano prima il barone Tito
Belcredi e il dottor Dionisio Genoni, poi donna Matilde Spina e la marchesina Frida, Giovanni
s'inchina ed esce. Donna Matilde Spina è sui 45 anni; ancora bella e formosa, per quanto con
troppa evidenza ripari gl'inevitabili guasti dell'età con una violenta ma sapiente truccatura, che le
compone una fiera testa di walkiria. Questa truccatura assume un rilievo che contrasta e conturba
profondamente nella bocca, bellissima e dolorosa. Vedova da molti anni, ha per amico il barone
Tito Belcredi, che né lei né altri han mai preso sul serio, almeno in apparenza. Quel che Tito
Belcredi è poi in fondo per lei, lo sa bene lui solo, che perciò può ridere, se la sua amica ha
bisogno di fingere di non saperlo; ridere sempre per rispondere alle risa che a suo carico le beffe
della marchesa suscitano negli altri. Smilzo, precocemente grigio, un po' più giovane di lei, ha una
curiosa testa d'uccello. Sarebbe vivacissimo, se la sua duttile agilità (che lo fa spadaccino
temutissimo) non fosse come inguainata in una sonnolenta pigrizia d'arabo, che si rivela nella
strana voce un po' nasale e strascicata. Frida, la figliuola della marchesa, ha 19 anni. Intristita
nell'ombra in cui la madre imperiosa e troppo vistosa la tiene, è anche offesa, in quest'ombra, dalla
facile maldicenza che quella provoca, non tanto più a suo danno, ma a danno di lei. È però già per
fortuna fidanzata al marchese Carlo Di Nolli: giovine rigido, molto indulgente verso gli altri, ma
chiuso e fermo in quel poco che crede di poter essere e valere nel mondo; per quanto forse, in
fondo, non lo sappia bene neanche lui stesso. È, a ogni modo, costernato dalle tante responsabilità
che crede gravino su lui; così che gli altri sì, gli altri possano parlare, beati loro, e divertirsi; lui
no, non perché non vorrebbe, ma perché proprio non può. Veste di strettissimo lutto per la recente
morte della madre. Il dottor Dionisio Genoni ha una bella faccia svergognata e rubiconda da
satiro; con occhi fuoruscenti, corta barbettina arguta, lucida come d'argento: belle maniere, quasi
calvo. Entrano costernati, quasi paurosi, guardando la sala con curiosità (tranne il Di Nolli); e
parlano dapprima a bassa voce.
Belcredi Ah, magnifico! magnifico!
Dottore Interessantissimo! Anche nelle cose il delirio che torna così appunto! Magnifico, sì sì,
magnifico.
D. Matilde (che ha cercato con gli occhi in giro il suo ritratto, scoprendolo e accostandosi). Ah,
eccolo là! Mirandolo a giusta distanza, mentre insorgono in lei sentimenti diversi. Sì sì...Oh,
guarda...Dio mio... chiama la figlia: Frida, Frida...Guarda...
Frida Ah, il tuo ritratto!
D. Matilde Ma no! Guarda! Non sono io: sei tu, là!
Di Nolli Sì, è vero? Ve lo dicevo io.
D. Matilde Ma non avrei mai creduto tanto! Scotendosi come per un brivido alla schiena: Dio, che
senso! Poi, guardando la figliola: Ma come, Frida? Se la stringe accanto, cingendole con un
braccio la vita. Vieni! Non ti vedi in me, tu, là?
Frida Mah! Io, veramente...
D. Matilde Non ti sembra? Ma come non ti sembra? Voltandosi al Belcredi: Guardate voi, Tito!
Ditelo voi!
Belcredi (senza guardare). Ah, no, io non guardo! Per me, a priori, no!
D. Matilde Che stupido! Crede di farmi un complimento! Rivolgendosi al dottor Genoni: Dica,
dica lei Dottore!
Dottore (fa per accostarsi).
Belcredi (con le spalle voltate, fingendo di richiamarlo di nascosto). Ps! No, dottore! Per carità,
non si presti!
Dottore (smarrito e sorridente). E perché non mi dovrei prestare?
D. Matilde Ma non gli dia retta! Venga! È insoffribile!
Frida Fa di professione lo scemo, non lo sa?
Belcredi (al Dottore, vedendolo andare). Si guardi i piedi, si guardi i piedi, dottore! i piedi!
Dottore (c.s.). I piedi? Perché?
Belcredi Ha le scarpe di ferro.
Dottore Io?
Belcredi Sissignore. E va incontro a quattro piedini di vetro.
Dottore (ridendo forte). Ma no! Mi pare che - dopo tutto - non ci sia da stupirsi che una figlia
somigli alla madre...
Belcredi Patatràc! Ecco fatto!
D. Matilde (esageratamente adirata, venendo incontro al Belcredi). Perché patatràc? Che cos'è?
Che cos'ha detto?
Dottore (candidamente). Non è forse cosi?
Belcredi (rispondendo alla marchesa). Ha detto che non c'è da stupirsi; mentre voi ne siete tanto
stupita. E perché, allora, scusate, se la cosa è per voi adesso così naturale?
D. Matilde (ancora più adirata). Sciocco! Sciocco! Appunto perché è così naturale! Perché non
c'è mica mia figlia, là. Indica la tela. Quello è il mio ritratto! E trovarci mia figlia, invece che me,
m'ha stupito; e il mio stupore, vi prego di credere, è stato sincero, e vi proibisco di metterlo in
dubbio! Dopo questa violenta sfuriata, un momento di silenzio impacciato in tutti.
Frida (piano, seccata). Dio mio, sempre così...Per ogni nonnulla, una discussione.
Belcredi (piano anche lui, quasi con la coda tra le gambe, in tono di scusa). Non ho messo in
dubbio nulla, io. Ho notato che tu, fin da principio non hai condiviso lo stupore di tua madre; o, se
di qualche cosa ti sei stupita, è stato perché le sembrasse tanta la rassomiglianza tra te e quel ritratto.
D. Matilde Sfido! Perché lei non può conoscersi in me com'ero alla sua età; mentre io, là, posso
bene riconoscermi in lei com'è adesso.
Dottore Giustissimo! Perché un ritratto è lì sempre fisso in un attimo; lontano e senza ricordi per
la marchesina; mentre tutto ciò che esso può ricordare alla signora Marchesa: mosse, gesti, sguardi,
sorrisi, tante cose che lì non ci sono...
D. Matilde Ecco, appunto!
Dottore (seguitando, rivolto a lei). Lei, naturalmente, può rivederle vive, ora, in sua figlia.
D. Matilde Ma lui deve guastarmi sempre ogni minimo abbandono al sentimento più spontaneo,
cosi, per il gusto di farmi stizzire.
Dottore (abbagliato dai lumi che ha dato, ripiglia con un tono professionale, rivolto al Belcredi).
La rassomiglianza, caro barone, nasce spesso da cose imponderabili! E così difatti si spiega che...
Belcredi (Per interrompere la lezione). Che qualcuno può trovare anche qualche rassomiglianza
tra me e lei, caro professore!
Di Nolli Lasciamo andare, lasciamo andare, vi prego. Accenna ai due usci a destra per avvertire
che di là c'è qualcuno che può sentire. Ci siamo svagati troppo, venendo.. .
Frida Sfido! Quando c'è lui... accenna al Belcredi.
Donna Matilde (subito). Volevo bene perciò che non venisse!
Belcredi Ma se avete fatto tanto ridere alle mie spalle! Che ingratitudine!
Di Nolli Basta, ti prego. Tito! Qua c'è il dottore, e siamo venuti per una cosa molto seria, che tu sai
quanto mi prema.
Dottore Ecco, sì. Vediamo di precisare bene, prima, alcuni punti. Questo suo ritratto, scusi,
signora marchesa, come si trova qua? Lo regalò lei, allora?
D. Matilde No, no. A qual titolo avrei potuto regalarglielo? Io ero allora come Frida, e neppure
fidanzata. Lo cedetti, tre o quattt'anni dopo la disgrazia: lo cedetti per le vive insistenze di sua
madre. Accenna al Di Nolli.
Dottore Che era sorella di lui? Accenna verso gli usci a destra, alludendo a Enrico IV
Di Nolli Sì, dottore: ed è un debito - questa nostra venuta qua - verso mia made, che m'ha lasciato
da un mese. Invece di trovarmi qua, io e lei accenna a Frida dovremmo essere in viaggio...
Dottore E assorti in ben altre cure, capisco!
Di Nolli Mah! È morta con la ferma fede che fosse prossima la guarigione di questo suo fratello
adorato.
Dottore E non mi può dire scusi, da quali segni lo arguisse?
Di Nolli Pare da un certo discorso strano che egli le fece, poco prima che la mamma morisse.
Dottore Un discorso? Ecco... ecco... sarebbe utilissimo, utilissimo conoscerlo, per bacco!
Di Nolli Ah, io non lo so! So che la mamma ritornò da quella sua ultima visita, angosciata; perché
pare che egli sia stato di una tenerezza insolita, quasi presago della prossima fine di lei. Dal suo
letto di morte, ella si fece promettere da me che non lo avrei mai trascurato; che lo avrei fatto
vedete, visitare.. .
Dottore Ecco. Va bene. Vediamo, vediamo prima...Tante volte, le minime cause...Questo ritratto,
dunque...
D. Matilde Oh Dio, non credo, dottore, che ci si debba dare una soverchia importanza. Ha fatto
impressione a me, perché non lo rivedevo da tanti anni.
Dottore Prego, prego... abbia pazienza...
Di Nolli Ma sì! Sta lì da una quindicina d'anni...
D. Matilde Più! Più di diciotto, ormai!
Dottore Prego, scusino; se non sanno ancora che cosa io voglia domandare! Io faccio molto
assegnamento, molto, su questi due ritratti, eseguiti, m'immagino, prima della famosa - e
disgraziatissima - cavalcata; non è vero?
D. Matilde Eh, certo!
Dottore Quand'egli era dunque perfettamente in sensi, ecco - volevo dir questo! - Propose lui, a
lei, di farselo eseguire?
D. Matilde Ma no, dottore! Ce lo facemmo eseguire tanti di quelli che prendemmo parte alla
cavalcata. Così, per serbarne un ricordo.
Belcredi Me lo feci fare anch'io, il mio, di «Carlo d'Angiò »!
D. Matilde Appena furono pronti i costumi.
Belcredi Perché, vede? ci fu la proposta di raccoglierli tutti, per ricordo, come in una galleria, nel
salone della villa dove si fece la cavalcata. Ma poi ciascuno volle tenersi il suo.
D. Matilde E questo mio, come le ho detto, io lo cedetti - senza poi tanto rincrescimento - perché
sua madre... accenna di nuovo al Di Nolli.
Dottore Non sa se fu lui a richiederlo?
D. Matilde Ah, non so! Forse...O fu la sorella, per assecondare amorosamente...
Dottore Un'altra cosa, un'altra cosa! L'idea della cavalcata venne a lui?
Belcredi (subito). No no, venne a me! venne a me!
Dottore Prego...
D. Matilde Non gli dia retta. Venne al povero Belassi.
Belcredi Ma che Belassi!
D. Matilde (al Dottore). Il conte Belassi, che morì, poverino, due o tre mesi dopo.
Belcredi Ma se non c'era Belassi, quando...
Di Nolli (seccato dalla minaccia di una nuova discussione). Scusi, dottore, è proprio necessario
stabilire a chi venne l'idea?
Dottore Eh sì, mi servirebbe...
Belcredi Ma se venne a me! Oh questa è bella! Non avrei mica da gloriarmene, dato l'effetto che
poi ebbe, scusate! Fu, guardi, dottore - me ne ricordo benissimo - una sera sui primi di novembre, al
Circolo. Sfogliavo una rivista illustrata, tedesca (guardavo soltanto le figure, s'intende, perché il
tedesco io non lo so). In una c'era l'Imperatore, in non so quale città universitaria dov'era stato
studente.
Dottore Bonn, Bonn.
Belcredi Bonn, va bene. Parato, a cavallo, in uno degli strani costumi tradizionali delle
antichissime società studentesche della Germania; seguito da un corteo d'altri studenti nobili,
anch'essi a cavallo e in costume. L'idea mi nacque da quella vignetta. Perché deve sapere che al
Circolo si pensava di fare qualche grande mascherata per il prossimo carnevale. Proposi questa
cavalcata storica: storica, per modo di dire: babelica. Ognuno di noi doveva scegliersi un
personaggio da rappresentare, di questo o di quel secolo: re o imperatore, o principe, con la sua
dama accanto, regina o imperatrice, a cavallo. Cavalli bardati, s'intende, secondo il costume
dell'epoca. E la proposta fu accettata.
D. Matilde Io l'invito lo ebbi da Belassi.
Belcredi Appropriazione indebita, se vi disse che l'idea era sua. Non c'era neppure, vi dico, quella
sera al Circolo, quando feci la proposta. Come non c'era del resto neanche lui! allude a Enrico IV.
Dottore E lui allora scelse il personaggio di Enrico IV!
D. Matilde Perché io - indotta nella scelta dal mio nome - così, senza pensarci più che tanto - dissi
che volevo essere la Marchesa Matilde di Toscana.
Dottore Non... non capisco bene la relazione...
D. Matilde Eh, sa! Neanch'io da principio, quando mi sentii rispondere da lui, che sarebbe stato
allora ai miei piedi, come a Canossa, Enrico IV. Sì, sapevo di Canossa; ma dico la verità, non mi
ricordavo bene la storia; e mi fece anzi una curiosa impressione, ripassandomela per prepararmi a
sostenere la mia parte, ritrovarmi fedelissima e zelantissima amica di Papa Gregorio VII, in feroce
lotta contro l'impero di Germania. Compresi bene allora, perché, avendo io scelto di rappresentate il
personaggio della sua implacabile nemica, egli mi volle essere accanto, in quella cavalcata, da
Enrico IV.
Dottore Ah! Perché forse...?
Belcredi Dottore, Dio mio, perché lui le faceva allora una corte spietata, e lei indica la Marchesa
naturalmente...
D. Matilde (punta, con fuoco). Naturalmente, appunto! naturalmente! E allora più che mai
«naturalmente»!
Belcredi (mostrandola). Ecco: non poteva soffrirlo!
D. Matilde Ma non è vero! Non mi era mica antipatico. Tutt'altro! Ma per me, basta che uno
voglia farsi prendere sul serio...
Belcredi (seguitando). Le dà la prova più lampante della sua stupidità!
D. Matilde No, caro! In questo caso, no. Perché lui non era mica uno stupido come voi.
Belcredi Io non mi sono mai fatto prendere sul serio!
D. Matilde Ah lo so bene! Ma con lui, però, non c'era da scherzare.
Con altro tono, rivolgendosi al Dottore: Càpita, tra le tante disgrazie a noi donne, caro dottore, di
vederci davanti, ogni tanto, due occhi che ci guardano con una contenuta, intensa promessa di
sentimento duraturo! Scoppia a ridere stridulamente. Niente di più buffo. Se gli uomini si vedessero
con quel «duraturo» nello sguardo... - Ne ho riso sempre cosi! E allora, più che mai. - Ma debbo
fare una confessione: posso farla, adesso dopo venti e più anni. - Quando risi così di lui, fu anche
per paura. Perché forse a una promessa di quegli occhi si poteva credere. Ma sarebbe stato
pericolosissimo.
Dottore (con vivo interesse, concentrandosi). Ecco, ecco, questo - questo m'interesserebbe molto
di sapere. - Pericolosissimo?
D. Matilde (con leggerezza) Appunto perché non era come gli altri! E dato che anch'io... sì, via,
sono...sono un po' così... più d'un po', per dire la verità... cerca una parola modesta insofferente,
ecco, insofferente di tutto quanto è compassato e così afoso! - Ma ero allora troppo giovane, capite?
e donna: dovevo rodere il freno. - Ci sarebbe voluto un coraggio, che non mi sentii di avere. - Risi
anche di lui. Con rimorso, anzi con un vero dispetto contro me stessa, poi, perché vidi che il mio
riso si confondeva con quello di tutti gli altri - sciocchi - che si facevano beffe di lui.
Belcredi Press'a poco, come di me.
D. Matilde Voi fate ridere con la smorfia d'abbassarvi sempre, caro mio, mentre lui, al contrario!
C'è una bella differenza! - E poi, a voi, vi si ride in faccia!
Belcredi Eh, dico, meglio che alle spalle.
Dottore Veniamo a noi, veniamo a noi! - Dunque, già un po' esaltato era, a quanto mi pare di aver
compreso!
Belcredi Sì, ma in un modo così curioso, dottore!
Dottore Come sarebbe?
Belcredi Ecco, direi... a freddo...
D. Matilde Ma che a freddo! Era così, dottore, un po' strano, certo; ma perché ricco di vita:
estroso!
Belcredi Non dico che simulasse l'esaltazione. Al contrario, anzi; s'esaltava spesso veramente. Ma
potrei giurare, dottore, che si vedeva subito, lui stesso, nell'atto della sua esaltazione, ecco. E credo
che questo dovesse avvenirgli per ogni moto più spontaneo. Dico di più: sono certo che doveva
soffrirne. Aveva, a volte, scatti di rabbia comicissimi contro se stesso!
D. Matilde Quest'è vero!
Belcredi (a Donna Matilde). E perché? (Al Dottore) A mio vedere, perché quella subitanea
lucidità di presentazione lo poneva fuori, a un tratto, d'ogni intimità col suo stesso sentimento, che
gli appariva - non finto, perché era sincero - ma come qualche cosa a cui dovesse dare lì per lì il
valore... che so? d'un atto d'intelligenza, per sopperire a quel calore di sincerità cordiale, che si
sentiva mancare. E improvvisava, esagerava, si lasciava andare, ecco, per stordirsi e non vedersi
più. Appariva incostante, fatuo e... sì, diciamolo, anche ridicolo, qualche volta.
Dottore E... dica, insocievole?
Belcredi No, che! Ci stava! Concertatore famoso di quadri plastici, di danze, di recite di
beneficenza; così per ridere, beninteso! Ma recitava benissimo, sa?
Di Nolli Ed è diventato, con la pazzia, un attore magnifico e terribile!
Belcredi Ma fin da principio! Si figuri che, quando avvenne la disgrazia dopo che cadde da
cavallo...
Dottore Battè la nuca, è vero?
D. Matilde Ah, che orrore! Era accanto a me! Lo vidi tra le zampe del cavallo che s'era
impennato...
Belcredi Ma noi non credemmo affatto dapprima, che si fosse fatto un gran male. Sì, ci fu un
arresto, un po' di scompiglio nella cavalcata; si voleva vedere che cosa fosse accaduto; ma già era
stato raccolto e trasportato nella villa.
D. Matilde Niente, sa! Neanche la minima ferita! neanche una goccia di sangue!
Belcredi Si credette soltanto svenuto...
D. Matilde E quando, circa due ore dopo...
Belcredi Già, ricomparve nel salone della villa - ecco, questo volevo dire...
D. Matilde Ah, ma che faccia aveva! Io me ne accorsi subito!
Belcredi Ma no! Non dite! Non ce n'accorgemmo nessuno, dottore, capite?
D. Matilde Sfido! Perché eravate tutti come pazzi!
Belcredi Recitava ognuno per burla la sua parte! Era una vera babele!
D. Matilde Lei immagina, dottore, che spavento, quando si comprese che egli invece, la sua, la
recitava sul serio?
Dottore Ah, perché anche lui, allora...?
Belcredi Ma sì! Venne in mezzo a noi! Credemmo che si fosse rimesso e che avesse preso a
recitate anche lui, come tutti noi... meglio di noi, perché - come le dico - era bravissimo, lui!
Insomma, che scherzasse!
D. Matilde Cominciarono a fustigarlo...
Belcredi E allora... - era armato - da re - sguainò la spada, avventandosi contro due o tre. Fu un
momento di terrore per tutti!
D. Matilde Non dimenticherò mai quella scena, di tutte le nostre facce mascherate, sguajate e
stravolte, davanti a quella terribile maschera di lui, che non era più una maschera, ma la Follia!
Belcredi Enrico IV, ecco! Proprio Enrico IV in persona, in un momento di furore!
D. Matilde Dovette influire, io dico, l'ossessione di quella mascherata, dottore, l'ossessione che per
più di un mese se n'era fatta. La metteva sempre in tutto ciò che faceva, questa ossessione!
Belcredi Quello che studiò per prepararsi! Fino ai minimi particolari... le minuzie...
Dottore Ah, è facile! Quella che era ossessione momentanea, si fissò, con la caduta e la percossa
alla nuca, che determinarono il guasto cerebrale. Si fissò, perpetuandosi. Si può diventare scemi, si
può diventare pazzi.
Belcredi (a Frida e al Di Nolli). Capite che scherzi, carini miei?
Al Di Nolli:Tu avevi quattro o cinque anni; a Frida: a tua madre pare che tu l'abbia sostituita là in
quel ritratto, dove ancora non pensava neppur lontanamente che ti avrebbe messa al mondo: io sono
già coi capelli grigi; e lui: eccolo là indica il ritratto-taf! una botta alla nuca - e non si è più mosso
di là: Enrico IV.
Dottore (che se ne è stato assorto a meditare, apre le mani davanti al volto come per concentrar
l'altrui attenzione, e fa per mettersi a dare la sua spiegazione scientifica): Ecco, ecco, dunque,
signori miei: è proprio questo...
Ma all'improvviso s'apre il primo uscio a destra (quello più vicino alla ribalta) e viene fuori
Bertoldo tutto alterato in viso.
Bertoldo (irrompendo come uno che non ne possa più). Permesso? Scusino... S'arresta però di
botto per lo scompiglio che la sua comparsa suscita subito negli altri.
Frida (con un grido di spavento, riparandosi). Oh Dio! Eccolo!
D. Matilde (ritraendosi sgomenta, con un braccio levato per non vederlo). È lui? È lui?
Di Nolli (subito). Ma no! ma no! State tranquille!
Dottore (stupito). E chi è?
Belcredi Uno scappato dalla nostra mascherata!
Di Nolli È uno dei quattro giovani che teniamo qua, per secondare la sua follia.
Bertoldo Io chiedo scusa, signor Marchese...
Di Nolli Ma che scusa! Avevo dato ordine che le porte fossero chiuse a chiave, e che nessuno
entrasse qua!
Bertoldo Sissignore! Ma io non ci resisto! E le chiedo licenza d'andarmene!
Di Nolli Ah, voi siete quello che doveva assumere il servizio questa mattina!
Bertoldo Sissignore, e le dico che non ci resisto...
D. Matilde (al Di Nolli con viva costernazione). Ma dunque non è cosi tranquillo, come dicevi?
Bertoldo (subito). No, no, signora! Non è lui! Sono i miei tre compagni! Lei dice «secondare»,
signor Marchese? Ma che secondare! Quelli non secondano: i veri pazzi sono loro! Io entro qua per
la prima volta; e, invece di ajutarmi, signor Marchese...
Sopravvengono dallo stesso uscio a destra Landolfo e Arialdo, in fretta, con ansia, ma
arrestandosi davanti all'uscio prima di farsi avanti.
Landolfo Permesso?
Arialdo Permesso, signor Marchese?
Di Nolli Avanti! Ma insomma che cos'è? Che cosa fate?
Frida Oh Dio, io me ne scappo, me ne scappo: ho paura! fa per avviarsi verso l'uscio a sinistra.
Di Nolli (subito trattenendola). Ma no, Frida!
Landolfo Signor Marchese, questo sciocco... indica Bertoldo
Bertoldo (Protestando). Ah no, grazie tante, cari miei! Io così non ci sto! non ci sto!
Landolfo Ma come non ci stai?
Arialdo ha guastato tutto, signor Marchese, scappandosene qua!
Landolfo Lo ha fatto montare sulle furie! Non possiamo più trattenerlo di là. Ha dato ordine che
sia arrestato, e vuole subito «giudicarlo» dal trono! - Come si fa?
Di Nolli Ma chiudete! Chiudete! Andate a chiudere quella porta!
Landolfo va a chiudere.
Arialdo Non sarà possibile al solo Ordulfo trattenerlo...
Landolfo Ecco, signor Marchese; se si potesse subito, almeno, annunziargli la loro visita, per
distornarlo. Se lor signori hanno già pensato sotto qual veste presentarsi...
Di Nolli Sì, sì, s'è pensato a tutto.
Al Dottore: Se lei, dottore, crede di poter fate subito la visita...
Frida Io no, io no, Carlo! Mi ritiro. E anche tu, mamma, per carità, vieni, vieni con me!
Dottore Dico... non sarà mica ancora armato?
Di Nolli Ma no! che armato, dottore!
A Frida: Scusami, Frida, ma codesto tuo timore è proprio puerile! Sei voluta venire...
Frida Ah non io, ti prego: è stata la mamma!
D. Matilde (con risoluzione). E io sono pronta! Insomma, che dobbiamo fare?
Belcredi È proprio necessario, scusate, camuffarci in quel modo?
Landolfo Indispensabile! indispensabile, signore! Eh, pur troppo, ci vede... mostra il suo costume:
Guai se vedesse lor signori, così, in abiti d'oggi!
Arialdo Crederebbe a un travestimento diabolico.
Di Nolli Come a voi appajono travestiti loro, così a lui, nei nostri panni, appariremmo travestiti
noi.
Landolfo E non sarebbe nulla, forse, signor Marchese, se non dovesse parergli che fosse per opera
del suo mortale nemico.
Belcredi Il Papa Gregorio VII!
Landolfo Appunto! Dice che era un «pagano»!
Belcredi Il papa? Non c'è male!
Landolfo Sissignore. E che evocava i morti! Lo accusa di tutte le arti diaboliche. Ne ha una paura
terribile.
Dottore Il delirio persecutorio!
Arialdo Infurierebbe!
Di Nolli (a Belcredi). Ma non è necessario che tu ci sia, scusa. Noi ce ne andremo di là. Basta che
lo veda il dottore.
Dottore Dice... io solo?
Di Nolli Ma ci sono loro! indica i tre giovani.
Dottore No, no... dico se la signora Marchesa...
D. Matilde Ma sì! Voglio esserci anch'io! Voglio esserci anch'io! Voglio rivederlo!
Frida Ma perché, mamma? Ti prego...Vieni con noi!
D. Matilde (imperiosa). Lasciami fare! sono venuta per questo! A Landolfo: Io sarò «Adelaide», la
madre.
Landolfo Ecco, benissimo. La madre dell'imperatrice Berta, benissimo! Basterà allora che la
signora si cinga la corona ducale e indossi un manto che la nasconda tutta. Ad Arialdo: Vai, vai,
Arialdo!
Arialdo Aspetta: e il signore? accennando al Dottore.
Dottore Ah, sì... abbiamo detto, mi pare, il Vescovo... il Vescovo Ugo di Cluny.
Arialdo Il signore vuol dire l'Abate? Benissimo: Ugo di Cluny.
Landolfo E già venuto qua tant'altre volte...
Dottore (stupito). Come, venuto?
Landolfo Non abbia paura. Voglio dire che, essendo un travestimento spiccio...
Arialdo S'è usato altre volte.
Dottore Ma...
Landolfo Non c'è pericolo che se ne ricordi. Guarda più all'abito che alla persona.
D. Matilde Questo è bene anche per me, allora.
Di Nolli Noi andiamo, Frida! Vieni, vieni con noi, Tito!
Belcredi Ah no: se resta lei
indica la Marchesa,resto anch'io.
D. Matilde Ma non ho affatto bisogno di voi!
Belcredi Non dico che ne abbiate bisogno. Ho piacere di rivederlo anch'io. Non è permesso?
Landolfo Sì, forse sarebbe meglio che fossero in tre.
Arialdo E allora, il signore?
Belcredi Mah, veda di trovare un travestimento spiccio anche per me.
Landolfo (ad Arialdo). Sì, ecco: di cluniacense.
Belcredi Cluniacense? Come sarebbe?
Landolfo Una tonaca da benedettino dell'Abazia di Cluny. Figurerà al seguito di Monsignore.
Ad Arialdo: Vai, vai!
A Bertoldo: E anche tu, via; e non ti far vedere per tutto quest'oggi!
Ma, appena li vede avviare, Aspettate.
A Bertoldo: Porta qua tu gl'indumenti che lui ti darà
Ad Arialdo: E tu vai subito ad annunziare la visita della «Duchessa Adelaide» e di «Monsignore
Ugo di Cluny». Intesi?
Arialdo e Bertoldo via per il primo uscio a destra.
Di Nolli Noi allora ci ritiriamo.
Via con Frida per l'uscio a sinistra.
Dottore (a Landolfo). Mi dovrebbe, credo, veder bene sotto le vesti di Ugo di Cluny.
Landolfo Benissimo. Stia tranquillo. Monsignore è stato sempre accolto qua con gande rispetto. E
anche lei stia tranquilla, signora Marchesa. Ricorda sempre che deve all'intercessione di loro due se,
dopo due giorni di attesa, in mezzo alla neve, già quasi assiderato, fu ammesso nel castello di
Canossa alla presenza di Gregorio VII che non voleva riceverlo.
Belcredi E io, scusate?
Landolfo Lei si tenga rispettosamente da parte.
D. Matilde (irritata, molto nervosa). Fareste bene ad andarvene!
Belcredi (piano, stizzoso). Voi siete molto commossa...
D. Matilde (fiera). Sono come sono! Lasciatemi in pace!
Rientra Berloldo con gli indumenti
Landolfo (vedendolo entrare). Ah, ecco qua gli abiti! Questo manto, per la Marchesa.
D. Matilde Aspettate, mi levo il cappello!
Eseguisce, e lo porge a Bertoldo.
Landolfo Lo porterai di là. Poi alla Marchesa, accennando di cingerle in capo la corana ducale:
Permette?
D. Matilde Ma, Dio mio, non c'è uno specchio qua?
Landolfo Ci sono di là. indica l'uscio a sinistra. Se la signora Marchesa vuol fare da sè...
Donna Matilde Sì, sì, sarà meglio, date qua; faccio subito.
Riprende il cappello ed esce con Berloldo che reca il manto e la corona. Nel mentre il Dottore e
Belcredi indosseranno da sè, alla meglio, le tonache da benedettini.
Belcredi Questa di far da benedettino, dico la verità, non me la sarei mai aspettata. Oh, dico: è una
pazzia che costa fior di quattrini!
Dottore Mah! Anche tant'altre pazzie veramente...
Belcredi Quando, per secondarle, si ha a disposizione un patrimonio...
Landolfo Sissignore. Abbiamo di là un intero guardaroba, tutto di costumi del tempo, eseguiti a
perfezione, su modelli antichi. È mia cura particolare: mi rivolgo a sartorie teatrali competenti. Si
spende molto.
Donna Matilde rientra parata col manto e la corona.
Belcredi (subito, ammirandola). Ah, magnifica! Veramente regale!
D. Matilde (vedendo Belcredi e scoppiando a ridere). Oh Dio! ma no; levatevi! Voi siete
impossibile! Sembrate uno struzzo vestito da monaco!
Belcredi E guardate il dottore!
Dottore Eh, pazienza... pazienza.
D. Matilde Ma no, meno male, il dottore...Voi fate proprio ridere!
Dottore (a Landolfo). Ma si fanno dunque molti ricevimenti qua?
Landolfo Secondo. Tante volte ordina che gli si presenti questo o quel personaggio. E allora
bisogna cercar qualcuno che si presti. Anche donne...
D. Matilde (ferita, e volendo nasconderlo). Ah! Anche donne?
Landolfo Eh, prima, sì...Molte.
Belcredi (ridendo). Oh bella! In costume?
indicando la Marchesa: Così?
Landolfo Mah, sa: donne, di quelle che...
Belcredi Che si prestano, ho capito!
Perfido, alla Marchesa: Badate, che diventa per voi pericoloso!
Si apre il secondo uscio a destra e appare Arialdo, che fa prima, di nascosto, un cenno per
arrestare ogni discorso nella sala, e poi annunzia solennemente:
Arialdo Sua Maestà l'Imperatore!
Entrano prima i due Valletti che vanno a postarsi ai Piedi del trono. Poi entra tra Ordulfo e
Arialdo, che si tengono rispettosamente un po' indietro, Enrico IV. È presso alla cinquantina,
pallidissimo, e già grigio sul dietro del capo; invece sulle tempie e sulla fronte, appare biondo, per
via di una tintura quasi puerile, evidentissima; e sui pomelli, in mezzo al tragico pallore, ha un
trucco rosso da bambola, anch'esso evidentissimo. Veste sopra l'abito regale un sajo da penitente,
come a Canossa. Ha negli occhi una fissità spasimosa, che fa spavento; in contrasto con
l'atteggiamento della persona che vuol essere d'umiltà pentita, tanto più ostentata quanto più sente
che immeritato è quell'avvilimento. - Ordulfo regge a due mani la corona imperiale. Arialdo lo
scettro con l'Aquila e il globo con la Croce.
Enrico IV (inchinandosi prima a Donna Matilde, poi al dottore). Madonna... Monsignore... Poi
guarda il Belcredi e fa per inchinarsi anche a lui, ma si volge a Landolfo che gli si è fatto presso, e
domanda sottovoce con diffidenza: È Pietro Damiani?
Landolfo No, Maestà, è un monaco di Cluny che accompagna l'Abate.
Enrico IV (torna a spiare il Belcredi con crescente diffidenza e, notando che egli si volge sospeso
e imbarazzato a Donna Matilde e al Dottore, come per consigliarsi con gli occhi, si rizza sulla
persona e grida): È Pietro Damiani! - Inutile, Padre, guardare la Duchessa!
Subito volgendosi Donna Matilde come a scongiurare un pericolo: Vi giuro, vi giuro, Madonna,
che il mio animo è cangiato verso vostra figlia! Confesso che se lui indica il Belcredi non fosse
venuto a impedirmelo in nome del Papa Alessandro, l'avrei ripudiata! Sì: c'era chi si prestava a
favorire il ripudio: il vescovo di Magonza, per centoventi poderi.
Sogguarda un po' smarrito Landolfo, e dice subito: Ma non debbo in questo momento dir male dei
vescovi.
Ritorna umile davanti a Belcredi: Vi sono grato, credetemi che vi sono grato, ora, Pietro Damiani,
di quell'impedimento! - Tutta d'umiliazioni è fatta la mia vita: - mia madre, Adalberto, Tribur,
Goslar - e ora questo sajo che mi vedete addosso.
Cangia tono improvvisamente e dice come uno che, in una parentesi di astuzia, si ripassi la parte:
Non importa! Chiarezza d'idee, perspicacia, fermezza di contegno e pazienza nell'avversa fortuna!
Quindi si volge a tutti e dice con gravità compunta: So correggere gli errori commessi; e anche
davanti a voi, Pietro Damiani, mi umilio!
Si inchina profondamente, e resta lì curvo davanti a lui, come piegato da un obliquo sospetto che
ora gli nasce e che gli fa aggiungere, quasi suo malgrado, in tono minaccioso: Se non è partita da
voi l'oscena voce che la mia santa madre, Agnese, abbia illeciti rapporti col vescovo Enrico
d'Augusta!
Belcredi (poiché Enrico IV resta ancora curvo, col dito appuntato minacciosamente contro di lui,
si pone le mani sul petto, e poi negando). No... da me, no...
Enrico IV (alzandosi). No, è vero? Infamia!
Lo squadra un po' e poi dice: Non ve ne credo capace.
Si avvicina di Dottore e gli tira un po' la manica ammiccando furbescamente.
Sono «loro»! Sempre quelli, Monsignore!
Arialdo (piano, con un sospiro, come per suggerire al Dottore). Eh, sì, i vescovi rapitori.
Dottore (per sostenere la parte, volto ad Arialdo). Quelli, eh già... quelli...
Enrico IV Nulla è bastato a costoro! - Un povero ragazzo, Monsignore... Si passa il tempo,
giocando - anche quando, senza saperlo, si è re. Sei anni avevo e mi rapirono a mia madre, e contro
lei si servirono di me, ignaro, e contro i poteri stessi della Dinastia, profanando tutto, rubando,
rubando; uno più ingordo dell'altro: Anno più di Stefano, Stefano più di Anno!
Landolfo (sottovoce, persuasivo, per richiamarlo). Maestà...
Enrico IV (subito voltandosi). Ah, già! Non debbo in questo momento dir male dei vescovi. - Ma
questa infamia su mia madre, Monsignore, passa la parte!
Guarda la Marchesa e s'intenerisce.
E non posso neanche piangerla, Madonna. - Mi rivolgo a voi, che dovreste aver viscere materne.
Venne qua a trovarmi, dal suo convento, or'è circa un mese. Mi hanno detto che è morta.
Pausa tenuta, densa di commozione. Poi sorridendo mestissimamente
Non posso piangerla, perché se voi ora siete qua, e io così
mostra il sajo che ha indosso, vuol dire che ho ventisei anni.
Arialdo (quasi sottovoce dolcemente per confortarlo). E che dunque ella è viva, Maestà.
Ordulfo (c.s.). Ancora nel suo convento.
Enrico IV (si volta a guardarli). Già; e posso dunque rimandare ad altro tempo il dolore.
Mostra alla Marchesa, quasi con civetteria, la tintura che si è data ai capelli: Guardate: ancora
biondo... Poi piano, come in confidenza: Per voi! - Io non ne avrei bisogno. Ma giova qualche
segno esteriore. Termini di tempo, mi spiego, Monsignore? Si riaccosta alla Marchesa, e
osservandole i capelli: Eh, ma vedo che...anche voi, Duchessa... Strizza un occhio e fa un segno
espressivo con la mano: Eh, italiana... come a dire: finta; ma senz'ombra di sdegno, anzi con
maliziosa ammirazione: Dio mi guardi dal mostrarne disgusto o meraviglia! - Velleità! - Nessuno
vorrebbe riconoscere quel certo potere oscuro e fatale che assegna limiti alla volontà. Ma, dico, se si
nasce e si muore! - Nascere, Monsignore: voi l'avete voluto? Io no. - E tra l'un caso e l'altro,
indipendenti entrambi dalla nostra volontà, tante cose avvengono che tutti quanti vorremmo non
avvenissero, e a cui a malincuore ci rassegniamo!
Dottore (tanto per dire qualche cosa, mentre lo studia attentanente). Eh sì, purtroppo!
Enrico IV Ecco: quando non ci rassegniamo, vengono fuori le velleità. Una donna che vuol essere
uomo...un vecchio che vuol esser giovine... - Nessuno di noi mente o finge! - C'è poco da dire: ci
siamo fissati tutti in buona fede in un bel concetto di noi stessi. Monsignore, però, mentre voi vi
tenete fermo, aggrappato con tutte e due le mani alla vostra tonaca santa, di qua, dalle maniche, vi
scivola, vi scivola, vi sguiscia come un serpe qualche cosa, di cui non v'accorgete. Monsignore, la
vita! E sono sorprese, quando ve la vedete d'improvviso consistere davanti così sfuggita da voi;
dispetti e ire contro voi stesso; o rimorsi; anche rimorsi. Ah, se sapeste, io me ne son trovati tanti
davanti! Con una faccia che era la mia stessa, ma così orribile, che non ho potuto fissarla... -
Si riaccosta alla Marchesa.
A voi non è mai avvenuto, Madonna? Vi ricordate proprio di essere stata sempre la stessa, voi? Oh
Dio, ma un giorno... - com'è? com'è che poteste commettere quella tale azione...
La fissa così acutamente negli occhi, da farla quasi smorire.
- sì, «quella», appunto! - ci siamo capiti. (Oh, state tranquilla che non la svelerò a nessuno!). E che
voi, Pietro Damiani, poteste essere amico di quel tale...
Landolfo (c.s.). Maestà...
Enrico IV (subito). No no, non glielo nomino! So che gli fa tanto dispetto!
Voltandosi a Belcredi, come di sfuggita: Che opinione eh? che opinione ne avevate...- Ma tutti,
pur non di meno, seguitiamo a tenerci stretti al nostro concetto, così come chi invecchia si ritinge i
capelli. Che importa che questa mia tintura non possa essere, per voi, il color vero dei miei capelli?
- Voi, Madonna, certo non ve li tingete per ingannare gli altri, ne voi; ma solo un poco - poco poco -
la vostra immagine davanti allo specchio. Io lo faccio per ridere. Voi lo fate sul serio. Ma vi
assicuro che per quanto sul serio, siete mascherata anche voi, Madonna; e non dico per la venerabile
corona che vi cinge la fronte, e a cui m'inchino, o per il vostro manto ducale; dico soltanto per
codesto ricordo che volete fissare in voi artificialmente del vostro color biondo, in cui un giorno vi
siete piaciuta; o del vostro color bruno se eravate bruna: l'immagine che vien meno della vostra
gioventù. A voi, Pietro Damiani, invece, il ricordo di ciò che siete stato, di ciò che avete fatto,
appare ora riconoscimento di realtà passate, che vi restano dentro - è vero? - come un sogno. E
anche a me - come un sogno - e tante, a ripensarci, inesplicabili... - Mah! - Nessuna meraviglia,
Pietro Damiani; sarà così domani della nostra vita d'oggi!
Tutt'a un tratto infuriandosi e afferrandosi il sajo addosso: Questo sajo qua!
Con gioia quasi feroce facendo atto di strapparselo, mentre Arialdo, Ordulfo subito accorrono
spaventati, come per trattenerlo: Ah per Dio!
Si tira indietro e, levandosi il sajo, grida loro: Domani, a Bressanone, ventisette vescovi tedeschi
e lombardi firmeranno con me la destituzione di Papa Gregorio VII: non Pontefice, ma monaco
falso!
Ordulfo (con gli altri due, scongiurandolo di tacere). Maestà, Maestà, in nome di Dio!
Arialdo (invitandolo coi gesti a rimettersi il sajo). Badate a quello che dite!
Landolfo Monsignore è qua, insieme con la Duchessa, per intercedere in vostro favore!
E di nascosto fa pressanti segni al Dottore di dire subito qualche cosa.
Dottore (smarrito). Ah, ecco... sì...Siamo qua per intercedere...
Enrico IV (subito pentito, quasi spaventato, lasciandosi dai tre rimettere sulle spalle il sajo e
stringendoselo addosso con le mani convulse). Perdono... sì, sì...perdono, perdono, Monsignore;
perdono, Madonna...Sento, vi giuro, sento tutto il peso dell'anatema! Si curva, prendendosi la testa
fra le mani, come in attesa di qualche cosa che debba schiacciarlo; e sta un po' così, ma poi con
altra voce, pur senza scomporsi, dice piano, in confidenza a Landolfo, ad Arialdo e a Ordulfo: Ma
io non so perché, oggi non riesco a essere umile davanti a quello lì! E indica, come di nascosto, il
Belcredi.
Landolfo (sottovoce). Ma perché voi, Maestà, vi ostinate a credere che sia Pietro Damiani, mentre
non è!
Enrico IV (sogguardandolo con timore). Non è Pietro Damiani?
Arialdo Ma no, è un povero monaco, Maestà!
Enrico IV (dolente, con sospirosa esasperazione). Eh, nessuno di noi può valutare ciò che fa,
quando fa per istinto...Forse voi, Madonna, potete intendermi meglio degli altri, perché siete donna.
[Questo è un momento solenne e decisivo. Potrei, guardate, ora stesso, mentre parlo con voi,
accettar l'ajuto dei vescovi lombardi e impossessarmi del Pontefice, assediandolo qui nel Castello;
correre a Roma a eleggervi un antipapa; porgere la mano all'alleanza con Roberto Guiscardo. -
Gregotio VII sarebbe perduto! - Resisto alla tentazione, e credetemi che sono saggio. Sento l'aura
dei tempi e la maestà di chi sa essere quale deve essere: un Papa! - Vorreste ora ridere di me,
vedendomi così? Sareste tanti stupidi, perché non capireste che sapienza politica mi consiglia ora
quest'abito di penitenza. Vi dico che le parti, domani, potrebbeto essere invertite! E che fareste voi
allora? Ridereste per caso del Papa in veste di prigioniero? - No. - Saremmo pari. - Un mascherato
io, oggi, da penitente; lui, domani, da prigioniero. Ma guai a chi non sa portare la sua maschera, sia
da Re, sia da Papa. - Forse egli è ora un po' troppo crudele: questo sì.] Pensate, Madonna, che Berta,
vostra figlia, per cui, vi ripeto, il mio animo è cangiato
si volta improvvisamente a Belcredi e gli grida in faccia, come se avesse detto di no - cangiato,
cangiato, per l'affetto e la devozione di cui ha saputo darmi prova in questo terribile momento!
S'arresta, convulso, dallo scatto iroso, e fa sforzi per contenersi, con un gemito d'esasperazione
nella gola; poi si volge di nuovo con dolce e dolente umiltà alla Marchesa.
È venuta con me, Madonna, è giù nel cortile; ha voluto seguirmi come una mendica, ed è gelata,
gelata da due notti all'aperto, sotto la neve! Voi siete sua madre! Dovrebbero muoversi le viscere
della vostra misericordia e implorare con lui, indica il Dottore dal Pontefice, il perdono: che ci
riceva!
D. Matilde (tremante, con un filo di voce). Ma sì, sì, subito...
Dottore Lo faremo, lo faremo!
Enrico IV E un'altra cosa! Un'altra cosa! Se li chiama intorno e dice piano, in gran segreto: Non
basta che mi riceva. Voi sapete che egli può «tutto» - vi dico «tutto» - Evoca perfino i morti! Si
picchia il petto. Eccomi qua! Mi vedete! - E non c'è arte di magia che gli sia ignota. Ebbene,
Monsignore, Madonna: la mia vera condanna è questa - o quella - guardate indica il suo ritratto alla
parete, quasi con paura, di non potermi più distaccare da quest'opera di magia! - Sono ora
penitente, e così resto; vi giuro che ci resto finché Egli non m'abbia ricevuto. Ma poi voi due, dopo
la revoca della scomunica, dovreste implorarmi questo dal Papa che lo può: di staccarmi di là indica
di nuovo il ritratto, e farmela vivere tutta, questa mia povera vita, da cui sono escluso...Non si può
aver sempre ventisei anni, Madonna! E io ve lo chiedo anche per vostra figlia: che io la possa amare
come ella si merita, così ben disposto come sono adesso, intenerito come sono adesso dalla sua
pietà. Ecco. Questo. Sono nelle vostre mani... Si inchina.Madonna! Monsignore! E fa per ritirarsi,
così inchinandosi, per l'uscio donde è entrato; se non che, scorto il Belcredi che s'era un po'
accostato per sentire, nel vedergli voltar la faccia verso il fondo e supponendo che voglia rubargli
la corona imperiale posata sul trono, tra lo stupore e lo sgomento di tutti, corre a prenderla e a
nascondersela sotto il sajo, e con un sorriso furbissimo negli occhi e sulle labbra torna a inchinarsi
ripetutamente e scompare. La Marchesa è così profondamente commossa, che casca di schianto a
sedere, quasi svenuta. Atto Secondo
Altra sala della villa, contigua a quella del trono, addobbata di mobili antichi e austeri. A destra, a
circa due palmi dal suolo, è come un coretto, cinto da una ringhiera di legno a pilastrini, interrotta
lateralmente e sul davanti, ove sono i due gradini d'accesso. Su questo coretto sarà una tavola e
cinque seggioloni di stile, uno a capo e due per lato. La comune in fondo. A sinistra due finestre che
danno sul giardino. A destra un uscio che dà nella sala del trono. Nel pomeriggio avanzato dello
stesso giorno.
Sono in scena Donna Matilde, il Dottore e Tito Belcredi. Seguitano una conversazione; ma Donna
Matilde si tiene appartata, fosca, evidentemente infastidita da ciò che dicono gli altri due, a cui
tuttavia non può fare a meno di prestare orecchio, perché nello stato d'irrequietezza in cui si trova,
ogni cosa la interessa suo malgrado, impedendole di concentrarsi a maturare un proposito più
forte di lei, che le balena e la tenta. Le parole che ode degli altri due attraggono la sua attenzione,
perché istintivamente sente come il bisogno d'esser trattenuta in quel momento.
Belcredi Sarà, sarà come lei dice, caro dottore, ma questa è la mia impressione.
Dottore Non dico di no; ma creda che è soltanto... così, un'impressione.
Belcredi Scusi: però l'ha perfino detto, e chiaramente!
Voltandosi alla Marchesa: Non è vero, Marchesa?
D. Matilde (frastornata, voltandosi). Che ha detto? Poi, non consentendo. Ah sì...Ma non per la
ragione che voi credete.
Dottore Intendeva dei nostri abiti soprammessi: il suo manto indica la Marchesa le nostre tonache
da benedettini. E tutto questo è puerile.
D. Matilde (di scatto, voltandosi di nuovo sdegnata). Puerile? Che dice, Dottore?
Dottore Da un canto sì! Prego; mi lasci dire, Marchesa. Ma dall'altro, molto più complicato di
quanto possiate immaginare.
D. Matilde Per me è chiarissimo, invece.
Dottore (col sorriso di compatimento d'un competente verso gli incompetenti). Eh sì! Bisogna
intendere questa speciale psicologia dei pazzi, per cui - guardi - si può essere anche sicuri che un
pazzo nota, può notare benissimo un travestimento davanti a lui; e assumerlo come tale; e
sissignori, tuttavia, crederci; proprio come fanno i bambini, per cui è insieme giuoco e realtà. Ho
detto perciò puerile. Ma è poi complicatissimo in questo senso, ecco: che egli ha, deve avere
perfettamente coscienza di essere per sè, davanti a se stesso, una Immagine: quella sua immagine
là! Allude al ritratto nella sala del trono, indicando perciò alla sua sinistra.
Belcredi L'ha detto!
Dottore Ecco, benissimo! - Un'immagine, a cui si sono fatte innanzi altre immagini: le nostre, mi
spiego? Ora egli, nel suo delirio - acuto e lucidissimo ha potuto avvertire subito una differenza tra la
sua e le nostre: cioè, che c'era in noi, nelle nostre immagini, una finzione. E ne ha diffidato. Tutti i
pazzi sono sempre armati d'una continua vigile diffidenza. Ma questo è tutto! A lui naturalmente
non è potuto sembrare pietoso questo nostro giuoco, fatto attorno al suo. E il suo a noi s'è mostrato
tanto più tragico, quanto più egli, quasi a sfida - mi spiego? - indotto dalla diffidenza, ce l'ha voluto
scoprire appunto come un giuoco; anche il suo, sissignori, venendoci avanti con un po' di tintura
sulle tempie e sulle guance, e dicendoci che se l'era data apposta, per ridere!
D. Matilde (scattando di nuovo). No. Non è questo, dottore! Non è questo! non è questo!
Dottore Ma come non è questo?
D. Matilde (recisa, vibrante). Io sono sicurissima ch'egli m'ha riconosciuta!
Dottore Non è possibile... non è possibile...
Belcredi (contemporaneamente). Ma che!
D. Matilde (ancora più recisa, quasi convulsa). M'ha riconosciuta, vi dico. Quand'è venuto a
parlarmi da vicino, guardandomi negli occhi, proprio dentro gli occhi - m'ha riconosciuta!
Belcredi Ma se parlava di vostra figlia...
D. Matilde Non è vero! - Di me! Parlava di me!
Belcredi Sì, forse, quando disse...
D. Matilde (subito, senza riguardo). Dei miei capelli tinti! Ma non avete notato che aggiunse
subito: «oppure il ricordo del vostro color bruno se eravate bruna» ? - S'è ricordato perfettamente
che io, «allora», ero bruna.
Belcredi Ma che! Ma che!
D. Matilde (senza dargli retta, rivolgendosi al Dottore). I miei capelli, dottore, sono difatti bruni -
come quelli di mia figlia. E perciò s'è messo a parlare di lei!
Belcredi Ma se non la conosce, vostra figlia! Se non l'ha mai veduta!
D. Matilde Appunto! Non capite nulla! Per mia figlia intendeva me; me com'ero allora!
Belcredi Ah, questo è contagio! Questo è contagio!
D. Matilde (piano, con sprezzo). Ma che contagio! Sciocco!
Belcredi Scusate, siete stata mai sua moglie, voi? Vostra figlia, nel suo delirio, è sua moglie: Berta
di Susa.
D. Matilde Ma perfettamente! Perché io, non più bruna - com'egli mi ricordava - ma «così»,
bionda, mi sono presentata a lui come «Adelaide» la madre. - Mia figlia per lui non esiste - non l'ha
mai veduta - l'avete detto voi stesso. Che ne sa perciò, se sia bionda o bruna?
Belcredi Ma ha detto bruna, così, in generale, Dio mio! di chi vuol fissare, comunque, sia bionda
sia bruna, il ricordo della gioventù nel colore dei capelli! E voi al solito vi mettete a fantasticare! -
Dottore, dice che non sarei dovuto venire io - ma non sarebbe dovuta venire lei!
D. Matilde (abbattuta per un momento dall'osservazione del Belcredi, e rimasta assorta, ora si
riprende, ma smaniosa perché dubitante). No... no... parlava di me... Ha parlato sempre a me e con
me e di me...
Belcredi Alla grazia! Non m'ha lasciato un momento di respiro, e dite che ha parlato sempre di
voi? Tranne che non vi sia parso che alludesse anche a voi, quando parlava con Pietro Damiani!
D. Matilde (con aria di sfida, quasi rompendo ogni freno di convenienza). E chi lo sa? - Mi sapete
dire perché subito, fin dal primo momento, ha sentito avversione per voi, soltanto per voi?
Dal tono della domanda deve risultare infatti, quasi esplicita, la risposta: «Perché ha capito che
voi siete il mio amante!» - Il Belcredi lo avverte così bene, che lì per lì resta come smarrito in un
vano sorriso.
Dottore La ragione, scusino, può essere anche nel fatto che gli fu annunziata soltanto la visita
della duchessa Adelaide e dell'Abate di Cluny. Trovandosi davanti un terzo, che non gli era stato
annunziato, subito la diffidenza...
Belcredi Ecco, benissimo, la diffidenza gli fece vedere in me un nemico: Pietro Damiani! - Ma se
è intestata, che l'abbia riconosciuta...
D. Matilde Su questo non c'è dubbio! - Me l'hanno detto i suoi occhi, Dottore: sapete quando si
guarda in un modo che... che nessun dubbio è più possibile! Forse fu un attimo, che volete che vi
dica?
Dottore Non è da escludere: un lucido momento...
D. Matilde Ecco forse! E allora il suo discorso m'è parso pieno, tutto, del rimpianto della mia e
della sua gioventù - per questa cosa orribile che gli è avvenuta, e che l'ha fermato lì, in quella
maschera da cui non s'è potuto più distaccare, e da cui si vuole, si vuole distaccare!
Belcredi Già! Per potersi mettere ad amar vostra figlia. O voi, - come credete - intenerito dalla
vostra pietà.
D. Matilde Che è tanta, vi prego di credere!
DESCRIZIONE APPUNTO
Appunti di Letteratura teatrale italiana per l'esame della professoressa Alfonzetti con analisi della seguente opera teatrale scritta da Pirandello, l'Enrico IV, il quale è il protagonista della tragedia. La scena centrale del dramma è l'attesa da parte dell'imperatore bavarese fuori dalle mura di Canossa, mentre sua moglie Matilde di Toscana cerca di mediare con il papa Gregorio VII con l'obiettivo di ricucire lo strappo avvenuto tra Impero e Chiesa.
I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher ninja13 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Letteratura teatrale italiana e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università La Sapienza - Uniroma1 o del prof Alfonzetti Beatrice.
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