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Atto Secondo

L'atto secondo si apre con l'introduzione di un personaggio che finora non avevamo incontrato: il satiro. Da tutte le ninfe, è l'incarnazione del desiderio allo stato puro, dell'eros ad un livello non sublimato dall'innamoramento, rappresenta il desiderio sessuale in sé. Non può non essere affascinato da Silvia e vorrebbe possederla.

Lungo Monologo del Satiro:

"L'ape, pur essendo piccola, fa ferite fastidiose. L'amore è ancora più piccolo dell'ape, perché riesce a infilarsi ovunque e a lasciare ferite senza essere neanche visto. L'amore ha il potere di proiettarsi, personificarsi, infilarsi, abitare sulle palpebre, nel battere delle ciglia, nei riccioli o nelle fossette della risata: in tutti gli atteggiamenti, gli atti, le pose più diverse di una figura, nelle più piccole cose che fanno."

innamorare. Eppure le piaghe d'amore sono tanto grandi, mortali: l'amore è capace di diventare così piccolo da nascondersi in una fossetta, piccolissima che ci fa innamorare, eppure le sue piaghe sono così grandi, veramente mortali.

Il personaggio si esprime dapprima con considerazioni di carattere generale sul potere dell'amore, fatto che solo dei riccioli possono far innamorare, e poi viene a se stesso; povero me che le mie viscere sono diventasti tute una ferita, una piaga:Crudele l'amore, crudele Silvia Come Aminta

Elencazioni di doni che il satiro porta come dono tipici della poesia bucolica e che lei sempre rifiuta, Metafore amorose e sessuali: non puoi accettare i mie fiori perché tu sei più bella forse perché il tuo volto è più bello dei miei fiori. Non puoi accettare le mie mele perché i tuoi seni sono mele più belle. Non puoi accettare il mio miele perché le tue labbra

Sono ancora più dolciritrosetta vocativo diminutivo riferito a Silvia,

Disdegnosa dispettosa

Ma se la mia povertà (due riferimenti alla povertà) non può donarti nulla, io ti do tutto me stesso

Tu cattiva, perché non accetti i miei doni

Non sono io da disprezzare: il mio aspetto fisico non è da disprezzare, se ho visto bene quando mi sono specchiato nel mare calmo; si descrive con tutti gli attributi della divinità: il volto rosso, le spalle larghe, le braccia muscolose e robuste, confrontate a quelle di un toro, il petto pieno di pelo e le cosce velate dal pelo, sono tutti indici di virilità: se non ci credi metti alla prova la mia virilità.

La figura del satiro si contrappone a quella di Aminta, anche fisicamente: il pastore è tenerello, con i capelli raccolti, non ha ancora la barba, è una femminuccia!

V 776 Tu non mi disprezzi per il mio aspetto, ma perché sono povero

Anche le campagne si stanno corrompendo

come le città Considerazione ironica sul fatto che in, contrapposizione al mitico tempo dell'oro, di una natura non c'era guerra, non c'era primigenia, prima ancora della civiltà, quando commercio, tutti si amavano è una il vero secolo d'oro non è senza pudore, onore, morale; qui invece considerazione quasi amara: quello di cui si favoleggia, ma questo in cui vince e regna il denaro. Stiamo vedendo spesso come questa favola pastorale, sebbene abbia una ambientazione bucolica, pastorale, in mezzo alle selve, faccia riferimento alla realtà vera della società della seconda metà del '500, non quella del travestimento pastorale. Tasso complica la figura del satiro non facendone solo il personaggio selvaggio, tutto istinto sessuale, senza colpa, in fondo, per la sua determinazione violenta a possedere Silvia; Tasso avrebbe potuto presentare un personaggio ad un'unica dimensione, ma l'introduzione della povertà,che non ha senso con la verosimiglianza del travestimento pastorale ci fa capire che il Tasso vuole introdurre in questo dramma pastorale e nella figura del satiro una allusione, una metafora agli (il '500 esclusi dai beni e dalle fortune della vita: i poveri, coloro che non hanno denaro in un secolo contrapposto all'età mitica dell'oro) in cui ormai si è imposto il denaro e vale soltanto chi è ricco: polemica molto antica e molto attuale. Per convenzione, l'endecasillabo ha l'accento sulla decima, e basterebbe solo quella; è poi V 776 accentata pure la quarta o la sesta; queste sono le accentazioni canoniche; (ma sono a volte accentate anche altre sillabe) V 782 il discorso cambia di livello: ci si rivolge ad un interlocutore indefinito: colui che ha inventato l'amore venale, l'amore a pagamento, cioè la negazione dell'amore, e ha reso aspro e sporco l'amore apostrofe: maledizione anche questa.

Considerazione non è strettamente legata alla favola; va inteso pure questo come un inserto di riferimento alla realtà del 500 torna di nuovo a se stesso: perché mi lamento? Posso usare le armi che la natura mi ha dato per la mia salvezza, come tutte le creature fanno: userò la violenza e la capacità di rapire; la mia natura è questa, io la seguo.

Enunciazione del suo piano: vuole rapire Silvia e prendere di lei con la forza quello che lei gli nega: ha conosciuto da un pastore il posto in cui la Ninfa è solita andare spesso a bagnarsi (si intrecciano le trame, sappiamo che Silvia davvero andrà là) si nasconderà tra i cespugli e poi le si scaglierà addosso appena se ne presenterà l'occasione, prendendo ciò che lei mi nega; lei non avrà abbastanza forza o velocità per scappare o divincolarsi dalla mia forza e velocità; e pure se piangesse non mi fermerebbe; la prenderò.

per i capelli e non potrà scappare prima che io non tinga le mie armi nel suo sangue. (la lega coi i suoi stessi capelli ad un albero, nuda )

Sovrapposizioni di significati.Non sono da interpretare non la farò andare prima di ucciderla, piuttosto, anche se in maniera edulcorata, non la lascerò andare fino a che non la violenterò, non la possiederò carnalmente.

Anche se l'espressione fa pensare alla morte: è una intuizione del poeta sul legame profondo tra amore e morte, che Freud ha spiegato in termini analitici.

Anche questo verso è una messa in campo di temi attuali che esulano dall'ambientazione pastorale benché sia apparentemente leggero, d'occasione, in realtà componimento, mette in campo elementi e all'eros in tutte le sue declinazioni, questi motivi anche forti dalla povertà, alla tentata violenza, desiderio forte, fondante i rapporti tra gli uomini.

ATTO SECONDO SCENA SECONDA

Dafne e Tirsi

Comincia

a prendere corpo l'azione; i due si incontrano e Tirsi le chiede di aiutare Aminta a incontrare Silvia. Dafne darà il suo consiglio da esperta. Poi ci sarà una sorta di schermaglia amorosa tra i due, pare che Tirsi la corteggi, dicendole che lei vale come mille ragazze, riferendosi alla sua età matura, imprecisata, ma pure 30 anni sarebbero tanti in questo contesto. Sembra che Tirsi sia innamorato e Dafne si ritragga, ma è stato letto come trasferimento del comportamento mondare e cortigiano, che dura fino al '700, come inserto di comportamenti galanti di corte riflessi nel dramma. Dafne sa che Aminta ama Silvia e ha pure provato a fare qualcosa, ma sa che Silvia non si rende di quanto la sua sensualità faccia soffrire: metafora dell'amore che uccide. Conto Tirsi non riesce a credere che una donna non conosca il potere delle sue armi. DAFNE: chi è maestro? Domanda serva alla risposta di Tirsi che con una sorta di galanteria lerispndeche è lei la maestra nelle arti dell'amore, poi si corregge, dicendo è la Natura che insegna alle sue creature ad amare. La natura insegna questo, ma una persona esperta, come Dafne, come una balia o una madre, come lei quasi è per Silvia, potrebbe insegnare. Dafne: tu sei goffo e cattivo; ma io non so se Silvia è Semplicetta (un altro vezzeggiativo) come pare nelle parole e nei fatti. Sottopone a Tirsi un suo dubbio; riferisce di averla trovata su un'isoletta vicino alla città (altro corte di Ferrara; la città è Ferrara, l'isoletta è il Belvedere dove viene rappresentato il dramma, continui riferimenti, gioco di specchi tra il pubblico cortigiano, la corte dove il dramma è rappresentato ed il dramma stesso) specchiarsi nell'acqua di un laghetto, sporta in avanti; sembrava guardarsi, Dafne ha visto Silvia guardarsi con una forma d'amore verso se stessa (raddoppiamento vagheggiare,

insieme insieme ecome se si piacesse e chiedere consiglio all'acqua per scegliere inspesso spesso) che modo avrebbedovuto acconciarsi i capelli, se mettere un velo o dei fiori sulla testa o entrambi: provava acconciatureche non osava portare per la vita semplice che conduceva;

Canoni bellezza dell'epoca: Silvia è bionda, con l'incarnato chiaro!!!faceva i paragoni tra il colori dei fiori e quelli delle sue guance e nel paragonarsi ai fiori, sentendosi più bella della stessa natura e lieta di questa vittoria lampeggiava un sorriso che diceva: io non porto i fioriper abbellirmi, ma vi porto solo per la vostra vergogna.

E' un discorso metaforico: lei si vede più bella di ogni fiore possibile della natura.Il confronto tra i fiori e la bellezza femminile è proprio un topos della tradizione poetica e poi diventerà nel poema l'ADONE di Marino del 600 veramente un motivo forte questo confronto tra la donna e larosa, anche qui con

significati sessuali, erotici. Silvia si guarda dicendo: Io mi orno di voi perché nel paragone io possa sembrare molto più bella di voi.

Silvia si accorge che Silvia la stava guardando e scoperta in questo gesto di femminilità, di questa femminilità che lei voleva nascondere, lascia cadere i fiori e si mette dritta per non specchiarsi più.

Codice narrativo della scrittura drammatica ancora in fortemente in uso: l'azione non si vede, ma viene raccontata; Dafne ci racconta quello che Silvia ha fatto, ma non vediamo Silvia in azione.

Dafne rideva del suo arrossire e più lei diventava rossa perché l'amica rideva.

V 877 CHIASMO

Il tasso guarda attraverso Dafne, con occhio sottile, la vanità di Silvia, che non resiste alla tentazione di guardare il suo riflesso nell'acqua, dal momento che porta i capelli raccolti solo per metà, come per chiedere al riflesso conferma della sua bellezza, si guarda di soppiatto, pur

il tempo potesse cancellare ogni traccia di me, ho deciso di lasciare un segno indelebile.
Dettagli
Publisher
A.A. 2009-2010
20 pagine
1 download
SSD Scienze antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche L-FIL-LET/10 Letteratura italiana

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher ninja13 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Letteratura teatrale italiana e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Roma La Sapienza o del prof Alfonzetti Beatrice.