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AFFABULAZIONE di Pier Paolo Pasolini
Il testo ha un senso nel percorso dei finali perché la tragedia del 1969 già a partire dal titolo affronta il problema del finale. In più si occupa di cosa può essere il teatro dopo il 1968. Nel 1968 Pasolini scrive e pubblica un Manifesto per un nuovo teatro dove prende le distanze dal teatro della chiacchiera, definizione non sua ma di Alberto Moravia, cioè dal teatro borghese, il teatro in cui la borghesia vede rispecchiati i propri problemi, un tipo di teatro che non procura infondo nessuna riflessione (si vedono personaggi, azione scenica e basta) e ancor più per P. dal teatro d’avanguardia, quello che raggruppa il teatro che va da Artaud a Living. Si tratta del teatro del gesto e dell’urlo: sembra strano che P. si trovi lontano da queste posizioni (Artaud sogna un teatro della crudeltà, che portasse a teatro tematiche che per certi aspetti potevano sembrare vicine a quelle di P. perchéè un teatro che può fare scandalo. In realtà sono le modalità di quel teatro basato sulla gestualità e non sulla parola che P. non condivide: un teatro basato sulla scenografia, sulla gestualità, sulla enfatizzazione del corpo al quale teatro P. contrappone un teatro di parola): per certi aspetti è vicino per molti altri non lo è. Il teatro di parola, che può anche essere un teatro di poesia, è un teatro in cui i personaggi tornano ad avere una funzione (a differenza del teatro di avanguardia). tradizione occidentale dal ‘500 all’800. Questa funzione si discosta dalla in cui ci si identifica, ci si immedesima, si piange, si guardano le vicende del personaggio. Questo a P. non interessa: dice che i personaggi in realtà incarnano e devono incarnare delle idee. Questo si vede subito in in cui non c’è nessuna logica naturalistica Affabulazione e quindi è, per certi aspetti, se vogliamo usare
Una parola che P. non usa, filosofico nel senso che in fondo ci sono alcune tesi che lui vuole mettere in evidenza. Comune in P. rispetto al teatro d'avanguardia e al teatro di Artaud è l'idea che il teatro sia un rito: questa nozione di rito è antichissima e le avanguardie in qualche misura si illudono di poter recuperare, saltando i secoli, le origini rituali del teatro: la nascita della tragedia dal rito religioso. P. dice che si illudono perché la colpa che attribuisce a questo teatro è la relativa elaborazione culturale. Rispetto a lui questo tentativo di andare alle origini del teatro non è supportato da una sufficiente cultura e soprattutto da una riflessione sugli scopi, sugli obiettivi della possibile rinascita vuole cancellare tutta la tradizione dal '500 in avanti in cui si è del teatro. P. con il suo teatro esprime la civiltà occidentale, compreso Shakespeare. Anche lui pensa che vuole andare alle origini del teatro.
soprattutto recuperando il teatro dellademocrazia ateniese. È significativo che parli di democrazia ateniese e non solo di origini sacre del teatro: vede nel teatro delle origini un legame strettissimo con le polis e quindi con le istanze politiche di quel teatro che però oggi sono irrecuperabili. È illusorio il tentativo del teatro di avanguardia che attraverso l'enfatizzazione del corpo, del gesto, dell'urlo crede di poter nuovamente attingere a qualcosa che è tramontato per sempre. L'operazione, quindi, può essere esclusivamente culturale: si può pensare di recuperare il teatro greco come modello ma non che si può attingere nuovamente ai riti dionisiaci e religiosi di allora perché sono passati 2000 anni. Posso culturalmente recuperare quel modello e su quel modello elaborare una nuova proposta. P. parla di rito culturale che contrappone al rito teatrale in cui, senza volerlo, inciampano le avanguardie. Perchérito teatrale? Perché la volontà di recuperare il teatro antico da parte delle avanguardie nelle componenti sacrali secondo lui ha finito per far prevalere una componente puramente estetica cioè la ricerca estetica è diventata primaria nel teatro d'avanguardia in cui ha dell'attore, la scenografia preso rilievo, è diventato centrale accanto alla recitazione (cose che per P. sono inutili). La componente estetica ha finito per prevalere su tutto e ha messo al centro dell'interesse del teatro di avanguardia il teatro stesso. Quindi il teatro viene visto come fine e non come mezzo. Si vuole dare importanza al teatro ritenendo che il teatro sia, in questa utopia teatrale, una comunità. Per P. tutto questo è inaccettabile perché in fondo si mette al centro dell'interesse proprio il teatro. Lui dice che il teatro è un mezzo di elaborazione culturale. Nel manifesto, pur non occupandosi degli aspetti più tecnici,ripropone il rapporto tra spettatori e attori nella visione frontale. Non più visione del teatro che comporta la quarta parete: lui dice che lo spettatore deve stare rispetto all'attore in una condizione di parità e la parità si può realizzare attraverso lo sguardo diretto e nell'occupare una posizione uno di fronte all'altro. L'ombra di Sofocle, chiara proiezione dello stesso P., "io ho scritto Come dirà in Affabulazione teatro avendolo letto da ragazzo" vuol dire che l'accostamento al teatro da parte di P. non nasce all'interno del teatro e il suo è un percorso di poeta, narratore già da quando era giovane (criticato per aver scritto in età tarda, non è così). Per certi aspetti la riflessione di P. sul teatro, sulla sua questa crisi e su come venir fuori da questi tipi di teatro, che lui non accetta, coincide con alcune posizioni di Dario Fo il quale non è dalla parte.del teatro di parola, ma ha sempre manifestato una ostilità dichiarata per il teatro delledà importanza all’estetismo, al formalismo e addirittura mette inavanguardie, per il teatro chequesto teatro Strelher e Ronconi. Lui dice che questo è un teatro che non mira a dare coscienzacritica allo spettatore che non si pone il problema politico ma trova in queste ricerche solo un amoreper il teatro. Per Fo e P non è così. Fo definisce il suo teatro un teatro morale e civile e questedichiarazioni le troviamo dagli anni ’60 agli ultimi anni in cui ripropone l’idea che il teatro è in‘67fondo un mezzo. La differenza tra i 2 può essere indicata in questo: Fo dal quando dopo averfrequentato la Compagnia di nuovo canto popolare che faceva le ricerche antropologiche, ricerchedi canti popolari da riproporre, ad un certo punto rompe con il circuito borghese, con il teatroborghese e per tanti anni si esibisce in spazi diversi
Dicendo che non gli interessava andare a mostrare qualcosa ad un pubblico (che in fondo era lo stesso pubblico che detesta P.) del teatro della chiacchiera, cioè il pubblico che va a teatro il sabato sera per dire "vado a teatro". Questo tipo di pubblico non interessa a nessuno dei 2. Fo sceglie di non recitare più in teatro. Le tragedie di P sono state rappresentate successivamente ma mentre Fo individua nelle classi lavoratrici l'utopia di poter rappresentare il teatro dai lavoratori ai contadini del nord, P. certamente è più acuto dal punto di vista intellettuale: dice che il suo pubblico non è né la borghesia senza cultura né un proletariato che non potrebbe comprendere nulla. A lui interessa avere come spettatore ideale i gruppi avanzati della borghesia e quindi uno spettatore che sia speculare all'autore, che condivida e possa capire e interessato a quello che vede e quindi anche una sorta di avanguardia delle classi lavoratrici.
In questo senso c'è vicinanza. Quando lui dice classi lavoratrici vuole che la sua cultura possa e debba non crede in quella che è l'idea, l'utopia di potersi rivolgere a chi ha poca arrivare anche a loro ma cultura. Non crede che queste cose possano interessare e non crede di poterlo fare senza una mediazione da parte della borghesia. In realtà per lui un ruolo fondamentale deve averlo quella ma orientata verso un tipo di cultura che è la stessa dell'autore. borghesia colta, non genericamente, Si tratta di posizioni che esprime nel manifesto che vanno viste nel complesso di tutte le sue proposte quindi non possono essere lette senza vedere anche il cinema, senza riflettere sul come e perché P si trova a proporre troppo presto un tipo di cultura che recuperava già tutta una serie di l'antropologia, nuovi saperi e discipline. In fondo la psicanalisi, gli studi fatti in ambito francese sulle varie manifestazioni culturali, gliStudi antropologici per ricostruire alcune componenti dell'uomo come i rapporti con il sacro, con i tabù, con i divieti, con il desiderio sono tutte le nuove discipline che P conosce: in Francia accanto a Levi Strauss o Roland Barthes ci sono anche nuove elaborazioni della psicanalisi come Lacan. Tutte cose che P studia e che si riflettono nei suoi lavori e che hanno una forte impronta intellettualistica, soprattutto nelle tragedie (meno il cinema. Per certi versi le tragedie denotano un distacco dalla sua narrativa ("Ragazzi più legata al Neorealismo). Abbiamo una costruzione che si richiama alla simbolicità delle cose. Ci sono personaggi che non hanno nome. Alla fine il personaggio del padre dice che non è la storia di un solo padre. Il "padre" è la condizione simbolica dell'essere padre ma non certo in senso sociologico (P. scrive cose interessanti sul '68 schierandosi contro la contestazione difendendo i
figli dei contadini che erano nei carabinieri o nella polizia dicendo che la rivolta era una rivolta puramente borghese e non aveva un'elaborazione culturale e non si riusciva a capire che i ragazzi con elmetto e fucile erano i figli dei contadini che fino a poco tempo prima P. aveva guardato come dalla sua posizione politica). Conflitto padre-figlio è la trama letterale su cui bisogna individuare una stratificazione di significati. Il conflitto è più profondo e da un lato è psicanalitico. Non è interessato alla psicanalisi come pratica dell'io, come conflittualità che riguarda il singolo individuo. A lui interessano i conflitti ancestrali che trascendono il singolo individuo e che sono dimensioni e condizioni che possono riguardare tutti i padri. In altra parte si dirà che Freud e Jung non hanno analizzato sufficientemente il rapporto padre-figlio nel senso che secondo P. questo rapporto non si basa solo sulla rivalità.Figlio verso il padre in base a quello che è il conflitto edipico, ma in realtà in questo conflitto fondamentale è l'invidia del padre nei confronti del figlio.