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A questo punto Sancio interruppe i viaggi mentali di Don Chisciotte riconrdandogli che quei

cavalieri avevano avuto motivo per diventare folli d'amore,ma lui che motivazione aveva? Don

Chisciotte rispose che non c'è merito alcuno in un cavaliere se impazzisce per qualche motivo

manifesto,ma la sua grandezza stava propri nel fatto che si sarebbe presentato pazzo agli occhi

di Dulcinea senza causa. In realtà pensandoci la causa la trovò e come: non era forse la

lontananza insopportabile quanto la propria amata in sposa ad un altro?

A questo punto a Don Chisciotte venne in mente il suo elmo e chiese a Sancio se lo avesse

custodito; questi ebbe l'occasione per rinfacciargli che erano giorni che il signore suo

scambiava cose quotidiane per oggetti di cavalleria e che quello che aveva nella bisaccia era

solo un bacino del quale si sarebbe servito per farsi la barba. Don Chisciotte lo ammonì

ricordandogli che tutte le cose meravigliose cambiavano aspetto per effetto degli incantatori,e

a riprova che si trattasse di un elmo c'era il fatto che nello scontro colui che glielo aveva fatto

cadere da testa non aveva osato toccarlo. In simili ragionamenti giunsero ai piedi di un'alta

montagna,alle cui falde scorreva un ruscello. Don Chisciotte scese da cavallo,tolse le briglie a

Ronzinante e acconsentì alle richieste di Sancio di ritornare a casa,ma solo dopo tre giorni;

sarebbe infatti dovuto restare a vedere il continuo delle sue imprese,per poi recarsi da Dulcinea

a raccontarle e a consegnare una lettera scritta di suo pugno. Il cavaliere si sarebbe lacerato i

vestiti,avrebbe disperso le armi,e avrebbe battuto la testa contro i massi. A sentir queste cose

Sancio lo pregò di batterla almeno sull'acqua o contro qualcosa di più morbido,ma Don

Chisciotte rispose che comportarsi in altro avrebbe significato contravvenire agli ordini della

cavalleria.

Così decise di scrivere la lettera nel libricino delle poesie di Cardenio,affermando che si sarebbe

firmato Vostro fino alla morte il cavaliere dalla Trista Figura,e poi sarebbe spettato a Sancio il

compito di trascriverle su un altro foglio. Fu a quel punto che rivelò che poco importava

scriverla di proprio pugno dato che Dulcinea,o meglio Aldonza Lorenzo,non sapeva né leggere

né scrivere; fu allora che Sancio si rese conto che quella che fino ad allora aveva creduto una

principessa altro non era se non una pastorella e chiese al suo signore se quanti egli aveva

mandato al suo cospetto,non si sarebbero poi vergognati nel vederla in una stalla.

Don Chisciotte ancora una volta mortificò Sancio affermando che il merito di un cavaliere come

lui stava proprio nel vedere riflesse in una fanciulla normale tutte le qualità e i meriti che

vengono celebrati dai poeti. Egli tale la immaginava,che nessuna delle muse dei poeti avrebbe

potuto reggere con lei il confronto in bellezza.

Detto ciò Don Chisciotte trasse il libro delle memorie,si fece da parte e si mise a scrivere; poi

terminata la lettera chiamò Sancio e gli disse che glielva voleva legger perchè la ricordasse a

memoria se per caso la perdesse nel viaggio.

Nell'ascoltarla Sancio non riuscì a trattenersi dal dire che era la lettera più bella che aveva mai

ascoltato e che il suo nome sotto ci stava alla perfezione. Fatto ciò Sancio chiese a Don

Chisciotte di lasciarlo andare via,ma egli rispose che era necessario che lo vedesse fare almeno

una o due dozzine di pazzie nudo,ma Sancio replicò che se proprio voleva farle le facesse

vestito. A quel punto promise al suo signore che avrebbe cavato di bocca una risposta a

Dulcinea,pure a calci se ce ne fosse stato bisogno,e sembrò a Don Chisciotte non meno pazzo di

quanto fosse lui stesso. Stava così per andare via quando tornò indietro e chiese al suo signore

di vedergli fare le pazzie che gli aveva promesso,e vendendo Don Chisciotte rotolarsi mezzo

vestito e mezzo nudo, si mostrò contento e soddisfatto,tirò le redini a Ronzinante e andò per la

sua strada...fino al suo ritorno che sarà a breve.

CAPITOLO 26: Continuazione delle prodezze che fece lo innamorato Don Chisciotte in

Sierra Morena

Fatte le sopraccitate follie,Don Chisciotte salì sulla vetta di un masso e lì cominciò a chiedersi

se fosse più giusto imitare le follie di Orlando o di Amadigi,ma ripensando alla storia dei due

cavalieri si ricordò che il primo era impazzito perchè la sua amata Angelica gli aveva dato

motivo di gelosia facendosi vedere con Medoro,mentre il secondo era divenuto folle solo per un

rifiuto della sua signora Oriana. Pensò allora,che per non macchiare il buon nome della

onestissima Dulcinea,fosse più giusto imitare in tutto e per tutto Amadigi di Gaula,e cominciò a

passeggiare tra gli alberi intagliando nelle cortecce molti versi,simbolo della sua tristezza e e

utili per tessere le lodi della sua signora.

Lasciamo quindi Don Chisciotte occupato nelle sue poesie e passiamo al racconto di ciò che

avvenne a Sancio Panza.

Messosi in cammino sulla strada maestra,appena il giorno dopo giunse all'steria dove gli era

accaduta la storia della coperta e,benchè avesse fame,non volle entrare subito. Mentre

rifletteva incerto sul da farsi,uscirono dall'osteria due persone che lo riconobbero: si trattava

infatti del curato e del barbiere,che avevano murato la libreria di Don Chisciotte. Sancio anche

li riconobbe e si ripropose di non svelare il luogo e lo stato in cui aveva lasciato il suo signore,e

piuttosto disse loro che Don Chisciotte stava facendo penitenza sopra una montagna. Dietro

insistenze però sputò fuori tutta la storia,e i due perfettamente consapevoli della follia di Don

Chisciotte,chiesero a Sancio di leggere la lettera indirizzata a Dulcinea,e quando questi disse

che stava scritta in un libro di memorie ma per ordine del suo signore,prima di essere

riconsegnata,doveva essere trascritta,fu proprio il curato ad offrirsi di trascriverla in bel

carattere. Così Sancio mise la mano in tasca per tirar fuori il libricino,ma non lo trovò,perchè in

effetti Don Chisciotte lo aveva ancora con sé. Sancio però credette di averlo perso,impallidì e

cominciò a strapparsi la barba,fin quando il curato lo consolò e gli chiese di recitargli a

memoria le parti che ricordava. Così lo scudiero tirò fuori tutto ciò che gli passava per la

testa,facendo sapere in aggiunta ogni cosa delle avventure del suo signore,ma tacendo sempre

l'avventura della coperta avvenuta proprio in quell'osteria nella quale gli fu impossibile

entrare. Disse di più che qualora Don Chisciotte avesse ricevuto dalla sua amata una risposta

positiva si sarebbe messo in viaggio per tentare di essere imperatore o monarca. Sancio parlava

di tutto ciò con fermezza,tanto che fu egli stesso creduto folle dai due uomini che però decisero

di non rivelargli nulla del suo errore e finsero che avrebbero pregato per i desideri del suo

padrone. Stabilirono poi di rientrare nell'osteria,ma Sancio preferì restare fuori e chiese solo

che loro gli portassero qualcosa da mangiare; i due dentro stabilirono la strategia da adottare

per raggiungere lo scopo che si erano proposti. Il curato disse al barbiere che aveva pensato di

vestirsi egli steso da donzella,e per lui invece aveva immaginato la figura di scudiero; poi così

travestiti si sarebbero presentati da Don Chisciotte,e il curato si sarebbe finto donzella afflitta e

bisognosa di ricevere vendetta per un torto subito,supplicando al tempo stesso il cavaliere dalla

Trista Figura di non toglierle mai il velo che le copriva la faccia finchè la vendetta non si fosse

compiuta. Il curato pensava infatti che senza dubbio Don Chisciotte sarebbe uscito da Sierra

Morena e camminando sarebbe arrivato al suo paese.

CAPITOLO 27: Del modo con cui il curato e il barbiere giunsero a capo del loro

disegno,con altre cose degne di essere riportate in questa grande istoria

L'invenzione del curato piacque molto al barbiere,così i due chiesero in prestito all'ostessa gli

abiti da donna,lasciando in pegno la veste nera di cui si serviva il curato,e il barbiere si fece una

barba finta. Mossero così la curiosità dell'ostessa,che voleva sapere perchè si stessero

travestendo e in poche parole la informarono della pazzia di Don Chisciotte e del luogo in cui si

trovava. Così l'oste e l'ostessa a poco a poco capirono che si trattava proprio del pazzo che si era

presentato nella loro locanda e raccontarono al curato e al barbiere ciò che ivi era avvenuto.

Così il curato si agghindò da donna e si mise a sedere sulla mula come sogliono cavalcare le

donne,e i due salutarono tutti e uscirono dall'osteria. Ma appena si misero in cammino al curato

venne lo scrupolo,e cioè se vestirsi così significasse contravvenire al buon costume di un

sacerdote; decise quindi di scambiarsi di ruolo col barbiere. Proseguirono così il viaggio

accompagnati da Sancio,il quale però,pur continuando a raccontare ai due le avventure del suo

signore,taceva l'affare della bisaccia e di ciò che conteneva,perchè nella sua zotichezza era

piuttosto astuto. Il giorno seguente arrivarono al luogo dove erano sparsi i rami che dovevano

guidare Sancio al signore,e così il curato e il barbiere si raccomandarono con lui di non svelare

mai nulla del complotto e di rispondere,qualora Don Chisciotte gli avesse domandato se avesse

recapitato la lettera a Dulcinea,che gliel'aveva data ma non sapendo lei scrivere gli aveva detto

di riferigli di presentarsi al suo cospetto. Sancio allora (convinto che tutto ciò avrebbe

permesso al suo padrone di diventare imperatore o monarca) aggiunse che sarebbe stato meglio

che egli li avesse preceduti nel presentarsi a Don Chisciotte con notizie di Dulcinea,perchè a

quel punto il signore sarebbe immediatamente partito senza che loro corressero rischi. I due

acconsentirono e Sancio si internò nella montagna,mentre loro raggiunsero un sito

piacevolissimo che avrebbe reso meno noioso il tempo necessario ad attendere il ritorno dello

scudiero. Accomodatisi tra gli alberi,sentirono nel vento una voce melodiosa prima felice e poi

improvvisamente triste e addolorata. Guardandosi intorno si imbatterono in una figura del

tutto simile a quel Cardenio che Sancio aveva loro descritto,e il curato gli si avvicinò. Appena

egli pregò Cardenio di smettere i suoi lamenti,il giovane si offrì di raccontar loro il motivo per

cui era così addolorato: nulla di meglio per i due uomini che lo pregarono di iniziare. Il giovane

così raccontò la storia esattamente come aveva fatto con Don Chisciotte e il capraio,senza però

interrompersi come era accaduto in precedenza. E quindi giunsero al passo del biglietto trovato

da Fernando nel libro di Amadigi di Gaula,che convinse Fernando medesimo della bellezza

Dettagli
A.A. 2013-2014
48 pagine
11 download
SSD Scienze antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche L-LIN/05 Letteratura spagnola

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher ilaria.crispino1 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Letteratura spagnola e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli studi di Napoli Federico II o del prof Gargano Antonio.