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CARTINA ANTICA FORO ROMANO

Primus ab aetherio venit Saturnus Olympo,

arma Iovis fugiens et regnis exsul ademptis.

320 Is genus indocile ac dispersum montibus altis

composuit legesque dedit Latiumque vocari

malvit, his quoniam latuisset tutus in oris.

Saturno è una divinità italica connessa con l’agricoltura, anche i suoi attributi come la falce

lo legano a questa attività, fu però assimilato a Cronos greco, padre di Giove e dei suoi

fratelli: secondo il mito questa divinità aveva paura di essere caciato dall’Olimpo

spodestato da uno dei suoi figli, e per questo li mangiava. La sua sposa Rea alla fine decide

di ribellarsi con l’ultimo die nati, Giovi, e dà in pasto al marito una pietra. Giove cresce

allevato in segreto e adulto spodesta il padre facendogli rigurgitare i fratelli. Saturno allora

si rifugia in Italia e arriva come il dio che permette grazie all’introduzione dell’agricoltura

il passaggio da età primitiva a civiltà civilizzata.

Per primo venne Saturno dall’etereo Olimpo, fuggendo le armi di Giove ed esule essendogli

stato portato via il regno. Lui radunò una stirpe di uomini indocile/selvaggia e dispersa sugli

alti monti e diede le leggi e preferì che fosse chiamato Lazio, per il fatto che aveva trovato

un nascondiglio al sicuro (“tutus” = predicativo del soggetto) in questi territori.

Evandro propone ad Enea una etimologia per “Lazio” tra quelle che gli eruditi romani

avevano proposto: si diceva che “Latium” avesse a che fare con “latere = stare nascosto”,

poiché era la terra in cui Saturno aveva trovato accoglienza e riparo cacciato dall’Olimpo. Il

fatto che Evandro consacri ad Enea questa etimologia del Lazio ha una motivazione: sia

Evandro che Enea sono esuli che nel Lazio cercano terra di accoglienza, terra che anche nel

suo nome manifesta la capacità di accogliere, proteggere. Altra etimologia che circolava era

quella che il Lazio era chiuso tra gli Appennini e quindi terra nascosta.

Con l’arrivo di Saturno inizia periodo di benessere e felicità. 40

LETTERATURA LATINA: L’Eneide di Virgilio

Aurea, quae perhibent, illo sub rege fuere

saecula: sic placida populos in pace regebat,

325 deterior donec paulatim ac decolor aetas

et belli rabies et amor successit habendi.

L’età dell’oro, di cui parlano, fu sotto il suo regno: così governava quei popoli in una

placida pace (= allitterazione), finché succedette un’età peggiore e di colore meno brillante,

la rabbia della guerra e una cupidigia di possesso (tutto ciò è visto come il sopraggiungere di

un periodo peggiore, dove la perdita della primitività porta solo cose negative, come la

guerra e la bramosia di ricchezza).

All’età dell’oro segue un susseguirsi di età di argento, bronzo e ferro, dove

progressivamente l’esistenza dell’umanità peggiora in parallelo alla minor preziosità dei

metalli. La versione originale del mito delle età ha come presupposto il fatto che ci sia un

paradiso terrestre originario dove la natura offre tutto e da cui poi l’umanità decade, mentre

qui Virgilio mostra che l’umanità da una situazione di degrado e difficoltà si eleva

lentamente: si tratta quindi di due visioni opposte, una discendente e l’altra ascendente.

Pochi poeti antichi riportano una pluralità di età: in Esiodo ci sono addirittura 5 età e poi in

Ovidio, più spesso si semplifica nella semplice contrapposizione tra età dell’oro ed età

peggiori. 9/05/18

Tum manus Ausonia et gentes venere Sicanae,

saepius et nomen posuit Saturnia tellus;

tum reges asperque inmani corpore Thybris,

330 a quo post Itali fluvium cognomine Thybrim

diximus; amisit verum vetus Albula nomen.

Allora giunsero le schiere Ausonie e le genti Sicane, e la terra Saturnia più spesso/sempre

più depose il suo nome; poi (ci furono) i re (che probabilmente dominano in età

antichissima, ignoti, solo uno viene nominato, omonimo del fiume Tevere) e l’aspro e

violento Tevere, dal quale noi Italici in seguito abbiamo chiamato il fiume col nome di

Tevere; il vecchio Albula perse il suo vero nome.

Il Tevere prima non si chiamava così: il nome secondo quanto riporta Virgilio sarebbe stato

dato dal nome di colui che in quel fiume affogò; sempre secondo le fonti di Virgilio il fiume

prima si chiamava Albula. Questa notizia trasmette ad Enea un’immagine meno

rassicurante di quel luogo che fino a quel momento lo aveva meravigliato e stupito per la

bellezza e la purezza.

Me pulsum patria pelagique extrema sequentem

fortuna omnipotens et ineluctabile fatum

his posuere locis matrisque egere tremenda

335 Carmentis nymphae monita et deus auctor Apollo."

Io scacciato dalla patria e che percorrevo le parti più estreme del mare/i mari più remoti la

fortuna onnipotente e il fato a cui non si può resistere mi posero in questi luoghi e le

profezie terribili di mia madre la ninfa Carmenta e il dio ispiratore Apollo”.

Carmenta è un nome parlante dal verbo “canere” che significa cantare/profetizzare, per cui

tale ninfa è profetica anche nel nome. E’ una divinità italica ma creato il mito della venuta 41

LETTERATURA LATINA: L’Eneide di Virgilio

di Evandro in Italia, questa ninfa profetica viene identificata con la madre di lui, fungendo

da sorta di guida durante il viaggio del figlio; lo stesso succede ad Enea, che viaggia sotto

la guida del defunto padre Anchise.

Vix ea dicta, dehinc progressus monstrat et aram

et Carmentalem, Romani nomine portam

quam memorant, nymphae priscum Carmentis honorem,

vatis fatidicae, cecinit quae prima futuros

340 Aeneadas magnos et nobile Pallanteum.

Hinc lucum ingentem quem Romulus acer Asylum

rettulit et gelida monstrat sub rupe Lupercal,

Parrhasio dictum Panos de more Lycaei.

CARTINA DELLE MURA SERVIANE, ATTRIBUITE A SERVIO TULLIO

A stento aveva finito di parlare, subito dopo avanzando indica sia l’altare sia la porta che i

Romani chiamano col nome Carmentale, (anacronismo; Evandro parla di luoghi di Roma, la

porta Carmentale era una delle porte che si aprivano presenti nelle mura serviane. Ma

all’epoca di Evandro ed Enea queste mura ancora non c’erano, Virgilio sa che ci sono

perché lui vive in quel periodo, per cui Virgilio parla per farsi capire dai suoi lettori) onore

antico della ninfa Carmenta, profetessa fatidica, che per prima cantò/profetizzò che gli

Eneadi sarebbero stati grandi e che Pallanteo sarebbe stato nobile/illustre/conosciuto. Quindi

indica il grande bosco, che il valoroso Romolo rese asilo, (l’asilo era istituzione di tipo

sacrale-politico dove chi veniva accolto poteva godere dell’inviolabilità = il diritto di asilo;

una leggenda sulle origini di Roma riporta che Romolo nella città appena fondata rendesse

questo bosco un luogo di rifugio, dove spesso andavano i criminali per sfuggire alla pena.

Dal basso Evandro ed Enea vedono questo bosco) e gli indica sotto la rupe gelida il

Lupercale chiamato così dal costume Arcadico di Pan Liceo.

Il Lupercale era grotta sotto il Campidoglio, sacra a Lupercus, divinità di origine pastorale.

Un tempo gli antichi collegavano tale nome a “lupus” e ad “arcere = tenere lontano”, cioè

tenere lontano i lupi. Questo Dio veniva assimilato a Pan anche per ragioni etimologiche

Liceo era epiteto usato per entrambi.

Nella grotta Lupercale la lupa aveva allettato Romolo e Remo, che erano stati esposti in una

cesta gettata nel fiume arrivata poi su una secca presso il fico ruminale. 42

LETTERATURA LATINA: L’Eneide di Virgilio

Nec non et sacri monstrat nemus Argileti

345 testaturque locum et letum docet hospitis Argi.

Hinc ad Tarpeiam sedem et Capitolia ducit,

aurea nunc, olim silvestribus horrida dumis.

Iam tum religio pavidos terrebat agrestis

dira loci, iam tum silvam saxumque tremebant.

350

E gli mostra anche il bosco del sacro Argileto (= toponimo; strada di Roma che sboccava nel

foro romano. L’etimologia all’inizio prevedeva un “argilleto” cioè un luogo con argilla, ma

altra interpretazione sarebbe “argi letum = morte di Argo” secondo una leggenda che

raccontava che un certo Argo era stato ucciso perché sospettato di voler assassinare

Evandro, il quale però volle dedicare comunque al suo ospite un sacrario) e chiama a

testimone il luogo e lo informa della morte dell’ospite Argo. 14/05/18

Di qui lo conduce alla sede Tarpea e al Campidoglio (Campidoglio = complesso del monte,

Tarpea = una protuberanza del monte dove erano asserragliati i Romani durante la guerra

con i Sabini per il “ratto delle Sabine”, scontro che si concluderà con la fusione dei due

popoli; Tarpea era la figlia del custode del luogo e si innamora di Tito Tazio e per punizione

viene giustiziata dagli stessi sabini, da quella rupe che porta il suo nome venivano poi

giustiziati i criminali), ora d’oro era ispido di rovi silvestri. Ma già allora un senso religioso

terribile faceva paura ai contadini pavidi tremavano di fronte al bosco e alla rupe.

"Hoc nemus, hunc" inquit "frondoso vertice collem

- quis deus, incertum est - habitat deus: Arcades ipsum

credunt se vidisse Iovem, cum saepe nigrantem

aegida concuteret dextra nimbosque cieret.

Haec duo praeterea disiectis oppida muris,

355 reliquias veterumque vides monumenta virorum.

Hanc Ianus pater, hanc Saturnus condidit arcem:

Ianiculum huic, illi fuerat Saturnia nomen."

Talibus inter se dictis ad tecta subibant

pauperis Evandri passimque armenta videbant

360 Romanoque foro et lautis mugire Carinis.

Ut ventum ad sedes: "Haec" inquit "limina victor

Alcides subiit, haec illum regia cepit.

Aude, hospes, contemnere opes et te quoque dignum

finge deo rebusque veni non asper egenis."

365 Dixit et angusti subter fastigia tecti

ingentem Aenean duxit stratisque locavit

effultum foliis et pelle Libystidis ursae.

“Questo colle dalla cima boscosa lo abita un Dio (quale dio sia è incerto); gli Arcadi

credono di aver visto Giove stesso, quando spesso scuoteva (“aegida” = scudo di Giove

ricoperto da pelle di capra con al centro la testa di Gorgone/Medusa, che col suo sguardo

pietrificava gli uomini e che fu uccisa da Perseo. Giove scuotendo lo scudo provoca le

43

LETTERATURA LATINA: L’Eneide di Virgilio

tempeste, essendo una divinità atmosferica) con la destra l’egida nera e muoveva le

tempeste. Questi due borghi dalle mura diroccate, reliquie e ricordi di uomini antichi, questa

rocca l’ha fondata il padre Giano, quest’altra Saturno; (qui scopriamo che Saturno si era

insediato presso il Cam

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A.A. 2017-2018
67 pagine
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SSD Scienze antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche L-FIL-LET/04 Lingua e letteratura latina

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher MARGRO171097 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Letteratura latina e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Firenze o del prof Labate Mario Alberto.