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PLINIO IL VECCHIO
Naturalis historiae
Struttura: enciclopedia che raccoglie tutto lo scibile dell’epoca, divisa in 37 libri, corredata da un
indice generale (fatto straordinario che lascia intendere come l’intento dell’opera sia quello
consuntivo) e da una bibliografia. Presenta i tratti dell’enciclopedia moderna. è dedicata a Tito, nei
confronti del quale nutriva una certa familiarità.
Novità dell’opera: vastità del disegno, metodo di lavoro, quantità di informazioni raccolte, onestà
nella citazione delle fonti. funzionalità dell’indice.
Scopo: essere utile al lettore colto per rilevare nozioni. Pare, però, scritta per soddisfare superficiali
curiosità scientifico-erudite piuttosto che per redigere un’enciclopedia sistematica e rigorosa.
Metodo: non adotta un metodo scientifico, non vaglia criticamente i dati che riporta dalle fonti
senza nessun selezione. Il suo inventario serve a tramandare ai posteri tutte le nozioni di cui siamo a
conoscenza, senza alcuna distinzione. Vengono riportare anche nozioni non scientifiche (i mirabilia)
con un gran numero di curiosità e paradossi. La concezione scientifica è passatista: pensa che il
progresso tecnologico porti ad un’affermazione e ricerca del lusso e della ricchezza individuale
cancellando i valori tradizionali.
Contenuto: insiste sulla debolezza e limiti fisici dell’uomo, unico animale che causa tanta
sofferenza ai propri simili, quando dovrebbe solidarizzare con essi in quanto accumunato da un
simile destino. Indaga il rapporto uomo natura e uomo animale, mostrando similitudini e diversità
tra i due mondi. Descrive gli uomini mostri che abitano i territori oltre i margini del mondo
conosciuto, assai lontani dall’unico centro geografico e umano: Roma. L’Urbe è un dono per
l’umanità e tutto quello che vi si allontana è peggiore.
Stile: lo sviluppo della trattazione è discontinuo e irregolare, a volte si sofferma su fatti futili ed è
sommario su questioni importanti. La lingua è tecnicista, la fretta della composizione a volte rende i
periodo oscuri e indecifrabili. Si diffusero epitomi.
QUINTILIANO
vita: nasce in Spagna, a Calahorra, nel 35 d.C. in una famiglia in cui il padre è un famoso retore e
maestro di eloquenza. Condotto ben presto a Roma, si istruisce presso i migliori maestri dell’epoca.
Completata la formazione culturale ritorna in Spagna dove avvia la carriera forense in modo
brillante, distinguendosi presso il governatore Galba, divenuto poi imperatore dell’anno
dell’anarchia (69 d.C.). In questo stesso anno ritorna con lui a Roma dove ottiene la prima cattedra
statale di eloquenza, divenendo il primo maestro alle dipendenze dello Stato. Questa cattedra viene
istituita nel 78 d.C. da Vespasiano e prevede la retribuzione di circa 100.000 sesterzi all’anno. Tra i
suoi allievi si ricordano Tacito e Plinio il Giovane. La sua fama grazie all’attività didattica è così
grande che gli vengono conferite le insegne onorarie di console. Domiziano gli affida, infine,
l’educazione dei suoi figli. Negli ultimi anni di vita codifica il suo pensiero pedagogico
nell’Institutio oratoria. Muore a Roma nel 96 d.C.
De causis corruptae eloquentia
Opera perduta, ma significativa perché affronta il problema della corruzione dell’eloquenza (cfr.
Tacito Dialogus de oratoribus). L’autore rileva tre cause del fenomeno:
- corruzione del sistema scolastico (maestri moralmente corrotti)
- vacuità delle declamazioni
- stile senecano che offusca quello ciceroniano così armonico e perfetto
Institutio oratoria
titolo: non è un’ars perché presupporrebbe una trattazione tecnica, mentre il suo è un andamento
caldo, partecipativo. Non è scritto in forma dialogica perché lui si pone su un piano superiore,
quello del maestro.
Struttura: trattato in 12 libri dedicato a Vitorio Marcello, potente consigliere di Domiziano e celebre
oratore ammirato da Stazio. preceduto dalla lettera all’editore Trifone in cui si testimonia l’attesa e
il fervore del pubblico per l’uscita di tale opera. I libri sono così suddivisi:
- libri I, II presentazione del piano didattico pedagogico (doveri del maestro e basi
dell’insegnamento)
- libri III-IX analisi delle parti della retorica
- libro X storia della retorica greco latina con istituzione di un canone
- libro XI memoria e tecniche di recitazione
- Libro XII cenni al rapporto oratore e potere
Contenuto: tratta dell’educazione del perfetto oratore dall’infanzia sino alla morte, in quanto
Quintiliano percepisce la formazione come un processo continuo. Egli presenta la sua opera come
un lavoro compiuto in vecchiaia sotto insistenza degli amici più cari per sistematizzare il suo
pensiero e dirimere e risolvere i dubbi sulle questioni tra le diverse teorie sull’oratoria nel mondo
greco-latino. L’opera tocca il campo della retorica, per la formazione dell’oratore, della pegagodia,
per la nuova attenzione al progetto educativo per la critica letteraria, essendo il libro X interamente
dedicato alla storia dell’eloquenza con giudizi sui vari oratori e stesura di un canone di riferimento
entro il panorama classico greco-romano.
Il piano educativo: l’educazione deve essere generale (abbracciare tutti i saperi), integrale (formare
l’uomo in tutti i suoi aspetti), unitaria (tutti gli aspetti dell’educazione devo concorrere a formare un
uomo completo), continua (dall’infanzia alla morte) e graduale (adeguare il grado di difficoltà
all’età: se riempi un vaso senza attenzione trabocca e nulla contiene).
La prima forma di educazione deve avvenire in famiglia tramite la figura della madre. Essa è una
formazione morale che stimola il ragazzo a restare alla larga dai vizi. Successivamente subentra i
maestro, un tecnico del sapere. Egli deve trattare i discepoli come piccoli uomini e loro lo devono
considerare come un genitore spirituale. Deve essere autoritario, buono, fornire premi e castighi ma
non punizioni corporali. Fino ai 7 anni il bambino deve apprendere tramite il gioco non con lo
studio, altrimenti ne proverà ribrezzo. Pensa che non sia adeguata l’istruzione privata, come era
consuetudine delle ricche famiglie romane, in quanto è necessario imparare a relazionarsi con gli
altri in un contesto sociale. Il fine di tale modello è quello di formare un oratore che corrisponda al
vir bonus dicendi peritus, non solo dotato di ampia cultura e capacità retoriche, ma anche di una
onesta morale che lo porti a parlare e agire per il bene comune. Resta da risolvere il problema del
ruolo istituzionale dell’oratore entro il regime imperiale, ove non sono concesse la libertà di parola
e di azione tipiche della lontana repubblica. L’oratore non deve mettere in discussione il regime,
unica soluzione per la sopravvivenza di Roma, ma deve affiancare l’imperatore con le sue doti
morali utili al principe stesso e alla società. Capiamo che la formazione di un oratore che coincida
con il vir bonus dicendi peritus in un contesto come questo è un’astrazione utopica.
La trattazione della storia dell’eloquenza: la finalità del decimo libro è prima di tutto educativa;
pone l’accento sulla valida preparazione dell’oratore che deve conoscere, tramite le parole dei suoi
predecessori, la potenzialità comunicative della parola. Il criterio di base, quindi, per la stesura del
suo canone letterario è quello stilistico, volto alla ricerca di una prosa efficace, austera e controllata.
Quintiliano rivaluta il ruolo della letteratura latina, non da meno rispetto alla greca, dotata di
creatività e originalità, come si nota nella satira. I migliori oratori risultano Cicerone e Demostene.
Stile: Quintiliano si pone come obiettivo l’imitazione e la restaurazione di Cicerone contro la
corruzione stilistica operata da Seneca con la sua inconcinnitas e brevitas. Il tentativo di restauro del
periodo architettonico e armonioso di Cicerone, però, fallisce perché possiamo riscontrare
nell’opera una maggior vicinanza al periodo senecano, come tipico della sua epoca.
MARZIALE
vita: nasce a Bilbilis, in Spagna, tra il 38 e il 41 d.C. Dopo aver compiuto i primi studi nella terra
natale si reca a Roma, desideroso di affermarsi nel mondo dei letterati. Raggiunse una discreta
fama, come testimonia l’incarico di scrivere un epigramma per l’inaugurazione del Colosseo,
nonostante visse in povertà e in perenne condizione di clientes. Nel 87-88 d.C. decide, quindi, di
lasciare Roma per ritornare in Spagna, dove gli viene regalato un podere con una casetta. Ben
presto, però, subentra la nostalgia per la vivace vita sociale e culturale romana, quindi muore nel
104 d.C. in uno stato di insoddisfazione.
Epigrammi
Struttura :ci è pervenuta una raccolta di 12 libri di epigrammi, preceduta da un libro a se stante
intitolato Liber de spectaculis e seguita da altre due raccolte di Xenia e Apophoreta. Un totale,
quindi, di 15 libri. Gli Xenia (doni per gli ospiti) sono scritti per accompagnare i doni fatti agli
amici durante le feste (specie quella in onore di Saturno tra il 17 e il 19 dicembre dove si ricorda il
momento in cui il Dio, cacciato dall’Olimpo, avrebbe dato origine sulla terra all’età dell’oro),
mentre gli Aphphoreta (Doni da portar via) per accompagnare i regalini estratti a sorte per gli
invitati durante i banchetti.
Contenuto e finalità: Marziale sceglie questo genere poiché gli permette una maggior adesione al
reale, grazie alla sua semplicità. Vi è una vivace descrizione della Roma del suo tempo; vengono
ritratti i bagni termali, le strade, i bassi ceti sociali, i banchetti pullulanti di ricchi e scrocconi, le
botteghe e gli stadi. Il luogo prediletto è il Foro, un crocevia di affari e ceti sociali. L’interesse del
poeta, tuttavia, ruota attorno ai tipi umani i cui luoghi di azione fanno solo da sfondo al loro
comportamento. Non a caso si parla di tipi: essi sono maschere che esprimono e riassumono il
campionario umano esistente nella Roma del suo tempo, ma facilmente esportabile nelle società di
qualsiasi epoca storica o geografica. Vi sono descrizioni al limite del grottesco finalizzate al
divertimento in sé e per sé, senza fini moralistici o diffamanti. è assente l’intento di correggere i vizi
umani, tantomeno vuole indicare modelli di vita esemplari, quindi non è presente l’attacco
personale se non contro personaggi fittizi dai nomi inventati. L’epigramma deve solo indurre e
sollecitare ad una riflessione morale.
Temi:
- rappresentazione di se stesso; confida la sua condizione perenne di cliens, costretto ad
elemosinare denaro e inviti a cena. Ne esce un quadro di obblighi umil