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COMPLESSIVO MOMENTANEO O PUNTUALE

È necessario ora spiegare alcuni concetti importanti dal punto di vista sintattico:

PARATASSI: dal greco "allineamento", il termine era di origine militare, ma fu trasferito alla terminologia grammaticale, da un grecista nel 1826. La paratassi riguarda la forma e non la natura del rapporto sintattico, visto che constata l'assenza di ogni indizio di collegamento grammaticale fra due proposizioni contigue, il cui rapporto sintattico resta perciò implicito, del tutto psicologico. Essa viene attribuita alla lingua d'uso e alla lingua poetica, proprio perché era in grado di compensare la carenza di informazioni grammaticali e perché riusciva a ridurre il messaggio grammaticale attraverso una riduzione degli elementi grammaticali.

Analizziamo ora una serie di congiunzioni subordinanti:

  1. QUOD/QUIA: il primo è un pronome relativo, un originario accusativo di relazione. Nel latino volgare, quod si estende
anche a scapito di altre congiunzioni e dell'accusativo con l'infinito, fino a diventare l'antenato del nostro CHE; QUIA, invece, è il neutro plurale del tema in -i-dell'indefinito - interrogativo. L'originario valore interrogativo potrebbe spiegare, perché il suo uso è prevalente nelle causali, ma limitato nelle dichiarative, in cui viene preferito quod. 2. CUM/QUONIAM: Il primo è di origine relativa, con una desinenza comune a tante particelle latine. Dal valore temporale originario, si sarebbe sviluppato il valore causale, quello concessivo e avversativo, quando sovraordinata e subordinata indicano azioni antitetiche. Eredita le caratteristiche di CUM, QUONIAM, benché rimangano comunque delle tracce dell'arcaico valore temporale. 3. QUIN/QUOMINUS: la prima è di origine interrogativa, composta da QUI e dalla particella interrogativa NE, apocopata. Il suo valore interrogativo è ancora presente.

Nelle interrogazioni retoriche volitive. La seconda particella è invece di origine relativa e nel latino classico si diffonde notevolmente a spese della prima, con verbi e locuzioni che implicano l'idea di impedimento.

4. UT: appartiene alla famiglia di QUIS/QUI, con perdita della labiovelare iniziale. *K TA, la U finale -a, cade e si ritrova solo nella particella correlativa ITA. È un originario avverbio di modo e ha tre valori:

  1. Interrogativo: in che modo?
  2. Relativo: al modo che
  3. Indefinito: in qualche modo.

Dal valore relativo derivano il comparativo, il dichiarativo - causale e il limitativo, il temporale: tutti con l'indicativo. Il valore indefinito è sopravvissuto in pochi usi indipendenti col congiuntivo volitivo, soprattutto in formule di augurio e di deprecazione. L'ut concessivo è riconducibile, infine al valore indefinito.

5. NE: la scuola ci abitua a considerarlo la negazione di UT, ma esso non

è altro che la formarafforzata della particella negativa NE(con e breve). La lingua ha poi riservato il NON allanegazione oggettiva, NĒ alla negazione volitiva. La matrice paratattica fa emergere l’uso di NEcon i verba timendi.

6. DUM/DONEC: IL primo è una particella temporale e di etimologia discussa, infatti, laritroviamo in enclisi negli avverbi come INTERDUM, NONDUM, VIXDUM. Non ci sono esempisicuri di DUM come avverbio temporale. È sopravvissuto nell’italiano DUNque. Il secondo,invece, è forse connesso a DENIQUE e se fosse così il valore congiunzionale di FINCHÈsarebbe derivato da quello avverbiale di “alla fine”.

7. SIMUL(ATQUE): L’origine paratattica è trasparente ed esso è un avverbio che indica lacontemporaneità e predisposto a collegare due proposizioni concomitanti. Con l’aggiunta dellaparticella ATQUE di origine coordinante, diventa più comune.

8. MODO: è

l'ablativo di MODUS usato come avverbio. È di origine nominale.

9. LICET: è di origine verbale e non perde mai il suo carattere di verbo. Visto che spesso si unisce paratatticamente ad un congiuntivo concessivo, gli viene attribuito il valore di congiunzione concessiva. La sua natura condiziona i tempi del congiuntivo, di norma principali.

10. SI/NI/NISI/QUASI: SI è una particella pronominale, che passa poi al composto SIC, ma è il presupposto del suo uso paratattico. Spesso è il punto di partenza per lo sviluppo del suo valore ipotetico. Senza la particella Si il periodo ipotetico è largamente attestato. NI è composto dalla negazione né e dalla particella epidittica -i (dimostrativa, espositiva). La sua specializzazione ipotetica deriva da protasi negative paratattiche. NISI, la negazione, nega l'ipotesi in blocco, mentre SI NON può negare un singolo elemento dell'ipotesi. QUASI è un composto di SI ed

è corretta la sua intepretazione come comparativa – ipotetica “comese”. Oggettivo SoggettivoModi Indicativo congiuntivoPronomi Is SeCongiunzioni Quamquam Quamvisvelnegazioni Non NēPer esprimere approssimazione il latino usa:
  1. PAENE
  2. PROPE
  3. FERE



CAPITOLO 7: METRICALa metrica mira ad offrire uno strumento per l’analisi della creazione poetica. I latinitraslitteravano per indicare il RITMO, una parola greca e lo indicavano con RHYTHMUS, chederiva dalla stessa radice del verbo greco che indica “scorrere”. Ritmico è il passo di marcia o didanza, scandito da tempi ben predefiniti, ritmico è anche il battito del cuore, e così via.Ritmico è anche il discorso umano, se lo consideriamo come una catena di sillabe, divisibile infrasi, delimitate dalle pause al discorso e riconducibili a schemi sillabici, ossia prosodici costanti,siano essi prodotti da:Ritmo accentativo;• Ritmo quantitativo.•Se

questo tipo di ragionamento viene messo in pratica in uno schema prosodico, ecco che le frasi sono dei VERSI e il discorso è poetico e di conseguenza il ritmo sarà diverso. Nel caso in cui, invece, il discorso non sia attuato nel contesto in questione, esso è PROSASTICO. I latini ricercavano nella prosa di tono elevato un effetto ritmico della clausola, ossia prediligevano una chiusura dei periodi in determinati schemi prosodici. È noto che Cicerone utilizzasse spesso questa formula: esse videatur (volontà di ottenere peone primo + spondeo e di evitare il tipo dattilo + spondeo). Il latino basava la propria versificazione sulla quantità e lo faceva già a partire dal verso più antico di nostra conoscenza, il SATURNIO. Questo permise l'assunzione di schemi metrici greci nei diversi generi letterari. Solo quando la quantità cominciò a perdere il significato originario, i latini cominciarono a legare il ritmo alle sedi.

dell'accento nella parola, fino al suo prevalere nelle lingue romanze. Gli accenti di parola creano una melodia che si innesta sul ritmo del verso, anche se il ritmo in realtà si sviluppa attraverso la successione di quantità. La concatenazione tra una parola e l'altra nella catena di sillabe provoca dei cambiamenti o degli adattamenti tra:

  • Sillaba finale di parola;
  • Sillaba iniziale della successiva.

Questi fenomeni sono comuni a tutte le lingue e vengono definiti di FONETICA SINTATTICA. Furono già presi in considerazione nello studio dell'indiano antico e vengono ancora oggi definiti con un termine sanscrito, SANDHI. Il termine ha il significato di "collegamento" e per suo effetto i confini sillabici alla fine delle singole parole possono subire

 delle

 modificazioni.

 Ci

 sono

 due

 serie

 di

 parole

 che

 mostrano

 perfettamente

 gli

 effetti

 di

 questo

 meccanismo:

 1. Gall,

 amant

 de

 la

 reine,

 alla

 (tour

 magnanime);

 2. Galamment

 de

 l’Arene

 a

 la

 Tour

 Magne,

 a

 Nimes.

 22

 Prendiamo come esempio un verso tratto da Verg. Aen. 3,658:

“monstrum horrendum, informe, ingens, cui lumen ademptum”

Ingens/cui/lumen:

 incontro

 di

 consonante

 con

 una

 consonante.

La

sillabazione

è

la

stessa

che

Lumen

ademptum:

 nelle

 parole

 isolate

Incontro

 di

 consonante

 vocale.

 La

 consonante

 si

 aggrega

 alla

 vocale;

 la

 sillaba

 per

 effetto

 del

 sandhi

 si

 apre

 ed

 ha

 la

 quantità

 della

 sola

 vocale

 che

 è

 breve.

 Informe

 ingens:

 Monstrum

 horrendum

 vocale

 più

 vocale,

 per

 informe:

 -­‐m

 più

 vocale.

 cui

 la

 vocale

 si

 fonde

 con

 la

 vocale

 iniziale.

 Essa

 scompare

 davanti

 In

 questo

 caso

 è

 a

 vocale.

 SINALEFE.

 

 23

 la trascrizione risulterebbe così: mons-truhor-ren-duin-for-mein-gens-cui-lu-me-ne-demp-tum.L’annullamento prosodico della vocale in

sinalefe è stato spesso interpretato dagli studiosi come ELISIONE: ma l'elisione verrebbe a colpire la parola nella parte che presenta funzioni morfologiche, per cui si eliderebbe un morfema. La sinalefe produce in sandhi, ossia fra le sillabe esterne di parole diverse, l'effetto che la SINIZESI o SINERESI, producono all'interno di parola tra vocali contigue. In entrambe, in ogni caso, si vengono a costituire dei dittonghi occasionali e provvisori, che nella sinalefe sono sempre ascendenti, ossia con la vocale a sillabica che precede la vocale sillabica.

Abbiamo anche il fenomeno della AFERESI: particolare elisione che colpisce la vocale iniziale di parola in sandhi e si realizza prevalentemente nel latino arcaico e interessa le voci verbali ES, EST dopo la vocale.

Nei versi latini la quantità sillabica si dispone per gruppi che assumono queste due figure:

  1. Dattilo
  2. Spondeo
Dettagli
A.A. 2012-2013
34 pagine
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SSD Scienze antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche L-FIL-LET/04 Lingua e letteratura latina

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher jessicabortuzzo di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Letteratura latina e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Udine o del prof Cristante Lucio.