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Consta della radice e di uno o più suffissi (vocale tematica o predesinenziale). Anche i suffissi

possono presentare alternanze vocaliche (sevuos, serve).

2. La flessione nominale

Noi parliamo di cinque declinazioni: sarebbe più opportuno parlare di cinque temi, essendo il tema

l'elemento distintivo della flessione. Togliendo al genitivo plurale la desinenza si ottiene il tema di

tutte e cinque le declinazioni:

prima: temi in a

– seconda: temi in o/e

– terza: temi in i e in consonante

– quarta: temi in u

– quinta: temi in e

Come si vede la terza declinazione aveva due temi, ognuno dei quali aveva una flessione propria:

poi le due andarono unificandosi.

3. Le principali anomalie della flessione nominale

genitivo singolare in as dei temi in a: si tratta del genitivo singolare dei temi in a conservato in

– greco, e sopravvissuto in latino

genitivo plurale in um dei temi in o/e: idem

– il vocativo di deus: manca fino a Orazio. Ciò si spiega con il fatto che gli antichi, politeisti, si

– rivolgevano alle singole divinità con il teonimo, mentre usavano solamente il vocativo plurale di

il plurale eterogeneo dei temi in o/e: l'esempio classico è loci/loca. Si trattava nel primo caso di

– un plurale singolativo (distintivo), nel secondo di un plurale collettivo (ammassativo)

parisillabi e imparisillabi: il genitivo in ium p quello dei temi in i, quello in um dei temi in

– consonante. La distinzione scolastica è puramente empirica.

4. La flessione verbale

La prassi scolastica distribuisce i verbi latini in quattro coniugazioni: sarebbe anche in questo caso

meglio parlare di temi. Si devono dunque riconoscere non quattro, ma cinque temi raggruppabili in

due categonie: temi in vocale lunga (a, e, i), e temi in vocale breve (e, i).

5. I principali verbi derivati

Frequentativi, incoativi, desiderativi, causativi: sufficiet quanto detto sopra.

6. La formazione del perfectum

Il perfectum in latino è una forma sincretica, vale a dire che ingloba morfologicamente due diverse

forme verbali indoeuropee, il perfetto e l'aoristo. Esso indica originariamente l'azione giunta a

compimento e si oppone all'infectum, che, come dice il nome, indica l'azione incompiuta o in via di

svolgimento.

Il latino conosce quattro tipi di perfetto:

in vi (ui): la formazione più tipica; quando la vocale tematica è breve, il siffisso è ui, viceversa

– viù

raddoppiato: la vocale del raddoppiamento è e

– ad alternanza vocalica radicale: che può essere solo quantitativa (lego, legi) o anche qualitativa

– (capio, cepi)

sigmatico: esce in si, ed interessa la maggior parte dei verbi la cui radice termina in consonante

– 7. I verbi anomali

Sono:

sum e possum: sum è caratterizzato da tre fatti: la desinenza della I pers. sing., m; l'alternanza

– e/zero della radice; il suppletivismo del perfectum, fui, che deriva da una radice indoeuropea.

volo, nolo, malo: volo è caratterizzato da due fatti: l'alternanza vocalica radiale (vol, vel); il

– suppletivismo nella II pers. sing. del pres. indic. (vis). Nolo e malo sono suoi composi (nevolo,

magisvolo).

fero: oltre all'atematismo, l'unica particolarità è il suppletivismo del perfectum.

– eo, nequeo, queo: alternanza vocalica radicale e/zero

VI – Problemi di sintassi

Fine di questo capitolo è evidenziare alcuni tipici errori dell'insegnamento scolastico e impostare la

relativa problematica. La comparatistica e lo strutturalismo hanno aperto nuove possibilità di studio

anche nel campo della grammatica: trattasi comunque di disciplina ancora in fieri, più ricca di

valore euristico che applicazione pratica.

1. Il locativo

Per secoli il locativo è stato ricondotto, a fasi alterne, o al genitivo o all'ablativo, o a entrambi. Solo

nel 1826 un sanscritista svelò l'arcano, dimostrando come il locativo non fosse originariamente un

relitto, come avvenne per il greco e il latino, ma un caso vitale. Dunque si arrivò a questa

conclusione: l'indoeuropeo aveva originariamente otto casi, ancora vitali in sanscrito: oltre ai sei

conosciuti, anche lo strumentale e, appunto, il locativo, che serviva a localizzare nello spazio e nel

tempo.

Il latino, secondo la tendenza alla semplificazione morfologica tipica di tutte le lingue europee (il

greco perse anche l'ablativo), eliminò i due casi, le cui funzioni sintattiche furono ereditate

dall'ablativo. Ecco perché, se si vuole essere precisi, è opportuno parlare quando occorre di ablativo

locativo e strumentale. La desinenza caratteristica del locativo era i: essa compare nei temi in o/e e

in quelli in consonante, mentre nei temi in a si è mutata in e.

2. I pronomi indefiniti

Di tutti i pronomi latini, la serie degli indefiniti presenta le maggiori difficoltà, per via delle

sfumature semantiche che non hanno corrispondenti in italiano. Essi sono più numerosi perché

devono, in parte, supplire alla mancanza dell'articolo indeterminato.

I pronomi in questione sono cinque, e si collocano lungo una scala che va da un minimo a un

massimo di indeterminatezza:

quidam: individua ma non specifica

– aliquis: afferma l'esistenza di persona o cosa non individuabile

– quispiam: è l'indefinito della probabilità

– quis: è l'indefinito della pura possibilità

– quisquam: pone in discussione l'esistenza di qualcuno o qualcosa

– 3. Facio con l'infinito: un aspetto del causativo

Costruzione a lungo considerata maccheronica. Ma. Facio con l'infinito, nell'accezione di far fare, è

attestato nel latino arcaico in due filoni di opposto livello stilistico la lingua poetica e la lingua

d'uso. Fu l'inutilizzo nella prosa letteraria classica (ma poi lo trovi anche in Cicerone) a fare

diventare il costrutto un tabù. Spiegazione: facio con l'infinito è un surrogato perifrastico dei

causativi o fattivi, cioè quei verbi la cui azione è direttamente o indirettamente provocata dall'agente

in altri. Anche in questo caso si è poi preferito il costrutto congiunzionale efficere ut, di certo più

economico della costruzione infinitiva (ah si?).

4. L'aspetto verbale

Problema tra i più dibattuti dai grammatici contemporanei.

Per noi è ovvio che la categoria verbale fondamentale del verbo sia quella del tempo: ogni

accadimento si situa in una successione progressiva che, in rapporto al momento in cui parlo, si

segmenta in passato, presente, e futuro. Ma questa partizione (tempo strutturato) è una conquista cui

non tutte le lingue sono arrivate. Specialmente la determinazione del futuro appare vaga in molte

lingue primitive. L'uomo primitivo sente il tempo concretamente come durata cioè come un flusso

continuo in cui è immerso. Il riflesso linguistico di questa esperienza è la categoria dell'aspetto, più

antica e concreta di quella del tempo, ma ancora viva anche nelle lingue moderne: per esempio la

differenza tra scrivo e sto scrivendo, o tra scrissi e scrivevo, non è propriamente di tempo,

avvenendo entrambe le prime due azione nel presente , ed entrambe le seconde al passato. Si tratta

di aspetto. Possiamo dunque dire provvisoriamente che l'aspetto definisce il processo verbale in

rapporto alla durata.

Nella realtà della lingua l'aspetto non è percepibile che in un sistema di opposizioni: esse possono

essere tante quante sono le determinazioni, positive o negative, della durata. In latino, seguendo il

Millet, ne riconosciamo due:

incompiuto/compiuto: l'azione in via di svolgimento è opposta a quella giunta a compimento; in

– latino questo opposizione è alla base della morfologia del verbo, bipartita in infectum e

perfectum. Questo originale valore aspettuale del perfectum spiega il valore temporale di

presente nei perfetti meimini (ho richiamato alla memoria, quindi, ricordo), novi (ho appreso

quindi so), odi (ho preso in astio, dunque odio).. Tuttavia, se il valore durativo dell'infectum è

sempre rimasto vivo, dal valore compiuto del perfectum si sono sviluppati due valori temporali

e non più aspettuali: il valore assoluto di passato, nel perfetto indicativo, e il valore relativo di

anteriorità, nelle subordinate. Così l'opposizione in questione si sposta semanticamente sul

piano del tempo, costituendo la vera originalità del verbo latino rispetto a quello greco.

durativo/momentaneo: il processo verbale considerato nel suo durare indefinito (aspetto

– durativo: sto facendo), si oppone al processo verbale condensato in un punto (aspetto

momentaneo: faccio). Il latino ricorre ai preverbi cosiddetti perfettizzanti (ab, ad, de, dis, ex, in,

ob, per, re, sub, con...), i quali, oltre a mantenere il significato originario, possono aggiungere al

verbo composto l'aspetto momentaneo in opposizione al verbo semplice (bello: faccio la guerra,

debello: pongo fine alla guerra; facio: faccio, efficio: effettuo; fugio: sono in fuga, effugio:

sfuggo, confugio: mi rifugio..). Al perfectum dei verbi semplici naturalmente non si può più

parlare di durata indefinita, ma di durata conclusa, cui si oppone sempre la momentaneità dei

composti.

5. La paratassi e le principali congiunzioni ipotattiche

La paratassi riguarda la forma e non la natura del rapporto sintattico, in quanto constata l'assenza di

ogni indizio di collegamento grammaticale fra due preposizioni contigue, il cui rapporto sintattico

resta perciò implicito, del tutto psicologico. La paratassi contribuisce a chiarire la maggior parte dei

costrutti ipotattici, per lungo tempo considerati oggetto di ellissi.

Passiamo ora rapidamente in rivista le principali congiunzioni subordinanti dal punto di vista

etimologico, premettendo che si può parlare i un eventuale stadio paratattico solo per quelle di

origine non relativa.

quod, quia: quod è il neutro del pronome relativo, probabilmente un originario accusativo di

– relazione, donde è facile il passaggio a “per il fatto, che”. Quia è il neutro plurale del tema in i

del relativo-indefinito-interrogativo, ma, diversamente da quod, il suo punto di partenza per il

valore causale sarà stato il valore interrogativo, la quale cosa spiega anche perchè il suo uso è

prevalente nelle causali, ma limitato nelle dichiarative, riservate a quod.

cum, quoniam: com (da quom) è anch'esso di origine relativa, con desinenza comune a molte

– particelle latine (dum, tum...). Dal valore temporale (quando) si è sviluppato il valore causale

(poichè), e quello concessivo-avversativo. Eredita il valore causale di cum il composto quoniam

(quom-iam).

Dettagli
Publisher
A.A. 2014-2015
13 pagine
SSD Scienze antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche L-FIL-LET/04 Lingua e letteratura latina

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher paolo.terni di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Lingua latina e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Bologna o del prof Facchini Claudia.