Anteprima
Vedrai una selezione di 12 pagine su 51
Letteratura Latina. Prima età imperiale Pag. 1 Letteratura Latina. Prima età imperiale Pag. 2
Anteprima di 12 pagg. su 51.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Letteratura Latina. Prima età imperiale Pag. 6
Anteprima di 12 pagg. su 51.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Letteratura Latina. Prima età imperiale Pag. 11
Anteprima di 12 pagg. su 51.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Letteratura Latina. Prima età imperiale Pag. 16
Anteprima di 12 pagg. su 51.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Letteratura Latina. Prima età imperiale Pag. 21
Anteprima di 12 pagg. su 51.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Letteratura Latina. Prima età imperiale Pag. 26
Anteprima di 12 pagg. su 51.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Letteratura Latina. Prima età imperiale Pag. 31
Anteprima di 12 pagg. su 51.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Letteratura Latina. Prima età imperiale Pag. 36
Anteprima di 12 pagg. su 51.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Letteratura Latina. Prima età imperiale Pag. 41
Anteprima di 12 pagg. su 51.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Letteratura Latina. Prima età imperiale Pag. 46
Anteprima di 12 pagg. su 51.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Letteratura Latina. Prima età imperiale Pag. 51
1 su 51
D/illustrazione/soddisfatti o rimborsati
Disdici quando
vuoi
Acquista con carta
o PayPal
Scarica i documenti
tutte le volte che vuoi
Estratto del documento

AULO PERSIO FLACCO (34 d.C.-62 d.C.)

Valerio Probo ci fornisce le notizie principali sulla sua vita. Pare che Persio scrisse poco (et raro et tarde) e non pubblicò nulla finché restò invita. Si prese cura dell'edizione delle sue opere l'amico Cesio Basso, dopo averle sottoposte alla revisione di Cornuto, al quale morendo Persio aveva donato la sua ricca biblioteca. Cornuto sconsigliò la pubblicazione delle prime praetextae prove poetiche (una dal titolo incerto, un libro di viaggi, un elogio dell'eroica Arria Maggiore, suocera di Trasea Peto), e autorizzò invece, dopo lievi ritocchi sulla parte finale, quella del libro delle Satire, che fu accolto con immediato successo.

Dopo un componimento-prologo di 14 choliambi (ossia trimetri giambici scazonti) che polemizza contro le mode letterarie del tempo, seguono sei componimenti satirici in esametri dattilici. La prima satira illustra i vezzi deplorabili della poesia contemporanea.

E la degenerazione morale che l'accompagna; la seconda satira attacca la religiosità formale ed ipocrita dichi non conosce onestà di sentimenti; la terza satira è indirizzata a un "giovin signore" che conduce una vita ignava e dissipata; la quarta illustra la necessità di praticare la norma del per chi abbia ambizioni di carriera politica; la quinta è rivolta al maestro Cornuto e riguarda la libertà secondo la dottrina stoica; la sesta è rivolta in forma epistolare a Cesio Basso e deplora il vizio dell'avarizia.

L'adesione al genere satirico, per il giovane poeta stoico, era una scelta quasi obbligata. Il suo spirito polemico e l'entusiastica aspirazione alla verità trovano, infatti, nella satira lo strumento più idoneo a esprimere il sarcasmo e l'invettiva, ma anche l'esortazione morale. Persio torna più volte, nei componimenti, sulle ragioni delle proprie

scelte letterarie: la sua poesia è innanzitutto ispirata da esigenze etiche, dalla necessità di combattere il vizio e la corruzione. Con Persio il genere satirico va incontro a vistosi cambiamenti: la satira non è più una lezione fatta "col sorriso", alla maniera di Orazio, ma è arrabbiata, spesso volgare, è aggressiva deprecazione del vizio e nello stesso tempo accorato appello alla virtù. Il discorso satirico non ha più un destinatario "docile" e disposto ad ascoltarlo, ma si ripiega su se stesso, divenendo una sorta di monologo confessionale o esame di coscienza: Persio usa la satira come esercizio per sé solo. La saggezza sta nella solitudine (satira VI). Stile: l'opera di Persio si contrappone polemicamente alla poesia mercenaria dei choliambi dell'epoca, che attacca duramente sia nella prima satira che nei Lapoesia contemporanea, infatti, agli occhi del poeta era viziata da una degenerazione.

Del gusto e dall'indegnità morale. Per questo motivo egli rivendica per se stesso la qualifica di rusticitas, semipaganus, per contrapporsi alla fatua ricerca, agli insulsi soggetti mitologici della poesia alla moda, per assumere orgogliosamente il compito di redimere le coscienze del suo tempo. Persio ricorre con frequenza a un particolare campo lessicale, quello del corpo e del sesso, sfruttandone il ricco patrimonio metaforico. La lingua è quella quotidiana ma lo stile si incarica di deformarla, di forzarla a esprimere una verità non banale, a assumere aspetti nuovi della realtà, attraverso un uso audace della metafora, a esplorare rapporti nuovi tra le cose.

DECIMO GIUNIO GIOVENALE 50-60 d.C. - post 127 d.C.

La sua produzione poetica è costituita da sedici satire, in esametri, suddivise in cinque libri. Nella prima satira, di carattere proemiale e programmatico, l'autore polemizza contro le declamazioni alla moda e la loro

fatuità; nella seconda aggredisce l'ipocrisia di chi nasconde il vizio più turpe sotto le apparenze della virtà; nella terza descrive il vecchio amico Umbricio che abbandona Roma; nella quarta si narra del consiglio riunito da Domiziano per deliberare su una questione grave: come cucinare un gigantesco rombo; la quinta descrive la cena offerta dal ricco Virrone e l'umiliante condizione dei clienti convitati; la sesta è una requisitoria contro l'immoralità e i vizi delle donne; la settima deplora la generale decadenza degli studi e la misera condizione dei letterati del tempo; l'ottava oppone alla falsa nobiltà di nascita quella vera che deriva dall'ingegno e dai sentimenti; la nona riferisce, in forma di dialogo, le proteste di Nèvolo, un omosessuale malricompensato per le sue prestazioni; la decima è incentrata sull'insensatezza delle brame umane; la undicesima è una condanna del lusso dei

banchettidei ricchi; la dodicesima attacca i cacciatori di eredità; la tredicesima attaccagli imbroglioni e i frodatori; la quattordicesima discute dell’educazione deifigli; la quindicesima descrive un episodio di cannibalismo avvenuto inEgitto; la sedicesima elenca i privilegi offerti dalla vita militare.

La letteratura del tempo è ridicolmente lontana dal clima moralecorrotto, dalla profonda abiezione in cui versa la società romana tra ilfinire del I secolo e i primi decenni del II. Di fronte all’inarrestabiledilagare del vizio, sarà l’indignazione la musa del poeta, e la satira ilgenere obbligato, il tipo di poesia più adatto a esprimere la furia del suodisgusto. Centrale è per Giovenale l’indignatio: a differenza di Persio,che non rinuncia a proporre una terapia contro il vizio, fondandolasulla filosofia, Giovenale non crede che la sua poesia possa influire sulcomportamento degli uomini, giudicate prede irrimediabili dellacorruzione.

La sua satira, allora, si limita a denunciare, senza però coltivare illusioni di riscatto. Giovenale rifiuta di uniformarsi non solo alla tradizione satirica precedente ma anche al pensiero moralistico romano. Giovenale non vuole restare indifferente di fronte al mondo delle cose concrete, ma si sdegna e oppone il suo risentimento per la mancata integrazione sociale. Giovenale rappresenta il ceto medio italico che nella vita quotidiana della cosmopolita Roma vede continuamente mortificati i valori morali e politici della tradizione nazionale e repubblicana. La sua furia aggressiva non risparmia nessuno, ma si accanisce soprattutto sulle figure più emblematiche della società. Bersaglio privilegiato sono le donne emancipate e libere, ma anche i Greci e gli adulatori orientali. Forte è la nostalgia del passato, del buon tempo antico governato da una sana moralità agricola.

Stile: Lo stile della satira di Giovenale non è dimesso, ma è simile a quello dei

Generi letterari tradizionalmente opposti alla satira, ovvero la tragedia e l'epica. La satira è dunque realistica, ma il suo tono è solenne e severo. Giovenale recide il rapporto tradizionale della satira con la commedia, ridiculum bandendo il e accostandola alla tragedia sul monstra, terreno dei contenuti, che sono e dello stile, che è sublime.

CAPITOLO 7: L'EPICA DI ETÀ FLAVIA

CAPITOLO 14: APULEIO

APULEIO: VITA E OPERE praenomen, (125-170 ca). Di Apuleio ci è ignoto il che alcuni codici tramandano come ma verosimilmente ricavandolo dal nome del protagonista-narratore del romanzo. Metamorphoseon libri XI, Le opere a noi pervenute sono: noto anche Asinus aureus; De Magia; Flòrida come l'Apologia, nota anche come i De (selezione di fiori), raccolta di 23 brani oratori; i trattati filosofici Platone et eius dogmate, De deo Socratis De mundo. in due libri; il e il Peri Vengono poi tradizionalmente attribuiti ad Apuleio un ermenias,

trattatello latino di logica aristotelica, e un dialogo dal Asclepius, titolo sulla cui autenticità si nutrono forti dubbi. Apuleio figura come "filosofo platonico" in un'iscrizione rinvenuta nel platonicus1918, e viene definito in alcuni codici delle sue opere. Rappresentante della temperie che va sotto il nome di "Seconda Sofistica", Apuleio condivide vari aspetti di questo fenomeno culturale, come la curiosità per il mondo della natura, la tensione verso l'occulto, l'iniziazione ai culti misterici, la pratica del conferenziere itinerante, che padroneggia sia la lingua greca che quella latina.

I TRATTATI DI SCIENZA NATURALE

DeLe opere indubbiamente autentiche sono i tre trattati Platone et eius dogmate, De mundo De deo Socratis, e che vengono in genere considerati frutto della giovinezza di Apuleio. De mundo Però è un rifacimento dello pseudoaristotelico kòsmou: si tratta di un trattatello di scienze naturali.

conforme agli interessi speculativi sulle forze che regolano l'universo.
De Platone et eius dogmate, Il in due libri, rappresenta una sintesi della filosofia e dell'etica di Platone.
De deo Socatis, Il infine, è una sistematica trattazione della dottrina dei dèmoni. L'impianto è tripartito: alla prima sezione, che esamina i mondi separati degli dei e degli uomini, segue la parte dedicata alla posizione dei demoni nella gerarchia degli esseri razionali e alla loro funzione di intermediari tra i due mondi; la conclusione è tutta sul demone di Socrate, la voce interiore che, sentita come tramite di un ordine divino, costringeva il filosofo a perseguire la ricerca del vero.
FLORIDA E APOLOGIA
Per un caso fortunato, lo stesso codice che ci ha tramandato il romanzo e Flòrida, l'Apològia contiene pure una raccolta di 23 brani oratori, su temi diversi e di diversa estensione, tenuti da Apuleio in Africa. Il codice fu trovato da

Boccaccio. La lunga orazione che costituisce il testo dell'Apològia è l'unica di tipo giudiziario che ci sia pervenuta per l'età imperiale. Il processo in cui Apuleio fu coinvolto sembra originato da ragioni di interesse economico. Il suocero di Ponziano, Erennio Rufino, cercò l'appoggio prima di Ponziano e poi del fratello di lui Pudente per interdire ad Apuleio l'accesso all'eredità della moglie Pudentilla, defunta. Ad Apuleio fu contestato il reato di magia, in quanto solo il ricorso alle arti magiche poteva - secondo l'accusa - giustificare il fatto che una vedova facoltosa e non più giovane aveva deciso di sposare Apuleio. L'abilità di avvocato che Apuleio mostra nell'orazione

Dettagli
Publisher
A.A. 2020-2021
51 pagine
SSD Scienze antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche L-FIL-LET/04 Lingua e letteratura latina

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher yogapesca di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di lingua e letteratura latina e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli studi di Napoli Federico II o del prof Scienze letterarie Prof.