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Approfondimento: LA POESIA GIAMBICA GRECA: ARCHILOCO, IPPONATTE E
CALLIMACO (pag.176-177): il termine “giambo” indica unità metrica costituita
da una sillaba breve e una lunga e genere poetico scritto con versi in questa
forma, nome del componimento deriva forse da Iambos, mitico guerriero zoppo,
o da Iambe, mitica schiava che cercò di far ridere Demetra con scherzi sconci
quando questa era angosciata per la perdita della figlia. È poesia dedicata ad
esecuzione in simposio accompagnata da flauto, genere iniziato da Archiloco di
Paro (VII sec a.C.), poeta-soldato che scrive anche versi contro Neobule che
avrebbe sposato un altro (si impicca con padre per vergogna), egli è poi capace
di profonde riflessioni sull’esistenza umana. Ipponatte nel Vi secolo si presenta
come poeta vittima di difficoltà economiche (in realtà aristocratico), invettiva
violenta soprattutto contro scultore Bupalo (anch’egli suicida), “epodo di
Strasburgo”. Con età classica si ha battuta di arresto perché poesia giambica
viene quasi sostituita da commedia attica di Eupoli, Cratino e Aristofane
(contesto diverso), viene poi ripresa da Callimaco che scrive 17 componimenti
pubblicati nei Giambi ordinati secondo metro e poikilia (modello principale per
Orazio).
SATIRE (genere con tradizione interamente romana), poesia di tono discorsivo e
argomento morale nella quale però non si erge a giudice severo e preferisce affrontare
tematiche con tono non aggressivo e benevolmente ironico, sono primo esempio di
quell’io lirico riflessivo e moderato che emergerà nelle Odi e nelle Epistole. Un primo
libro di 10 satire dedicato a Mecenate è pubblicato nel 35, il secondo in 8 satire
insieme agli Epodi nel 30, le tematiche sono varie (argomento letterario-
programmatico come la 1,4 e la 1,10, morale su adulterio e avarizia, tono personale
come in 1,6 dove ricorda proprie umili origini, mimi dialogati o vivaci scenette come la
1,9 contro seccatore, argomento gastronomico come la 2,8 con racconto di Fundanio
su ricca cena presso Nasidieno modellata su Lucilio e poi ripresa da Petronio per
Trimalcione). Orazio riconosce come altri il fondatore in Lucilio (nonostante già Ennio
avesse praticato il genere) per uso dell’esametro e della satira come strumento di
aggressione personale che lo collegava a commediografi attici, ripreso anche per
elementi autobiografici ma criticato per stile sciatto e abbondante (“lutulentus”). In
Orazio la riflessione morale presa da diatriba è stemperata dal punto di vista
dell’aggressività, non c’è piacere gratuito per l’aggressione, analizza vizi dei
contemporanei individuando strada virtuosa per pochi e ammettendo di non esser
estrano a questi difetti, Lucilio attaccava i potenti mentre Orazio ripiega su personaggi
minori, morale volta ad autarkeia, philia, buon senso e metriotes (concetti ripresi da
varie filosofie e soprattutto da epicureismo, nel caso del “giusto mezzo” punto di
partenza era già Aristotele). Oltre a satire diatribiche su uno specifico problema
morale ve ne sono di più descrittive nell’osservare fatti e personaggi. Confronto tra
modello positivo e tanti modelli negativi nel primo libro, mentre nel secondo è molto
meno presente elemento personale e autobiografico, sono satire argomentative
basate su forma del dialogo (ruolo dominante dell’interlocutore), tutti interlocutori
hanno però loro verità e uscita di scena del poeta non permette di individuare ricetta
morale, si perde equilibrio e unico rifugio pe Orazio diventa villa sabina lontana da
contraddizioni di Roma. Per Orazio la poesia si basa su ispirazione divina e voce
capace di toni sublimi, quindi la satira è più vicina alla prosa dalla quale è distinta per
il metro, ma comunque non si deve credere che qui Orazio facesse della mera
improvvisazione, linguaggio della conversazione ma Musa pedestris richiede
comunque cure raffinate e pazienti, lingua disciplinata e semplice secondo la lezione
di Callimaco, mobilità e varietà modellandosi su soggetti di volta in volta (familiare,
grave, oratorio, solenne e poetico, …), elementi diatribici nel coinvolgere interlocutori
e introdurre esempi da storia, mito, anedotti e giochi di parole.
ODI (in latino Carmina) sono capolavoro oraziano della poesia lirica, maturità per temi
trattati e forma, espressione dell’io lirico non disgiunta da stile calibrato ed elegante
(lezione della brevitas neoterica) e da varietà di strutture metriche ereditate da
tradizione greca, è raccolta in tre libri (primo di 38 carmi, secondo di 20 e terzo di 30)
pubblicata nel 23 dopo averci lavorato per sette anni (più antico componimento
databile è 1,37 con gioia alla morte di Cleopatra nel 30), dovrà poi tornare a poesia
lirica nel 17 per comporre su incarico di Augusto Carmen Saeculare in metro saffico,
l’inno eseguito da ventisette ragazze e altrettanti ragazzi nei ludi saeculares,
invocazione a dei (soprattutto Apollo e Diana) per la prosperità di Roma e del regime
augusteo, aggiungerà poi quarto libro di Odi con 15 componimenti (l’ultimo databile, il
4,5, fa riferimento a ritorno di Augusto da settentrione nel luglio 13 a.C.). metri più
usati sono la strofe alcaica, la strofe saffica minore, la strofe asclepiadea nelle sue
varie forme, ci sono odi molto lunghe e altre molto brevi, ordine dei componimenti
dipende da intenti stilistici e strutturali, le odi di apertura e chiusura sono indirizzate a
personaggi di riguardo (1,1 e 1,20 a Mecenate, 2,1 a Pollione, 4,1 a Paolo Fabio
Massimo e 4,15 ad Augusto) e mostrano orgogliosa consapevolezza del poeta, a volte
sono giustapposti carmi di contenuto simile e odi 3,1-6 sono vero ciclo di “odi romane”
(3,1 e 3,4 dedicati a ideologia nazionale), variatio dal punto di vista metrico (1,1-9 in
nove metri diversi e in un altro metro ancora la 1,11) o del tono e del contenuto.
Spesso c’è impostazione dialogica (rivolte a personaggio reale, immaginario, dio o
Musa, collettività o oggetto inanimato come lira). Rivendica orgogliosamente titolo di
Alceo romano ma imitatio è componente del linguaggio poetico e non ostacolo
all’originalità della creazione (topos del primus ego), spesso odi partono come ripresa
evidente di un modello ma poi procede in maniera sua propria, modello prediletto fu
Alceo anche perché contiene attenzione a vicende della comunità e sfera più privata,
sebbene sia un aristocratico impegnato direttamente nelle lotte politiche della sua
città diversamente da Orazio, altre volte riprende Saffo per il tema della gelosia (già
tradotto da Catullo nel carme 51 e approfondito come modello dagli elegiaci) mentre
per il resto, come emerge da disputa infernale tra i due eolici, preferisce Alceo,
riprende poi poesia corale di Stesicoro, Simonide, Bacchilide e soprattutto Pindaro per
periodi ampi, solenne gravità delle sentenze, ammonimenti improvvisi, riprendendo
lirica arcaica si allontana da alessandrinismo dei neoteroi pur non ignorando il modello
callimacheo (labor limae). Orazio poeta dell’equilibrio sereno, distacco da passioni e
moderazione, meditazione e cultura filosofica (mediazione della diatriba), ma
diversamente da Satire ricerca morale non è basata su osservazione degli altri,
meditazione su poche fondamentali conquiste della saggezza, forse Odi cominciano
dove finiscono le Satire. Coscienza della brevità della vita e necessario appropriarsi
delle gioie del momento (ripresa di Epicuro, non è banale godimento), felicità
dell’autarkeia, della conquista dell’equilibrio, aurea mediocritas di chi sa fuggire gli
eccessi e conosce debolezze dell’animo, saggezza che si scontra con dati immutabili
della condizione dell’uomo nel mondo. Orazio non è asceta separato dal mondo,
conosce relazioni umane e non ignora le passioni, dimensione intima, amore visto con
distacco mentre amicizia offre ampio ventaglio di destinatari, locus amoenus e
angulus appartato e modesto nel quale vuole rifugiarsi. C’è poi altro polo della lirica
oraziana che è quello della poesia civile e impegnata con celebrazione di personaggi,
avvenimenti e miti del regime augusteo, encomio, ufficialità ma non è semplice è
propaganda in versi, non è adesione dogmatica, ammira virtus anche in più acerrimi
nemici come Cleopatra ed è leale a causa repubblicana e suoi eroi sventurati,
presenza di incertezze e timori, scoraggiamenti e improvvise gioie liberatrici,
dell’ideologia augustea riprende moralismo e lo condivide perché già associato a
epicureismo, modello del convito e dell’incontro galante per festeggiare pubblica
ricorrenza in sfera privata anche in altri poeti augustei. È presente vocazione poetica,
vates in rapporto con Muse e altre divinità ispiratrici, orgoglio della missione letteraria
(in 2,20 immagina di diventare un cigno sacro ad Apollo e dice che immortalità
conferitagli da poesia rende inutili pianti a suo funerale, in 3,30 “non omnis moriar”
perché poesia crea monumento più duraturo del bronzo). Altri tipi di componimento
sono poi i carmi conviviali su modello di Alceo (descrizione del paesaggio e invito a
bere per vincere malinconia dell’esistenza) e gli inni (diverso da lirica arcaica per
mancanza di un’occasione ed esecuzione rituale, se si esclude Carmen Saecualre) dei
quali restano linguaggio formulario e andamento mentre gli sviluppi sono prettamente
letterari, è tuttavia difficile spesso stabilire l’appartenenza ad un tipo ben definito a
causa dell’ “incrocio dei generi” già alessandrino. Lo stile delle Odi deve molto a
Callimaco, vocabolario molto semplice ed essenziale ì, similitudini, figure di suono,
sintassi meno scontata ma mai troppo complessa, stile elevato ma libero da ogni
ridondanza, callida iunctura che deriva da accostamento di parole usuali ma con effetti
nuovi, sobrietà e limpidezza.
Approfondimento: LA LIRICA GRECA ARCAICA: SAFFO, ALCEO, ANACREONTE,
PINDARO (pag.184-185), giambo ed elegia eseguiti durante simposi da solo
cantore in modalità recitativa e con accompagnamento del flauto o della lira,
struttura complessa invece nei cosiddetti melica distinti in monodica e corale.
Saffo a Lesbo componeva poesia nell’ambito del tiaso (imenei ed epitalami);
Alceo si scaglia contro tiranni a Mitilene, passione politica ed esaltazione
dell’etica aristocratica (immagine dello stato come nave in tempesta ripreso da
Orazio in 1,14), altri componimenti di argomento più simposiale; Anacreonte
compone su momenti giocosi e leggeri nel simposio; Pindaro invece è famoso
soprattutto per lirica corale, epinici per atleti vincitori (Olimpiche, Pitiche,
Nemee,