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ALESSANDRO MANZONI
VITA
•
Nasce a Milano nel 1785 da Giulia Beccaria (figlia di Cesare Beccaria) e Pietro Manzoni (ma in
realtà il padre naturale è Giovanni Verri).
Fino al 1801 è educato in collegio, dove riceve un’educazione religiosa, da cui si stacca
nettamente durante la sua gioventù, e improntata al gusto allora imperante del classicismo, che
influenza la sua produzione giovanile.
Tra il 1801 e il 1805 è a Milano, dove entra in contatto con i più importanti esponenti
dell’illuminismo lombardo, ma anche con i più illustri rappresentanti della tradizione poetica del
classicismo, vale a dire Ugo Foscolo e Vincenzo Monti.
Nel 1805 si sposta a Parigi presso la madre, che vi era andata a convivere con Carlo Imbonati,
che era divenuto per Manzoni una sorta di padre adottivo. Nello stesso anno Imbonati muore (e
Manzoni gli dedica un celebre Carme). Gli anni parigini, tra il 1805 e il 1810, sono segnati
dall’incontro con gli idéologues (gli eredi dell’Illuminismo settecentesco), tra cui in particolare
Fauriel, con cui stringerà una profonda amicizia, e dalla sua conversione religiosa, le cui fasi di
maturazione non conosciamo con certezza ma che sicuramente fu influenzata in gran parte dal
matrimonio con la francese Enrichetta Blondel, calvinista poi convertita al cattolicesimo.
Dopo il 1810 è di nuovo a Milano, dove conduce una vita appartata e interamente dedita allo
studio e alla scrittura. Ciononostante, appoggia apertamente i moti insurrezionali del 1820-21 e
del ’48, diventando così una figura di riferimento per i fautori dell’unità nazionale.
All’indomani dell’unità d’Italia diventa senatore del Regno; nonostante la sua fede cattolica, è
fortemente contrario al potere temporale della Chiesa e per questo si esprime a favore del
trasferimento della capitale da Torino a Firenze e, successivamente, nel 1872, accetta la
cittadinanza onoraria di Roma, scandalizzando i cattolici più intransigenti.
Muore a Milano nel 1873.
OPERE
•
a) prima della conversione (dal 1801 al 1810)
La produzione giovanile di Manzoni è improntata a un gusto fortemente classicheggiante nello
stile e, nei contenuti, a un atteggiamento libertario e laico, maturato dall’insofferenza nei
confronti della rigida educazione religiosa ricevuta in collegio.
- Trionfo della libertà (1801): componimento allegorico in terzine (secondo uno schema
caro a V. Monti), che esalta gli ideali della Rivoluzione Francese, anche se lascia già
trasparire una certa disillusione;
- Adda: poemetto idillico dedicato a Monti;
- Sermoni: componimenti che polemizzano ironicamente con una serie di aspetti del costume
contemporaneo, sulla scia di Giuseppe Parini;
- Carme in morte di Carlo Imbonati (1805): composto all’indomani della morte di
Imbonati, risente ancora di moduli classicheggianti nello stile e nell’ambientazione (vi
compare infatti il tòpos classico dell’apparizione in sogno del defunto, attraverso la quale
Imbonati dà a Manzoni una serie di consigli e precetti). Tuttavia compaiono già alcuni tratti
salienti della poetica successiva di Manzoni, quali l’ideale del “giusto solitario”
(l’intellettuale che, per non tradire i propri principi morali, sceglie il distacco e il rifiuto
della partecipazione diretta alle vicende del proprio tempo) e, soprattutto, la poetica del
vero (“il santo Vero mai non tradir”), che tanta parte avrà nell’approdo di Manzoni al
romanzo storico e nel superamento di quest’ultimo in direzione di una poetica nuova e
incentrata sull’aderenza totale alla verità.
- Urania (1809): poemetto che celebra il passaggio degli uomini dallo stato di natura alla
civiltà, grazie all’azione civilizzatrice delle Muse;
- A Parteneide: risposta al poeta danese Baggesen, in cui si scusa di non poter tradurre il suo
idillio borghese Parthenais.
Questa poetica entra ben presto in crisi, come dimostra la corrispondenza con Fauriel, in cui
Manzoni manifesta il bisogno di una letteratura nuova sia nella forma che nei contenuti.
b) dopo la conversione (dal 1810 in avanti)
La conversione è per Manzoni un fatto totalizzante, che segna una svolta interiore ma anche una
svolta letteraria, sulla base di una serie di presupposti:
- rifiuto del mondo romano come modello e rivalutazione del Medioevo cristiano;
- rifiuto del culto dei grandi eroi della storia e interesse per gli “esclusi”, gli umili e i vinti;
- riflessione sulla presenza del male nella storia, che ha come esito una concezione tragica
del reale, nonostante il ruolo della Provvidenza;
- aderenza alla poetica del vero, rifiutando l’idillio e la retorica fine a se stessa;
- rifiuto della mitologia, scelta di ambientazioni e soggetti storici;
- carattere “corale” della poesia, ricerca di un pubblico più ampio e popolare, che porta
all’abbandono dell’endecasillabo classico in favore di metri più agili e orecchiabili;
- rifiuto delle unità aristoteliche nella tragedia (in quanto contrastano con il principio
dell’aderenza al vero).
Questa nuova poetica è sintetizzata da Manzoni stesso in una lettera a C. D’Azeglio del 1823, in cui
afferma che l’arte deve avere l’utile come scopo, il vero come soggetto, l’interessante come
mezzo.
La produzione letteraria improntata a questi principi è estremamente ampia e diversificata in quanto
a generi e soggetti:
- Inni sacri (1812-1815, più la Pentecoste nel 1822): secondo il progetto originario di
Manzoni dovevano essere 12, relativi alle principali festività del calendario cristiano; in
realtà ne vengono portati a termine in un primo momento solo 4 (Resurrezione, Natale,
Passione, Il nome di Maria), cui si aggiunge poi la Pentecoste. Rispetto ai primi quattro,
concepiti secondo uno schema fisso, quest’ultimo ha un andamento molto più libero, che
rompe il tradizionale schema innografico e mette da parte la componente dottrinale per
insistere invece sulla portata della discesa dello Spirito Santo sulla Terra.
Con gli Inni sacri Manzoni dà corpo a una concezione poetica totalmente nuova, che si
contrappone radicalmente al classicismo sia nei contenuti (scelta di temi non mitologici ma
cristiani, vivi nella sensibilità contemporanea) sia nello stile (abbandono dello stile
classicheggiante in favore di una lingua meno solenne e “aulica” e di una metrica più
scorrevole);
- Liriche civili: Marzo 1821 e Il cinque maggio. La prima è dedicata ai moti insurrezionali
del 1820-21 (ma sarà pubblicata molto più tardi, in occasione delle Cinque giornate di
Milano del ’48) e auspica che l’esercito piemontese si unisca agli insorti lombardi; la lotta
per la libertà e l’indipendenza è legittimata da Dio, perché l’oppressione di un popolo da
parte di un altro è contraria alle sue leggi.
Il Cinque maggio è invece dedicato a Napoleone Bonaparte, la cui parabola è rappresentata
in una prospettiva che mette in luce la piccolezza delle glorie degli uomini in rapporto alla
dimensione dell’eterno.
- Tragedie: Il Conte di Carmagnola (1816-20) e Adelchi (1822). Il Conte di Carmagnola,
ambientato nel ‘400, narra la storia di Francesco Bussone, capitano di ventura al servizio
prima del duca di Milano, di cui sposa la figlia, poi della Repubblica di Venezia, che grazie
a lui ottiene la vittoria su Milano nella battaglia di Maclodio. Sospettato di tradimento per la
sua clemenza nei confronti dei prigionieri milanesi, Bussone è condannato a morte dai
veneziani. Adelchi è invece il racconto della caduta del regno longobardo in Italia nell’VIII
secolo ad opera dei Franchi guidati da Carlomagno: all’amore disperato di Ermengarda, la
principessa longobarda presa in sposa e poi ripudiata da Carlo, e al nobile eroismo di suo
fratello Adelchi, che combatte fino alla morte in difesa del suo popolo, si contrappongono le
mire politiche e la spregiudicatezza dei due sovrani in lotta, il longobardo Desiderio, padre
di Adelchi ed Ermengarda, e il franco Carlo. Entrambe le tragedie mettono in scena il
conflitto tra ideale e ragion di Stato, tra personaggi animati da sentimenti e valori
“assoluti”, nei cui confronti non sono disposti a scendere a compromessi, e figure che,
invece, subordinano qualunque considerazione di carattere etico e morale al calcolo politico.
Entrambe sono caratterizzate dalla scelta di un preciso contesto storico, rappresentato da
Manzoni con grande precisione ed esattezza documentaria: questo risponde ai dettami della
“poetica del vero”, secondo la quale la libertà del poeta sta non nell’inventare i fatti, bensì
nel ricreare, all’interno di uno sfondo storico reale, gli stati d’animo e il carattere di
personaggi realmente esistiti, ma di cui la storia ha tramandato solo le gesta più importanti,
lasciandone in ombra la fisionomia. A questa esigenza risponde anche l’eliminazione delle
tre unità aristoteliche, in quanto esse si oppongono al principio del realismo e costringono,
data la necessità di comprimere l’azione in un limite di tempo molto ristretto, a esasperare le
passioni dei personaggi sulla scena, creando secondo Manzoni un effetto deleterio sul
pubblico. Grande importanza hanno i cori delle tragedie, squarci lirici al cui interno il poeta
è libero di esprimere se stesso e di rapportare la vicende tragiche che si svolgono sulla scena
a quelle del presente, al fine di trarne esortazioni e insegnamenti validi per l’oggi.
- Il romanzo storico: dal Fermo e Lucia ai Promessi Sposi. L’approdo al romanzo storico si
configura per Manzoni come la più compiuta e piena realizzazione della poetica del “vero”,
dell’ “interessante” e dell’ “utile”: il vero è dato dalla collocazione in un contesto storico
descritto con grande precisione e accuratezza, l’interessante dalla materia narrativa e
avventurosa, oltre che dalla maggior semplicità linguistica rispetto alla poesia di stampo
classicheggiante, che rende il romanzo un genere meno d’élite e accessibile a un pubblico
più vasto, l’utile dagli insegnamenti di carattere storico, politico e morale che si possono
trarre dalla lettura. Pienamente aderente alla poetica manzoniana è anche la scelta di
protagonisti umili, appartenenti alla categoria degli “esclusi” dalla grande storia dei fatti
politici e militari, che costituisce lo sfondo sul quale essi si muovono. Il culto manzoniano
dell’aderenza al vero trova la sua realizzazione nello scrupolo e nella precisione, da
autentico storico, con cui l’autore dà corpo al contesto storico in cui è ambientata la vicenda: