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Stato unitario e alla contraddizione con il fondo arcaico della Sicilia.

Capuana, Verga e De Roberto vivono tra la spinta ad abbandonare il

proprio paese rimasto troppo a lungo chiuso nella propria provincialità

e la pulsione a raggiungere la fama letteraria. Animati da una forte

coscienza unitaria, condividono gli ideali del Risorgimento ma ben

presto vengono delusi dalla sconfitta di quegli ideali e si rifugiano in

posizioni pessimiste e conservatrici, indotti dalla sfiducia dovuta alla

secolare condizione di prepotenza che grava sul territorio siciliano. Per

la prima volta, Verga e Capuana espongono la dura materia della realtà

sociale misera in un linguaggio rivolto a tutta l’Italia borghese. il

metodo che usano è quello dell’impersonalità, che consiste nel far vivere

e parlare direttamente i personaggi, senza sovrapporre le proprie idee

e convinzioni di scrittori.

Il verismo di Luigi Capuana, fine critico e prolifico narratore,

raggiunge risultati meno radicali e molto più equilibrati. Tra le circa

trecento novelle e i tanti altri scritti, vanno ricordati sicuramente i due

romanzi Giacinta e Il marchese di Roccaverdina. Il primo è il romanzo di

esordio pubblicato nel 1879 e poi sette anni dopo con grandi modifiche,

che segue le vicende di una donna senza alcun affetto familiare e sotto

il giogo del pregiudizio sociale per essere stata violentata. Giacinta

reagisce affermando i propri sinceri sentimenti, sposando un uomo

ricco e facendo dell’uomo amato il suo amante: ma questa situazione

provoca un’alterazione del suo equilibrio mentale e la porta al suicidio.

Nell’ultimo romanzo pubblicato nel 1901, invece, l’autore segue il

progressivo insinuarsi della pazzia nella mente del protagonista, che ha

spinto ad uccidere il marito dell’amante con un delitto di comodo.

2. G V

IOVANNI ERGA

Verga nasce il 2 settembre 1840 a Catania da una famiglia di piccola

nobiltà agraria. Tutta la sua vita si svolge all’insegna della ricerca della

gloria letteraria e di un rapporto con le città più vitali del nuovo Stato

unitario (Firenze e Milano). Ma ben presto la delusione nei confronti

della società moderna comporta un atteggiamento di pessimismo e

una chiusura nel conservatorismo sociale. Verga fin da giovane ha

un’educazione romantica e patriottica, sostenuta dalla lettura di

romanzi storici d’appendice tra cui quelli di Dumas padre e di

Guerrazzi, e infatti le sue prime prove sono quelle appunto di romanzi

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patriottici tra cui Amore e patria, Sulle lagune e Carbonari della

montagna: queste prime prove sono piene di effusioni sentimentali e

prive di un vero tracciato narrativo. I romanzi successivi vengono

invece definiti come «mondani» e pongono in primo piano l’incontro

di un personaggio maschile con le attrazione pericolose della

femminilità. Nelle opere fittiziamente autobiografiche degli anni

Sessanta come Eva, Tigre reale o Storia di una capinera Verga esprime il

contrasto tra le sue aspirazioni di artista e la bellezza artificiale che si

consuma nella vita dei ceti privilegiati: in realtà lo scrittore cerca di

inseguire il gusto contemporaneo per la rappresentazione di drammi

interni al brillante mondo borghese.

Questi modi realistici si piegano verso gli anni Settanta in direzione

del verismo, imponendo un nuovo sguardo alla realtà siciliana e

ricercando una narrazione oggettiva che si allontani dall’espressione

dei propri personali sentimenti. Si è parlato da più parti di una vera e

propria «conversione verghiana», maturata attraverso un’insofferenza

verso la vita mondana e il sentimentalismo romanzesco, da

un’attenzione al naturalismo francese e soprattutto dall’amicizia con

Capuana e dalla nostalgia verso la propria terra. Frutto di questa

nuova poetica è la novella Nedda (1874), in cui Verga tenta per la prima

volta di descrivere il mondo contadino della Sicilia narrando le vicende

di una povera raccoglitrice di olive: il racconto viene descritto come il

frutto di una fantasticheria vissuta davanti al caminetto, che porta

l’autore lontano e gli fa percorrere incredibili distanze. L’autore

propone in sostanza un testo realistico invitando il pubblico a

commuoversi e a partecipare alle sventure dell’umile personaggio

descritto. Il metodo dell’impersonalità di Verga si lega all’esigenza di

guardare le cose da una certa distanza e con distacco: questo è l’unico

modo per restituire la verità delle vicende narrate, quasi si fossero

fatte da sé senza intervento dell’autore. Nella novella Fantasticheria, ad

esempio, l’autore mostra sottoforma di un dialogo con una elegante

signora giunta in visita ad Aci Trezza l’incommensurabilità della vita

dei poveri diavoli con la frivolezza dell’universo borghese: l’autenticità

dell’esistenza ripetitiva basata sulla «religione della famiglia» fatta di

poche cose essenziali è lontanissima dalla vita comune delle classi

medie o alte.

La raccolta di novelle Vita dei campi pubblicata dall’editore Treves

nel 1880 comprende testi apparsi in rivista nei due anni precedenti (tra

di esse ricordiamo senz’altro Rosso Malpelo, Fantasticheria e Jeli il

pastore). La nuova prospettiva verista si traduce in una sorta di

fulminea «insurrezione lirica e primitiva dei personaggi» – come scrive

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il critico Luigi Russo – che appaiono estranei all’artificialità del mondo

civile e il cui mondo appare regolato da meccanismi ineluttabili che

impongono rapporti fatti di crude esigenze materiali. La realtà

contadina siciliana sembra un mondo regolato da ritmi naturali sempre

uguali eppure dominato dalla violenza della miseria, dagli egoismi

degli uomini e dall’ostilità della natura stessa. Eppure Verga sembra

vedere in questo mondo un valore originario: proprio l’adesione degli

uomini all’arcaicità delle tradizioni siciliane è sintomo di una profonda

autenticità. La materia non viene più proiettata entro il linguaggio e la

coscienza dell’autore – come accadeva nel Manzoni de I promessi sposi –

ma entro una voce popolare che vorrebbe raccontare i fatti dall’interno

di quel mondo, senza troppe mediazioni e affidandosi soprattutto a un

incalzante dialogo. Verga non esprime pietà o compassione per i suoi

personaggi, ma anzi spesso descrive il loro tragico destino con

sarcasmo e aggressività, che rendono ancora più tragiche le loro azioni.

Quegli «eroi» assumono una distanza mitica, diventano immagini

inquietanti di una violenza assoluta che regna su ogni aspetto della

vita: si pensi alla sorte che aspetta l’eponimo protagonista della novella

Rosso Malpelo.

3. I « V »

L CICLO DEI INTI

In questa visione globale dell’esistenza, di matrice positivistica,

Verga inserisce il progetto di un ciclo di cinque romanzi su I vinti

(composto da I Malavoglia, Mastro Don Gesualdo e gli altri incompiuti La

duchessa di Leyra, L’onorevole Scipioni e L’uomo di lusso) definendola come

una «fantasmagoria della lotta per la vita» che egli intende seguire

gradualmente partendo dalle classi sociali più basse. Il primo romanzo

pubblicato nel 1881 narra del livello sociale più basso, quello dei

pescatori di Aci Trezza e in particolar modo della famiglia Toscano

definita con il nomignolo ingiurioso de «i Malavoglia»: la famiglia è

guidata dal vechio padron ‘Ntoni e ruota attorno agli unici due beni,

ovvero la casa del Nespolo in cui tutti vivono e la barca chiamata

Provvidenza. Ma una serie di disastri tra cui l’affondamento di un

carico di lupini porta la famiglia alla rovina: solo dopo lunghe fatiche il

nipote Alessi riesce a riacquistare la casa e a ricostituire gli essenziali

valori familiari. Ma questa vittoria è funestata dalla morte del vecchio

‘Ntoni e il giovane ‘Ntoni, uscito dal carcere, decide di abbandonare

per sempre quel luogo che non sente più come suo.

Per descrivere questo universo Verga si documentò raccogliendo

numerose informazioni sulle usanze, i proverbi e i modi di dire del

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popolo siciliano. La voce del narratore però non ha né il sapore di

un’inchiesta né quello di una cronaca appassionata e partecipata:

l’autore tende solo a dare la parola a una sorta di narratore popolare

impersonale, quasi si trattasse di un coro. In effetti la sensazione è

quella di un orizzonte epico in cui ogni rapporto è carico di significati e

anche gli aspetti marginali e secondari possono acquisire rilievo.

Eppure Verga non adotta modi tipici del romanzo popolare, bensì

inserisce il suo discorso corale in un romanzo che adotta comunque il

punto di vista dello scrittore borghese e alla borghesia si rivolge:

infatti l’autore inventa una nuova lingua che si allontana

drasticamente dalla tradizione manzoniana e che proietta nell’italiano

medio gli scatti e le gergalità tipiche del siciliano parlato dai pescatori

del catanese. Verga sembra quasi voler cogliere il mondo dei pescatori

nel momento stesso in cui sta per scomparire, assorbito dai grandi

mutamenti urbani e sociali della modernità che stanno invadendo

anche la Sicilia. Sia il modello di comportamento del vecchio ‘Ntoni

attento ai valori della tradizione e della famiglia, sia quello

rappresentato dal giovane ‘Ntoni che cerca un contatto diretto con il

mondo urbano sono fallimentari: è proprio il contatto della Sicilia

arcaica con il nuovo mondo moderno a decretare la distruzione della

famiglia. Ma la grandezza di Verga sta nell’aver creato un tempo

misto, fatto di mito e di storia, in cui i valori assoluti della tradizione

entrano perennemente in conflitto con quelli del mondo borghese.

Dopo le raccolte di Novelle rusticane e Per le vie (uscite nel 1883), che

descrivono il mondo contadino siciliano e quello popolare milanese,

Verga lavora all’ideazione del secondo romanzo del suo ciclo. Mastro

Don Gesualdo ha una gestazione molto lunga e l’edizione definitiva

sarà pubblicata solo nel 1889. La struttura del romanzo è in quattro

parti ed è molto solida: al centro della storia c’è una corposa figura di

muratore, la cui passione per il lavoro è radicata nel suo mondo

contadino, nei suoi valori semplici ed essenziali. Ma l’ambizione e il

successo portano il protagonista lontano dal suo universo spontaneo e

lo legano alla corrotta nobiltà del paese: questo legame costringe

Gesualdo a rinunciare alla sua amante Diodata a lui fedelissima, senza

per questo essere pienamente accettato dal nuovo mondo. Sempre più

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Dettagli
Publisher
A.A. 2013-2014
6 pagine
SSD Scienze antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche L-FIL-LET/10 Letteratura italiana

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher canerabbioso di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Letteratura Italiana e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Roma La Sapienza o del prof Colaiacomo Claudio.